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Autore: _HalWill_    28/07/2008    1 recensioni
Lo scenario di un' imminente guerra interplanetaria. Due mondi opposti ma incredibilmente simili. Un ragazzo piombato dal nulla in una base militare, senza alcuna certezza, senza alcuna sicurezza, ma con la consapevolezza di fare la differenza nelle sorti della specie umana. Un giovane irriverente e spregiudicato, che lotta per una guerra in cui si è ritrovato, ancora inconsapevole del futuro e del proprio ruolo nella battaglia. L'incontro fra due anime sole e complementari, destinate ad un comune destino. Il sogno di una terra lontana dove poter vivere assieme, senza la guerra, senza a morte. L'amore, l'arma perfetta.
Genere: Romantico, Science-fiction, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chapter 13

Picchiava rapidamente i tasti disegnati sul piano piatto del computer. Tornò, toccando lo schermo, su una parola che aveva sbagliato e la cancellò riscrivendola. Rilesse rapidamente quando d’improvviso la porta si aprì, per poi richiudersi automaticamente.
Alzò lo sguardo.
Un uomo alto, castano, lo guardava oltre lo schermo con aria nervosa.
- Chi era quello?
Alex richiuse il compiuter premendo un tasto. Il suo sguardo tornò sull’ospite.
- Un mio sottoposto.
- Ah si? Bene.
Ti ha portato nella sua stanza poi? Oppure siete andati nella tua, eh?
Il biondo non sembrava intimorito dal tono dell’altro che andava alzandosi.
- Cosa sei venuto a fare?
Il soldato si sporse sul piano del tavolo, avvicinandosi al viso del giovane.
- Voglio una risposta Alex, e la voglio adesso!
Si fissarono per qualche istante. Poi si alzò e, girando attorno alla scrivania, si posizionò di fronte all’uomo. Questo lo osservò mentre la rabbia scivolava via dal suo volto ruvido e sbarbato.  
Alzò il braccio, sfiorando la divisa del biondo, per poi scendere sulla stoffa, sui fianchi, dietro la schiena. Lo abbracciò con dolcezza.
- Io ho bisogno di una risposta. Non posso più attendere. Non posso più stare senza saperti mio…
Il comandante si lasciò scaldare da quella presa avvolgente. Il viso immerso nella stoffa della canotta, sotto il mento di lui.
- Non mi hai più scritto da quando sono partito per venire qui. Non una chiamata, non una mail.
Io ti ho scitto; hai letto le mie corrispondenze? Ti sono arrivate? Ti ho pensato tutti i giorni…non puoi neanche immaginare quanto mi sei mancato.
E’ per questo che sono nervoso. Sono sempre nervoso.
La mano del ragazzo premette contro il petto muscoloso dell’altro, sciogliendosi dalla stretta accogliente.
In quel momento la sua mente esplodeva di pensieri. Il volto di William si contrapponeva insistentemente a quello del castano. I suoi occhi azzurri lo scrutavano severi, come se volesse ammonirlo, come a ricordargli le parole che lui stesso quella mattina gli aveva detto.
Forse era stato troppo duro. Forse avrebbe dovuto essere più sensibile nei suoi riguardi, avrebbe dovuto essere più sincero anche per i propri. Qualcosa per il moro la provava di certo; quello che non sapeva  era a che punto. Fino a dove William lo affascinava? E perché? La spiegazione che aveva dato al sottoposto poche ore prima non convinceva neanche se stesso, come poteva aver convinto lui? Che i suoi sentimenti fossero davvero così deboli come lui stesso gli aveva aspramente ribadito? Una cosa era certa, non poteva sapere cosa provasse realmente William nei suoi confronti, ma per quanto riguardava se stesso, si sentiva sin troppo coinvolto.
E l’uomo che ora era gli era di fronte e che gli chiedeva amore? Cosa pensava di lui?
Gli voleva bene, fin troppo. Sin da bambino gli era sempre stato accanto ed aveva vegliato su di lui come un angelo custode. Lo aveva sempre trattato come un principe, un meraviglioso dio. Non gli aveva mai fatto mancare nulla, sin dal primo giorno. Tutte quelle premure, quelle carezze, lo avevano fatto illudere; si era illuso di provare amore per quel giovane grande e forte, per quel compagno sempre attento ad ogni sua esigenza, gentile, dolce, tranquillo.
Gli aveva permesso di avvicinarsi, di tenerlo fra le braccia, persino di baciarlo quando le sue attenzioni erano divenute più intime. Ma poi? Dopo la sua partenza forzata per la base non lo aveva più visto. Aveva ricevuto le sue promesse, i suoi pensieri, ma non aveva mai risposto. Sentiva che tutto ciò che avevano fatto, tutto ciò che si erano detti era sbagliato. Il loro legame era talmente fragile da spezzarsi al primo tentenno.
A fargli venire quei dubbi furono proprio gli occhi di suo padre. Così severi, così freddi e autoritari. Non avrebbe mai voluto deluderlo, non avrebbe mai voluto ferire quel suo genitore così amato, colui che lo aveva strappato dal nulla, dalla mancanza e lo aveva accolto in una famiglia dove potesse essere accudito.
Non aveva ricordi del suo padre naturale, ne voleva averne. Ora quello per lui era il suo vero padre, l’unico, che dopo la morte della madre si era preso cura di lui come di un figlio suo.  Gli aveva dato il suo cognome, la sua istruzione, la sua casa, il suo affetto.
Proprio il ricordo di quel padre lo riscosse.
- Non posso.
L’altro parve contrariato, stupito; allentò l’abbraccio.
- Io non posso farlo. Per mio padre, per me, so che è sbagliato. Non possiamo fare una cosa simile è contro…
Ma fu interrotto bruscamente dall’uomo.
- Contro le regole? Contro cosa? A me non interessa nulla e credevo che anche a te non importasse! Quando eravamo insieme, quando passavamo i pomeriggi abbracciati, a baciarci… per te non è significato nulla? Di cosa hai paura? Che quel vecchio non ti voglia più in casa sua? Che ti abbandoni? Per quel che mi riguarda io ho già chiuso con lui tempo fa, ma credimi con te non potrà fare lo stesso, non potrà mai cacciarti; tu sei il suo figlio prediletto, quello che ha sempre voluto. In ogni caso sarò io a prendermi cura di te… come quando eravamo bambini, come quando ci amavamo…
Quelle ultime parole entrarono a forza nella mente del biondo.
- … tu mi amavi…tu Peter…e mi dispiace…
Si distanziò dal castano, allontanandosi di qualche passo.
Le braccia forti lo raggiunsero nuovamente, circondandolo da dietro la schiena.
- Io non posso farla finita qui. Non posso smettere di provare ciò che sento nei tuoi confronti. Ti aspetterò. So che anche tu provi qualcosa per me, ne sono certo. Non voglio che altri ti tocchino, non lo posso sopportare; neanche quel tuo sottoposto…
Il giovane non rispose. Si lasciò ancora prendere dalla stretta affettuosa di lui, anche se la sua mente vagava, pensando alle braccia di un altro.

Sfogliava la rivista pigiando il tasto sullo schermo. Le immagini di donne si susseguivano sotto i suoi occhi, con le belle forme nude messe in mostra. Qualcuno bussò.  
Il moro si mise a sedere sulle lenzuola, abbandonando la tavoletta sul letto. Si diresse alla porta e premette il tasto di sblocco. Fu sorpreso nel vedere il bel viso del biondo fare capolino oltre lo spiraglio che si apriva rapidamente.
- Salve.
Il tono freddo, scontroso del soldato non intimidì il ragazzo, che continuò ad osservarlo imperterrito.
- Salve. Vorrei parlarvi, posso… entrare?
William rimase immobile per qualche istante indeciso sul da farsi, poi si scostò lasciando libero il passaggio. Il comandante entrò e la porta si richiuse alle proprie spalle. L’uomo premette nuovamente il tasto di blocco, insonorizzando la stanza e chiudendoli dentro.
- Non mi piace che ascoltino gli affari miei.
Rivolto al giovane che si era voltato a guardarlo interrogativamente.
William attraversò la stanza fermandosi per frugare nel piccolo frigo.
- Vuoi una birra? Non ho niente di più raffinato qui.
Alex fece cenno di no con la testa.
L’altro tornò a sedersi sul letto, aprendo la lattina.
- Siediti.
Il biondo si sedette sulle lenzuola, urtando la mano contro lo schermetto abbandonato. L’immagine della donna scomparve lasciandone posto ad un’altra. Arrossì appena, allontanando la mano dall’oggetto.
Al soldato sfuggì un sorrisetto divertito. Afferrò la tavoletta e la spense, poggiandola sulla scrivania.
Si accese distrattamente una sigaretta, osservando ogni singolo movimento dell’altro, che invece tentava di rimanere immobile, come intimorito. Il silenzio era pesante come un macigno, imbarazzante e teso.
Fu il giovane a rompere quella quiete insolita.
- Forse sono stato un po troppo brusco.
Non volevo sminuire i tuoi sentimenti o insinuare che ciò che senti non valga nulla. Per ora la cosa più importante è riuscire ad equilibrare l’intensità dell’unisono. Non possiamo permetterci di pensare a queste cose, non ora.
Io, ho agito troppo impulsivamente, basandomi solo sulla logica senza pensare a come dovessi sentirti veramente. Ti capisco, sono confuso anch’io…
Fu interrotto. William aveva sentito quello che voleva sentire; aveva gettato la sigaretta nel posacenere vicino a se e si era sporto in avanti; il viso a pochi centimetri da quello dell’altro. I respiri che si fondevano.
- Io non sono confuso. So bene ciò che voglio.
Non sapeva cosa sarebbe successo. Ma era certo, lo sentiva, che stavolta non si sarebbe fermato, non sarebbe stato respinto. Percepiva l’insicurezza nelle parole del ragazzo, la sua indecisione, la sua emozione, il suo imbarazzo. Ma imbarazzo per cosa? Forse per qualcosa che sapeva stava per succedere, per qualcosa che infondo voleva succedesse. Forse anche lui si sentiva così come si sentiva lui.
Quella sicurezza lo spinse. Lo spinse a sporsi in avanti poggiando le labbra su quelle dell’altro. Le labbra morbide, delicate, calde. Il biondo non parve reagire. Fu allora che inconsciamente, senza pensare, approfondì il contatto. Il bacio divenne profondo, voluttuoso, passionale. Il moro si intrufolò nella bocca del giovane con violenza lussuriosa.
Il sapore di quella creatura gli parve immensamente delizioso, quasi lo stordiva. Lo spinse indietro, facendolo sdraiare sul letto. Alex si mosse appena, come per respingere il peso del corpo che gli pesava addosso.
Frettolosamente le mani di William andarono alla sua camicia candida, sul petto, mentre il bacio non sembrava voler cessare.
Afferrò la stoffa, cercando di sbottonarla, ma non vi riuscì. Diede uno strattone.
Il rumore di un bottone caduto a terra.
Si staccò dalle labbra di lui, allontanandosi quanto bastava per vederlo in viso. Il ragazzo era immobile, inespressivo, col volto pallido e gli occhi fissi su di lui.
Gli carezzò una guancia fino a giungere alla piccola macchiolina nerastra poco sotto l’occhio. Si chinò e lo baciò di nuovo. Stavolta con più dolcezza, con passione calda e sublime.
Non era la prima volta. Era andato a letto con tante di quelle donne che non sapeva neanche darne una stima approssimativa.
Del resto aveva sempre avuto una vita sregolata e stare in quel campo non gli dava nessuna forma di svago.  Così quando usciva la sera era facile avvicinare qualcuna che ci stava. Era di bell’aspetto, sicuramente molto affascinante (non di certo modesto), alto e misterioso. Così appariva agli occhi delle donne, e molte non avevano mancato di dirglielo. Era sempre stato sotto le attenzioni del mondo femminile. Gli uomini non gli erano mai interessati e non gli interessavano. La sola idea gli aveva sempre fatto ribrezzo.
Aveva assaggiato mille sapori, mille labbra, eppure era diverso.
Non era come le altre volte, lo sentiva. Sapeva che lui era speciale. Sapeva che quel giovane, non solo bello, ma meraviglioso, non era né una donna ne un uomo per lui. Era qualcosa di infinitamente superiore. Il viso d’angelo il corpo perfettamente levigato e proporzionato lo facevano sembrare una qualche creatura celeste, divina.
Anche il suo profumo era sovrannaturale. Qualcosa di indefinibile e perfetto, qualcosa che gli era entrato nei polmoni e che sapeva lo avrebbe presto reso dipendente. O forse lo era già.
I suoi due splendidi occhi lo fissavano imperterriti. Quelle distese d’acqua marina lo avvolsero nel calore dolce che non aveva mai pensato potessero emanare. Il suo sguardo era malinconico, tenero e delicato. Lo osservava come se volesse accarezzarlo solo con il pensiero.
E sentì quella strana sensazione che ormai sentiva spesso con lui. Una pace indefinita, celeste, innaturale. Era sollevato, come abbandonato su di un letto morbidissimo e candido, in una giornata primaverile, con le tende sollevate dalla brezza leggera ed il silenzio più totale. Solo il frusciare delle tende morbide.
L’irrequietezza che lo aveva preso all’inizio si placò d’improvviso.
Il tocco delicato e accennato di una mano gentile gli fece comprendere che quella era la realtà. La carezza delicata e dolce del giovane. Gli aveva sfiorato il viso con le dita. Le sue braccia lo circondarono . Il mento affondò nella spalla del ragazzo ed il suo profumo gli invase i sensi. Voleva solo restare lì, fermo, fra le sue braccia. Anche quello gli sarebbe bastato. Si abbandonò totalmente a quell’abbraccio stringendo a se la vita del biondo ed affondando di più il capo nella stoffa morbida.
Alex lo allontanò appena, fissandolo intensamente con comprensione e timidezza. William si accorse allora che stava tremando. Lo riavvicinò a se. Voleva fargli sentire cosa provava veramente, voleva sentire quello che sentiva per lui.
I suoi occhi erano in quelli di lui e non poteva far altro che pensare a quanto splendido fosse. Le loro labbra si sfiorarono nuovamente. Dapprima il tocco leggero, poi lentamente la fusione del bacio. Il giovane, inizialmente imbarazzato, non si mosse, lasciò che l’altro violasse la propria intimità anche se con delicatezza. Poi si lasciò andare quando la presa dell’uomo divenne più forte, più rassicurante. Tutto ciò che lo frenava svanì all’istante. Si sciolse in quel caldo bacio, a quelle dolci coccole che William gli faceva. Strinse con forza le braccia attorno al corpo del soldato, si aggrappò a quell’abbraccio come l‘unica fonte di salvezza. Non gli importava più di nulla ora.
- E’ questo quello che voglio.
La voce bassa e sensuale di William gli sussurrò vicino all’orecchio. Le guance del biondo si colorirono appena prima che affondasse il capo nella stoffa, fra il collo e la spalla del compagno.
Nulla poteva raggiungerlo. Ne suo padre, ne  Peter, ne nessun altro.


  
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