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Autore: Polaris_Nicole    09/05/2014    2 recensioni
Ciao a tutti, questa è la mia prima fanfiction.
Ero un po' diffidente dal pubblicarla, ma mi sono lasciata convincere da un'amica.
Ho sempre ritenuto Nico e Leo come due sfaccettature del mio carattere: Nico rappresenta la parte ribelle, che ha sofferto e simboleggia il mio desiderio di rivalsa; Leo invece rappresenta la voglia di vivere, il non voler mai far soffrire i propri amici, anche se dentro si nasconde un dolore ancora più grande ...
Ho sempre immaginato il contrasto che si sarebbe creato tra queste due parti che, pur essendo così diverse, sono capaci di completarsi.
Spero che la storia vi piaccia, non dimenticate di recensire!
[Valdangelo] [accenni alla Pernico]
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing | Personaggi: Leo Valdez, Nico di Angelo
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Quella notte non riuscivo proprio a dormire.
Avevo sempre davanti agli occhi la stessa immagine: l’immagine di quel pomeriggio passato assieme al ragazzo Torcia.
Il modo in cui sorrideva – il modo in cui mi faceva sorridere! – il mare, le onde, … Stavo diventando matto, non vi era alcun dubbio.
Continuavo a girarmi ossessivamente nel letto cercando di tenere lontano dagli occhi il suo sorriso, ma non ci riuscivo!
La cosa peggiore, di cui mi accorsi quando ormai era troppo tardi, era il modo in cui tornando a casa fossi felice dell’appuntamento che c’eravamo dati il giorno dopo.
Non potevo credere di aver insistito a voler dare lezioni di scherma al falò ambulante! Mi sentivo immensamente stupido, ma era tardi per tornare indietro, sarei potuto presentarmi nel medesimo istante alla cabina 9 e urlare a Leo che il giorno dopo sarei stato troppo impegnato per dargli delle lezioni, ma le verità erano due:
1. io non sono mai impegnato – Grazie mille papà!
2. ritengo piuttosto sconveniente presentarsi alle 3:30 di notte nelle cabine altrui.
Continuai a cercare con rabbia una posizione che mi permettesse di prendere sonno, ma niente, eppure ero stanco! Alla fine, scegliendo una via più pacifica nei confronti del letto, mi alzai. Diedi uno sguardo fuori dalla finestra: era tutto buio e immobile.
Soltanto il cielo con le sue stelle riusciva a illuminare il campo, sebbene la loro luce fosse debole e appena percettibile.   Mi sedetti sul davanzale della finestra e mi ficcai le cuffie del cellulare nelle orecchie: un’altra piccola regola che mi era permesso di trasgredire.
Adoravo la musica, mi aiutava a pensare, eppure nel mio cervello quel ritmo, quelle parole, … assunsero un significato.
Possibile che non riuscissi a non pensare a quanto fossi stato stupido? E poi perché mi stava succedendo tutto ciò? In genere mi fermavo a pensare ad una persona per più o meno 10 o 20 secondi, ma con Leo era diverso, non riuscivo a togliermelo dalla testa.
Il peggio è che ho cominciato a pensare che potrebbe avere ragione, “ci sono tante cose che detesti, eppure la maggior parte di queste sono le uniche capaci di donarti un sorriso”, quelle parole continuavano a tormentarmi girovagando alla rinfusa nella mia testa e, la parte peggiore, è che le sentivo come se fosse stato proprio Leo a pronunciarle.
Scossi la testa come per scacciare quei pensieri, ma non servì a molto, anzi, mi fece pensare ad un’altra cosa che mi aveva detto “non sei cattivo, anzi, secondo me sei anche simpatico”.
Se fosse stata una persona qualunque, probabilmente avrei mandato un paio di legioni di scheletri ad ammazzarla durante la notte ma, detto da Leo, non potei fare a meno di sorridere.
Io non sorridevo mai, perché lo facevo proprio con Leo? Una reazione del genere l’avevo soltanto quando parlavo con …
“Percy” concluse una voce alle mie spalle, mi girai di scatto rischiando di cadere dal davanzale proprio mentre due arpie passavano davanti a quest’ultima, forse era una mia impressione, ma sembrava che si stessero leccando le dita dopo un sostanzioso pasto …
Appena mi voltai, mi ritrovai davanti la mia odiosa matrigna Persefone.
“sei impazzita?! Ma sai che ore sono?!” sbottai alzandomi in piedi guardandola negli occhi, indossava un vestito lungo e verde, i capelli corvini le ricadevano morbidi sulle spalle e, sul suo viso, era dipinto lo sguardo serio e di rimprovero che usava sempre nei miei confronti.
“a me sembri piuttosto sveglio, è da un po’ che ti osservo Nico di Angelo, e sembra che tu abbia lasciato gli occhi su quel figlio di Efesto, eh?” disse rivolgendomi uno sguardo complice, non riuscivo proprio a capire cosa ci trovasse Ade in lei.
“chi? Leo? Ma fammi il piacere … e poi da quanto in qua ti interessi della mia vita privata?!” chiesi scettico guardandola truce, non me l’aveva mai raccontata giusta quella donna.
“da quando si è fatta decisamente più interessante! Non ce la facevo più con quella tua stupida cotta per Percy, non facevi altro che lamentarti! Percy di qua, Percy di là … non gli piacerò mai, lui ha occhi solo per Annabeth … che noia!” disse prendendo in giro la mia voce cimentandosi in un finto sbadiglio.
“lieto di saperti dalla mia parte” dissi sarcastico “e comunque Leo non mi piace, è solo un idiota” continuai notando il suo viso dal tono scettico.
“certo, allora perché provi per lui le stesse sensazioni che provavi per Percy? È per questo che sono qui, io riesco a sentire i tuoi pensieri e i tuoi sentimenti Nico, e sento che quel Leo non è poi così tanto idiota per te” disse infine, ma lei scomparve in un battito di ciglia lasciandosi alle spalle uno strano odore di lavanda unito a quello di bruciato.
Maledii mentalmente Persefone appena mi resi conto di aver già sentito quel profumo, era il profumo di Leo.
***
Il sole era alto nel cielo, ed io potei giurare di aver visto Morfeo nella mia stanza poco dopo che Persefone se ne fosse andata e che mi avesse dato un pugno in piena faccia per farmi dormire.
Mi risvegliai sul pavimento, il che non favorì certo al mio desiderio di trovare un motivo più che ragionevole per spiegarmi perché stessi dormendo sul pavimento.
Ormai la chiacchierata con Persefone sembrava, nella mia testa, solo un sogno o un ricordo di tanti anni fa, penso che sarei anche riuscito a convincere me stesso se non fosse stato per l’oddore di lavanda bruciacchiata che ancora infestava la stanza.
Mi vestii velocemente con la prima maglietta nera che trovai nel bel mezzo del caos perenne della cabina tredici e uscii sistemandomi distrattamente sul fianco sinistro la spada di ferro dello Stige.
Non c’era nessuno, il campo sembrava deserto, dovevano essere tutti nell’arena o al pentagono di tiro con l’arco ad allenarsi, una cosa era certa, la colazione potevo solo sognarmela.
Scesi le scale davanti alla mia cabina distrattamente, quando inciampai su un masso particolarmente grosso, la casa di Ares era sicuramente la responsabile di quello stupido scherzo ma, appena mi voltai, mi resi conto che il masso in questione era in realtà Leo Valdez, la causa di tutti i miei guai.
“Hey!” mi salutò con un gesto della mano drizzandosi in piedi, aveva la camicia sporca di terra dopo la caduta, ma non sembrava curarsene particolarmente.
“Valdez” risposi con freddezza senza neanche guardarlo negli occhi ma, senza preavviso, sentii una mano calda posarsi sul mio mento e, senza esercitare alcuna pressione, mi invitò a girarmi verso il suo proprietario che mi rivolse un sorriso.
“non è educato parlare ad una persona senza guardarla negli occhi, specialmente se quest’ultima ti ha aspettato per ore a mensa e fuori dalla tua cabina” non c’era nessuna nota di risentimento nella sua voce, solo sicurezza e divertimento, certe volte mi inquietava …  
“mi sono svegliato tardi, e poi che ci facevi fuori dalla mia cabina?!” chiesi diffidente, lui rise dolcemente – DOLCEMENTE?! – e mi porse un sacchetto di carta bianco.
“ti ho portato la colazione, non preoccuparti, è ancora calda” disse incendiandosi la mano, io mi ritrassi istintivamente, non avevo mai sopportato il fuoco.
Lui la smise subito e mi guardò serio, non riuscivo a capirne il perché, ma quegli occhi bassi sotto i riccioli, quel piccolo broncio appena visibile sulle sue labbra … sembravano dirmi qualcosa, ma cosa?
“v-va tutto bene, Leo? Qualunque cosa sia successo, … mi dispiace” dissi, ma mi resi conto troppo tardi che invece di non è colpa mia avevo detto mi dispiace.
“è tutto ok, siamo semplicemente più simili di quanto pensi” disse con il suo solito sorriso avvolgendo il suo braccio attorno alle mie spalle.
Allora lo sentii forte e chiaro, quel profumo di lavanda bruciata che gli avvolgeva il corpo, tutto sommato, era un buon odore.
 
Note d’autrice: torno alla carica – con un “lieve” ritardo – pubblicando il quarto capitolo!
Comincio a pensare che il Nico della mia storia sia un po’ stupido … ma sorvoliamo! Questo è più che altro un capitolo di passaggio, ma spero di pubblicare al più presto anche il quinto.
Purtroppo in questo periodo sono piuttosto impegnata e non ho molto tempo per scrivere, ma presto pubblicherò anche una one shot Pernico (che preferisco alla Valdangelo) ispirandomi ad un pomeriggio al Comicon passato con il mio migliore amico.
Tanti muffin da Polaris_Nicole, che un giorno capirà perché sta sempre a distribuire muffin!  
 
  
  
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