Ventisei aprile: caffè, acqua, tè e Guinness (e un film e 1/2).
Sento le palpebre chiudersi;
un antico retaggio di sogni arcani e scrupolosi,
variopinti e perfetti in ogni singolo dettaglio;
sussultano i pensieri e il respiro freme con ardore.
Il caffè della mattina ti accarezza le labbra,
sorvola sulle occhiaie pesanti e scure;
mentre cerchi una strada alternativa,
mentre indaghi sul futuro imminente – ancora ti spaventa.
L’acqua fresca del pomeriggio ti accompagna
insieme ad una tazza di tè fumante nella lettura
del mio libro, della tua storia parallela;
e intanto ridi davanti ad assurdi resoconti d’un amicizia speciale.
La birra scura e densa, pastosa e forte, deliziosa
che s’infrange contro il palato, suggendo ogni sapore
altro dalle papille; guardiamo la scena, gli attori;
ascoltiamo le battute e i dialoghi; ridiamo e ci perdiamo.
soffici e tiepide; mi distendo con un sorriso e sospiro appena
perché va tutto bene; lo realizzo, esamino i miei pensieri
e mi vedo felice, semplicemente.
Inspiro ed espiro a fondo, profondamente;
inalo il profumo delicato indossato questa sera e socchiudo gli occhi
per poi richiuderli; sorrido ancora e penso al domani,
alle promesse, alle avventure, alle persone.
Ma sono felice.
A volte basta davvero poco.
Pochissimo.
*