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Autore: LilyLunaWhite    13/05/2014    1 recensioni
Due ragazzi apparentemente diversi, ma con un lato in comune: entrambi, indossano una maschera.
Due famiglie diverse.
L'odio di entrambi verso l'amore.
Però, cosa accadrebbe se i loro cuori cominciassero a battere?
Riusciranno, i due protagonisti, a imparare ad amare?
-Dalla storia.-
"Come ogni volta, quando incontravo il suo sguardo, notavo che erano privi di luce, spenti e questo mi metteva addosso un’inspiegabile tristezza.
Agii d’impulso, mi chinai e posai le mie labbra sulle sue. Constatai che erano fredde ma, allo stesso tempo, dolci.
Fu a quel contatto che riuscii a rispondere alla maggior parte delle mie domande.
"
Storia in fase di modifiche e sistemazioni.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo quattro: Scommessa.
 
P.O.V. Jenny
 
Fu questione di un attimo e ritrovai le labbra di lui sulle mie. Non era il mio primo bacio, ma mi sentii impacciata soprattutto perché non stavo capendo più niente. Mentre lui posava con delicatezza le labbra sulle mie, io chiusi gli occhi e nella mia mente cominciarono a nascere mille domande.
Perché non lo stavo allontanando?
Perché il vuoto che sentivo all’uscita della biblioteca, ora era scomparso?
Perché il mio cuore batteva fortissimo?
Perché provavo gioia in quel suo gesto?
Perché, d’un tratto, quelle braccia da cui precedentemente cercavo di fuggire, ora desideravo che mi stringessero di più?
Perché, improvvisamente mi sentivo così felice?
Le domande continuavano ad affollare la mia mente, ma a nessuna di quelle riuscivo a dare una risposta. Mi sentivo felice, proprio come quel pomeriggio trascorso al mare con lui. Eppure, oltre a quella felicità, dentro di me si stava diramando anche un’altra emozione: la paura. Era una paura che in parte non comprendevo, ma sapevo che avevo paura che, quel ragazzo, potesse ferirmi come gli altri. Fu proprio quella paura a darmi la forza di poggiare le mani sul petto di lui, e cominciare a far leva. Sapevo bene che era più forte di me, ma speravo che capisse. Era stato un bacio timido e non possessivo e volgare, eppure ne avevo paura. Come sparai, lui comprese e si allontanò ed io, immediatamente, riaprii gli occhi per guardarlo. Aveva le guance leggermente arrossate, segno che anche lui era i imbarazzo e i suoi occhi erano più luminosi che mai e sprizzavano gioia.
Abbassai il viso per cercare le parole adatte da dire in quel momento, ma non ne ebbi nemmeno il tempo di parlare che una voce a me sconosciuta, interruppe i miei pensieri.
«Non ci credo. Raffaele ha vinto ancora!»
Alzai il viso e mi ritrovai di fronte ad un gruppo di cinque persone che ci guardavano. Il ragazzo che aveva parlato, aveva l’età di Raffaele, aveva i capelli biondo cenere, lisci e leggermente lunghi, accuratamente messi in ordine. Essi ricadevano sbarazzini sulla fronte alta del ragazzo, circondando il viso tondo. Gli occhi erano grandi come quelli dei bambini ed erano di un verde scuro. A guardarlo, pareva un bambino, sia a causa della sua altezza non molto alta paragonata a quella di Raffaele e sia per lo sguardo giocoso che aveva.
«Ragazzi, la scommessa l’ho vinta io! Raffaele ha conquistato anche la ragazzina che si atteggiava da dura!», a parlare, questa volta, era stato un ragazzo che però non vidi bene.
Il mio sguardo era puntato a terra per nascondere il  viso rigato dalle lacrime.
Quel bacio, quelle attenzioni, quel suo comportamento erano dettate non da gentilezza, ma bensì da una scommessa con i suoi amici.
La paura del fidarsi nuovamente di una persona, era fondata: alla fine, erano tutti uguali.
Alzai il viso verso il ragazzo che, ancora, mi abbracciava e con una forza che nemmeno io sapevo di avere lo spinsi via e gli schiaffeggiai una guancia. Poi, senza dire nulla, corsi via. Volevo allontanarmi da quel parco, da quelle persone che giocavano e scommettevano sui sentimenti altrui e soprattutto volevo allontanarmi da lui.
 
 
P.O.V. Raffaele
 
Stava piangendo.
Mentre Jenny correva via, l’unica cosa che riuscivo a pensare era questa: l’avevo fatta piangere.
Volevo correrle dietro, fermarla, abbracciarla e rassicurarla, ma come potevo fare ciò dopo che lei, aveva sentito quello che io avevo fatto? Come potevo biasimarla… Aveva tutte le ragioni per odiarmi. In fondo, ero stato io a tradirla, nonostante lei pian piano stava cominciando a togliere la maschera di apatia che indossava per proteggersi.
Strinsi le mani in pugno, tenendo le braccia lungo i fianchi.
Mi sentivo un mostro.
Sentii distrattamente la voce di Walter che allontanava tutti e diceva loro di lasciarmi solo. Lei era l’unico ad avermi compreso, lui era l’unico che in tredici anni mi capiva sempre.
«Raf, che succede?», mi domandò lui venendomi in contro. Mi sedetti sull’altalena, a peso morto e cominciai a dondolarmi leggermente con il viso chino e lo sguardo puntato a terra. Con la coda dell’occhio, vidi Walter poggiarsi ad una delle colonne che sosteneva la giostra e puntare i suoi occhi su di me.
«Le ho davvero ferite tutte così, come lei?», domandai dubbioso.
«Alcune si. Delle ragazze ti amavano veramente. Perché questa domanda?», incrociò le braccia al petto pronto ad ascoltarmi.
«Le altre volte non sentivo niente. Ci uscivo, le baciavo e alcune le portavo a letto e poi, le lasciavo. Con loro non sentivo nulla a parte la felicità nel constatare che un’altra ragazza era caduta ai miei piedi. Questa volta, non sono felice di aver vinto e non capisco nemmeno completamente il perché. So che Jenny, a differenza delle altre, è diversa e credo sia stata questa sua diversità, a spingermi ad andarle dietro. Però, perché ora che so di averla persa, mi sento distrutto? Perché non sorrido e vado avanti come le altre volte? E perché sono qui, che mentre parlo ripenso al bacio che le ho dato? Perché sto così male, spiegamelo Walter, perché io non lo capisco.», mi sfogai senza mai fermarmi e, una volta che terminai, restai in silenzio.
«Ti sei innamorato di quella ragazza, semplice.»
La semplicità con cui disse quella frase mi spiazzò, eppure sapevo che era vero perché anche io lo avevo compreso. Lo avevo capito nel momento esatto in cui avevo poggiato le mie labbra sulle sue.
Però, non volevo ammetterlo. Se lo avessi fatto, mi sarei sentito male. Sarebbe stato ammettere di aver perso, l’unica ragazza che io ero riuscito ad amare dopo tantissimi anni e io, non lo avrei mai sopportato.
«Ti sbagli, non è così. Non la amo. È solo una come tante altre.», mentii al mio migliore amico per poi alzarmi e allontanarmi da quel posto. Volevo stare solo e soprattutto volevo stare lontano dal mio migliore amico e dalla verità che lui aveva esternato.
 
P.O.V. Walter
 
Dovevo aiutare il mio migliore amico. Anche se non lo aveva ammesso a causa del suo orgoglio, sapevo bene che stava male. Tuttavia, sapevo che dovevo darli un po’ di tempo. Non potevo agire se lui, almeno con me, non fosse stato sincero.
Erano le due notte e io ero concentrato negli studi di psicologia, quando il mio cellulare vibrò sulla scrivania. Lo presi con aria assonnata ma, non appena lo lessi mi ripresi e corsi silenziosamente all’ingresso.
Non appena aprii la porta, mi trovai davanti Raffaele, con i vestiti sgualciti, gli occhi arrossati e l’odore di alcool.
«Avanti, entra.», mi feci da parte per farlo entrare in casa, «Non fare rumore, i miei genitori dormono.», continuai con un sussurro.
I miei genitori erano abituati a vedere Raffaele imbucarsi in casa di notte e, non dicevano mai nulla anzi, per loro era come un secondo figlio visto quello che lui aveva fatto per me in passato.
Non appena lo raggiunsi in camera, lo trovai seduto a terra con la schiena poggiata al mio letto e gli occhi chiusi.
«Cosa hai combinato?», domandai preoccupato. Temevo avesse ripreso con i vecchi vizi che aveva, ovvero andare a letto con diverse ragazze o fare gare illegali di motociclismo e, data la situazione sentimentale in cui si trovava, sperai caldamente non fosse il primo caso.
«Nulla, ho incontrato nuovamente Giuseppe, mi ha riproposto una gara e ho accettato. Per festeggiare la mia vittoria sono andato a bere e forse ho bevuto un po’ troppo visto che faticavo a guidare la moto. Scusa l’ennesima intrusione in casa, amico…», spiegò Raffaele con voce impastata dalla stanchezza e dalla sbronza.
«Sei il solito. Mi chiedo perché tu continui a distruggerti così…», con un sospiro, abbandonai il libro di psicologia sulla scrivania e mi sedetti accanto a lui. Fisicamente ero più piccolo di lui ed ero anche più debole, dovevo ammetterlo, però psicologicamente ero più maturo io di lui. In poche parole, ci compensavamo.
Lui scoppiò a ridere a bassa voce per poi guardarmi: «Ho perso completamente la testa. L’ho persa per quella ragazza… Non riesco a togliermela dalla testa… Ripenso ancora alle sue lacrime e al fatto che sia stato io a farla piangere… Io che volevo proteggerla, sono stato il primo a ferirla… All’inizio, lo ammetto, la inseguivo perché mi sentivo ferito nell’orgoglio perché era l’unica che non era caduta ai miei piedi… Poi, quando l’ho vista sorridere con sincerità, quando ho visto che ragazza meravigliosa si nasconde dietro quella maschera di freddezza e apatia… Mi sono innamorato di lei… E non desideravo più vincere quella stupida scommessa, desideravo averla sempre tra le mie braccia… Desideravo farla sorridere… Anzi, desidero… Però, ho paura perché sai bene che il mio passato continua a perseguitarmi… Quel passato dal quale tento di fuggire, ma che mi tiene tra le sue spire… Se lei conosce chi ero, chi sono davvero, pensi che rimarrebbe? Non credo… Chi mai vorrebbe stare con un mostro come me…»
Lo ascoltai in silenzio. Mentre parlava, era scoppiato a piangere e io, me ne spaventai: era la prima volta che lo vedevo piangere. Finalmente, aveva fatto quello che in tutti quei anni non era riuscito a fare, si era sfogato con me e aveva messo da parte il suo orgoglio. In parte doveva essere stato merito dell’alcool, ma almeno ero riuscito ad ascoltare i suoi pensieri, ad ascoltare cosa lo turbava e cosa lo faceva soffrire.
«Amico mio, ora riposati e non pensare più a nulla. Se vuoi, resta pure da me in questi giorni.»
Lui annuii soltanto e dopo aver accettato degli indumenti puliti lo feci coricare nel mio letto, mentre io sarei andato a dormire sul divano. In quel momento, tra i due, era lui che aveva più bisogno di dormire. Mentre mi stesi sul divano, pensai al fatto che finalmente potevo agire e saldare il vecchio debito che tenevo con lui. Finalmente potevo essere io ad aiutarlo. Sorrisi e poi, chiusi gli occhi, addormentandomi immediatamente a causa della troppa stanchezza accumulata in quella giornata.
 
Era lunedì ed era ormai mattina inoltrata. Avevamo trascorso la domenica dietro il mio libro di psicologia.  Raffaele per sdebitarsi dell’ospitalità aveva insistito con l’aiutarmi con lo studio e la preparazione e ora, se n’era appena andato. Guardai l’orologio e decisi di mettermi al lavoro. Presi una delle mie chiavette USB e la ripulii dal suo contenuto, per poi mettere al suo interno solo una canzone, quella che Raffaele ascoltava insistentemente il giorno prima. L’avevo ascoltata e avevo compreso il perché la ascoltasse. Dopo aver sistemato la chiavetta USB, mi andai a docciare e inseguito, dopo essermi vestito, uscii di casa. Mi diressi verso la scuola di Jenny, a piedi e una volta arrivato, constatai che mancavano dieci minuti alla fine delle lezioni e così, decisi di attenderla.
Volevo aiutare Raffaele e lei, doveva sapere la verità. Attesi pazientemente e, una volta suonata la campanella che annunciava la fine delle lezioni, tenni lo sguardo aperto, cercando di trovarla tra tutti quei studenti. Non appena la trovai, le andai incontro.
Aveva i capelli lisci e neri legati in una coda alta e gli occhi neri e profondi. Aveva il viso leggermente allungato e quando sorrideva leggermente le si intravedevano le fossette sulle guance. Gli occhi erano a grandi e a mandorla e, come li aveva descritti sempre Raffaele, arano vuoti.
Mi fermai davanti a lei e la presi dolcemente per un polso, portandola via di là.
Ora, entravo in gioco io.

~Angolo autrice.~
Salve ragazzi e buon martedì a tutti. Come potete vedere sono tornata e con un piccolo colpo di scena. ♥
Spero che anche questo capitolo vi piaccia e volevo ringraziare Alys per aver recensito anche il mio precedente capitolo e Marty per aver messo la storia tra le sue preferite. Inoltre ringrazio quei lettori silenziosi a cui chiedo di lasciarmi anche un loro piccolo parere e soprattutto ringrazio tutti coloro che mi seguono su Facebook e soprattutto voglio ringraziare Amy che ogni giorno mi intasa la chat chiedendomi spoiler o domandandomi a che punto sono con la storia. ♥
Spero che non mi uccidiate perché dopo questo capitolo, temo per la mia incolumità.
Inoltre, non posso non ringraziare, per l'ennesima volta, Lucia che come ogni volta ha corretto e riletto questo capitolo. Grazie Lù. ♥
Che altro dirvi se non lasciate un piccolo commento per farmi sapere cosa ne pensate e la sottoscritta, tornerà puntuale la prossima settimana. ♥
A presto,
Lily.
   
 
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