Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: _Wonderwall_    23/04/2014    1 recensioni
(SOSPESA)
Prima guerra mondiale: la vittoria va alla Triplice Intesa (Russia- Stati Uniti- Francia).
Seconda guerra mondiale: la vittoria va ai Paesi Alleati.
Terza guerra mondiale: la vittoria va agli Stati Uniti, che conquistano l’egemonia mondiale.
Quarta guerra mondiale: in corso.
Gli uomini non si accontentano mai. Non sono bastate due guerre mondiali per appagare la loro sete di morte, di potere. Hanno sentito il bisogno di scatenarne una terza, durata solo un paio d’anni. Troppo pochi per lasciarli soddisfatti.
Perché non scatenarne una quarta? Perché non ridurre la terra in macerie?
La russia contro il mondo. Quello è il motto che i soldati russi erano fieri di ripetere ad ogni cena, ad ogni brindisi.
La quarta guerra mondiale sta devastando l’intero mondo, decimando la popolazione e c’è un disperato bisogno di una soluzione.
Genere: Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ciao a tutti, ecco il quarto capitolo :) Vi avverto che sarà un capitolo un po' triste, ma spero che vi piaccia :) Sarei felice se mi lasciaste una recensione! Buona lettura!

 
Capitolo 4
 
 
“If today was your last day
and tomorrow was too late
Could you say goodbye to yesterday?
Would you live each moment like your last?
Leave old pictures in the past
Donate every dime you have?
If today was your last day”



 
 
 
20 Maggio 2323
 
 
 
 
Scarlett prese una lunga boccata di fumo, rilasciandolo subito dopo, mentre si gustava il sapore della nicotina appena entrato in circolo nel suo corpo.
Finalmente.
Non toccava una sigaretta da almeno una settimana. Prima per paura di essere scoperta, poi per la grande mole di lavoro che era stata costretta ad affrontare all’ospedale. Non avrebbe potuto resistere un momento di più. Quelle settimane erano state davvero stressati.
Nel suo reparto erano arrivati almeno venti o trenta feriti al giorno e ne avevano persi almeno la metà. La guerra stava degenerando e lei, a soli diciannove anni, era costretta a guardare in faccia la morte, senza poter fare niente per impedirlo. Alcuni soldati erano arrivati così lacerati da darle il tempo solo di annunciare l’ora del decesso. Aveva aperto più corpi in quelle settimane che in tutta la sua carriera.
Aveva visto più morti in quelle settimane che in tutta la sua vita ed era stata costretta a sopportare tutto questo. E per un po’ ci era riuscita, cercando di evitare di guardare i morti in faccia, ma dopo qualche giorno non era più riuscita ad evitare di sognare la luce che abbandonava i loro occhi.
E si svegliava nel pieno della notte, trattenendosi dall’urlare, imperlata di sudore che le appiccicava al corpo pallido il pigiama pesante che indossava.
E così una notte aveva rubato una sigaretta dal pacchetto che il padre nascondeva nel suo ufficio, era uscita e aveva sperato che la nicotina mista all’erba la facesse sentire meglio, che le alleggerisse la mente.
Infatti da più o meno un centinaio d’anni l’uso della marijuana e delle sigarette era così largo da spingere il  governo ad unirle, così da creare un unico ed esplosivo prodotto, migliorato nel corso del tempo, che provocava negli umani leggerezza e felicità.
Gli anni erano passati, la società era progredita, la tecnologia si era sviluppata eppure i vizi dell’uomo non erano cambiati. Il fumo, l’alcool e le droghe erano sempre al centro dei bisogni umani, l’unica differenza era che non si moriva più di overdose, la medicina aveva trovato un rimedio. Ma le droghe si stavano evolvendo, diventando mano mano più pericolose e Scarlett credeva fermamente che presto la medicina non avrebbe più retto il loro passo.
Era sempre stata contraria a questi mezzi e aveva sempre creduto di riuscire a resistere. Ma non era stato così. Era crollata. Aveva ceduto. Era stata debole.
Si era dimostrata contraria quando il padre aveva cominciato a fumare, qualche anno dopo essere congedato, così lui aveva cominciato a nascondere i pacchetti. E Scarlett per un po’ aveva creduto che avesse smesso, fino a quando non ne aveva scoperto uno, ma non aveva detto niente. Aveva cominciato a controllarlo, sentendosi fiera di lui quando scopriva che non fumava per giorni –a volte settimane- interi.
Ma sapere il suo nascondiglio si era rivelato una maledizione.
E così anche la ragazza aveva cominciato a fumare.
Prese un’altra boccata, sentendo la nicotina e l’erba invaderle i polmoni e appropriarsi dei suoi pensieri, cancellando il viso dell’uomo che aveva operato quel giorno e che aveva perso quasi subito.
 
<< Dottoressa Evans, qui c’è un soldato rimasto coinvolto dall’esplosione di una bomba ad azoto >> urlò un’infermiera, avvicinandosi alla ragazza, che nel frattempo stava già visitando un altro paziente.
Quando aveva sentito quelle parole già aveva intuito come sarebbe andata a finire. Gli effetti di quel tipo di bombe erano devastanti e i soldati che ne venivano colpiti spesso arrivavano già morti all’ospedale.
 
Un’altra boccata di fumo, cercando disperatamente di bloccare quel flusso di pensieri.
L’erba aveva sempre funzionato. Perché ora era costretta a ricordare? Non voleva. Non sarebbe riuscita a sopportarlo.
 
 
Scarlett alzò il viso dal suo paziente, lasciandolo nelle mani del Dottor Johnson e si avvicinò all’infermiera, accorgendosi solo in quel momento di quanto la ragazza fosse pallida.
Si piegò sul lettino, rimanendo sorpresa dalla visione che le si presentò.
Non poteva crederci.   
 
 
Un altro tiro e un altro ancora. Avvertiva le sostanze penetrare nel corpo ed entrarle nel sangue, ma non riusciva a sentire il cambiamento che stava aspettando con ansia. Con un moto di stizza –e quasi paura per il ricordo- buttò fuori il fumo, creando una nuvoletta davanti ai suoi occhi grigi e facendoli pizzicare.
 
 
La mora si tirò indietro spaventata, prima di ripetersi mentalmente che era un medico ed era suo dovere visitare e curare quel paziente.
Si avvicinò di nuovo a lui, portandolo con velocità nella sala operatoria più vicina ed esaminando le ferite più in fretta possibile.
Un taglio all’addome che divideva quasi in due il corpo. La gamba brutalmente tagliata via e il braccio destro in una posizione innaturale, mentre quello sinistro era reciso fino alla spalla.
Il taglio dello stomaco permetteva di intravedere l’intestino.
 
 
Un conato di vomito la colpì, quando ricordò le ferite gravi e profonde che avevano deturpato quel corpo.
Ma la cosa peggiore era stata il viso.
 
 
Scarlett alzò lo sguardo sul viso del paziente. Era interamente coperto da sangue, un occhio era saltato via, portando con sé una parte della pelle del lato destro della faccia. Si vedevano le ossa.
 
 
Un altro conato di vomito.
Un altro tiro alla sua amata sigaretta.
 
 
Il sangue, fino a quel momento fermo grazie all’antidoto che il chirurgo suppose essergli stato somministrato sull’ambulanza, cominciò a scendere copiosamente, non permettendo alla ragazza di intervenire in alcun modo.
La mora se ne stava lì, a guardare il soldato con un’espressione sconvolta e dispiaciuta dipinta sul viso, mentre osservava la vita fuoriuscire da lui sottoforma di flussi ininterrotti di sangue.
 
 
Scarlett si lasciò cadere a terra, poggiando la schiena al muro grigio e triste appartenente all’edificio dietro di lei.
Fece un altro tiro, scottandosi la bocca. Era finita. La sigaretta – o meglio dire canna- era finita e non era riuscita ad impedirle di ricordare.
Le idee si accumularono una sull’altra, creando una gran confusione nella sua testa, ma nemmeno questo riuscì ad impedirle di ricordare.
Era arrivata la parte peggiore di quella giornata.
L’ammissione.
 
 
<< Ora del decesso 15:30 >> con voce tremante la mora annunciò l’ora della morte del ragazzo, dopo aver dato un’occhiata all’orologio posto sul muro della sala operatoria.
Peccato che quella non fosse la vera ora. Erano passati almeno trenta minuti dalla morte effettiva del soldato. Trenta minuti durante i quali Scarlett aveva fissato il corpo ed il viso del militare senza riuscire a muoversi. Senza controllare il battito, senza riuscire a parlare, senza provare a fare niente per aiutarlo.
Era sconvolta e il suo stomaco urlava di dover vomitare. Neanche un chirurgo poteva reggere tutto questo. O almeno lei non poteva.
Tenendosi una mano sulla pancia cadde a terra, rigettando l’intero pranzo nella vaschetta che avevano sempre sopra il mobile della sala operatoria.
Doveva uscire da lì. Immediatamente.
Si alzò, reggendosi a malapena sulle proprie gambe. Le girava la testa.
Avrebbe dovuto coprire il corpo, ma non riusciva nemmeno a pensare di rivolgere un altro sguardo al soldato. Avrebbe vomitato ancora.
Quando fu fuori dalla sala l’aria dei condizionatori la investì, schiaffeggiandole il viso pallido con forza.
Avvertì la morsa allo stomaco alleggerirsi e le gambe diventare più molli. Cadde nuovamente a terra e poggiò la testa alla porta della sala operatoria. Sentiva il cervello pulsarle sulle pareti del cranio. Chiuse gli occhi.
<< Scarlett stai bene? >> era la voce di Adam, riusciva a riconoscerla.
Provò a rispondere, cercando di dire che no, non stava affatto bene. Ma l’unica cosa che riuscì a fare fu borbottare qualche parola incomprensibile, mentre avvertiva l’aumentare dei battiti cardiaci, che riempivano le orecchie, permettendole di capire poco e niente.
Avvertì con poca chiarezza lo schiaffo dell’amico colpirle la guancia. Stava per svenire.
Non l’aveva mai provato prima, ma conosceva a memoria i sintomi.
Giramento di testa, debolezza degli arti, sensazione di vomito. Tutto corrispondeva alla perfezione.
<< E’ morto, l’ho ucciso. Ne ho ucciso un altro >> riuscì a sussurrare, mentre stringeva la testa tra le mani debole e pallide.
Avvertì la porta aprirsi, un gemito sorpreso di Adam e poi il nulla.
 
 
Era svenuta. Era svenuta come una ragazzina alle prime armi e si era svegliata un quarto d’ora dopo in una camera d’ospedale, costretta ad ascoltare delle rassicurazioni da parte dell’amico.
Rassicurazioni che non voleva sentire.
Sapeva perfettamente che era colpa sua. Sapeva che se avesse operato subito forse sarebbe riuscito a salvarlo. Se non fosse rimasta immobile, ferma ad osservare il corpo del soldato perdere sangue forse ora sarebbe ancora vivo. Se avesse somministrato dell’altro antidoto magari il sangue si sarebbe fermato per un altro paio d’ore e le avrebbe permesso di operarlo a dovere.
Ma non ci aveva pensato. Non era riuscita a ragionare quando aveva visto il corpo deturpato, il viso sfigurato.
Poggiò la testa al muro sospirando sconfitta. Quel giorno, come quasi tutta la settimana, aveva perso. Non era riuscita a salvare nessuno, non era riuscita a dare il suo contributo in nessun modo se non si considerasse il fatto che aveva eseguito un paio di operazioni corrette.
Un paio di soldati salvati su un centinaio su cui aveva messo le mani. Aveva lasciato morire almeno novantotto soldati in quelle settimane. Novantotto vite finite, stroncate dalla sua incompetenza.
A volte credeva che gli altri medici avessero ragione. Era troppo giovane. Diciannove anni erano troppo pochi ammesso che fosse una bambina prodigio.
Con il piede calpestò il mozzicone della sigaretta e chiuse gli occhi.
Sentiva di nuovo quella sensazione.
Giramenti di testa, debolezza degli arti, sensazione di vomito.
Si sentiva svenire, di nuovo. Ma non sarebbe successo, non due volte in una giornata sola.
Scarlett non era così debole.
Deglutendo aprì gli occhi e alzò la testa. Sapeva di non potersi alzare così rimase seduta, guardando dritto davanti a sé e aspettando che quelle sensazioni sparissero.
Sperò con tutta se stessa prima o poi sarebbe sparita anche quell’orribile consapevolezza di essere stata responsabile della morte di almeno novantotto soldati.
  
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: _Wonderwall_