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Autore: bemyronald    09/05/2014    3 recensioni
Hermione si dirigeva verso l'entrata della tenda. Ma lui era più vicino, così si alzò di scatto e le si parò davanti prima che potesse oltrepassare la fessura.
«Spostati» grugnì Hermione, con una strana calma nella voce e fissando un punto indefinito oltre la spalla di Ron. Ma Lui non si mosse minimamente, prese a guardarla.
«Spostati, Ronald!» ora il tono era decisamente più alto.
«No» ribatté lui, deciso.
«Che cos... guarda che ti Schianto»
«Fallo, tanto non m'importa».
{Missing moment}
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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«Scusami amore se sono un bambino,
scusami sempre ma stammi vicino.
Portati via queste mille paure,
scusami amore»

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Hermione scese dal letto e avanzò come una sonnambula verso Ron, gli occhi fissi sul suo volto pallido. Si fermò davanti a lui, le labbra socchiuse, gli occhi sgranati. Ron tentò un debole sorriso speranzoso e fece per alzare le braccia. Hermione si scagliò in avanti e cominciò a prendere a pugni ogni centimetro di lui che riusciva a raggiungere.
«Ahia... ahia... smettila! Ma che...? Hermione... AHIA!»
«Tu... enorme... stronzo... Ronald... Weasley!»
(Harry Potter e i Doni della Morte - pagina 351, capitolo 19)


Nel silenzio della tenda, disteso sul letto inferiore della cuccetta, con le mani incrociate dietro la nuca, Ron ripensava a ciò che era accaduto qualche ora fa. A quando aveva visto la cerva d'argento, a quando aveva seguito Harry nel silenzio penetrante della foresta. Ripensò al freddo gelido del laghetto ghiacciato, alla spada di Grifondoro, all'Horcrux distrutto. Quel maledetto Horcrux. Storse il naso solo al pensiero, mentre una strana sensazione gli attanagliava lo stomaco. Gli succedeva sempre quando pensava al medaglione di Serpeverde e all'effetto devastante che aveva avuto su di lui. Se solo non fosse stato così vulnerabile, se solo non gli avesse dato l'agio di leggergli dentro, nell'inconscio, se solo avesse tenuto ben nascoste paure e angosce, allora forse non avrebbe provato quella terribile sensazione di aver perso una piccola parte di se stesso. Non avrebbe perso Harry, non avrebbe perso Hermione.
Hermione. Lanciò uno sguardo furtivo verso la fessura della tenda, riuscì ad intravedere la figura della ragazza china su un libro. Era lì da un'oretta, si era data il cambio con Harry che ora dormiva profondamente. Per cominciare il suo turno di guardia, Ron avrebbe dovuto aspettare un paio d'ore, ma non riusciva a chiuder occhio, continuava a fissare il profilo di Hermione, sbuffando infastidito.
Quanto avrebbe dovuto aspettare ancora? Non era stato lontano da lei già abbastanza?
E ora lei non ci pensava nemmeno a rivolgergli la parola e il fatto che non lo degnasse nemmeno di uno sguardo, lo logorava. Non che non se lo meritasse, anzi, era consapevole dei suoi errori e del fatto che, prima che Hermione lo perdonasse, ne sarebbe passata di acqua sotto i ponti. Ed era questa consapevolezza a mandarlo in paranoia. Li aveva ritrovati, stavano bene, lo avevano accolto nuovamente, ma Hermione si rifiutava di guardarlo negli occhi... che senso aveva?
Ammise di sentirsi alquanto sconfortato. Aveva pensato molto a lei, ovviamente, e le era mancata in un modo inquantificabile, e ora che era lì, non poteva parlarle, non poteva sfiorarla perché lei non voleva.
E come biasimarla? È quello che meriti, Ron! È la tua punizione!, pensò tra sé e sé storcendo il naso. Ma il bisogno di parlarle, di guardarla negli occhi, di accarezzarla era più forte della consapevolezza dei suoi errori. Ne aveva bisogno. Era un bisogno fisico... per cominciare a star meglio con se stesso. Ma Hermione aveva bisogno dei suoi tempi e ne aveva tutto il diritto! Aveva tutto il diritto di insultarlo e ignorarlo per il resto dei suoi giorni.
Sbuffò di nuovo. La pazienza non era proprio il suo forte.
Nei momenti di nostalgia, quando era lontano dai suoi amici e si sentiva estremamente abbattutto, spesso si era ritrovato a pensare a cosa sarebbe successo al suo ritorno, ammesso che sarebbe riuscito a ritrovarli. Nella sua immaginazione vedeva davanti a sé un Hermione felice, che gli regalava un sorriso solare, che gli correva incontro, gli buttava le braccia al collo e lo stringeva forte a sé mentre gli sussurrava parole dolci: "mi sei mancato" e "ti ho sempre amato", e poi scappava addirittura un bacio lungo e passion...
No. Decisamente, assolutamente, indubbiamente no.
L'appellativo «stronzo» che rimbomba nel silenzio della tenda, con tanto di pugni annessi, era decisamente più consono ad una reazione "Hermionesca". Ogni volta che immaginava la "versione romantica" del suo ritorno, si ritrovava a ridacchiare amaramente da solo, nonostante il dolore. Rise piano anche stavolta, ma solo per un attimo, perché subito si rabbuiò non appena gli vennero in mente altre parole di quella sera...

«E TU!» puntò un dito accusatore contro Ron: sembrava quasi una maledizione.
«Ti sono corsa dietro! Ti ho chiamato! Ti ho supplicato!»
«Lo so» rispose Ron. «Hermione, mi spiace, davvero...»
«Ah, ti spiace!»
Rise, una risata acuta, incontrollata; Ron cercò con gli occhio l'aiuto di Harry, che si limitò a fare una smorfia impotente.
«Torni dopo settimane - settimane - e credi che dire 'mi spiace' basti a sistemare tutto?»
«Be', cos'altro posso dire?»
«Ah, non so!» gridò Hermione, con spaventoso sarcasmo.
«Frugati il cervello, Ron, non dovresti metterci più di un paio di secondi...»


Già, cos'altro poteva dire? Lui aveva pure provato a frugarsi il cervello! Il punto era che aveva aveva tante cose da dire, davvero tante, ma un conto era averle in mente, un altro era metterle in ordine per poi farle uscire dalla sua bocca. Se solo Hermione sapesse.
Ma doveva far qualcosa, era deciso a sistemare tutto. Doveva solo trovare le cose giuste da dire e crearsi l'occasione giusta. Be', poteva essere giusto qualsiasi momento, anche quel preciso momento. Diede un ultimo sguardo al profilo di Hermione ancora concentrata sul suo libro, ascoltò per qualche secondo il respiro tranquillo di Harry, e decise che si sarebbe creato l'occasione giusta. In pochi passi raggiunse la minuscola cucina, azionò il bollitore e cominciò a preparare il tè.
«Il suo gusto preferito... il suo gusto preferito...» mormorò con la faccia contratta per lo sforzo di ricordare...


«Che fai?» chiese Ron con le braccia incrociate, appoggiato allo stipite della porta che affacciava sulla cucina della Tana.
«Tè» rispose Hermione, era in piedi sulle punte e cercava di raggiungere un barattolo che conteneva foglie di menta, posato sul ripiano più alto. Ron si lasciò sfuggire una risata che Hermione non ignorò. Si voltò verso lui fulminandolo con lo sguardo.
«Perché non mi dai una mano invece di startene lì a ridacchiare?»
«Sì, scusa» rispose Ron avvicinandosi senza smettere di sorridere. «È che sei buffa... sei sempre più bassa, è possibile?»
«Smettila!» ribatté Hermione mollandogli un pugno sul braccio.
«Ecco a te» disse porgendole il contenitore con le foglie di menta.
«Grazie, proprio uno sforzo disumano, eh?» rispose Hermione sarcastica.
Ron rise di nuovo, poi cominciò a fissare le mani di Hermione che veloci si impegnavano nel posizionare sul ripiano della cucina i pochi ingredienti essenziali.
«Sai, non so qual è il tuo gusto preferito» disse all'improvviso Ron, continuando a fissarle le mani.
«E perché vorresti saperlo?» gli chiese Hermione aggrottando le sopracciglia. Ron fece spallucce.
«Così... curiosità...» disse, poi la guardò e sorrise. Hermione ci pensò per qualche secondo.
«Forse questo alla menta... sì, alla menta»
«Me lo ricorderò» disse, sovrappensiero.
«Perché? Che importanza ha?» chiese Hermione, un po' divertita dal fatto che prendesse sul serio una banale informazione.
«Be', era per sapere... forse un giorno potresti aver voglia di un tè e saprei quale offrirti senza aver bisogno di dovertelo chiedere» rispose, grattandosi la nuca e arrossenso appena.
Hermione sorrise, guardò i pochi ingredienti disposti sul ripiano, il bollitore e poi di nuovo Ron.
«Oh, avrei proprio voglia di un tè» disse simulando uno sbadiglio. «Me ne prepareresti uno, Ron?» chiese sorridendogli.
Ron spalancò leggermente la bocca.
«Tu... tu sei un'approfittatrice!» disse puntando il dito su di lei, fingendosi offeso.
«Tu hai detto che mi avresti preparato un tè nel caso avessi avuto voglia»
«Sì, va bene, ma adesso? Io... io non so fare il tè...» borbottò Ron. Era evidente che Hermione stesse trattenendo una risata.
«Cosa?»
Ron le regalò un'occhiataccia.
«Ho detto che non so fare il tè»
Hermione liberò una risata che fece sciogliere Ron, che la seguì.
«Non ridere... non ci ho mai provato» disse sulla difensiva.
«E allora prova» propose Hermione.
«Dài, Hermione, adesso? Ma...»
«Niente storie, Ronald!» gli ficcò in mano le foglie di menta e gli spiegò il semplice procedimento da seguire.
«Tutto qui? Non è difficile» disse alla fine Ron.
«Fammi vedere cosa sai fare, e attento alle dosi»
«Ti stupirò!» affermò compiaciuto.
Ron, sotto lo sguardo vigile di Hermione, concluse il suo tè alla menta e prima del tocco finale, Hermione lasciò per qualche minuto la cucina. Al suo ritorno, due tazze fumanti erano poggiate sul tavolo e l'odore di menta si era diffuso in tutta la stanza.
«Prego» disse Ron indicando il posto accanto al suo, invitandola a sedersi.
«Vediamo un po'...» Hermione prese la sua tazza sotto lo sguardo soddisfatto di Ron, la portò alla bocca e ne seguì una smorfia disgustata.
«Ma Ron, quanto zucchero ci hai messo?»
Ron la guardò spaesato.
«Io... non me lo ricordo... forse due cucchiai. Sì, tu avevi detto due cucchiai!»
«Cucchiaini, Ron! Cucchiaini!» specificò Hermione, alzando gli occhi al cielo.
«Oh...»
Stettero in silenzio per qualche secondo, con lo sguardo fisso sulle tazze fumanti, poi si guardarono e scoppiarono a ridere.
«Che impiastro» bofonchiò Ron, passandosi una mano tra i capelli.
«Be', dai, era il tuo primo tè» rispose Hermione, che ancora rideva.
Ron, guardandola, pensò a quanto fosse bello e naturale ridere di banalità con Hermione. Gli sembrava di esser tornato ad Hogwarts, gli sembrava di star vivendo una semplice giornata spensierata in compagnia di Hermione. E invece tutto era cambiato.
«Sai a cosa pensavo?» Hermione interruppe i suoi pensieri. Ron la guardò, ma lei teneva lo sguardo fisso sulla tazza.
«Prima che modificassi la memoria ai miei genitori, quel pomeriggio, la mamma mi aveva chiesto di prepararle un tè... alla menta. È anche il suo gusto preferito... chissà se lo ricorda» Hermione prese a tracciare il perimetro del bordo della tazza, con un'espressione strana.
«Io, presa dall'agitazione per quello che avrei dovuto fare da un minuto all'altro, mi distrassi e persi il conto dei cucchiaini di zucchero versato» rise piano, una risata spenta. Poi alzò lo sguardo verso Ron e il ragazzo notò che aveva gli occhi velati di lacrime.
«Hermione...» sussurrò Ron allungando la mano per prendere la sua che aveva preso a ricalcare con un po' troppa insistenza il bordo della tazza.
«Faceva veramente schifo quell'ultimo tè, Ron» e le lacrime trattenute fino a quel momento, cominciarono a rigarle le guance senza fermarsi. Ron la tirò delicatamente a sé. Non disse nulla, la strinse semplicemente. Rimasero in quella posizione per parecchi minuti, in silenzio, mentre Ron provava a consolarla accarezzandole piano ora la schiena, ora i capelli, fino a quando Hermione non si calmò e si staccò appena da lui.
«Ehi, Hermione» sussurrò Ron, asciugandole le guance bagnate.
«Guarda che si può rimediare! Potrai preparare tanti altri tè alla menta a tua madre» disse sorridendole e prendendo il suo viso tra le mani.
«Scommetto che non aspetta altro. Deve essere pessimo il tè in Australia»
Sul volto di Hermione si dipinse un debole sorriso, un sorriso sincero, poggiò una mano su quella di Ron, che intanto le stringeva delicatamente il viso, e prese ad accarezzargliela.
«Grazie» bisbigliò appena.
Ron le posò un bacio sulla fronte, la guardò e le sorrise prima di esclamare:
«Forza, qui ci vuole altro tè alla menta!»
   
 
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