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Autore: ellychan91    20/07/2008    1 recensioni
Introduzione modificata. E' vietato usare il tag b, se non in casi particolari.
Rinoa81, assistente amministratrice.

Rumori strani notturni,strane sensazioni e poi la rivelzione: una storia iniziata da un sogno, perchè ancora è possibile sognare..perfavore se leggete recensite,anche le critiche sono accettate poiché sono costruttive e aiuteranno la sottoscritta a scrivere capitoli e storia migliori (si spera...XP) thank's!ellychan91
Genere: Romantico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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STRANGE THINGS

Elle strizzò gli occhi per riprendersi, era intontita, come quando si svegliava al mattino, ma non aveva né una camicia da notte con Minnie e Daisy, né una maglietta bianca con piccole stampe di tartarughine verdi;tutt’altro: indossava gli stessi vestiti che aveva scelto quella mattina, erano bagnati fradici, e il contatto con la pelle la faceva tremare per il freddo; “Eccì!” , ecco il primo starnuto, “Eccì!”, il secondo, “Eh,eeeh…cì!” ed ecco il terzo, più forte dei due, che sembrava essere l’ultimo della serie; come gli abiti, anche i capelli non erano certo asciutti, e le contornavano il viso spaesato; gli occhi non le bruciavano più, anzi erano ben aperti che perlustravano la zona in cui si trovava e lo sguardo aveva un’aria totalmente interrogativa: dov’era? Si sentiva imbambolata, e un po’ spersa: era reduce da quel suo fantastico sogno, che l’aveva “salvata” dall’incubo; mise una mano sulla fronte, spontaneamente, come se qualcuno o qualcosa l’avesse toccata prima; aveva la sensazione di essere stata quasi baciata sulla fronte, perché il tocco era stato leggero, quasi inavvertibile, dolce e delicato: come se avesse soffiato su di lei un pochino d’aria.
In casa sua, ormai erano le 12 passate, sua madre rasentava il panico: Elle era uscita da quattro ore e più, senza aver dietro cellulare, portafoglio o qualsiasi cosa che per lei era ritenuta “indispensabile” quando doveva uscire; Michelle era ancora beatamente nel suo letto, finché sua mamma non irruppe nella stanza svegliandola, prima con calma, poi dopo aver ottenuto il proprio scopo, iniziò a essere meno quieta e a tempestare la figlioletta minore di domande, “Sai dov’è finita tua sorella? Ti ha detto qualcosa??”, “Yawhn” fu la risposta di Michelle mentre si strusciava gli occhi ancora socchiusi; “N-no mamma, non…ne so…nulla…yawhn..” fu la risposta successiva, lo sguardo della biondina era totalmente assonnato e assente, la madre scattò in piedi ed iniziò a camminare per la camera sul parquet scura visibilmente preoccupata e in ansia. Scese al piano di sotto, prese il cordless e fece un numero che la figlia scomparsa faceva solitamente: quello della sua amica Éloïse; “pronto” rispose con tono limpido la ragazza “ Pronto Éloïse, sono Marie, Elle è da te?” chiese la donna cercando di contenere il suo nervosismo, “Mi spiace, non è proprio passata di qui, perché?” replicò Éloïse non captando l’agitazione intrisa nel tono della madre della sua eterna amica “Ehm, Éloïse per piacere se dovesse venire da te, dille di chiamarmi e tornare a casa, ok?” , “Certo Marie!” esclamò Éloïse capendoci sempre meno di quella enigmatica telefonata. Marie appoggiò sconsolata la cornetta e sbuffò “dove si sarà cacciata?...” pensò la madre; “Elle dove sei???” sussurrò sempre più triste.
Michelle sbucò dalla chiocciola e si avvicinò alla mamma abbracciandola per consolarla; “Mammina che succede?” chiese Michelle “Perché stai per piangere?” Marie rimase in silenzio poi iniziò “Non trovo tua sorella; non so dove sia non ce n’è traccia è uscita stamattina e ha lasciato un biglietto…” Michelle la fissava con occhi sbarrati incapace di parlare; nella testa un solo pensiero: “Elle scomparsa”, due lacrimoni spuntarono dai suoi occhi verdi e una smorfia di tristezza s’impossessò sul suo viso che da sonnacchioso  si annerì, e cercò un fazzoletto nella cucina per poi andare nel salotto e pianse un po’. Marie intanto non si diede per vinta e chiamò tutti gli amici della figlia, per averne notizie, ma tutto fu invano: Elle non aveva avvertito nessuno di loro quella mattina.
Marie guardò l’orologio da parete della cucina, segnava le 12:15, “uff, ok, aspettiamo le 13, poi avviso la polizia” decise fermamente la donna, in quei momenti di nervosismo si capiva da chi aveva preso sua figlia maggiore; Michelle raggiunse la madre e le propose di andare a cercare la sorella, “Mamma cerchiamo Elle; non può essere andata lontano, al mattino va sempre al parco!” ; “Il parco…” sussurrò Marie, “Potrebbe essere rimasta lì a correre Michelle, non ci avevo pensato” e le comparve un mezzo sorriso che tranquillizzò la piccola Michelle, che ricambiò subito quel leggero segno di sicurezza che la madre aveva appena riacquistato.
Elle nel frattempo aveva ipotizzato dove potesse essere, probabilmente era uscita dal parco, ma dall’uscita opposta alla solita, ritrovandosi così in un luogo da lei scarsamente e raramente frequentato che a fatica aveva riconosciuto; rincuorata di essere vicino casa si gelò subito nella sua mente una domanda affatto trascurabile : come diamine era finita lì? Era certa di non essersi mossa dall’interno della zona verde, era più che sicura di non aver fatto un passo per la paura, il freddo, l’ignoranza totale di dove dirigersi per uscire da quel luogo; nella mano stringeva ancora la sua pietra bianca, la testimonianza che la sua non era pazzia galoppante, ma una stranissima realtà.
La testa le girava lievemente e rimase seduta sul marciapiede per riprendersi un po’, a un passante chiese l’ora e questi gli rispose che erano quasi le 12:30, Elle sussultò: era troppo tardi, “mamma sarà sicuramente preoccupata!” pensò e sé; quest’idea la stimolò ad arrivare a casa il prima possibile e così imboccò la strada, poi la scorciatoia e corse tutto d’un fiato fino alla sua abitazione, incredula di essere finalmente a casa.
Prese le chiavi che aveva appoggiato sotto lo zerbino, le inserì nella toppa della porta e con un click scattò la serratura; entrò e si diresse subito nella cucina, dove traspariva la figura di sua mamma, appoggiata al bancone dove spesso cucinava, la salutò e lei ricambiò guardandola con sguardo serio, severo e affatto allegro: sembrava ,molto, molto arrabbiata. “Elle!Si può sapere dove ti eri cacciata??” esplose la madre “Non pensi che IO potrei preoccuparmi?” Elle provò a spiegarsi “ Mamma scusami hai ragione, ma vedi non avevo l’orologio dietro, sono andata a correre e ho fatto il giro più lu..” ma fu interrotta “Corri per tre ore, anzi quattro??Esci di casa alle 8, lasci un biglietto, e ti rivedo ora senza sapere dove potessi trovarti, senza cellulare, senza un mezzo qualunque con cui puoi avvisarmi se ti dovesse succedere qualcosa!” continuò sua madre non lasciandole modo per ribattere; Elle poté solo dire “Mamma scusami, non volevo affatto preoccuparti, scusami, non credevo fosse così tardi, è che poi ha piovuto e non potevo venire perché c’era un pantano ed ero senza ombrello..” la madre con tono gelido rispose “Elle non è caduta neppure una goccia”. A quest’affermazione gli occhi di Elle si sbarrarono e balbettò “M-ma mamma, impossibile..i-io sono convinta ch-e-e…”, non riuscì a proseguire, ma ciò non impedì che lo sguardo della donna da duro e contrariato divenisse più disteso, e le sue braccia, dapprima incrociate, si aprissero stringendo la figlia maggiore che ricambiò quell’abbraccio sentendo proprio il bisogno di avere un po’ di normalità in quella mattina.
“Elle se mi dici che sei andata a correre io mi fido, lo sai” incominciò Marie “Ma mi sono veramente agitata per la tua lunga assenza, questo perché in genere stai fuori per correre non più di due ore e anche il fatto che tu fossi da sola ha contribuito ad agitarmi” “Lo so mamma, scusami non capiterà più, ti avviserò e mio ricorderò il cellulare la prossima volta” rispose Elle ringraziando la sua mamma per la sua comprensione.
La ragazza si diresse verso la sala e salutò la sorellina che, al solito, le corse incontro dandole un sacco si baci; Michelle, che aveva sempre notato tutto, si accorse che Elle era fradicia dalla punta delle calze, a quelle dei capelli e chiese “Ha piovuto?Io ho dormito fino a poco fa, eppure il cielo anche se non è terso, mi sembra stabile.” “Non saprei risponderti Michelle” disse Elle “Dov’ero io ha diluviato, ma qui sembra che tutto sia rimasto asciutto” concluse la ragazza; staccandosi dalla sua sorellina, uscì dalla stanza per andare a farsi una doccia calda e poi cambiarsi con degli abiti asciutti già sapendo però, che ormai il raffreddore e la tosse erano assicurati per i prossimi giorni.
“Eccì!Eccì!Eccì!” starnutì Elle consecutivamente, mentre Michelle guardava divertita la faccia che faceva la sorella ogni volta che si raffreddava: naso un pochino rosso, occhi quasi lacrimanti e, come ciliegina, un’incapacità di dire correttamente la “n” e la “m” parlando in modo nasale accentuandosi su queste due consonanti in particolare.
Elle il pomeriggio decise di non voler rischiare di rimanere un’altra volta dentro il bosco sconosciuto del parco, e così chiamò nuovamente Éloïse per invitarla da lei per raccontarle la sua stranissima esperienza, e Edo, poiché lui era un altro dei suoi amici che non l’avrebbe presa per matta; un’ora dopo i due arrivarono a casa sua e, saliti nella sua stanza, incominciò a raccontare.
Per tutto il tempo Elle fu interrotta più volta, poiché per alcune cose i ragazzi erano, come ovvio, increduli e chiedevano alla loro amica delle spiegazioni, o almeno chiarimenti; Elle poi, come conferma del suo racconto, tirò fuori la piccola pietra bianca e la mostrò loro, che di fronte alla “prova” rimasero ammutoliti e fissarono prima l’oggetto candido, poi la ragazza che doveva ultimare di narrare loro la sua esperienza; era arrivata al punto del sogno, il momento in cui si svegliò e tutto le sembrava più bello, diverso totalmente l’opposto a prima: le sue sensazioni cambiate, il senso di sicurezza che la pervadeva e anche se all’inizio era apparsa un po’ scombussolata, nel momento del risveglio si sentì realmente bene. Disse loro anche del “bacio”, ossia della strana ma automatica mossa che fece la sua mano sulla fronte, cioè quella di toccarsi dove prima aveva avvertito che qualcosa o qualcuno si era appoggiato a lei; Éloïse rimase imbambolata di fronte alla storia, e si interessò molto all’ultima parte di essa, in cui Elle aveva ammesso di aver avuto un contatto, e provò a fantasticare su irreali salvatori dell’amica o fortuiti passanti che, trovandola svenuta e sotto la pioggia, avevano deciso di aiutarla; Edo invece, meno sognatore della moretta grintosa che aveva a fianco, pensò a ipotesi più plausibili lasciandosi trasportare poi anche lui dalla fantasia che era ben lontana dai principi fiabeschi dell’ipotesi precedentemente trattata dall’altra ascoltatrice. Elle sapeva di aver fatto una giusta scelta a chiamare e chiedere consiglio proprio a quei suoi amici, poiché le loro personalità, così lontane e vicine, potevano veramente giungere un punto d’accordo che si sarebbe riscoperto poi come l’equo chiarimento di tutto.
I tre passarono il pomeriggio chiacchierando sul letto di Elle e Edo, come al solito, non si fece pregare dalla madre dell’amica, quando questa entrando voleva offrire loro una golosa merenda a base di gelato e profiterole; questa “normalità” delle cose tranquillizzava Elle e la mise di buon umore; voleva molto bene ai suoi amici, poiché riuscivano sempre a tirarla su di morale anche nei momenti peggiori; ovviamente se c’erano.
Alle sette passate i due salutarono tutti e lasciarono la casa per tornare alle proprie; Michelle era intenta a giocare col micio, non ancora ribattezzato per volere della madre, che sosteneva che, per quel gatto, la permanenza nella sua abitazione sarebbe stata breve; Elle andò in cucina e iniziò ad aiutare la mamma con la cena, ad apparecchiare ecc, non solo per scusarsi ancora per la mattinata, ma anche per non pensare ad altro se non a quello che stava facendo in quel momento, cosicché i suoi pensieri non l’avrebbero ricondotta al bosco fradicio e sconosciuto.
Quella sera alla cena partecipò anche il simpatico neo-adottato, ma non in maniera ufficiale, componente della famiglia che, con fusa e strusciamenti sulle gambe delle ragazze, fece chiaramente capire che anche per lui era giunta l’ora di mangiare; la madre allora prese dal frigo del prosciutto lo diede a Michelle; la quale lo mangiò tutto, scartando però il grasso che finì nel panciotto della palla di pelo che non fu avaro di ringraziamenti e miagolii di contentezza. Elle accarezzò quella testina morbida color avana e fissò quelle iridi azzurre chiare come le sue e che, come queste, sapevano essere di ghiaccio o cerulee a differenza dei propri stati d’animo; lo prese in braccio e se lo portò con sé di sopra tranquillizzando la madre che non l’avrebbe fatto dormire con sé.
Il micio si adagiò comodamente sul morbido tappeto della camera di Elle e li rimase facendosi coccolare dalla ragazza che ogni tanto gli confessava i suoi problemi; “Sai” incominciò “Vedo e sento cose strane, e oggi ho avuto conferma che non sono pazza, c’è qualcosa di strano che mi tormenta, che mi segue, mi salva e mi fa cadere..io..non so cosa fare ,sai?” “Maow?” fu ciò che rispose il micio fissandola con le due iridi dilatate e una testina inclinata che faceva capire la sua aria interrogativa; “Mmh, forse hai ragione, non sono capace a spiegarmi miciotto, non preoccuparti se non capisci quello che dico..” continuò Elle con tono sconsolato, prese il batuffolo di pelo e se lo mise sulle gambe per accarezzarlo un po’; la luce era spenta e le persiane aperte facevano entrare il chiarore argenteo della luna che illuminava lo spiazzo del letto e del tappeto, sul quale si riflettevano le ombre di Elle e del gatto.
Erano circa le 22 ed era un po’ presto per Elle andare a dormire, quindi prese dall’armadio la giacchetta di una tuta, la mise e scese nel giardino seguita fedelmente dal micione siamese-persiano che sembrava una pallina beige con alcune macchiette color tabacco; la madre era nel salotto e, prima che potesse proferir parola, Elle l’anticipò avvertendola che sarebbe rimasta nel giardino col gatto; così aprì la porta finestre della cucina e si sedette sull’erbetta guardando quel manto blu scuro impreziosito dalle stelle e dal bagliore della luna; c’era silenzio intorno a loro e il sottofondo era disturbato solo dalle cicale che, come in ogni estate, cantavano nell’oscurità.
Elle rimase a lungo a fissare il cielo con aria sognante, pensando non più alla parte orribile della sua mattinata, ma a quella irreale, in cui ogni fiore e frutto del bosco le aveva donato il suo profumo, in cui lei si sentiva una piuma danzante nel vento, in cui qualcuno, qualcosa, l’aveva aiutata prendendola e portandola fuori da quel posto assurdo; fantasticava su chi o cosa potesse essere il suo salvatore, dava libero sfogo alla sua fantasia che la portava a ipotizzare le possibilità più assurde e bizzarre; ma in fondo lei era così: sognatrice e realista, romantica e fredda, tutto dipendeva dai momenti e dal suo stato d’animo. Iniziò a soffiare una leggera brezza che smosse un pochino il pelo lungo del micio, in parte infastidito da quello sbuffo di vento, e che fece venire freddo alla ragazza che strinse a sé la felpa e calmò il gatto accarezzandolo e giocandoci insieme; pensò che in fondo non era poi così male quell’arietta, perché scansava le nuvole dalla luna e le stelle, e permetteva loro di avere una vista veramente magnifica di tutto il firmamento; purtroppo però in lontananza si sentirono dei tuoni che fecero capire a Elle che ormai era arrivato il momento per loro di rientrare, e ciò non disturbò affatto il gattone che pacificamente si era alzato per seguire la ragazza fino all’interno della casa e accoccolarsi al caldo.
Elle attraversò la cucina, diede la buonanotte alla madre e accompagnò la sorella in camera restando con lei a chiacchierare: lo facevano spesso prima di andare a dormire, fin da quando erano piccole, come se fosse stato un rituale della sera, raccontarsi le piccole cose del giorno e poi addormentarsi serene; quella sera Michelle era preoccupata per la sorella che da giorni non sembrava stesse troppo bene e, infatti, le chiese più volte se aveva qualche problema di cui poter discutere ma Elle, guardando la sua espressione impensierita per lei, non riuscì a dirle tutto e così si limitò solo a parlare della sua stanchezza, e soprattutto della voglia di andare a dormire che l’aveva pervasa, cosa per cui riuscì a salutare la sorellina facendola star tranquilla, e ad andare nella sua stanza.
Chiuse dietro di sé la porta e si tuffò nel letto, appoggiandosi allo schienale rigido e sbuffando: sentì un cigolio e vide sbucare la testina pelosa del micio che si guardò intono e scelse il suo posticino adatto alla sua dormita; Elle gli sorrise, la metteva di buon umore quella simpatica palla dagli occhi celestiali e inoltre dormire con il gatto in camera la rassicurava, come se fosse stato il suo portafortuna o “protettore”. Con un miagolio squillante, voluto proprio per attirare l’attenzione della ragazza, il persiano si diresse verso la sua “protetta” e iniziò a fare le fusa strusciandosi contro i mobili come fanno tutti i felini, dal primo all’ultimo senza fare complimenti; la scena era comica ed Elle non si trattenne dalle risate: dopodiché guardò l’orario sul display della sveglia, ed essendosi fatto tardi, spense le luci e si girò da un lato per addormentarsi.
Il micio, appena scese l’oscurità nella stanza, balzò sul letto coricandosi vicino alla ragazza, ma non dormì: inizio a muovere la coda qua e là in modo lento ma ritmato contro il lenzuolo e per aria; le pupille nere ora erano espanse al massimo del possibile per permettergli di fendere il buio, mentre le iridi, alla luce, azzurre cristalline erano cangiate in un blu ametista e si confondevano nel nero della notte. Nella camera era calato il silenzio più assoluto, sembrava quasi inabitata se non per la presenza dei due occhi indagatori del persiano e per il respiro di Elle, dal suono lieve quasi impercettibile; nonostante le apparenze potevano far sembrare che ormai la mente della giovane fosse già a fantasticare, Elle era sveglia e, come il suo gomitolo di pelo, vigilava con lo sguardo osservando ogni mobile dell’arredamento fino a soffermarsi sulla finestra, chiusa, dalla quale non traspariva alcun chiarore quella sera, poiché Elle, precedentemente, aveva serrato le persiane per poter evitare singolari inconvenienti notturni che in quei giorni erano per lei molto più probabili rispetto al solito.
Passarono due ore in modo tranquillo come una normale nottata estiva, e ciò tranquillizzò molto la ragazza tantoché, decise di coricarsi davvero per riposarsi un po’; mosse lentamente una mano e la poso sulla testina morbida della palla di pelo color kaki, che di rimando le miagolò lievemente e fece le fusa; poi si raggomitolò com’era solita fare quando stava per addormentarsi e abbassò le palpebre sperando di poter dormire in pace, almeno per quella volta.
La nottata passò leggera e veloce, e l’alba arrivò puntuale, facendo così cantare le allodole e riaprire i boccioli dei fiori col tepore solare; il gatto si svegliò e per far fare altrettanto alla sua padroncina iniziò a miagolare prima piano poi, a poco a poco, in modo più acuto, così da far aprire distrattamente un occhio da Elle che, ancora assonnata, si ritrovò il naso contro quello di un persiano troppo attivo all’alba, e le proprie iridi rispecchiate in quelle cerulee del suo arzillo animaletto.
“Buongiorno!” esclamò Elle con tono allegro, “Dormito bene?” chiese al micetto che, per rispondere, emise un chiaro miagolio e, per far comprendere anche le sue intenzioni, si diresse verso la porta della stanza, grattandola un po’; Elle, capendo che anche il persiano aveva intenzione di mangiare di lì a poco, abbassò la maniglia e andò in bagno, per poi raggiungere la cucina e preparare la colazione per lei e il gatto che repentinamente raggiunse la scodellina col latte e quella con le sue mousse dall’odore tutt’altro che invitante.
Mentre Elle sorseggiava il suo latte tiepido, rimase a osservare la parete bianca della cucina, come se fosse stata incantata dal candore del bianco e continuò a farlo, rimanendo a riflettere alle sue assurde giornate e ripensando ancora alle belle sensazioni del momento in cui era stata messa “in salvo”, nel quale aveva sentito e inspirato a pieni polmoni quel profumo penetrante, intenso che sembrava quasi volesse prepotentemente sovrastare tutti gli altri aromi intorno per poter essere l’unico percepito.
Erano appena le sette passate e Elle dovette abbandonare le sue divagazioni mentali e da sognatrice, poiché un trambusto ruppe la magia di quel momento; il rumore proveniva dal giardino, e ora la ragazza aveva paura: paura perché non voleva più uscire e sentirsi perduta, accerchiata da grida e ruggiti agghiaccianti, oppure totalmente sola, isolata dal resto del mondo; non aveva intenzione di aprire la portafinestra e andare nell’erbetta davanti alla casa, non l’avrebbe fatto, ormai aveva deciso. Appoggiò la tazza sul bancone della cucina e, in quell’istante, il gatto scattò verso l’entrata e, come in precedenza, cominciò a grattare la porta aspettando che lo raggiungesse la ragazza la quale però, non inserì le chiavi nella toppa per far scattare la blindatura, ma lo rimase a guardare con sguardo terrorizzato; “Micio mi dispiace, ma non posso” sussurrò con voce fioca e tremante quasi “Non ci riesco, non me la sento proprio di andar fuori adesso” terminò, il persiano la fissò contrariato e continuò cocciuto a rimanere sulla mattonella che stava davanti all’uscita; “Ti potrà sembrare stupido, ma ho paura a varcare quella soglia ora” riprese Elle, “Ma se proprio devi uscire, io aprirò piano e tu cerchi di andare molto velocemente, ok?”; il micio, che sembrava aver compreso tutto, emise un deciso “Maow!” e si mise pronto a scattare non appena avesse visto girare i cardini sullo stipite; come questo accadde il persiano corse ed Elle richiuse la porta dando un giro di chiavi e dirigendosi nel salotto per leggere  e distrarsi.
Ormai le otto erano trascorse e il gatto non era ancora rientrato, Elle allora andò in camera sua, si vestì, svegliò la madre dicendole che sarebbe uscita nel giardino di casa e così fece, varcando la soglia che, solo un’ora prima, non aveva intenzione di sorpassare. Con passo deciso arrivò nel punto in cui c’era stato il tonfo di prima e, con meraviglia, scorse che il suo micio stava semplicemente giocando con una farfalla azzurra e verde e che nel fare questo era osservato, non solo da lei, ma anche da lui, quel ragazzo che, semplicemente salutandola da lontano, le faceva arrossire le guance e attorcigliare lo stomaco. Le sorrise, la salutò con la mano e lei ricambiò; le si avvicinò vedendola immobile e le chiese come stava e lei, ripresasi rispose e cordialmente gli rivolse la stessa domanda iniziando così a chiacchierare; Elle all’apparenza sembrava tranquilla, ma dentro di sé era abbastanza agitata, aveva il batticuore come mai e avvertiva qualcosa, qualcosa che le risultava familiare, che aveva già sentito, ma non riusciva a capire cosa fosse; rimasero seduti sul verde del prato ad accarezzare il micio fino a che Elle non chiese “Tu che ci fai qui?” e lui “Mmh e se ti chiedessi la stessa cosa?” facendo il suo solito sorriso impertinente, che non nascondeva affatto la sicurezza del suo tono, ma anzi, l’aumentava, “Io abito qui” riprese Elle fissandolo con sguardo di chi sa di aver vinto la partita, “E il gatto qui presente è il mio, quindi ho due buoni motivi per trovarmi qui.” Concluse lei dando il colpo finale con lo stesso sorriso beffardo che prima era stato rivolto a lei.
“Ah ah, brava” riprese “Mmh io sono passato di qui perché stavo facendo un giro, ma mi sono un attimo fermato per il tuo gatto, è carino, sai?” “Grazie” disse lei arrossendo “Piace molto anche a me, mi ricorda una pallina di pelo” continuò con voce calma, la stessa che aveva la sera prima quando tranquillizzava la sorellina, “E poi è molto intelligente sai?” finì, e lui annuì, fissandola poi negli occhi e poi rigirandosi verso l’instancabile felino che, in quel momento, si ritirò dal gioco per dirigersi dalla sua padroncina, come se fosse stato geloso di quella nuova presenza, e si piazzò sulle sue ginocchia a pancia all’aria richiedendo attenzioni e coccole. Elle sorrise e iniziò a giocare col micio “Avete gli occhi uguali” disse lui scompigliandosi i capelli, rendendo così ribelle il ciuffo sulla fronte, e riprendendo a fissare Elle negli occhi, cosa che la fece arrossire e voltare verso il suo fedele micione che non voleva più saperne di spostarsi.
Ormai erano le dieci e i ragazzi si salutarono lasciandosi con un “Ci vediamo”; Elle si alzò col persiano in braccio e rientrarono in casa, dove lei, ancora sognante e con le gote in fiamme, preparò il caffè per la madre e la cioccolata per Michelle, mentre il felino andò a coricarsi nel salotto vicino alla libreria ed era così bello che quasi sembrava facesse parte dell’arredamento e non della famiglia.

  
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