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Autore: Yoan Seiyryu    22/04/2014    3 recensioni
[ Loki/Sigyn + accenni alla Thor/Sif]
Il Regno di Álfheimr è afflitto dai soprusi dei Giganti di Ghiaccio che per anni si sono abbattuti con violenza sul Popolo dell'Alta Foresta. Odino stringerà un'alleanza con Álfheimr sancita attraverso le nozze combinate tra suo figlio Thor, legittimo erede al trono di Asgard e Sigyn, figlia del Lord di Alta Foresta. Lady Sigyn si troverà ad affrontare una nuova vita alla corte di Asgard, fin quando non comprenderà che il suo futuro sposo è in realtà innamorato di un'altra donna, la guerriera Sif. Nel contempo stringerà amicizia con Loki, il quale la userà a proprio piacimento per far decadere il fratello ed appropriarsi del trono. Su Sigyn cadrà una maledizione che scatenerà una nuova battaglia tra i Giganti ed Asgard.
Le vicende partono dal precedente esilio di Thor al ritorno di Loki dopo aver tentato di asservire la Terra.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Sif, Sigyn, Thor, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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VII - Bleeding Soul 



 


 
SigyN

Continuavo a domandarmi perché non gli avessi dato ascolto.
Camminavo lentamente, dietro le fila dei guerrieri con le spade sguainate, le lance insanguinate e la polvere che copriva loro gli occhi e le labbra contornate dagli elmi scintillanti e dorati. Non indossavo alcuna armatura se non un lungo mantello di seta con l’aggiunta di un cappuccio che mi ricopriva il volto, ma i lunghi capelli biondi, quelli che non volevo tagliare, ricadevano in avanti fino a cingermi la vita. Per quanto i guerrieri fossero stati presi dagli scontri cruenti si erano accorti di una presenza a loro estranea e avevano riconosciuto il candore dell’oro che scivolava sotto un cappuccio che non era in grado di contenere il sole al proprio posto, tranne poi esiliarmi dai loro sguardi e confinarmi in un apparente disinteresse.
Nel pugno della mano sinistra stringevo uno scudo rotondo affatto pesante e nell’altra lasciavo gravitare una spada corta che svaniva di fronte alla grandezza delle armi degli asgardiani, cariche del sangue nemico. La mia lama non era stata sfiorata dal colore purpureo, né aveva tentato di intagliare la carne altrui. Continuavo a nascondermi e ad osservare ciò che le battaglie mostravano.
Avevo assistito così a lungo alle lunghe guerre di Alta Foresta dove la neve candida si confondeva con il rosso di coloro a cui volevo bene. Per anni il mio popolo aveva sofferto dietro alla calamità dei Giganti di Ghiaccio e sapevo che in parte era colpa mia. Perché ero sopravvissuta.
Sarei dovuta morire quel giorno e lasciata scivolare su una barca colma di fiori, fino a diventare polvere dietro le fiamme sfavillanti della morte. Invece potevo ancora camminare, parlare, pensare. Mentre gli altri soccombevano al mio posto. Frutto di un inganno, avevo sorvolato il destino. E quello stesso Fato sarebbe tornato per ricordarmi che sarei dovuta svanire da quel mondo e per sempre, trasformandomi nel fiore di ghiaccio che mi aveva salvato la vita.
In più, ora che mi guardavo intorno, capii quanto Loki avesse avuto ragione a rammentarmi pochi giorni prima che io non ero adatta a procurare delle ferite, ma a curarle.
Mi ero gettata in modo sconsiderato in quelle pozzanghere di fango per dimostrare a Thor che ero in grado di stargli accanto, che  lo avrei aiutato in qualunque momento e che non lo avrei abbandonato nei momenti di difficoltà. Ma ero stata avventata. Non avevo mai maneggiato un’arma prima di quel momento ed ero finita nella mischia senza riflettere, come se la guerra fosse l’arte più facile del mondo. Eppure, ogni volta che osservavo i sinuosi movimenti di Lady Sif, mi sembrava estremamente facile agire allo stesso modo. Imitarla però non aveva portato a nulla ed io non ero in grado di gestire una situazione così impegnativa. Il sangue non mi spaventava poiché un tempo ne ero a contatto giornalmente. Le morti che mi cadevano innanzi non mi turbavano, avevo visto crollare coloro che più avevo a cuore. Il timore di essere scoperta, criticata invece mi destabilizzava ed un grande senso di vergogna ormai mi assaliva e mi lacerava. Deglutivo a vuoto mentre mi ripetevo quanto fossi stata sciocca nel non aver dato ascolto ai consigli del Principe Loki. Io non ero in grado di destreggiarmi in una battaglia che non fosse verbale.
Avendone l’occasione però potei comprendere quanto i racconti di Thor fossero realistici e non trasmutati da una decorazione arzigogolata di storie che sembravano esser state ricamate attraverso la fantasia. Il mio futuro sposo si dimostrava un valoroso guerriero e i suoi compagni erano altrettanto coraggiosi e pieni di talento. Colui da cui più rimasi affascinata, però, fu Loki che si muoveva sul campo di battaglia con scaltrezza e finalmente ebbi modo di vedere con i miei occhi la potenza della sua magia e di quelle illusioni che un giorno avrei di certo elogiato.
Avrei continuato ad osservarlo se solo non mi accorsi dell’arrivo improvviso ed inaspettato di Fandral che mi giunse innanzi e affondò il fioretto oltre il mio fianco destro, andando a squarciare quello di un anonimo nemico che mi era piombato alle spalle. Udii il mugolio di dolore che si insinuò nelle orecchie e il rapido accasciarsi del guerriero ai miei piedi, privo di vita.
- Concentrazione! Senza di essa si è perduti – mi riferì Fandral con una calma serafica.
Sospinse lo sguardo nei miei occhi ma l’espressione quieta del suo viso non mutò e non accennò nemmeno a mostrare alcuna sorpresa. Così lo spadaccino lasciò gravitare nell’aria quella frase e immediatamente mi abbandonò, dopo avermi salvato la vita. Aggrottai le sopracciglia con estrema curiosità, perché non mi aveva rimproverata per essermi immischiata nella loro battaglia? Perché non ne era rimasto sorpreso?
- Riesco a leggere ogni vostro pensiero, Lady Sigyn.
La voce che avrei riconosciuto tra tutte, persino dietro il clamore dei metalli e delle grida, giunse immediata tra i miei pensieri. Senza che me ne fossi resa conto mi accorsi della figura evanescente di Loki che mi sostava accanto e mi guardava con occhi colmi di soddisfazione.
- La risposta è solo una: mi sono reso conto della vostra presenza appena abbiamo messo piede nel campo nemico. Vi aggiravate come un animale impaurito tra i guerrieri e vi ho donato l’illusione di mescolarvi ad essi affinché nessuno vi riconoscesse. Se Thor sapesse… - le sue parole si tramutarono in un lieve sussurro.
Solo in quel momento, quando decisi di specchiarmi nelle sue iridi, mi resi conto che l’immagine riflessa era una armatura dorata da cui spuntava una barba appena accennata sul mento scoperto.
Non riuscivo a credere di non essere ciò che ero. Era così grande il suo potere?
- Perché mi state aiutando? – quella era la domanda la cui risposta preferivo ascoltare più di ogni altra.
Aveva modificato il mio aspetto creando l’illusione di un guerriero asgardiano impeccabile, Fandral e tutti gli altri non avevano accennato ad alcun tentennamento nei miei riguardi. Se Thor fosse venuto a conoscenza della mia discesa in battaglia probabilmente avrei peggiorato quel legame che non accennava a volersi creare. Ma non ero lì proprio per essere me stessa? Non stavo impugnando un’arma affinché lui mi notasse?
- Non prendete così sul serio ciò che faccio per voi. Io non ho alcuna intenzione di aiutarvi, né di mostrarvi alcun tipo di complicità. Semplicemente desidero il meglio per Asgard e se voi rappresentate il prossimo futuro, non posso permettervi di rovinarlo.
Mi accorsi solo in quel momento che gli avversari ci passavano accanto senza fare una piega. Nessuno tentava di attaccarci, nessuno provava minimamente ad interrompere il nostro discorso. Loki aveva appositamente creato una distorsione visiva affinché rimanessimo momentaneamente esclusi da ciò che avveniva all’esterno.
- Dovreste biasimarmi. Il mio non è affatto il comportamento che dovrebbe tenere la futura Regina di Asgard. Ho ancora molto da imparare, ma ogni passo che compio esso mi conduce verso il baratro – sussurrai chinando appena il mento.
Avvertii il sorriso di Loki infittirsi e farsi più affilato, man mano che andava leggendo la mia anima. Ogni suo sguardo era carico di comprensione, ma mai di empatia o compassione. Totalmente scevro dai sentimenti che accomunano tutti.
- Persino nell’oscurità è riscontrabile la luce. Se doveste superarne il limite sareste in grado di ritrovare la strada che vi condurrà in alto – parole che ammettevano  di conoscermi, parole che non riuscii a contestare.
Era così bravo a capire ogni mia fragilità, ogni mia debolezza, che mi sentivo appesantita o semplicemente libera. Catene mi avvolgevano le caviglie e i polsi, legate alla conoscenza che Loki aveva nei miei confronti. Ma sapere che vi fosse qualcuno in grado di leggere ogni mio pensiero, me ne liberava immediatamente. Una contraddizione perenne era quella che gravitava nei suoi confronti.
- Avete molta fiducia in me – confessai con un tono di voce che lasciava intendere quanto mi rendesse lieta, da un certo punto di vista, quel dato di fatto.
- No, siete voi a fidarvi della fiducia che crediate io riponga in voi – spiegò sbrigativamente e prima ancora che potessi ribattere, la sua illusione svanì.
Rimasi immobile mentre gli altri guerrieri insistevano nel portare avanti una battaglia che per me iniziava a perdere senso. Gli enigmi di Loki non erano facili da sciogliere ma ero piuttosto certa che non fosse del tutto interessato agli aspetti positivi di un regno che sarebbe divenuto mio, un giorno. Nei suoi occhi, in quelle iridi verdi e colme di pensieri, non si rifletteva la verità che andava costruendo con le proprie parole. Un artificio di discorsi che non sempre sembravano appartenergli davvero.
Chi era il Principe Loki? Perché intuivo in lui la costruzione di mille maschere pronte a susseguirsi una dopo l’altra? Il clangore della lotta interruppe ogni mia riflessione e mi costrinsi a fare attenzione a ciò che avevo attorno. Non riuscii però ad affrontare nessun nemico e scivolavo via dal cozzare delle lame per rifugiarmi in luoghi più sicuri.





 
**

 
 
LokI
 
Vincemmo a stento quella battaglia. Una delle ultime che mio padre decise di affrontare. Ero stanco e quasi atterrito dal suo desiderio diplomatico di sistemare le questioni tra i Regni, quando sarebbe bastato annientare i nemici completamente per assicurare ad Asgard la tranquillità che era dovuta. Ritornammo tutti a Palazzo ma persi di vista Lady Sigyn poco dopo averla abbandonata sul campo e non mi preoccupai di ritrovarla dopo. La mia futura cognata si comportava in modo tale da voler dimostrare la propria forza seguendo il modello di Lady Sif, quando in realtà le sue qualità risiedevano altrove. La caparbietà che possedeva nel voler ottenere l’attenzione di Thor non era così biasimevole, ma ero piuttosto certo che non ne fosse minimamente innamorata. Nessuna donna di buon senso sarebbe caduta  in un sentimento simile nei confronti di mio fratello. Nonostante avessi utilizzato le mie copie per attirare il nemico in trappola, ero rimasto ferito così come accadde ai Tre Guerrieri che si erano gettati nello scontro senza riflettere e la maggior parte dei soldati riportava danni piuttosto gravi. Fummo costretti a dirigerci nella sale del Palazzo dove richiedere le cure adeguate, nonostante io non avessi la minima intenzione di applicare i rimedi dei cerusici su una ferita riportata al braccio quando mio fratello era riuscito a tornare indenne.
- Vi ringrazio per le vostre premure, Lady Sigyn – la voce di Volstagg risuonò nella camera dove avrei dovuto ricevere le medicazioni e infatti subito dopo ne uscì riportando una adeguata fasciatura all’altezza della spalla.
Rimasi attonito nell’udire la presenza di Sigyn all’interno di quella stanza, ma iniziavo a provare meno stupore nei suoi confronti come se poco a poco avessi iniziato a comprendere la natura del suo animo.
Volstagg, appena mi vide immobile sul ciglio della porta, non ebbe modo di trattenersi: -  Rimanere nell’ombra fa parte del tuo essere, ma a quanto pare questa volta la magia non ha salvato nemmeno te – disse lasciandosi andare ad una risata che mi cagionò un certo fastidio.
- Spesso però ti ha tirato fuori dai guai – risposi a mezza bocca prima di dargli le spalle ed entrare nella camera, nonostante riuscissi ad udire la risata tuonante di uno tra quelli la cui presenza non riuscivo a tollerare.
Mio fratello aveva una grande abilità nel circondarsi da sciocchi cani uggiolanti.
Una volta entrato nella camera la mia attenzione si spostò verso di lei, che non si era ancora accorta del mio ingresso. Ebbi l’occasione di notare come la sua postura fosse naturale e sciolta, a differenza di tutte le volte che era cosciente di trovarsi al mio cospetto. Provai una insita soddisfazione nel sapere di avere un certo potere su di lei, fosse anche semplice reverenza.
Rimasi in silenzio ancora per qualche istante poiché desideravo godere della luce del tramonto che invase l’intera camera, dipingendola di mille sfumature calde che correvano verso il colore limpido dei suoi capelli.
 Solo in quel momento mi ricordai di un particolare a cui non avevo  fatto caso.
- Non li avete tagliati – diedi fiato ai miei pensieri mentre rendevo noto il mio ingresso.
Sigyn si voltò per incontrare, senza eccessivo stupore, il mio viso. Istintivamente andò ad afferrare una ciocca bionda per arrotolarla tra le dita e stringerla come se fosse stato un tesoro preziosissimo.
- Avete riportato una ferita alla mano, vi prego di accomodarvi Principe Loki: vi libererò immediatamente – evitò di rispondere alla mia provocazione, perché tale era e procedetti ad avvicinarmi per essere davvero liberato da quella che lei aveva compreso essere una perdita di tempo.
Nonostante avessi riportato solo un graffio piuttosto profondo sul dorso della mano non ero riuscito a darmi pace per la distrazione che avevo tenuto sul campo di battaglia. Non mi perdonavo facilmente gli errori, soprattutto quando avrei dovuto dimostrare di essere migliore di mio fratello.
Una volta accomodato Lady Sigyn si prodigò a curare la mia ferita, sfiorandomi la mano sinistra con una delicatezza tale da dimostrare quanto in realtà quel contatto, quello scambio di calore le provocasse un determinato fastidio. O semplicemente era stato un mio errore di valutazione?
- Non avete risposto alla mia domanda.
Gli occhi cristallini di Sigyn si spostarono sui miei e lasciò sollevare un sopracciglio biondo.
 - Quale domanda?
Sorrisi.
- I capelli, non li avete tagliati. Ogni sposa deve farlo prima di convolare a nozze. Perché invece vi ostinate a tenerli lunghi? – chiarificai la domanda di cui lei fingeva di essersi dimenticata.
- Non è mai stata una domanda, ma una constatazione.
- Che non volete chiarirmi. Perché? Avete paura che io possa leggere la vostra anima? – ero certo che non fosse del tutto possibile.
Acqua. Per me non era altro che acqua.
Dopo aver ripulito con attenzione la ferita e fasciata con estrema cura, lasciò  la propria mano sulla mia, come se avesse bisogno di sentire che io fossi lì proprio per ascoltarla. Come se fossi l’unico in grado di comprenderla.
- Accorciarli equivale a distaccarsi dal proprio passato. La vita che ho condotto prima del mio arrivo a Palazzo non è una zavorra e fa parte di ciò che sono. Mi aiuterà ad essere ciò che sarò – spiegò con un tono della voce così flebile che dovetti prestare la massima attenzione per poter cogliere ogni parola.
Sorrisi di nuovo e distolsi la mano da quella di lei, non avevo intenzione di trasmettere la freddezza che mi correva sulla pelle.  
- Non siete brava nemmeno a mentire a voi stessa. Siete troppo intelligente per credere che un taglio di capelli possa recidere la Sigyn di un tempo. Piuttosto avete timore di affrontare il futuro. Non è così? – domandai retoricamente mentre mi alzavo stringendo la mano ferita per assicurarmi che la fasciatura non avrebbe impedito i più semplici movimenti.
- Siete sempre così preoccupato di comprendermi che non mi date mai modo di capire voi – mi diede le spalle e raccolse i capelli in avanti, accarezzandoli con le dita con la stessa grazia che una musicista avrebbe usato per suonare la lira.
Rimasi distante senza avere l’intenzione di interrompere quel quadro colmo dei colori del tramonto. La mia figura avrebbe solo compresso con la propria ombra una luce che anelava a rimanere tale.
- Non ve n’è alcun bisogno. Piuttosto, perché siete qui?
- Poiché non sono in grado di servire il mio futuro Signore sul campo di battaglia, voglio almeno essere in grado di curare le sue ferite. Ho studiato e praticato a lungo l’arte medica e desidero mettere a disposizione le mie conoscenze – si volse indietro solo con la testa per potermi lanciare un sorriso che non fui in grado di decifrare.
Acqua. Continuava ad essere solo uno specchio d’acqua indecifrabile. Come può la Sincerità nascondersi così bene dietro un manto di luce? Dove sono le ombre? 








NdA: 

Ed ecco qui la Settima Shot. Poco a poco sto cercando di recuperare anche se nemmeno questa volta siamo entrati nella profondità della trama e chiedo perdono. Poichè ho preferito trasformare la long in una raccolta ho eliminato moltissimi, moltissimi piccoli eventi di preparazione e infatti nelle prossime shot non seguirò quello che avevo pensato di far accadere nella long, altrimenti allungherei davvero molto senza arrivare al succo della storia. 
Ringrazio Mania e Pitonia per aver recensito e tutti coloro che hanno inserito la raccolta tra le seguite/ricordate/preferite. 
Soprattutto ringrazio ancora Mania, perché una volta non basta, visto ed essendo che mi sprona sempre ad andare avanti. 
Grazie e alla prossima! 
   
 
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