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Autore: JuliaSnape    27/04/2014    1 recensioni
La storia ha come protagonista Jade Rigby, 2° anno Serpeverde, che insieme ai seri problemi che l’attendono a casa (un patrigno violento che tormenta lei e la madre) inizia ad avere ripercussioni anche a scuola.
Sarà con l’aiuto di Severus che la ragazza riuscirà lentamente ad aprirsi mostrando quello che da tanto nasconde e non vuole ammettere neanche con se stessa. Ma questo è solo l’inizio della storia, perché come si sa, risolto un problema ne inizia un altro…
"...Fredda e distaccata. Così erano le Serpi, così doveva essere, così doveva sembrare anche se non lo era.
Le bastò un'occhiata veloce al suo braccio coperto dalla divisa per avere un sussulto impercettibile.
No. Non era nulla. Non era successo nulla. Stava bene e del resto ormai erano passati quasi tre mesi, non c’era neanche più traccia dei segni.
Il dolore però sì, quello c’era, ed era sempre lì insieme alla paura.
Si morse distrattamente l’interno della guancia. Evadere, anche dai suoi pensieri, era questo il trucco, altrimenti l’avrebbero assorbita fino ad arrivare ad un punto di non ritorno e non poteva permetterselo o almeno non ancora..."
Genere: Avventura, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
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Burning heart


Alla mia mamma,
(che è l'opposto di Eleanor)
 che tutti vorrebbero se si potesse scegliere
... però è solo la mia ♥
e degli altri due ♥




“E amalgamando l’occhio di vipera con gli artigli di un’idra di montagna, potrete facilmente creare un antidoto efficace contro gli effetti di un Pomrebin. Purché vi rendiate conto prima di essere sotto il suo effetto, altrimenti potrebbe essere troppo tardi e risultarvi fatale.”

Jade era china sul foglio a prendere nota delle parole dell’uomo senza mai alzare la testa, mentre il resto della classe seguiva impaziente la spiegazione, consapevole che quella sarebbe stata l’ultima lezione prima delle vacanze.  

Dopo quella sera non aveva più avuto modo né aveva cercato di parlare col professore. Si erano rincontrati solo ai pasti e alle lezioni ed in entrambe le circostanze lui non aveva sollevato l’argomento né espresso la voglia di rimanere nuovamente solo con lei.
Jade non aveva saputo interpretare la cosa, da una parte sperava vivamente che l’uomo avesse sorvolato l’intera vicenda ritenendola di poco conto ma, conoscendo il tipo, sapeva che doveva restare in guardia. Per questo faceva in modo di non attirare particolarmente attenzione su di sé.

Era partecipe e attenta in tutti i corsi, ma si vedeva bene dal trattenersi troppo a lungo nei sotterranei o in classe dopo le lezioni e tanto meno di fissarlo negli occhi mentre parlava alla classe.
Forse si era scordato o semplicemente aveva lasciato perdere la cosa, guardarlo una volta di più era rischioso, magari avrebbe significato ricordargli tutto il suo pasticcio con relativa fuga…

Aveva vissuto per alcune settimane con quest’ansia di fondo per qualcosa (un dialogo, un castigo o quant’altro) che l’uomo avrebbe potuto fare, ma arrivando all’ultimo giorno scolastico prima delle vacanze si consolò che ormai era andata.
Certo, una volta a casa avrebbe avuto altro di cui preoccuparsi, ma l’importante era che nessuna delle due situazioni andasse ad intaccare o incidere l’una sull’altra. Quanto a lei sarebbe andata avanti o ci avrebbe provato, come del resto faceva sempre…

La campanella risuonò mentre Piton si stava preparando per assegnare i compiti per i giorni di festa.
Jade si rese conto che aveva preso solo un quarto degli appunti di tutto ciò che aveva spiegato l’uomo e si rammaricò al pensiero che, probabilmente, l’assegnazione sarebbe volta proprio su quello.

“Quindi mi dovrete portare almeno otto rotoli di pergamena con sopra trenta righe minimo l’uno, con su scritto gli effetti negativi e benefici di questa pozione ed altre alternative utili per il medesimo scopo. Pretendo un lavoro approfondito e vi ricordo che vacanze non significa abbuffarsi –i suoi occhi dardeggiarono su un Corvonero piuttosto corpulento- e dimenticare il lavoro, ma prendersi una lieve, lievissima pausa per poi ricominciare a ritmo più conciso di prima. La lezione è terminata, arrivederci.”

Subito gli studenti si affrettarono verso la porta, ma in modo ordinato per non subire le ire dell’uomo. Jade, che di solito era una delle prime, fu ritardata da Deborah che passando accanto al suo banco lo urtò ‘per sbaglio’ facendole rovesciare l’inchiostro sui pochi appunti che aveva preso. La ragazza non commentò e fece il possibile per rimediare in più fretta che poteva.

Un’altra cosa che evitava per non essere nuovamente richiamata era di ignorare le prepotenze o gli scherzi di cattivo gusto delle compagne di Casa. Magari in seguito sarebbe intervenuta, ma adesso anche solo rispondere a voce avrebbe potuto crearle dei problemi.

Mentre gli ultimi compagni uscivano e i più ‘coraggiosi’ (o lecchini) Serpeverde porgevano al professore gli auguri di buone feste, Jade si sistemò la borsa in spalla e iniziò ad attraversare l’aula senza guardare in nessun punto preciso. Fu quando era nei pressi della seconda fila che l’uomo alzò gli occhi dal registro che stava compilando e le chiese:

“Le dispiacerebbe trattenersi alcuni istanti, signorina Rigby?”

Jade si fermò sul posto come gelata. Ecco, era troppo bello per essere vero, beccata all’ultimo, che tempismo!
Annuì lievemente e scoraggiata si avvicinò alla cattedra mentre alcune ragazze ancora sulla porta si diedero gomito per poi allontanarsi bisbigliando.

“Può sedersi al banco qui davanti, non voglio essere lungo ma vorrei stesse comoda.”

Jade eseguì venendo al contempo scossa da qualche brivido. Si era preparata a questa eventualità, doveva solo ripassare il piano.

Tranquillità, la parola chiave era quella.

“Intanto ha capito bene la lezione di oggi? La relazione che mi dovrete portare inciderà particolarmente con il vostro voto finale.”

“Sì, professore… credo di sì” Si domandava dove avrebbe potuto studiare, sul libro quella pozione non c’era e gli appunti erano ormai un bozzetto pietoso.

L’uomo alzò un sopracciglio.
La ragazza ‘credeva’, non sapeva dirgli con certezza se aveva memorizzato e capito delle nozioni spiegate fino a qualche momento fa.
Alzò le spalle come a sospirare, ma non lo fece. “In ogni caso è di altro che vorrei parlare con lei… riguardo il suo ultimo giorno di punizione”

Non l’aveva detto come una minaccia, anzi, aveva leggermente abbassato il tono di voce che, per quanto seria, sembrava meno fredda  e rigida del solito.
La ragazza si portò istintivamente la mano sul braccio -movimento che non sfuggì a Piton- nel sentire quella parola e non sapendo come decifrare la voce dell’uomo, annuì col capo e lo guardo coraggiosamente negli occhi.

“Non ero in me e volevo scusarmi per l’inconveniente, professore. Lo avrei fatto prima ma me ne vergognavo troppo, mi è dispiaciuto romperle tutte le fiale e cadere sopra i suoi libri, non era mia intenzione.”

“Lo spero bene.”

“Inoltre quando sono andata via ero… sconvolta. Per questo le dico che non ero in me. Neanche ricordo cosa è successo con esattezza.”
Esibì un sorriso imbarazzato per rendere tutto più ‘realistico’, mentre l’uomo la guardava incredulo, non sapendo se crederle o meno, sebbene molto più propenso alla seconda delle due.
Jade ce la stava mettendo tutta, la storia del resto filava, doveva solo mostrarsi coerente e tranquilla, come le era sempre stato insegnato.

“Che fosse sconvolta non avevo dubbi… però volevo sapere come si sente ora e –aggiunse guardandola negli occhi con particolare attenzione- com’è la sua situazione a casa al momento.”

Jade si impedì di deglutire, era previsto anche quello del resto.
“Io sto bene. Che intende per il resto?”

“Come va con la sua famiglia, che rapporti tiene con i membri… Torna a casa per le vacanze, giusto?”

Si trattenne dal chiederle se cucinavano qualcosa in particolare in vista delle feste, come invece gli era stato consigliato.
Provare a mettere a proprio agio gli alunni con domande inerenti al argomento principale, ma anche un po’ distanti da esso, per far si che parlassero tranquillamente. Molti professori ne erano capaci e lo usavano come metodo nelle proprie interrogazioni per tranquillizzare gli studenti, ma ovviamente Piton non era tra loro e gli costava fatica anche solo provarci. Ma lo aveva promesso a Silente, quindi eseguiva e soffriva in silenzio.

“Ho un buon rapporto. Con tutti loro.” Lo disse tranquillamente e sinceramente, del resto la sua famiglia era sua madre, Robert non ne faceva ne avrebbe mai fatto parte.

“E per Natale mia madre fa dell’ottimo Roastbeef con le patate al forno.”
Aggiunse quel dettaglio, nonostante fosse alquanto datato, per rendere la cosa più convincente. Piton, sebbene con un impercettibile sussulto, annuì percependo la verità in quella prima risposta… così come nella seconda del resto, ma di quella in realtà non provava particolare interesse (sebbene  il Roastbeef non lo disdegnava affatto come piatto).

Sospirò per poi guardarla nuovamente negli occhi.
“C’è qualcosa di cui vorrebbe parlarmi? Anche… non scolasticamente parlando?”

Jade si dovette contenere. Si fidava dell’uomo, era il suo Capocasa e, nonostante tutto, il suo professore preferito.  Gli avrebbe volentieri aperto il suo cuore (e stomaco, che le doleva come non mai), ma sapeva bene di non poterlo fare. Non poteva tradire sua madre.

“No… niente.” Niente che potrebbe fare in ogni caso… mi dispiace.

L’uomo annuì ancora e chiuse il registro.
“Se è così, ora può andare. Presumo che dovrà ancora finire le valigie e non c’è più troppo tempo a disposizione.”

“Sì, comunque… grazie professore.”

“Nulla. Buon viaggio signorina Rigby e si ricordi di studiare bene.”

“Sarà fatto, arrivederci professore.”

Uscì dall’aula con gli occhi lucidi. Non era successo nulla, eppure sentiva addosso una grande voglia di piangere. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per liberarsi di quel macigno che le scavava dentro distruggendole il cuore.
 
***
 
In treno non riusciva mai a dormire e mentre due ragazze tassorosso del primo anno approfittavano del viaggio per riposare, lei ripensava al dialogo avuto col professore. Alternò il tempo guardando fuori dal finestrino  e leggendo un libro che aveva preso in prestito dalla biblioteca. Leggere e sognare erano i suoi modi preferiti per evadere da una realtà che fin troppe volte le andava stretta.

Arrivata alla stazione si affrettò a prendere i suoi bagagli e raggiungere la fermata degli autobus. Non che avesse particolare fretta di arrivare, anzi, il tragitto al ritorno era sempre più breve, però non le andava di sorbirsi  quelle scene di ricongiungimento familiare. Tutti quegli abbracci e carezze le riempivano di vuoto lo stomaco. Lei non aveva niente del genere.
 
Giunta alla sua fermata, Jade scese e iniziò ad incamminarsi sulla via di casa sempre più titubante.
Vivevano in un quartiere piuttosto isolato dal centro di vita cittadino e la loro casa, in particolare, era posta al limitare della collina che formava il loro comprensorio. Ancora a distanza di anni che abitavano lì, la ragazza non avrebbe saputo dire se questa lontananza era un bene o un male.

Quando finalmente arrivò davanti alla porta dell’abitazione prese un respiro profondo. Doveva passarci solo quindici giorni, senza togliere che avrebbe rivisto sua madre e quella era una buona notizia, no? Sarebbero state delle vacanze piacevoli, doveva solo crederci.

Bussò alla porta col il cuore in gola. Udì il rumore sommesso delle stoviglie, che avevano fatto da sottofondo alla sua attesa, arrestarsi e venire sostituito da quello di alcuni passi felpati che si avvicinavano alla porta. Un sorriso spontaneo le riempì il viso ed Eleanor ebbe appena il tempo di aprire la porta prima di venire travolta dall’affetto della figlia, che l’abbracciò con entusiasmo.

“Mamma! Quanto mi sei mancata!”

“Anche tu, tesoro, anche tu”
Jade si strinse forte a lei, desiderando di poter rimanere per sempre dentro quella dolce morsa.

“E’ andato bene il viaggio, pulcino?”

Quando finalmente si sciolsero Eleanor sorrise felice alla figlia, mentre quella ebbe modo di vedere i nuovi segni presenti sul suo volto.
“Sì, tutto bene, ma tu mamma…”

“Dai vieni dentro, però mi raccomando, fai piano che Robert sta riposando.”

“Che ti ha fatto?”
La ragazza provò ad avvicinare la sua mano sulla guancia violacea della madre, ma quella si scostò scuotendo la testa.

“C’è qualcosa in particolare che ti piacerebbe per cena? Abbiamo del fegato e la zuppa di cipolle…”

“Mamma rispondimi!”

“Puoi avere entrambi se vuoi e forse è avanzato anche del purè di giovedì.”

“MAMMA!”

Eleanor sobbalzò spaventata per poi poggiare le mani sulle spalle della figlia, scuotendola leggermente.
“Jade! Ma sei impazzita? Cosa ti urli?? Ti ho detto che Robert dorme!”

No, sei tu che sei impazzita a farti trattare così! E chissene frega che dorme, mandalo via una volta per tutte!
Le parole le si gonfiavano in petto e morivano in gola. Come fiammiferi, le si accumulavano dentro, di volta in volta, aspettando una fiammella per potersi accendere tutti insieme, incendiando quanto aveva tanto resistito a proteggere.

Non importava se erano quattro mesi che mancava da casa, sopportava comunque, fin quando non ci riusciva più ed esplodeva.
Tante cose avrebbe voluto dire a sua madre, dalla proposta di scappare insieme al ‘semplice’ fatto che le voleva bene e non doveva avere paura, insieme si sarebbero potute aiutare e riuscirci… ma lei lo voleva? Le voleva bene soprattutto?

Di tutto questo vortice confuso di pensieri e sentimenti, l’unica cosa che in grado di chiederle realmente, in un sussurro appena udibile, fu:

“Perché?”

Eleanor dilatò gli occhi aprendo e chiudendo la bocca, nella ricerca della risposta esatta per quella ‘semplice’ domanda.

“Vedi, Jade…”
Stava per iniziare, quando un rumore sordo al piano di sopra fece sussultare entrambe.

“Si è svegliato.”
La bionda si voltò, improvvisamente reattiva, verso la figlia.

“Vai in camera tua e non fare rumore, non credo si ricordi che dovevi tornare oggi. Devo prepararlo alla notizia.”

Jade rimase immobile fissandola, non voleva lasciarla.

“Dai su, vai!”

“No.”

“Jade, vai, ti prego!”

“No!”

“Fallo per me!”

Sembrava disperata e Jade capì che lo era. Non voleva allontanarsi, ma capì che forse l’avrebbe messa meno in difficoltà così… ci voleva credere.
La guardò un’ultima volta, mentre quella le faceva cenno di affrettarsi, per poi raggiungere la propria camera in sordina.

Chiuse piano la porta e si lasciò scivolare contro di essa.

Un altro principio di incendio sventato, il suo cuore in fiamme non faceva testo.










Let it Be Go SNAPE

Bene, dopo non so più neanche quanto (mi rifiuto di leggere a quando risale l'ultimo aggiornamento), eccomi qui... potrei dilungarmi in scuse e giustificazioni, ma dirò solo una cosa:

matematica esterna.

-Suono d'organo alla Davy Jones-

Tristi notizie a parte, spero che questo capitolo vi sia piaciuto... anche perché ne esistono tre diverse versioni e questa spero e credo sia la migliore.
Per le lamentele c'è Dafne che l'ha approvato e quindi potete prendervela con lei... ok, basta. Sono stanca e degenero. e_e
Qualunque cosa vogliate dirmi, bella o brutta che sia, vi aspetto tra le recensioni :)

Se invece volete mandarci un po' di fondi, alimenti o shampoo... lasciateli vicino all'ufficio di Piton, passo poi io a ritirare il tutto.
Ammesso che lui non mi crucia prima. Più probabile...

Non mi dilungo perché temo l'html, ma spero di leggere una vostra opinione! (o ricevere un buono shampoo...)

Buona Pasqua in ritardo e buon tutto!

JuliaSnape
  
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