VI
Quasi ogni
settimana, il sabato pomeriggio, si presentava al caffè uno strano tipo, sulla
quarantina, portamento asciutto ma rispettabile, capelli a spazzola marrone
scuro, cappello di tessuto e un paio di lenti rotonde da professore, che
secondo i più effettivamente era.
Ogni
volta si sedeva al solito posto, un tavolino affacciato sul parapetto
prospiciente il lago, mentre nei giorni di pioggia ne sceglieva uno a ridosso
delle vetrate rivolto sempre verso lo specchio d’acqua, ordinava il suo caffè
turco molto speziato, la sua torta d’avena e si metteva a leggere un grosso e
vecchio libro; non parlava mai con nessuno, né invitava i camerieri o chiunque
altro ad intrattenere una conversazione, e visto che pagava sempre in contanti
non era stato possibile scoprire il suo nome neanche attraverso i dati della
carta di credito.
Per
questo, tra il personale del café era stato soprannominato
Uomo che Legge.
Alcuni
erano attratti dalla sua figura, così misteriosa, altri ne erano persino
spaventati, come per esempio Marika, che lo trovava inquietante e quasi
minaccioso.
Alicia
ne sentì parlare per la prima volta un giorno in cui la sua inaspettata, e per
certi versi inspiegabile, assenza dal locale per un’intera settimana aveva
provocato un piccolo dibattito interno.
«Quel
tipo mi fa paura.» disse Marika «Quando mi avvicino a lui anche solo per
prendere la sua ordinazione se va bene vengo ignorata, altre volte invece mi
lancia quasi delle occhiatacce. E poi non parla mai con nessuno.»
«Forse
dimentichi che questo non è un confessionale.» rispose arcigno Claudio «Questa
è una sala da caffè. Qui la gente non viene necessariamente per parlare.»
«E
uno spende quasi quaranta kylis tra caffè e dolce, e
altrettanti per un tavolino di prima fascia, solo per starsene lì immobile e in
silenzio a leggere?» commentò sarcastico Hervé
«Potrebbe farlo benissimo seduto ad una panchina.»
«C’è
tanta gente strana al mondo.» osservò Vincent
«O
forse, sta solo aspettando che siamo noi a fare il primo passo.» ipotizzò
Alicia
«Per
carità, evita.» rispose Claudio «L’ultima volta che hai aperto bocca con un
cliente si è sfiorato l’incidente diplomatico.»
«Se
vuoi essere picchiato, devi solo chiederlo.» ribatté la ragazza con lo stesso
tono.
Uomo che Legge si
ripresentò come previsto la settimana successiva, e dandogli il benvenuto
Alicia notò un naso leggermente arrossato, immaginando subito il perché di
quella lunga ed insolita assenza.
Così
le visite periodiche ripresero, ed ogni volta Alicia lo osservava da lontano,
cercando con una curiosità che non le faceva difetto di scorgere quel piccoli
segni che potessero aiutarla a capire; capire chi era Uomo che Legge, perché
venisse lì, o anche solo per conoscere il suo nome.
Non
le riuscì mai di avvicinarlo, né di provare a parlarci, ma riuscì a notare
alcune cose, a cominciare dal grosso libro che l’uomo leggeva ad ogni sua
visita: un libro di favole. Ed era sempre lo stesso volume, riconoscibile dalla
copertina color vino e dall’angolo spiegazzato, dal che si desumeva che dovesse
essere piuttosto vecchio.
A
forza di osservarlo, e mettendo insieme i vari frammenti, Alicia arrivò a
teorizzare una possibile spiegazione; ora, restava solo da verificarla.
L’occasione
si presentò la visita successiva.
Ormai
l’inverno era alle porte, e oltre al vento freddo proveniente dalle montagne
violenti acquazzoni bagnavano la città ad intervalli regolari.
Anche
quel giorno pioveva, così Uomo che Legge si sedette al solito tavolino interno;
tuttavia arrivò un po’ prima del solito, verso mezzogiorno, quando i ragazzi
del turno di mattina se n’erano già andati e quelli del pomeriggio non erano
ancora per buona parte arrivati.
C’erano
solo Marika ed Alicia, e dal momento che Alicia si stava ancora cambiando
Marika fu costretta a fare gli onori di casa, correndo subito a nascondersi
dietro al bancone dopo aver ricevuto come risposta al suo benvenuto la solita
occhiata obliqua ed il solito silenzio.
«Lo
dico e lo ripeto, quel tipo mi fa paura.» disse emergendo appena da sotto il
ripiano.
Era
la sua occasione. Non andò neanche a prendere l’ordine.
Preso
il mortaio, vi pestò dentro il caffè, lo zucchero e le spezie, infilò il tutto
nel cezve in ottone, aggiunse acqua e fece bollire,
passando il contenuto dalla macchina al contenitore più volte fino ad ottenere
una bevanda densa e scura simile al fango che versò in una tazza bassa e larga
sormontandola con un leggero strato della crema depositatasi sul fondo del cezve.
«Pronto.»
disse soddisfatta, e tagliata anche una fetta di torta d’avena si presentò al
tavolo di Uomo che Legge «La sua ordinazione, signore».
Quello
la guardò come stupito, poi fece un cenno con il capo riprendendo subito a leggere;
Alicia servì, ma invece di tornare al banco stette ad osservare Uomo che Legge
in silenzio mentre questi seguitava a far scorrere gli occhi su quel fiume di
parole e buffi disegni raffiguranti fate, orchi, elfi e folletti.
«Lei
sta aspettando qualcuno, non è vero?».
Questa
volta, gli occhi con cui si Alicia si vide guardare da Uomo che Legge erano
segnati da una piccola ma assolutamente visibile punta di incredulità, resa
ancor più percettibile dal movimento delle sue labbra.
Marika
si sentì svenire.
«Che
stai facendo, Alicia?» mormorò a denti stretti.
Incassato
apparentemente il colpo Uomo che Legge cercò di tornare all’interno del suo
piccolo mondo, ma lei continuò.
«Si
siede sempre nello stesso posto, ordina sempre le stesse cose, e legge sempre
lo stesso libro. Un libro particolare, oltretutto. Come se nutrisse in sé la
speranza di poter essere riconosciuto da qualcuno. Qualcuno che magari non
conosce il suo nome come non lo conosciamo noi, ma che potrà accorgersi di lei
semplicemente guardandola».
Nel
locale sembrò essere scesa di colpo una strana atmosfera; nel mentre erano
arrivati anche Claudio, Aldo e Vincent, i quali a loro volta si ritrovarono
immobili ad osservare la scena assieme ai pochi altri ospiti presenti.
Il
silenzio era tale che si poteva udire il rumore delle gocce di pioggia che
tintinnavano sui vetri.
«È
un libro di favole.» continuò Alicia «Quindi, forse, potrebbe trattarsi di un
bambino».
Uomo
che Legge portò lo sguardo dal volto della ragazza al lago che si stagliava
ancora in lontananza, coperto dall’acqua che incessante cadeva dal cielo.
Toltosi le lenti, si strofinò brevemente gli occhi, sospirando come
soprapensiero.
«Mio
figlio.» mormorò «Si chiama Christofer. Ma a lui
piaceva essere chiamato Chris.»
«È
un bel nome.» sorrise Alicia «Glielo ha dato lei?»
«Era
il nome del mio trisavolo. Il primo membro della mia famiglia a mettere piede
su questo pianeta».
Chiuse
il libro, ma qualcosa sembrava ancora trattenerlo; solo in quel momento Alicia
si accorse che tutto il Coeur Bleu
li stava guardando, ma rivolgendo un cenno del capo agli altri clienti e
un’occhiataccia ai suoi colleghi convinse tutti a tornare a farsi i fatti
propri.
«Ho
sposato mia moglie quando avevo diciannove anni. Christofer
è nato meno di un anno dopo.
Eravamo
entrambi benestanti, e anche se avevamo fatto una fesseria i nostri genitori
erano stati molto comprensivi. Così, tutti e due siamo riusciti a completare i
nostri studi e a crearci una solida carriera.
Sono
docente di geologia all’università, e ancor prima di laurearmi avevo pubblicato
dei trattati sullo studio e lo sfruttamento di giacimenti minerari su satelliti
e meteoriti. La mia carriera mi piaceva, ma come la maggior parte degli esseri
umani volevo sempre qualcosa di più.
Un
giorno, mi proposero di entrare a far parte del progetto per lo sfruttamento
dei giacimenti di Erithium. Sapevo bene che questo mi
avrebbe tenuto lontano dalla mia famiglia, ma ciò nonostante non ci pensai due
volte ed accettai.
All’inizio
erano assenze di poche settimane, ma con il tempo divennero mesi, e poi ancora
anni. Io e mia prendemmo a litigare, sempre più veementemente. E un giorno,
tornando dall’ennesimo viaggio, scoprii che se n’era andata, portando Chris con
sé».
Le
mani di Uomo che Legge presero a tremare, e come tutti gli altri Claudio
cercava quando possibile di buttare un occhio per provare a capire come la
situazione stesse evolvendo.
«Da
allora, non ho più visto né mia moglie né mio figlio. Sono andati a vivere ad Alepto.»
«Quanti
anni ha suo figlio?»
«Venticinque.
Non lo vedo da quando ne aveva sei. Subito dopo che il mio matrimonio è finito
mi sono buttato anima e corpo nel lavoro; mia moglie e i suoi genitori hanno
fatto il diavolo a quattro per non farmelo incontrare raccontando un sacco di
storie al giudice, ma ho saputo che da qualche anno è tornato a vivere qui».
La
pioggia nel frattempo era cessata; Uomo che Legge guardò di nuovo verso il
lago, sistemandosi gli occhiali.
«Quando
Chris era piccolo, e io non ero in giro per il mondo o tra le stelle, il sabato
venivamo qui. Lui mangiava la torta d’avena, io bevevo il mio caffè, e poi gli
leggevo una di queste storie.»
«Così»
sorrise Alicia «Ha pensato che se fosse tornato qui tutti i sabati, facendo le
stesse cose che facevate allora, un giorno sarebbe riuscito ad incontrarlo, e
l’avrebbe riconosciuta anche a distanza di molti anni.»
«Mi
illudo.» sorrise rassegnato «Chissà cosa gli avrà raccontato mia moglie sul mio
conto dopo averlo portato via. Magari a quest’ora mi odia a tal punto che non
vorrà neanche più vedermi.»
«Non
si abbatta. Dopotutto non lo sa ancora. Anche se la sua paura che ciò sia vero
è indubbiamente tanta».
Uomo
che Legge la guardò stupito.
«Come
fai a dirlo?»
«Se
avesse davvero voglia di rivedere suo figlio ora che è tornato in città, ci
sarebbero molti altri modi per poterlo fare.
Le
basterebbe fare una ricerca in rete per scoprire dove vive.
Ma
poiché teme che lui la odi, deve aver pensato che solo se lui fosse venuto a
cercarla proprio qui, dove passavate dei pomeriggi felici leggendo e
divertendovi, sarebbe stata la prova che suo figlio le vuole ancora bene».
Negli
occhi dell’uomo comparve una lacrima.
«Forse
è proprio così.»
«Alle
volte, dare tempo al tempo è la soluzione migliore. Ma in questo caso, non
crede sarebbe meglio prendere la cosa di petto? Se riuscirà ad incontrare suo
figlio e lui non vorrà parlarle come lei teme, almeno avrà ottenuto la sua
risposta e non dovrà più avere paura. Altrimenti, vi sarete finalmente
ritrovati».
Di
nuovo, Uomo che Legge sorrise, ma stavolta era un sorriso di speranza.
«Sei
una bella impicciona, lo sai? Prima di te nessuno aveva avuto il coraggio di
pararmi qui dentro.»
«Beh,
effettivamente ho avuto anch’io un po’ di paura.» rise Alicia rompendo la
tensione come un cristallo «Sa com’è, la trovavamo tutti un po’ inquietante».
Marika
e gli altri quasi svennero per lo sconcerto.
«Marika,
ti sembrano cose da dire?» disse Claudio passandosi la mano sulla faccia.
Invece,
Uomo che Legge rispose all’affermazione con un sorriso divertito.
«Forse
un po’ me lo sono meritato.» quindi guardò Alicia «Comunque grazie. Mi ha fatto
piacere parlare con te.» quindi sembrò quasi volerla provocare «Ma se farò come
dici, il tuo locale perderà un cliente. Non sei preoccupata?»
«Al
Coeur Bleu si viene per
ritrovare la serenità ed sentirsi in pace con sé stessi. Se Lei riuscirà ad
ottenere tutto questo, allora non avrà motivo per voler venire ancora, e a noi
questo basterà.
Dico
bene?».
Marika
e gli altri annuirono, scaldando il cuore di Uomo che Legge come non gli
capitava da anni.
«Però,
a questo punto mi sembrerebbe ingiusto non ripagare la tua generosità. C’è
qualcosa che posso fare per te?».
Lì
per lì, ad Alicia venne in mente una sola cosa.
«Potrebbe
dirmi il suo nome? Sa, ormai non potremo più chiamarla semplicemente Uomo che
Legge».
Lui
rimase basito, come Marika e gli altri del resto, poi parve quasi ridacchiare.
«Tutto
qui? D’accordo.» quindi le sussurrò all’orecchio «Il mio nome è…».
Poco
dopo se ne andò, e prima ancora di poter realizzare appieno ciò che era
successo Alicia si vide arrivare uno scappellotto da antologia.
«Sei
impazzito, razza di damerino?!»
«Ma
che ti è saltato in mente di dirgli quelle cose!?» sbraitò Claudio «Adesso ti
metti a raccontare che diamo soprannomi ai nostri clienti?»
«Tra
l’altro, quello in particolare l’ho sempre trovato di pessimo gusto.» disse Hervé
«Decisamente.»
disse Louis
«Ma
ora dicci.» disse Marika «Qual è il suo nome? Come si chiama realmente?».
Lei
guardò tutti, ammiccando.
«È
un segreto».
Nota dell’Autore
Salve a tutti!^_^
Con stamattina, si chiudono i
due contest a cui partecipa Café Coeur Bleu.
E non posso negare che mi faccia
piuttosto male il pensiero che, salvo clamorosi sviluppi dell’ultim’ora, saranno entrambi annullati per mancanza di
partecipanti (uno di sicuro, per l’altro sono in attesa di notizie).
Pazienza, se mi dice bene la
porterò in altre occasioni.
Intanto, godetevi questo nuovo “raccontino”
(non credo si possa parlare di capitoli), in cui appare uno dei frequentatori
del Coeur Bleu.
Ora, però, mi appello ai
lettori.
Dal momento che, come detto,
questa storia partecipava a dei contest, ho dovuto obbligatoriamente scriverne
l’epilogo, ma và da sé che questo tipo di narrazione si presta ad ospitare un
numero incalcolabile di storielle, e persino delle drabble
o delle flashfic.
Quindi, la mia domanda è: volete che rimandi la pubblicazione dell’epilogo,
oppure preferite che lo pubblichi, lasciando tuttavia la storia come Non
Completa, inserendo di quando in quando nuove storie che potrete posizionare
idealmente a prima dell’epilogo in questione?
Fatemi sapere!^_^
Grazie a Capricornus e XKikka per le
loro recensioni, ma anche a Dolok, Numb3rs e Tears per averla
inserita tra le seguite.
A presto!^_^
Carlos Olivera