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Autore: firephoenix    27/04/2014    2 recensioni
La storia si svolge in un passato non ben definito, dove ci sono nobili, schiavi e, cosa di non trascurabile rilevanza, vampiri.
Selene è una di loro, vive con la madre in una lugubre e sfarzosa dimora dove si ciba di schiavi che adora abbindolare prima di uccidere.
In questo mondo di sangue e perversione tutto può succedere.
Buona lettura :)
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Era tutto ciò che avevo sempre desiderato.
Mi sembrava impossibile aver vissuto tutti quegli anni senza qualcosa di simile. Senza l'odore intenso del nettare rosso che scorreva nelle sue vene, sotto le mie dita, mentre percorrevano avide il suo collo e la sua nuca. Senza il rumore del suo cuore che si muoveva a contatto col mio petto, piacevolmente assordante.
Violenti tremiti mi scuotevano mentre cercavo di baciarlo nel modo più casto possibile. Ma ne valeva la pena, ormai? Non avevo forse già rovinato la messa in scena della ragazza innocente quando lo avevo provocato e mi ero avventata sulle sue labbra senza pensarci due volte? Non era certo un comportamento da verginella quello.
Sentii le dita di Ian stringermi i fianchi possessivo e farmi sospirare. Nemmeno lui quindi era il bravo ragazzo che sembrava.
Nascosti alla vista di chiunque dietro la folta siepe che il mio bocconcino stava potando, ci lasciammo andare ai nostri desideri, tralasciando inibizioni e farse. Ian mi schiuse le labbra approfondendo il bacio e io non mi trattenni più, lasciandomi andare con un gemito e tirandogli i capelli neri. Dio, non avevo mai provato nulla di simile; mi sarei abbandonata a lui anche in mezzo a quel prato, dietro la fontana con Cupido. Gli mordicchiai le labbra premendomi completamente contro di lui.
E poi successe; la mia sete di sangue, sovreccitata e provocata più volte, prese il controllo ed i canini mi si allungarono in maniera impercettibile. Bastò: il labbro inferiore di Ian si spaccò e ne emerse una goccia di nettare rosso.
Finì sulla mia lingua, inevitabile, desiderata, imprevista.
Il mio corpo ebbe uno spasmo di pura libidine. Spalancai gli occhi in estasi; era come se qualcuno mi avesse svegliato da un sogno. Bastò una sola goccia per farmi sentire viva, mi sentii quasi rinascere: improvvisamente riuscivo a cogliere tutto ciò che c'era intorno a me con estrema e delicata precisione, la pelle di Ian sotto i polpastrelli, i suoi capelli setosi tra le mie dita, la leggera veste che indossavo mi avvolgeva stretta e si stringeva maggiormente al passaggio delle mani del ragazzo che stavo baciando. Il suo respiro, il battito del suo cuore erano così vicini da sembrare miei.
Il tutto con una sola goccia.
Era tutto così incredibile ed ammaliante che fu come un pugno nello stomaco quando prese a mancarmi l'aria. Il sangue degli uomini generalmente poteva causare una sorta di illusione di tornare in vita, come un leggero malessere se non si respirava, ma la maggior parte delle volte era solo una sensazione, nulla di reale. Il sangue di Ian, invece, mi troncò letteralmente il fiato come se dovessi respirare per vivere. Per la prima volta in vita mia mi mancò realmente l'aria. Corrucciai le sopracciglia, ansimando.
Ian mi strinse maggiormente premendo le mani sui miei fianchi e baciandomi con passione, non sembrava nemmeno si fosse accorto del suo labbro spaccato. Inspirai sulla sua bocca aperta, senza aria, il mio organismo urlava e si dimenava per avere di più di quel sangue miracoloso e in contemporanea per avere più ossigeno. Disperata e confusa morsi con rabbia il labbro inferiore di Ian tirando i suo capelli fuori controllo. Lo sentii gemere.
Altro sangue raggiunse le profondità del mio corpo, lo stomaco mi si strinse, ebbi uno spasmo. Stavo impazzendo, non riuscivo più a pensare, i sensi che prima erano così vivi ora sembravano assopiti, non sentivo più nulla, graffiai il collo di Ian in cerca di contatto, un altro spasmo mi percosse mentre l'ennesima dolorosa goccia di sangue passava tra le mie labbra, Ian urlò il mio nome: Selene, era così che mi chiamavo? Tum. Tum. Altri due spasmi, la saliva aumentava, la lingua bruciava, una lacrima scese sulla mia guancia, graffiai, ringhiai, un rimbombo scosse il mio petto ed io mi piegai in due staccandomi di scatto da Ian. Lui mi stava fissando sconvolto: aveva dei grossi tagli sul collo, i capelli scarmigliati, la casacca strappata e un labbro tumefatto.
Senza pensarci due volte mi girai e scappai più veloce che potevo.

 

Fissavo lo specchio della mia toelette con i palmi delle mani sporche di sangue ancorate al lavabo in marmo. Ansimavo pesantemente con la bocca aperta da quando ero rientrata.
Ero sconvolta. Che diavolo era appena successo?
Il mio riflesso mi restituiva un'immagine priva di senso: la mia solita pelle diafana era sostituita da un rosa pallido che stava ormai sbiadendo, i miei occhi erano uno rosso sangue, come di consuetudine dopo aver “bevuto”, mentre l'altro aveva delle sfumature di un verde che non avevo mai visto riflesso nel mio sguardo né nello sguardo di nessun altro vampiro, in più, la scia della fugace lacrima che mi era corsa poco prima sul viso era ancora visibile; lentamente andai a toccarla con mano tremante.
Parole e conoscenze continuavano a riempirmi la testa: i vampiri non possono piangere, i vampiri non possono avere occhi di una sfumatura diversa dal nero o dal rosso, i vampiri non hanno colore sulla pelle se non quello della Luna.
«Cosa mi hai fatto?» chiesi fuori controllo «COSA?»
Urlando tirai un pugno al vetro che si ruppe con uno schiocco secco, crepandosi.
Passarono secondi, minuti, ore forse, senza che mi muovessi dal lavabo. Tenevo la testa piegata verso il basso, i capelli neri mi coprivano quasi interamente il volto.
Dovevo riprendere il controllo di me stessa, non potevo permettermi alcun tipo di debolezza, non in quel momento.
Piano risollevai il capo fissando con occhi nuovamente rossastri i miei molteplici riflessi nello specchio rotto. Avrei agito quella notte stessa. Qualunque cosa fosse successa quel pomeriggio, non era normale; il sangue di quel ragazzo era pericoloso e questo significava andava ucciso al più presto.
Ho aspettato abbastanza pensai rabbiosa i giochi finiscono qui.

 

Cicatrici. Ne avevo viste parecchie, non su di me ovviamente: su contadini, su schiavi, su animali a volte... i vampiri non possono avere cicatrici. La nostra pelle è perfetta e indistruttibile; o almeno così pensavo fino ad oggi.
Fissai con rinnovato stupore il sottile rigonfiamento di pelle rimarginata al di sotto del mignolo, a lato della mano destra. Tentai di non lasciarmi prendere dal panico.
Erano passate più di quattro ore da quando avevo rotto lo specchio della mia toilette. Quella ferita non poteva essere ancora in fase di guarigione, non doveva. Sfiorai la piccola cicatrice con l'indice, guardandola spiritata e mi chiesi se avessi dovuto parlarne con mia madre. Cosa avrebbe pensato? Mi avrebbe ucciso come aveva fatto con mio padre?
Per un istante, il primo nella mia vita, ebbi paura di Lilith. Così gentile e nobildonna quanto assetata di potere e malvagia.
No mi dissi lui è stato ucciso per un motivo... per i suoi tradimenti... perchè mai mia madre dovrebbe uccidermi?
«Selene, tesoro?»
Dovetti usare tutta la mia forza di volontà e una gran dose di abilità da vampiro per non trasalire.
«Mamma. Dimmi pure» chiesi voltandomi verso di lei e nascondendo la mano con la cicatrice nell'ambia stoffa del mio vestito. Era seduta sul letto perciò le pieghe delle coperte e della mia gonna avrebbero nascosto il tutto a sufficienza.
«Ti va di festeggiare stanotte? Ho trovato un po' di schiavi avvenenti e una ragazza dal gusto... come dire... particolarmente pittoresco che potrebbero unirsi a noi. Ho appena finito di riposare il viso e sono fresca come una rosa»
«Stanotte non posso, mi dispiace» risposi, probabilmente se fossi entrata in una stanza con degli umani avrei vomitato a causa dell'odore ripugnante del loro sangue. Non che i vampiri vomitino, ma ormai non ero più sicura di nulla.
«Questa notizia mi affligge, bimba. È forse successo qualcosa?» mi chiese apprensiva.
«No, tutto il contrario. Succederà qualcosa» ghignai. Il fatto che volessi uccidere Ian non significava che prima non me lo sarei goduto a dovere.
«Capisco... e così è la grande notte, eh? Sai che poi vorrò tutti i peccaminosi dettagli domani» mi sorrise lei maliziosa, intuendo le mie intenzioni.
«Certo, come sempre, madre»
«Divertiti!» mi disse ridendo allegra, poi se ne andò.

 

Con un movimento fluido la leggera vestaglia da notte nera scivolò sulle mie curve color porcellana, arrivando a sfiorare il pavimento. Mi rimirai allo specchio con sguardo lascivo: il tessuto della veste era semitrasparente e gettava sensuali e misteriose ombre sul mio corpo perfetto. Non mi truccai, non mi agghindai di gioielli, mi diedi solamente una leggera sistemata ai capelli, dopodiché uscii dalla mia stanza e mi incamminai a piedi nudi verso la cucina della dimora.
Percorsi i lunghi corridoi a velocità normale, lasciando che la vestaglia mi sfiorasse le caviglie e si avvolgesse attorno alle mie gambe, senza quasi emettere suono, come un fantasma o una visione impalpabile riemersa da un sogno. O da un incubo.
Poche ore prima avevo preso una schiava, una donnina minuta e impaurita, e le avevo chiesto di portare ad Ian un messaggio: ci saremmo visti quella notte, alle cucine, per parlare di quello che era successo quel pomeriggio.
Parecchio prima di giungere alla meta percepii attraverso il senso dell'olfatto che la mia preda mi aveva anticipato.
Meglio. Adoravo le grandi entrate in scena.
Sorpassai la soglia delle cucine nell'assoluto silenzio, sollevando parte della vestaglia come se mi importasse che non si sporcasse.
Lui era di schiena. Da quella posizione potevo perfettamente ammirare i muscoli delle sue spalle e le sue scapole muoversi anche sotto la leggera casacca. Feci scorrere le dita sullo stipite della porta per attirare la sua attenzione ed Ian si girò.
Alla tenue luce della luna proveniente dalle finestre era ancora più bello, quasi etereo. I suoi occhi brillavano di un blu liquido e profondo e i capelli neri come la notte gli ricadevano scompigliati davanti alla fronte; aveva ancora sul collo il segno dei miei graffi e il suo labbro inferiore era leggermente gonfio.
Percorse tutta la mia figura con gli occhi, divorando le mie forme di burro senza la minima vergogna.
«Cosa è successo oggi?» chiese poi arrivando subito al punto. Anche lui aveva deciso di smettere di giocare.
«Ci siamo baciati»
«Quello non era un bacio»
«E allora cos'era?» mi avvicinai lentamente a lui, passando lascivamente le mie dita affusolate sul ripiano dei tavoli da cucina.
«Speravo fossi tu a dirlo a me» rispose lui contraendo la mandibola.
«Era... qualcosa che volevamo entrambi» gli dissi allora fermandomi a pochi centimetri da lui «Qualcosa che desideravamo da tempo»
Ian deglutì.
«Qualcosa che, se non sbaglio, brami anche adesso» conclusi, fissandolo maliziosamente.
«Hai detto “brami”... ti stai forse escludendo?»
«Sarei qui se così fosse?»
«Saresti sicuramente più vestita»
Ghignammo entrambi. Improvvisamente gli appoggiai una mano sul petto, facendola scorrere lentamente sugli addominali e poi più giù, agganciando l'orlo dei suoi pantaloni e tirandolo verso di me.
«Non è di tuo gradimento, forse?»
Lui passò nuovamente lo sguardo su di me.
«Mi stavo solamente chiedendo come una dolce ed innocente fanciulla si sia improvvisamente trasformata in una succinta seduttrice»
«Forse lo è sempre stata» gli dissi lasciandogli i pantaloni. Ad Ian sfuggi un sospiro.
«Anche tu sei diverso da come eri apparso all'inizio però» continuai, prendendo a camminare lentamente attorno ad un tavolo.
«In meglio o in peggio?» mi chiese maliziosamente lui appoggiandosi allo stesso bancone a cui stavo girando intorno. Ci sapeva fare, il ragazzo.
«Non so... sei più spudorato... più interessante»
«Lo prenderò come un complimento»
«Dovresti»
Mi fermai sul lato del tavolo opposto al suo; sporgendomi in avanti una manica della mia vestaglia mi scivolò dalla spalla, scoprendo una gran porzione di pelle. La fissai lasciva, poi passai lo sguardo su Ian, che non riusciva a staccarmi gli occhi di dosso, e mi inumidii lentamente le labbra con la lingua.
Poi accadde tutto in fretta. Contemporaneamente scavalcammo il bancone e, scagliando furiosamente a terra tutto ciò che ci separava tra bicchieri, posate e vassoi, ci avventammo ringhiando l'uno verso l'altra in un bacio passionale quanto mortale.
Le mani di Ian non si fecero attendere, sollevarono subito la mia vestaglia fino ai fianchi lasciando la mia pelle scoperta al chiarore della luna mentre lui mi mordicchiava il collo. Gemendo di piacere, gli slacciai velocemente i lacci della casacca, scoprendogli il petto ed accarezzandolo avidamente. Ripresi a baciarlo in estasi.
Non potevo credere che fosse capitata a me tutta quella fortuna, che potessi avere tra le mani, tra le cosce, quel dio dell'amore, come lo aveva definito mia madre, il desiderio estremo di ogni vampiro. Strinsi a me Ian, graffiandolo con le unghie, possessiva. Lui si sfilò velocemente le braghe continuando imperterrito a baciarmi. Feci entrare la sua lingua nella mia bocca mentre gli tiravo i capelli, facendolo sospirare, e lasciavo che la mia veste percorresse veloce e leggera i miei fianchi e le mie gambe, cadendo dal tavolo senza far rumore. Ian mi afferrò per i fianchi, facendomi sdraiare bruscamente sul bancone e stendendosi su di me. Gli permisi di strusciarsi su di me e lo lasciai giocare con le mie curve, poi però, da predatrice qual ero, invertii a velocità sovrannaturale le posizioni, sedendo a cavalcioni su di lui. Odiavo stare sotto, non era nella mia natura.
Mi allungai placidamente su di lui, gemendo al sentirlo ansimare. Era la miglior preda della mia vita, il più piacevole e ricco bottino su cui avessi mai messo le mani. Graffiai i suoi addominali mentre lui affondava le dita nei miei riccioli scuri senza smettere di baciarmi con passione e di torturare le mie labbra.
Aspettai l'apice del piacere.
Non l'avevo mai fatto prima, di solito, qualsiasi uomo, che mi facesse godere o no, moriva poco dopo l'inizio delle “danze”. Ian invece... oh lui era tutta un'altra storia.
Nel momento in cui l'estasi raggiunse entrambi avvicinai le mie labbra alla sua gola, eccitata da ciò che stava per succedere e non curante di ciò che era accaduto quel pomeriggio; sussurrai parole ammalianti, lasciandomi andare come mai prima d'ora.
Poi, con un ringhio animalesco, senza potermi più trattenere, affondai i canini nel suo collo sudato... nello stesso momento in cui lui fece lo stesso con me.

 

 

 

 

Qui firephoenix!

No, non sono morta :D eccomi qui con un altro super capitolo (?)
Si sono finalmente scoperte un po' di nuove cosucce :) il sangue di Ian ha uno strano effetto sulla nostra Selene e, come qualcuno di voi aveva già intuito, il misterioso ragazzo dagli occhi blu non è un semplice umano :D Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che vi abbia incuriosito almeno un po'!
Alla prossima

XOXO
firephoenix

Ps: ecco dei piccoli schizzi di Bell, Selene e Ian come promesso:

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