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Autore: Fabio93    05/05/2014    2 recensioni
In una terra d'Oriente ricca di misteri e forze oscure, sotto le ceneri lasciate dalla guerra civile, ardono ancora i fuochi della ribellione. Danzo, l'usurpatore, ha ottenuto il potere su Nisora pagandolo col sangue dei suoi nemici, ma si sussurra che l'antico ordine dei samurai che lui stesso aveva cercato di sterminare si stia preparando ad insorgere. Da oltre le montagne, la nazione di Long Yu osserva e si prepara all'invasione per approfittare della debolezza del nemico ed unificare gli imperi.
La guerra è alle porte: chi ne uscirà vittorioso?
[la storia è frutto della collaborazione con un secondo autore, Mist Guardian!]
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fabio93

 

Lungo il sentiero

 

 

Naoki sollevò lo sguardo dai propri piedi stanchi, posandolo sul villaggio che pareva attenderlo con pazienza alla fine della salita. Del villaggio, in realtà, vedeva solo l'imboccatura, il resto era precluso alla vista da un'alta palizzata di legno, leggermente inclinata verso l'esterno. A guardare quelle punte aguzze, come aculei di un riccio singolare, rivolte verso le ombre del bosco, Naoki si sentì attraversare da una leggera inquietudine.

Aveva sentito certe storie prima di partire, su cose che si aggiravano nelle regioni interne dell'Impero: cose che venivano con la notte, che attaccavano i viaggiatori. Era stato facile liquidarle, allora, davanti ad un bicchiere di sakè e al riparo della propria dimora, ma ora era tutta un'altra faccenda. Il bosco, che si chiudeva su di lui come una cupola di rami e foglie sopra il sentiero in salita, era placido e fresco: una vera manna rispetto ai campi assolati e piatti che aveva attraversato più a valle. Tuttavia, ora che tutte quelle storie avevano ripreso vita nella sua testa trascinandosi fuori dalle cripte della memoria, la penombra gli pareva appena più fitta, come se gli si fosse stretta pian piano intorno, strisciandogli vicino mentre lui riposava.

Si scoprì a tendere l'orecchio in cerca di un fruscio sospetto sotto il canto delle cicale, e a guardarsi attorno per cogliere eventuali movimenti fra le ombre del sottobosco, ma non c'era nulla in agguato fra il verde, e quella non era nemmeno la prima foresta che attraversava e dalla quale sarebbe uscito indenne. Era solo suggestione, suggestione mista a stanchezza, si disse. Comunque, decise che era meglio riprendere il cammino ed uscire dal bosco.

Riprese a salire, un passo dopo l'altro, cercando di ignorare lo sfinimento e i brutti presentimenti. Non sapeva che posto fosse, né chi o cosa vi avrebbe trovato, ma sperava di potersi prendere almeno un po' di riposo dopo quel suo lungo viaggio.

Riposo.

Il suono stesso della parola cominciava a sembrargli alieno. Da quanto tempo era in cammino? Quante strade e sentieri aveva attraversato, quanti boschi, quanti torrenti si era lasciato alle spalle, nella sua lenta corsa verso est? Davvero non avrebbe saputo dirlo. Sapeva solo di essere esausto: gli pareva di essere partito anni ed anni prima, anche se non potevano essere passate più di un paio di settimane.

Un'ombra più pesante delle altre gli scivolò sul viso: la palizzata incombeva su di lui, la porta d'accesso spalancata come una bocca sdentata. Campanelli e pergamene adornavano l'ingresso, disposti senza apparente ordine come le ultime foglie su un albero in autunno, animandosi ad ogni alito di vento con tintinnii e fruscii sommessi. Erano un altro tipo di protezione, per tenere fuori ciò che quei semplici pali di legno non potevano fermare. Naoki sorrise, nervoso: la gente del posto era davvero superstiziosa. Sfiorò un campanello, sperando gli portasse un poco di fortuna, e varcò la soglia dell'entrata.

Il villaggio era lungo e stretto, un serpente di case intrappolato fra le colline, tagliato a metà da quell'unica strada che aveva portato Naoki fin lì, ma in confronto alla foresta che lo circondava pareva più che ampio. Le cime degli alberi parevano ammiccare dalla sommità della palizzata, sporgendosi curiosi per spiarne l'interno.

La figura di Naoki catturò subito gli sguardi dei pochi presenti, perlopiù donne e bambini ancora troppo giovani per lavorare nei campi. Non che lui fosse un grande spettacolo, comunque: sporco, appiedato e coi capelli scuri e arruffati, pareva quasi un grumo di polvere con le gambe. Eppure tutti lo guardavano, interrompendo le loro faccende o i discorsi in cui fino ad un secondo prima erano immersi. Dopotutto, era uno straniero. Nessuno lo conosceva, nessuno sapeva quali fossero le sue intenzioni o cosa contenessero le sue bisacce. Poteva essere un innocuo viandante, oppure una minaccia per tutti loro.

Una vecchia signora, seduta all'ombra del proprio tetto, lo guardò passare seguendolo coi suoi occhi sottili e scuri; era magra, un mucchietto d'ossa e pelle imbrunita dal sole in contrasto coi capelli lunghi e bianchissimi. Un paio di donne, un attimo prima prese in una discussione concitata, si zittirono appena lo scorsero. Lui le salutò con un piccolo inchino e una di loro, la più giovane, rispose appena, mentre l'altra lo osservava con un misto di sorpresa e diffidenza. Lasciatesele alle spalle, Naoki le sentì riprendere a parlare, ora con tono più basso, quasi cospiratorio.

Tutto sommato, per essere gente che viveva dietro una barriera di pali acuminati, l'accoglienza non era stata delle peggiori, ma in ogni caso qualche contadino di malumore non sarebbe stato un problema: Naoki voleva riposo, un luogo dove fermarsi, e che il resto andasse pure al diavolo.

Il caseggiato si aprì in una piccola piazza circolare. Al suo centro, all'ombra di un vecchio ciliegio nodoso, c'era un pozzo: era rotondo, in pietra grigia e dall'argano per il secchio era stato ricavato un arco in legno, verniciato di rosso. A pendere dalla parte superiore dell'arco c'erano altre pergamene e campanelli. Improvvisamente, Naoki si accorse di essere maledettamente assetato, e che un sorso d'acqua fresca avrebbe dato una svolta alla sua giornata.

Tre bambini giocavano a rincorrersi, ridendo e sollevando un gran polverone. Quando lo videro arrivare rimasero per un attimo indecisi a fissarlo e poi si allontanarono d'improvviso come uccellini spaventati, tutti tranne uno: un ragazzetto magro e scompigliato. Rimase impalato, con la bocca socchiusa e la testa alzata per guardarlo in faccia mentre si avvicinava al pozzo.

-Hisashi! Vieni via!- lo chiamò uno dei suoi compagni, ma lui lo ignorò.

-Chi sei tu?- gli chiese invece, allungando l'ultima lettera mentre lo seguiva con lo sguardo.

-Io? Mi chiamo Naoki, piacere di conoscerti, Hisashi-kun.- gli rispose, cercando di essere il più cordiale possibile.

Fece girare l'argano per immergere il secchio nel pozzo, dando il via ad una sinfonia di cigolii stonati. L'ombra del ciliegio aleggiava su di lui, immobile ma plasmata dal vento, placando in parte la calura estiva.

-Mi sai dire che posto è questo?- domandò al bambino, che ancora lo fissava affascinato, come se avesse davanti uno strano animale parlante.

-Questo...oh! Sì! Qui è...-

-Ehi tu!-

Una terza voce si intromise nel discorso. Naoki alzò lo sguardo dal ragazzino, posandolo sulla figura che veniva loro incontro: un uomo asciutto e allampanato, avvolto in un kimono sgargiante, dai lunghi baffi grigi, come i suoi capelli.

-Cosa credi di fare?- gli chiese, sventolando il pugno chiuso -Lascia stare il bambino!-

Hisashi si defilò in un istante. Naoki finì di ritirare il secchio e lo poggiò sul bordo del muretto. Il suo interlocutore lo raggiunse e gli si piantò davanti, ancora in attesa di una sua risposta.

-Sono molto assetato, un sorso d'acqua non prosciugherà i vostri campi.- spiegò lui, senza riuscire a rabbonirne lo sguardo.

-Quest'acqua non è per te, ma per gli abitanti di Tsukishi, forestiero! E poi che ci fai qui tutto solo, in questa stagione? Eh? Chi sei?- si sporse verso di lui, arricciando il naso in una smorfia disgustata -Tu porti guai. Lo sento!-

Una piccola folla curiosa si stava riunendo nella piazza, commentando a bassa voce la scena. Qualcuno ridacchiava.

-Sono solo di passaggio, io...-

-Ecco, bene! Allora passa, o torna da dove sei venuto, che è anche meglio!- fece un gesto ampio e nervoso con la mano, come a voler scacciare un insetto fastidioso.

-Speravo di poter...-

-Ma allora non mi ascolti!- sembrava tenerci davvero a litigare -Ti ho detto che devi...-

-Falla finita, Yoichi-san.-

Ancora una volta, qualcuno si intromise e questa volta la voce era calma e profonda. Yoichi guardò oltre la spalla di Naoki, che si girò a sua volta sperando di non trovarsi faccia a faccia con un altro svitato. Un uomo li osservava, seduto all'ombra di un portico dall'altra parte della piazza. Naoki non riusciva a vederlo bene da lì, ma si intuiva che doveva essere un tipo piuttosto massiccio. C'erano un paio di ragazzi che si affaccendavano, vicino a lui, alle prese con quello che sembrava un grosso mantice.

-Non ti intromettere, Tetsuya-san, tu non c'entri!-

-Oh, andiamo, non essere così teso. Cos'ha fatto lo straniero per meritarsi tanto astio?-

Nonostante la distanza che li separava, la sua voce suonava forte e autoritaria.

-Lui ha...beh...- le parole sembrarono bloccarglisi in gola, mentre lui cercava di districarle e trovare quelle giuste -Stava...bevendo dal pozzo!-

Naoki non poté fare a meno di sorridere: si rendeva conto di quanto era ridicola l'accusa, espressa ad alta voce? Dal rossore che gli stava accendendo il volto, probabilmente sì.

-Capisco. Lascia che ci parli io, Yoichi-san.-

Yoichi aprì e chiuse la bocca, cercando le parole come un pesce cerca l'aria.

Fissò Naoki con astio, come a volergli rivolgere un ultimo insulto, poi gli girò le spalle e si allontanò a grandi passi, così com'era venuto. Lo scontro era stato evitato, ma la tensione era ancora palpabile, come un miasma nell'aria calda e secca.

-Vieni qui, ragazzo.-

A malincuore, Naoki si allontanò dal pozzo; avvertiva ancora gli sguardi della gente fissi su di lui, come mosche curiose a zampettargli sulla pelle. Tetsuya lo aspettò, osservandolo in silenzio mentre si avvicinava. Aveva un fisico massiccio, avvolto in una tunica blu scuro aperta sul petto; sedeva a gambe incrociate, le mani enormi poggiate sulle ginocchia. Era senz'altro il fabbro del villaggio: all'ombra del portico erano assiepati diversi strumenti da lavoro ed alcuni blocchi di metallo grezzo. Al suo fianco, due ragazzi vestiti solo di pantaloni leggeri azionavano l'enorme mantice che soffiava sulla fornace circolare: ad ogni sbuffo, piccole fiamme prendevano vita, passando fra le braci come un'onda fra gli scogli.

-Qual è il tuo nome?- gli domandò, con la stessa voce calma ma decisa di poco prima.

-Mi chiamo Naoki, signore.-

I respiri del mantice davano e toglievano spessore alle ombre del portico, illuminando a tratti gli occhi scuri del fabbro con barbigli di fuoco.

-Naoki-san, devi scusare Yoichi-dono per l'episodio di poco fa: è l'unico sacerdote del villaggio, e si sente in dovere di perseguitare ogni forestiero che gli capita a tiro- si concesse un sorriso, ma il suo sguardo rimase fisso su quello dell'altro -Ma dimmi, tu perché se qui?-

-Sono un semplice forestiero in cerca di viveri e di rifugio.- spiegò per l'ennesima volta.

-Questo lo dici tu. Di questi tempi è meglio diffidare delle parole di chi non si conosce.-

Il mantice andava su e giù come il respiro di un gigante sopito. I due giovani assistenti li osservavano senza fiatare.

-È verissimo, ma vi assicuro che sono solo di passaggio e non intendo procurarvi guai.- o meglio, sperava di non procurarne, ma questo non lo disse. Si sarebbe fermato un paio di giorni al massimo, non poteva accadere nulla.

Tetsuya portò una mano callosa al viso, passandola sulla barba ispida mentre soppesava le sue parole.

-E dove sei diretto, Naoki-san?-

-A Mizumori, signore. Spero di essere sulla strada giusta.-

-Oh, lo sei, anche se in questo periodo non si vedono molti viandanti, da queste parti, sei un po' in anticipo rispetto alla maggior parte dei viaggiatori diretti alle fiere delle grandi città. Ad ogni modo, ti basterà proseguire lungo il sentiero che ti ha portato qui, grossomodo, anche se sarebbe stato più semplice seguire una delle vie imperiali lungo il corso dello Shiruba.-

Quello era un argomento spinoso. Naoki non poteva permettersi di seguire le strade più importanti: i piccoli sentieri rendevano il suo viaggio più scomodo, ma molto più sicuro.

Uno dei ragazzi si alzò ed andò a prelevare un lingotto di ferro da arroventare. Naoki lo seguì con lo sguardo, mentre pensava alle parole giuste da dire, e fu allora che scorse quattro oggetti impilati su una rastrelliera di legno logora e tarlata. Quattro oggetti dalla forma inconfondibile.

-Sono katane, quelle?-

Il fabbro si girò a guardare le spade nascoste all'interno di altrettante semplici custodie nere, prive di decorazioni.

-Si, e forgiate da poco. Andrò a venderle al mercato di Ichiro fra qualche settimana, probabilmente.-

Naoki si mordicchiò il labbro, indeciso, eppure irresistibilmente attratto.

-Potrei vederne una, se non vi spiace?-

Tetsuya lo squadrò per qualche secondo, come a voler valutare se potesse o meno fidarsi di dargli in mano una spada e Naoki temette che da un momento all'altro lo avrebbe riempito di domande o cacciato via dal villaggio.

-Dayu-chan!-

Uno dei ragazzi si girò verso il suo maestro, che gli indicò con un cenno del capo la rastrelliera delle katane. Svelto, quello andò a prenderne una, per poi porgerla a Naoki con un inchino rispettoso.

-A voi.- disse.

Era un ragazzo alto, dal fisico asciutto. Il viso, però, era ancora quello morbido di un bambino, sotto lo strato di fuliggine che lo sporcava. Naoki prese la spada, e quello tornò di corsa al proprio lavoro.

Naoki sfoderò la spada lentamente, quasi con riverenza, liberandone il metallo sottile dalla custodia smaltata. Stese il braccio, puntandola davanti a sé perché la luce della brace ne abbeverasse le linee precise e la curva suadente. Forse la spada non era delle migliori, o delle più belle, ma era leggera e bilanciata e, come ogni katana, emanava un fascino irresistibile. Solo tenerla in mano faceva sentire Naoki più alto e forte.

Il fabbro lo osservò per tutto il tempo, spostando gli occhi dal suo volto assorto all'arma che reggeva in mano.

-Che ne pensi?- chiese infine.

-È molto bella, signore.-

Tetsuya sbuffò e scosse il capo.

-Non è nulla al confronto delle spade che forgiano i fabbri più rinomati...eppure, ti dirò, non riesco a non esserne fiero.- sia la voce che lo sguardo gli si addolcirono un poco, mentre indugiava a guardare la propria creazione, la guardava quasi come si guarda una figlioletta in fasce.

-Forgiare una katana non è da tutti in ogni caso.- lo difese Naoki, rinfoderandola -Ma...quanto costerebbe una di queste?-

Il fabbro lo guardò sorpreso, e lui subito di pentì della domanda.

-Beh, ragazzo, penso che costi più di quanto tu possa permetterti. E poi, hai il permesso di tenerne una?-

-Il permesso...?-

-Per possedere una katana devi avere un permesso imperiale...e costa quanto la spada, se non sei dell'esercito. Dove hai vissuto negli ultimi anni, per non saperlo?-

-Lontano.- spiegò porgendogli la spada -Ma non abbastanza.-

Tetsuya posò la katana al proprio fianco.

-Capisco cosa intendi.- gli disse, e parve sincero -Comunque, senza permesso non posso vendertela, anche se tu avessi i soldi. Potrei forgiarne una senza sigillo e lasciare che te la veda tu con le autorità, ma anche in quel caso correrei dei rischi, rischi che per te non sono disposto a correre.-

-Capisco benissimo, non importa...-

-Piuttosto...- si lisciò ancora una volta la barba, osservandolo con quegli occhi duri e scuri come il ferro -Puoi fermarti al villaggio per qualche giorno, se lo desideri. Col mio benestare nessuno ti darà problemi, stai tranquillo. Devi scusare la nostra diffidenza, ma sono tempi pericolosi e tu sei un estraneo, per noi.-

-Vi ringrazio molto.- fece Naoki con un piccolo inchino ed un grande sollievo nella voce -C'è una locanda, qui, o un posto dove poter trovare il cibo e il riparo che cerco?-

Passi leggeri alle sue spalle.

-Padre, sono tornata!-

Entrambi rivolsero gli occhi verso la nuova arrivata.

“Un vero bocconcino” osservò Naoki “Anche se ancora un po' acerbo...”

La ragazza doveva avere attorno ai quindici anni, era vestita con abiti stinti e un po' troppo larghi per il suo fisico snello. Aveva capelli lunghi e molto scuri, con sfumature rosso cupo dove il sole li colpiva, come il soffio sveglia il fuoco sopito fra le braci. Gli occhi erano più grandi di quelli del padre, e screziati da piccoli tocchi di verde: Naoki li fissò per qualche secondo in più di quanto non fosse educato fare, affascinato.

Lei gli passò accanto, esaminandolo con una rapida occhiata, ma senza rivolgergli la parola.

-Bentornata, Sayuri-chan. Hai preso quello che ti ho chiesto?-

-Certo, padre.- gli porse un cesto dall'aria parecchio pesante.

Mentre Tetsuya ne esaminava il contenuto, Naoki e la ragazzina si studiarono di sottecchi

-Molto bene. Sayuri-chan, questo è Naoki, è di passaggio nel nostro villaggio, vorresti portarlo alla locanda di Shoichi?-

La cosa non parve convincerla, a giudicare dalla piega che assunsero le sue labbra.

-Un forestiero che ha fatto così tanta strada riuscirà di certo a trovare una locanda...-

-Non essere impertinente! Fa come ho detto, e dopo torna a casa.- la redarguì il fabbro, poi si alzò e pose una mano sulla spalla di Naoki -Ti affido a mia figlia: è tempo che io torni al lavoro.-

-Certo. Grazie ancora per l'aiuto, signore.-

Naoki si congedò con un inchino e poi seguì la ragazza fuori dal portico: era davvero un bel bocconcino.

 

 
Dire che questo capitolo è nato da un parto difficile è dire poco: basta vedere quanto sia durato il travaglio. Spero che sia valsa la pena aspettare! Purtroppo l'azione è carente, ma recupereremo coi prossimi, non si possono sempre ammazzare personaggi a caso, o sbaglio?
Lascia una recensione, se ti va, alla prossima!
   
 
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