Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Harley Sparrow    03/05/2014    11 recensioni
|Helsa| |Hans + Elsa| |ho pubblicato anche il seguito, Fix You|
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Un amore che non diede loro la forza di volare, ma di lasciarsi precipitare. E tornare a vivere.
*
"Ora capisco per quale motivo siete qui..." [...] Elsa strinse la tazza fra le mani, aggrappandosi a essa come se fosse l’unico modo per non cadere "vi siete resa conto che qualche anno di pace non è stato sufficiente per guarire le ferite di una vita, non è così?"
Lo guardò sbigottita e si affrettò a squittire un "no!" che rivelò tutta la sua fragilità e insicurezza.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elsa, Hans, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Bring me to Life'
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Note introduttive:
Ho dovuto spezzare questo capitolo da quello successivo: come noterete in seguito, ci sarebbe stata troppa carne al fuoco. Quindi i capitoli saranno in tutto DIECI (per la vostra gioia, spero…E pensare che dovevano essere 6... anzi, a dire il vero doveva essere una one-shot, all’inizio-inizio). Comunque sto ultimando il penultimo ho concluso stamattina il penultimo capitolo (l'ultimo è già concluso da prima che pubblicassi il primo).
Il finale di questo sarà molto triste, ammetto di aver piagnucolato un po' mentre lo scrivevo...Forse perché stavo ascoltando l'overture del Lago dei Cigni.
Prestate attenzione alla poesia che vi propongo. Nel capitolo precedente mi sono completamente dimenticata di mettere la citazione...L'ho aggiunta subito dopo, ma temo che molti non abbiano letto.
Finalmente sono riuscita a inserire la mia adorata Lana del Rey in un capitolo. Trovo che Born to Die sia l'inno perfetto per questo capitolo. So che a molti non piace questa cantante, ma sforzatevi di non linciarmi per questa scelta. Ascoltatela qui: Born to die-Lana del Rey
Alla fine vi ho messo una foto trovata su Google (credo che venga da Tumblr) sulla nostra amata coppia.
 
Buona lettura!
 
 
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Capitolo 7
 
BORN TO DIE
 
Vivamus, mea Lesbia, atque amemus,
rumoresque senum severiorum
omnes unius aestimemus assis.
Soles occidere et redire possunt:
nobis cum semel occidit brevis lux,
nox est perpetua una dormienda.
 
Da mi basia mille, deinde centum
dein mille altera, dein secunda centum,
deinde usque altera mille, deinde centum,
Dein, cum milia multa fecerimus,
conturbabimus illa, ne sciamus,
aut ne quis malus invidere possit,
cum tantum sciat esse basiorum.

 
Viviamo, mia Lesbia, e amiamo, e i rimproveri dei vecchi severi non stimiamoli tutti neanche un soldo. Il sole può tramontare e ritornare: quando cade per sempre la breve luce della vita noi, dobbiamo dormire una sola interminabile notte.
Dammi mille baci, poi altri cento, poi altri mille, poi per la seconda volta cento, poi altri mille ancora, poi cento. Dopo, quando ne avremo dato migliaia, confonderemo il conto, per non sapere, o perché nessun maligno possa invidiarci, sapendo che esiste un dono così grande di baci
.
 
[Gaio Valerio Catullo- carme 5]
 
 
 
 
 
Formavano un quadretto davvero grazioso.
Dal lenzuolo che le circondava morbidamente il corpo si intravedeva un po' di pelle candida come l'avorio; i capelli sparsi sulle spalle e sul petto la facevano sembrare una dea. La dea del Ghiaccio. Stretti in un tenero abbraccio, sembravano pronti per posare per Canova in persona.
Ma poi, se si avesse aguzzato un po' la vista, ci si sarebbe resi conto della completa paradossalità della scena che si presentava davanti. Come era possibile che Elsa, la regina di Arendelle fosse seduta con la schiena appoggiata al petto di Hans Westerguard, l'esiliato, l'uomo che aveva tentato di ucciderla? Come era possibile che avesse la testa delicatamente adagiata su una sua spalla e gli permettesse di giocare con una ciocca dei suoi capelli? Come era possibile che sul volto di Elsa fosse stampato un sorriso beato?
Chiacchieravano amabilmente, parlando di loro, di cosa avevano fatto in quei lunghi mesi di separazione, e anche prima. Be', Hans non aveva un granché da raccontare, perciò si limitava ad ascoltarla.
Elsa adorava essere una regina, non avrebbe mai rinunciato ai suoi doveri. Dal giorno della sua incoronazione aveva abbandonato Arendelle solo quattro volte, e per pochissimi giorni. Donava al suo popolo tutto il suo tempo a disposizione da anni, ma non se ne lamentava più di tanto, anche se c'erano delle volte in cui avrebbe voluto davvero scappare per rintanarsi nel suo Castello di Ghiaccio, per staccare un po'. Hans non glielo avrebbe mai detto, ma adorava ascoltarla parlare delle sue occupazioni, dei suoi libri preferiti e dei suoi folli sogni di libertà. E parlavano di argomenti colti, come filosofia, letteratura, arte…politica. Stretti nudi in un abbraccio, discutevano di politica. Era il paradiso, entrambi lo sentivano.
Qualche volta parlavano anche di Hans, ma lui odiava parlare di sé stesso. 
 
"Non è mai venuto nessuno a trovarti?" finalmente Elsa trovò il coraggio di chiederglielo, sperando di non ferirlo. Lo sentì irrigidirsi dietro di lei. "No." rispose con astio, ma poi la sua voce mutò in un tono sarcastico che celava molto bene il rancore che provava "Non che ci tenga a vederli." continuò, senza nominare esplicitamente i suoi fratelli. "Non mi hanno condannato a morte perché significava darmi troppa importanza, così." concluse, calibrando molto bene il tono di voce, ma Elsa sentiva, capiva e lo lasciò sfogare. "Come fai a dirlo?" chiese, temendo di sapere già la risposta.
Sono sicuro che nessuno di noi andrà mai a trovarlo.
È per il fatto che esiste, non so se mi spiego.
"Me l'hanno detto in faccia." Elsa si sentì gelare dalla completa noncuranza con cui aveva parlato. Avrebbe voluto accarezzargli il braccio per confortarlo, ma temeva la reazione. Erano così rari i momenti in cui lui si apriva che non voleva fargli intendere che provava una compassione smisurata per quel suo aspetto, quello del bambino odiato e abbandonato da tutti.
"Allora avrai capito per quale motivo sono scappata nella tua stanza, prima del processo." gli rispose cercando di sdrammatizzare. "Quindi dovrei dire grazie a loro per averti qui?" commentò divertito.
"Per quello devi ringraziare la mia stupidità..." rispose, sperando che, assumendosi colpe che non aveva –non del tutto–, lo avrebbe distolto dai suoi malinconici pensieri.
Poi però non riuscì proprio a trattenersi e disse con la voce bassissima "Non ti meritano, Hans."
Ma se ne pentì subito di averglielo detto. Aveva esagerato: lo capì non appena le ringhiò all'orecchio "Come se a te importasse."
Aveva decisamente esagerato.
Passarono alcuni minuti di silenzio, minuti nei quali Elsa lottò contro sé stessa per non dirgli quanto le importasse di lui: non lo avrebbe fatto finché non fosse stata sicura che lui non l’avrebbe respinta.
Era sicurissima di aver avuto ragione nel pensare a quanto odio e rancore avevano sepolto il buon cuore di quel principe, e se non era ancora pronto per aprirsi come in parte aveva fatto lei con lui, non lo avrebbe forzato. Non era come lui: non lo avrebbe devastato come aveva fatto con lei, anche perché non era detto che avrebbe reagito come lei, piangendo come una bambina.
 
"Hans...?" lo chiamò con apprensione dopo un po' di silenzio carico di tensione. Quando lui con un grugnito le fece intendere che ascoltava, chiese "Non hai freddo?" temeva che la discussione precedente avesse provocato un abbassamento della temperatura, anche se la fiamma nel camino continuava a scoppiettare.
In tutta risposta il principe tirò un lungo, esasperato sospiro. "Passerai i prossimi sei giorni a chiedermelo ogni dieci minuti?!" "Anche ogni cinque, se sarà necessario." rispose lei diventando improvvisamente seria. Non riusciva a tranquillizzarsi nemmeno quando stava con lui: aveva troppa paura di fargli del male, di non farlo sentire a proprio agio a causa della temperatura del suo corpo. Lui le ripeteva che la sentiva calda, o meglio, tiepida, ma certe volte i peli rizzati sulle sue braccia lo tradivano, come questa volta. Gli afferrò il braccio che le cingeva la vita e disse scontrosa "Guarda!!" facendogli notare la pelle d'oca che aveva. Insomma, non si era fatto molti problemi a darle del mostro, della strega, a farla piangere... E non aveva il coraggio di dirle che aveva freddo a causa sua?
Forse per lo stesso motivo per cui lei non lo aveva rimproverato per quanto l'avevano fatta soffrire le sue parole.
"Non credi che sia semplicemente perché te ne preoccupi troppo?" le sibilò all'orecchio, con l'intenzione di chiudere la discussione seduta stante. Elsa rimase in silenzio. Quell'uomo trovava sempre un modo per ribattere e avere ragione.
"Arrangiati, allora." gli disse piccata.
"Lo sto già facendo." rispose lui divertito: non avrebbe mai dato a quella testarda, insopportabile, adorabile regina la soddisfazione di avere l'ultima parola.
Rimasero in silenzio per alcuni minuti, fin quando lei non si girò esausta verso di lui e gli disse che voleva dormire. Doveva essere l'una di notte passata. Hans si allungò verso la candela appoggiata sul comodino e ci soffiò sopra per spegnerla, poi si distese accanto a lei e la strinse in un abbraccio. Stava per chiudere gli occhi quando sentì la sua voce. "Domani sera arriverò tardi..." disse Elsa con la voce impastata dal sonno. "Per il ballo...?" Indagò lui, con una punta di tristezza nella voce. Non gli era permesso partecipare a nessun evento mondano da anni, ed Elsa lo sapeva, per questo esitò prima di rispondere con tono mortificato "Sì..."
Chiuse gli occhi, e prima di cedere completamente nelle braccia di Morfeo, lo sentì sussurrare "Ti aspetterò."
 
Quei primi quattro giorni erano stati meravigliosi per entrambi, anche se non lo volevano ammettere. Elsa finalmente aveva trovato un po' di pace tra le braccia di Hans, anche se sapeva che c'erano molte cose di cui non avevano discusso. Di sentimenti, per esempio. O del fatto che si era innamorata dell'ultimo uomo sulla terra con cui avrebbe dovuto avere qualsiasi tipo di rapporto. O, ancora più importante, non avevano parlato di cosa sarebbe successo quando sarebbero scaduti quei dieci giorni, che erano ormai a metà.
Il problema era che Elsa sapeva che una sua parola avrebbe liberato Hans dalla pena che gravava su di lui, ma non era ancora sicura che meritasse la libertà. Se solo le avesse dimostrato quanto teneva a lei, avrebbe trovato la forza di andare contro tutti e tutto, pur di stare insieme a lui. Aspettava da Hans un segno, un gesto, una parola, che tuttavia tardavano ad arrivare. Non dava ancora segni di cedimento, e questo significava o che stesse recitando bene, oppure che avesse paura anche lui di sbagliare mossa e allontanarla per sempre: sapeva che se avesse detto qualche parola sbagliata, come chiederle di farlo graziare, o anche un semplice ti amo l'avrebbe allontanata da lui. Aveva la paura folle che la stesse usando solo per arrivare alla corona, così, ogni volta che un ti amo premeva per uscire dalle sue labbra, lei lo bloccava.
Voleva assicurarsi che Hans fosse felice, ma non solo perché stesse ottenendo ciò che voleva. Aveva avuto i suoi segreti, le sue paure; aveva avuto lei, la regina, ma prima di dargli la corona doveva dimostrarle quanto l'amasse, e sopportare un po' di freddo non era sufficiente.
 
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Osservava con distacco i preparativi per il ballo e la principessa Rapunzel che saltellava di qua e di là per fare in modo che tutto fosse perfetto. I numerosi nobili che avevano invitato stavano iniziando ad arrivare.
Questa volta le pesava il fatto di non poter andare al ballo con Hans. Durante il suo precedente soggiorno nel regno di Corona, aveva partecipato al ballo con entusiasmo, riuscendo a mettere da parte i pensieri che la opprimevano in quei giorni, ma questa volta, mentre la vestivano e la pettinavano, non faceva altro che pensare al fatto che non avrebbe ballato con il suo uomo.
Si mise i guanti, innervosita.
 
Quando fece la sua entrata nella sala da ballo, tutti si voltarono per accoglierla e applaudirla. Subito molti nobili si presentarono a lei e iniziarono a elogiarla per la sua bellezza, per la sua sorprendente bravura nel governare Arendelle. Le chiesero di Anna e di come avevano affrontato insieme la morte dei genitori.
Lei si è fidanzata con un montanaro, mentre io, quando avrete finito di stressarmi, correrò nella stanza dell'uomo che ha tentato di ucciderci. Va tutto bene.
Pensò con amarezza, e dovette ritirarsi in disparte per qualche momento per calmarsi. Odiava quando le parlavano dei suoi genitori: non avevano nemmeno trovato i loro corpi. Non li aveva salutati come doveva. Non li aveva abbracciati. Chissà, forse la stavano osservando da lassù, in quel momento, e chissà cosa stessero pensando di lei.
Quando tornò in mezzo alla gente, si scusarono con lei per le domande poco delicate, e, pensando con notevole acutezza che non desiderasse altro, iniziarono a parlare di Hans.
"Un vero mascalzone, non trovate, mia regina?" incominciò un duca alla sua destra. "Mi ricordo della giovane Anna: povera piccola, come deve aver sofferto..." si intromise una donna grassottella alla sua sinistra.
"Vedo che questa storia continua a essere sulla bocca di tutti..." commentò Elsa impassibile. Ormai era abituata a discussioni del genere, quindi si limitò ad assecondarli, cercando però di chiudere l'argomento il prima possibile.
 
"A parer mio, atti del genere dovrebbero essere puniti con la morte." decretò il giovane duca che le stava facendo la corte da tutta la sera. Quelle parole la fecero infervorare: il solo pensiero le faceva congelare il sangue nelle vene. Lo guardò con severità e disse in tono solenne "Il principe Hans ha fatto sbagli imperdonabili, ma non per questo merita ciò che voi sostenete così accoratamente. Sta già scontando la sua pena qui, e penso che non vedere nessuno da anni sia abbastanza..." disse calibrando la voce per non sembrare scortese "...perfino per lui. E ora, se volete scusarmi, c'è un cavaliere che mi aspetta per il prossimo ballo." disse infine, congedandosi e dirigendosi con rabbia verso un principe che le aveva chiesto di ballare ore prima.
 
Avrebbe ballato con lui, solo con lui, per tutta la notte, se solo... Se solo non avesse fatto idiozie. Pensò con crescente rabbia mentre veniva trascinata da ogni parte da quel damerino di cui aveva già dimenticato il nome.
 
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Il ballo era stato dato in suo onore, perciò era dovuta rimanere fino alla fine. Erano le tre e mezza di notte quando finalmente poté congedarsi dalla sala da ballo. Quando entrò nella sua stanza corse subito verso il balcone, senza nemmeno rinfrescarsi il viso e senza cambiarsi (di solito andava da lui in camicia da notte), ma quando si tolse i guanti per permettere alle sue mani di costruire la scala, si bloccò.
Era davvero questo che desiderava? Voleva vederlo quella notte? Aveva passato le ore precedenti a maledire il suo nome in tutte le lingue che conosceva, trovandosi a maledire anche sé stessa per la follia in cui si era cacciata. Quelle persone, quei nobili per coinvolgerla nelle loro discussioni non avevano fatto altro che parlare di Hans. E lei cercava di parlare di politica. E loro le parlavano del regno delle Isole del Sud. E lei taceva e sentiva la rabbia montare furiosa dentro di sé, poi non era riuscita a trattenersi dopo l'intervento di quel maledetto so-tutto-io che aveva proposto la sua morte.
Se tutto fosse andato per il meglio, un giorno Hans sarebbe stato lì con loro. E cosa avrebbero detto di lei? Di lui! Li avrebbero sempre guardati come due pazzi, due persone non come loro. Non era giusto per lei, e neanche per lui. Non se lo meritava. Come aveva potuto pensare che insieme sarebbero stati felici?
Forse era meglio parlare chiaro con lui e chiudere quella relazione malata.
Ma non ci riusciva. Non riusciva a fare a meno di quel uomo e non riusciva nemmeno a dirglielo. Era l'inferno, e lei continuava a farli sprofondare sempre più giù, dove diventa freddo e tanto oscuro da far paura. Aveva paura, tanta paura di quello che sarebbe successo quando si sarebbero lasciati.
 
Alla fine decise di andare, glielo aveva promesso, e lui –ricordò con un tuffo al cuore– le aveva promesso che l'avrebbe aspettata.
 
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Hans percepì il suo astio non appena mise piede nella stanza, non appena gli disse di essere stanca al suo tentativo di baciarle il collo. Forse aveva preso la decisione di andare ugualmente troppo in fretta. Forse avrebbe dovuto lasciarlo ad aspettare tutta la notte: la sua rabbia nel frattempo sarebbe sbollita e il giorno dopo gli avrebbe chiesto scusa.
"Com'è andato il ballo?" le chiese credendo –sperando– che ora gli avrebbe raccontato di come una dama imbranata aveva rovesciato del vino sul suo abito più bello, ma con sommo dispiacere non vide alcuna macchia di vino sul vestito turchese.
"Bene." rispose lei secca, allontanandosi velocemente da lui.
"Non si direbbe..." insistette, seguendola verso il camino.
"Non mi piace essere costretta a ballare con gente che non conosco, va bene?" iniziò lei, capendo che ormai gli doveva un po' di sincerità. Lui la guardò accigliato e capì dove voleva andare a parare: aveva sperato che non lo dicesse mai.
"La prossima volta chiederò il permesso al re per partecipare al ballo." commentò arrabbiato. Non doveva dirlo. Non doveva sbattergli in faccia il fatto che lui non poteva partecipare al ballo. "...Non ti credevo così fissata per gli aventi mondani." la canzonò, in un ultimo tentativo di sviare la conversazione.
Forse era stato quel tantino di vino che aveva bevuto, forse era perché se lo teneva dentro dalla sera prima, ma alla fine lo disse, e se ne pentì non appena le parole le uscirono dalla bocca.
"Volevo stare con te. Ed è solo tua la colpa, se non ho potuto."
Ormai era arrivato il momento di affrontare quel discorso spinoso, che lo volessero o no.
Elsa si voltò per guardare come avrebbe reagito. L’espressione del principe si deformò per la rabbia. "Allora cosa fai ancora qui?!" le sibilò contro, mantenendo la voce bassa per evitare l'irruzione delle guardie proprio in quel momento. Si avvicinò minacciosamente, ma lei rimase ferma: ormai erano passati i tempi in cui la sua vicinanza le incuteva timore. Rimase dov'era, a poche spanne da lui, e lo fissò negli occhi.
Possibile che non capisci?
"Hans." cominciò arrabbiata, ma quando lui la rimbeccò dicendole seccamente "cosa!?" si rese conto che lo aveva ferito. Niente del suo sguardo lo dava a vedere, ma se lo sentiva. Lo sentiva dalla rabbia che riversava contro di lei, rabbia che provava solo per sé stesso, in quel momento. Chissà quanto aveva sognato, quella sera, di trovarsi là, con lei, per tutte quelle ore in cui aveva sopportato il suono di un valzer lontano da lui, quanto aveva agognato di uscire dalla stanza, camminare deciso al centro della sala da ballo e invitarla a ballare con lui. E ora che era arrivata gli sputava in faccia tutto il suo rancore, e lo faceva sentire uno stupido.
 
Come diavolo faceva ogni volta a farla sentire in colpa?! Perché era entrata nella stanza convinta che finalmente avrebbe ottenuto le sue scuse, ed ora si ritrovava a cercare le parole giuste per riparare?
"Lo sai per quale motivo sono qui, Hans! Stavo solo dicendo che se...se tu... non avessi tentato di uccidermi non saremmo costretti a nasconderci così!" gli disse abbassando gli occhi. "Sarebbe tutto più semplice...!" ammise infine, ormai era troppo tardi per ritirare quelle parole.
"Sì, ho tentato di ucciderti." rispose secco "e questa cosa non cambierà, che tu lo voglia o no." le disse a un palmo dalla faccia.
"E non è detto che non voglia riprovarci" aggiunse infine, portando le mani sui fianchi di Elsa, con fare minaccioso.
La spaventò un po' quella stretta, dovette ammetterlo, soprattutto perché fu accompagnata da uno sguardo assassino, ma ormai si era abituata a quella presa, la stessa di quando poi la trascinava sul letto, perciò le parole che le aveva appena detto non la spaventarono, e nemmeno i suoi occhi verdi. Solo lei avrebbe potuto accorgersi che quei bellissimi occhi, in fondo, supplicavano per una tregua. E gliela concesse.
Appoggiò dolcemente le mani sulle spalle del principe, mantenendo però un contegno duro, rigido. "Ci tenevi così tanto a ballare con me?" la stuzzicò, tirandola più vicino a sé e prendendole una mano guantata.
Elsa rimase in silenzio. Era una domanda troppo delicata e troppo difficile cui trovare una risposta. Certo che ci teneva, era per questo che quella sera sentiva di odiarlo tanto, ma non era ancora pronta per dirglielo, come lui non era pronto per dirle che gli dispiaceva il fatto di non esserci stato. Siamo pari.
"A cosa pensavi quando hai sollevato la spada?" ruppe infine il silenzio, decidendo di non rispondere alla domanda che le aveva posto. Intrecciò lo sguardo al suo. Non gli aveva mai chiesto niente che riguardasse il suo soggiorno ad Arendelle, a parte quella notte in cui aveva finalmente capito di non poter stare senza di lui. Fino a quel momento non voleva nemmeno sapere cosa gli era passato per la mente, a dire il vero.
"Che sarebbe stato un peccato uccidere un cosino tanto carino come te." le sussurrò all'orecchio, iniziando a muovere dei lenti passi indietro. Lei lo seguì.
Entrambi si stavano mentendo, e lo sapevano, ma ormai questa era divenuta la loro normalità. Lei, quando non voleva rispondere, stava in silenzio o rispondeva con altre domande, mentre lui non si era mai tirato indietro dal rispondere a questioni spinose. Rispondeva con delle bugie oppure con una cattiveria, ma ormai lei era diventata brava a leggere fra le righe la verità che faticava ad uscire.
"Sei incredibile!" gli rispose divertita: non capiva come poteva permettergli di parlarle in quel modo, e soprattutto non capiva perché l'avesse divertita tanto quella macabra risposta. Aveva smesso di provare a capire tempo fa, ormai.
In quel momento le venne in mente un altro quesito. L'avrebbe uccisa, questo era ormai appurato, e ne stava pagando le conseguenze. Se ci fosse riuscito era sicura che avrebbe avuto la strada spianata verso la corona di Arendelle, ma se alla sua incoronazione non fosse successo niente?
"Avresti insistito per ottenere la mano di Anna?" chiese nervosa, sentendo un'insensata gelosia nascerle dentro.
 
In quel momento, mentre attendeva una risposta, si rese conto che stavano ballando un valzer al rallentatore. Gli occhi le si riempirono di lacrime di emozione; appoggiò la testa alla sua spalla per non farsi vedere. Era il suo modo tutto personale per chiederle scusa, e, per loro, contavano sempre più i gesti delle parole.
"Avrei insistito per scoprire il tuo segreto..." le rispose in un primo momento, poi aggiunse "e sono sicuro che poi ci saremmo trovati in questa stessa situazione, nascondendoci da Anna, però." queste parole la fecero vacillare. Alzò la testa e guardò se nella sua espressione era dipinta l'intenzione di prendersi gioco di lei.
Sarebbe stata capace di fare una cosa simile ad Anna? No, su questo era sicura al cento per cento, e glielo disse subito fingendosi arrabbiata.
"Allora è meglio così, ne convieni?" le disse fermandosi.
Sì, decisamente.
Dio solo sa quanto ti odio.
Non rispose, ma i baci che seguirono dopo sancirono la tregua tra i due.
 
*
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Quella notte non chiusero occhio. Dovettero recuperare il tempo che Elsa aveva perso per il ballo...e per litigare. Come aveva sospettato la Regina, Hans la trascinò sul letto non staccando nemmeno per un attimo la bocca dalla sua.
Si accorse di essersi sbagliata il primo giorno a pensare che a lui non importasse nulla di lei: la faceva sua con una dolcezza che le faceva toccare il cielo con un dito ogni volta che se ne rendeva conto, ogni volta che realizzava di essere veramente sua, anima e corpo.
 
E tu sei mio.
Pensò col cuore colmo di emozione quando si abbandonò sopra di lei una volta concluso l'amplesso. Gli accarezzò i capelli con una mano nuda "avete i capelli del Diavolo, principe Hans." gli disse con un sorriso sognante. Lui le sorrise a sua volta.
Rimasero svegli fino all'alba, poi lei se ne andò quando il cielo iniziò a schiarire. Non potevano rischiare che qualcuno la vedesse arrampicarsi su una scala di ghiaccio alla luce del sole.
Fin dalla prima notte passata insieme, Hans rimaneva sempre a controllare che arrivasse sana e salva al suo balcone, pregando che non cadesse. Questo lei lo notò solo quel mattino, quando si voltò per puro caso verso il suo balcone. Si chiese perché lo facesse. Ci teneva davvero così tanto a lei? Cosa avrebbe fatto se fosse scivolata? Si sarebbe dispiaciuto perché la sua unica ancora di salvezza era morta o perché il suo amore era morto?!
Queste domande le impedirono di riprendere sonno quella mattina, che aveva interamente libera. Quando capì che non sarebbe riuscita a dormire, si alzò e iniziò a scrivere lettere per i suoi ministri, riportando con meticolosità gli accordi che erano stati presi in quei primi giorni. Quando finì, rimase a fissare per molto tempo la lettera di Anna che sembrava urlarle il desiderio di ricevere una risposta. Iniziò a scrivere, e, giurandole di non aver visto neanche una volta Hans, le raccontò quello che aveva fatto in quei giorni.
Quando terminò la riposta, scoppiò a piangere.
 
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La notte successiva la sera del ballo arrivò nella stanza di Hans completamente esausta: non dormiva da quasi due giorni ormai, e si buttò sul letto dicendogli che non sarebbe riuscita a rimanere sveglia per molto. Lo supplicò, come se avesse temuto che avrebbe preso male quel rifiuto, ma lui, contro ogni previsione, non se la prese: le si sdraiò accanto, sistemò le coperte su di loro e la abbracciò da dietro, attento a non prenderle la mano fra le sue.
Non voleva ancora dargli la mano se non aveva su i guanti: non se la sentiva ancora, un po' per paura di fargli del male, dato che gran parte del suo potere era concentrato proprio sui palmi delle sue mani, un po' perché sarebbe stato un gesto che avrebbe rivelato i sentimenti che provava per lui, di cui non era ancora del tutto sicura. Lui l'aveva capito e non insisteva, per adesso.
 
"Hans..." lo chiamò a un certo punto con voce mesta. Era così stanca che tutti i dubbi e le paure che erano usciti prepotenti dalla sua testa quel giorno, vinsero la lotta contro il suo silenzio ostinato.
"Sì...?" le sussurrò. Era così vicino…
"Non ci lasceranno stare insieme..." disse cercando di controllare la sua voce tremante. Una lacrima silenziosa le bagnò il viso; tirò su con il naso.
Aveva paura di quello che le avrebbe risposto, ma desiderava comunque dirglielo. Avrebbe potuto arrabbiarsi, dirle che dipendeva tutto da lei, come era in realtà; avrebbe potuto ucciderla, se si fosse reso conto che era la pura verità: forse lei sarebbe stata in grado di fargli riacquistare i suoi titoli, ma non sarebbe mai riuscita a riscattare la sua reputazione. Come avrebbe fatto con il suo popolo? Con Anna! Non avrebbero mai capito, e lei non era in grado di spiegare. Non ancora... Attendeva ancora che lui compisse qualche gesto che rivelasse quanto l'amasse e quanto sincero fosse il suo amore. In realtà ce n'erano tanti, ma non era ancora abbastanza, e poi non si era accorta di tutti.
"Credi che non lo sappia?" le rispose infine, dopo un silenzio eccessivamente prolungato. La strinse forse a sé, non sapendo come consolarla diversamente, e come consolarsi.
 
Elsa riuscì a sorridere tra le lacrime. Almeno questa prova l'aveva superata.
 
__________
 
 
 
 
 
 
Piccola nota finale:
"Che sarebbe stato un peccato uccidere un cosino tanto carino come te."
Temo che in quel momento il Joker si fosse impossessato di me. E di Hans.

 
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