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Autore: _Wonderwall_    15/05/2014    2 recensioni
(SOSPESA)
Prima guerra mondiale: la vittoria va alla Triplice Intesa (Russia- Stati Uniti- Francia).
Seconda guerra mondiale: la vittoria va ai Paesi Alleati.
Terza guerra mondiale: la vittoria va agli Stati Uniti, che conquistano l’egemonia mondiale.
Quarta guerra mondiale: in corso.
Gli uomini non si accontentano mai. Non sono bastate due guerre mondiali per appagare la loro sete di morte, di potere. Hanno sentito il bisogno di scatenarne una terza, durata solo un paio d’anni. Troppo pochi per lasciarli soddisfatti.
Perché non scatenarne una quarta? Perché non ridurre la terra in macerie?
La russia contro il mondo. Quello è il motto che i soldati russi erano fieri di ripetere ad ogni cena, ad ogni brindisi.
La quarta guerra mondiale sta devastando l’intero mondo, decimando la popolazione e c’è un disperato bisogno di una soluzione.
Genere: Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Scusate se non ho risposto alle vostre recensioni, ma lo farò il prima possibile! Vi ringrazio davvero e vi auguro una buona lettura :) Spero che vi piaccia :)
Capitolo 7
 
 
 
“And i can’t change
Even if i try
Even if I wanted too
My love, my love, my love
She keeps me warm”
 
 
 
La testa le girava, mandando la sua mente in confusione. Aveva gli occhi chiusi e non riusciva a trovare i giusti muscoli per aprirli. Non trovava la forza per sbattere le palpebre e questo la spaventava.
L’odore fresco le colpì le narici, provocandole un leggero fastidio. Non era cattivo, ma contribuiva solamente a farle scoppiare la testa. Il suo cervello sembrava battere contro la scatola cranica senza darle un attimo di pace.
Il rumore di una porta che sbatteva la fece sussultare e si rese immediatamente conto che la superficie dove era distesa era morbida e liscia. Doveva essere un materasso.
L’istinto le fece portare le mani alla testa, o meglio, cercò di portarsi le mani alla testa, ma il materiale duro che le circondava non glielo permise.
Si accorse solo allora della posizione innaturale in cui si trovava, le braccia costrette dietro la schiena e le caviglie legate tra di loro. I suoi muscoli urlavano pietà.
Con un grande sforzo riuscì ad aprire i grandi occhi grigi, che si ritrovarono a fissare il bianco candido delle lenzuola sopra le quali si trovava. Alcune ciocche di capelli neri, sfibrati e sporchi, le ricadevano sul viso, solleticandole la pelle.
Le scene del giorno precedente le si presentarono davanti come flashback veloci ed inarrestabili. La scoperta delle reazioni sul sangue, gli spari, l’incontro con il generale russo, il suo rapimento, il buio.
Era svenuta ed ora si trovava legata come un salame su un letto di una stanza che non aveva mai visto.
Certamente non si aspettava di essere poggiata su una superficie così delicata, credeva più che si sarebbe trovata in uno scantinato pieno di polvere e senza acqua e cibo.
Non che questo la rassicurasse più del dovuto. Scarlett non era stupida ed era pienamente consapevole di trovarsi sotto il controllo del governo russo. Il motivo poi le lampeggiava davanti agli occhi come un’insegna neon. Suo padre era uno dei pochi che era a conoscenza di dove si trovasse la base e non ci voleva un genio –e lei lo era- per capire che l’avevano rapita per ricattare il povero paparino.
Peccato che non avessero ancora fatto i conti con la coscienza del generale congedato Evans, avrebbe venduto addirittura sua figlia per lo stato e certamente Scarlett –nonostante fosse anche lei a conoscenza del segreto- avrebbe tenuto la bocca chiusa.
Portava rispetto a suo padre e lo portava anche verso il suo paese.
Un colpo di tosse le fece alzare lo sguardo che si scontrò subito con una figura possente, alta e decisamente ben piazzata. Gli occhi grigi della mora percorsero la mole del corpo fino ad incontrare l’ultimo viso che avrebbe voluto vedere in quel momento. L’ultima faccia che aveva visto prima di svenire.
I capelli castani erano spettinati, gli occhi chiari –in quel momento le sembravano celesti con qualche pagliuzza verde che li illuminava- la fissavano divertiti e a sottolineare quell’espressione strafottente le sue labbra piene erano piegate in un sorriso di schermo.
<< Buongiorno principessa >> la salutò, avvicinandosi al letto.
Ancora una volta il tono della sua voce era in netto disaccordo con le parole pronunciate. La ragazza aggrottò le sopracciglia, piegando la bocca in un’espressione disgustata. Rimase in silenzio.
<< Dormi da almeno ventiquattro ore ormai, credevo non ti saresti più svegliata –Scarlett rimase ancora una volta in silenzio- Ti do ufficialmente il benvenuto in Russia, più precisamente nella camera del sottoscritto >> il soldato allargò le braccia per enfatizzare il suo discorso e sorrise maggiormente quando avvertì un leggero sbuffo provenire dalle labbra carnose della sua prigioniera.
La voce del ragazzo era calma e decisamente non adatta alla situazione. Sul suo letto c’era un ragazza legata e certamente non per soddisfare i suoi desideri sessuali.
Scarlett cercò di muoversi per allentare le corde ai piedi o quantomeno per allontanare il suo dalla superficie liscia del materasso che aveva appena scoperto appartenere a quel ragazzo che continuava a guardarla divertito al suo comportamento.
La mora si sentì improvvisamente sollevata ed un piccolo gridolino le fuoriuscì dalle labbra quando avvertì le grandi mani del soldato sulla sua pancia. Un secondo dopo si ritrovò seduta con la schiena poggiata alla spalliera del letto e le gambe distese. Era ancora legata ma quella posizione era di gran lunga più comoda della recedente.
Calcolò in maniera veloce le misure della stanza, il tempo che avrebbe impiegato a percorrerle e le varie vie d’uscita. Alcune volte era davvero comodo avere un quoziente intellettivo superiore alla media, ma doveva ammettere che in quella situazione, legata com’era, non sarebbe servito a granché.
<< Per quanto fosse divertente vederti agitata in quel modo, e credimi lo era, sono qui perché ho bisogno di alcune informazione che tu, principessa, puoi darmi >> commentò con voce calma e melliflua, che le fece venire i brividi.
Aveva una lista di cose da fare prima di morire, ma non ricordava che tra di esse ci fosse ‘essere rapita e torturata da un dannatissimo russo’. No decisamente no.
<< Beh, puoi scordarti le tue risposte >> ribatté con voce ferma, mentre dentro di lei si scatenava un turbinio di emozioni che non riusciva a calmare.
Fortunatamente era sempre stata brava a mostrare agli altri solo quello che lei voleva che vedessero e, grazie al suo cervello sovrasviluppato, sapeva sempre cosa dire.
Peccato che proprio in quel momento avesse deciso di non ascoltarlo.
La risata realmente divertita del soldato ruppe il silenzio teso che aleggiava nella stanza.
<< Mi fa piacere di solito avere degli… -pensò alla parola giusta per definirla- … ostaggi coraggiosi, ma ho poco tempo per portare quelle informazioni a mio padre e non mi piace l’idea che qualcun altro possa giocare con te >> un sorriso leggermente più diabolico.
Stavolta sorrise anche lei, occultando il timore che le aleggiava dentro lo stomaco.
<< Beh, io non voglio essere il tuo giocattolo >>
<< Non credo che avrai altra scelta >>
<< Scommettiamo? >> chiese retoricamente, appoggiandosi con tutto il suo peso alla spalliera e rilassando finalmente i muscoli.
Non avrebbe dovuto sfidarlo in quel modo, Scarlett lo sapeva, ma il suo corpo e la sua bocca agivano senza che le idee fossero prima passate anche solo per l’anticamera del suo cervello. La mora era fermamente convinta che in quelle situazione non avrebbe dovuto seguire la ragione, ma l’istinto ed era esattamente quello che stava facendo.
 
 
 
 
Ivan poggiò lo sguardo sulla figura rilassata della ragazza stesa sul letto e si ritrovò a sorridere ancora quando gli sembrò lampante quanto si sentisse scomoda in quella posizione. Le braccia erano piegate in maniera troppo innaturale per permetterle di rilassarsi e le gambe erano ferme da troppo tempo per non formicolarle.
Decise di ignorare l’ultima sua affermazione e l’intera conversazione che avevano avuto fino a quel momento. Era il momento di passare all’interrogatorio. Tra nemmeno due ore doveva far rapporto a suo padre e sinceramente avrebbe voluto divertirsi come si deve con quella moretta, sembrava sapere cosa faceva.
<< Sai dov’è la base principale dell’America? >> chiese, cambiando il tono di voce.
Era calmo, ma nascondeva una velata minaccia non indifferente.
Non collaborare e troverò un modo più facile per farti parlare.
Il fatto che fosse una donna lo fregava. Se il figlio di quel maledetto generale fosse stato un maschio per il soldato sarebbe stato decisamente più facile estorcergli informazioni. Ma anche lui aveva dei principi ed ogni sua regola gli impediva di fare del male alle donne, nonostante questa in particolare fosse americana.
Sempre una donna era.
Durante la guerra era costretto ad uccidere anche donne e bambini, ovvio, ma torturare così, a sangue freddo, era tutta un’altra storia.
La ragazza puntò gli grandi davanti a sé, comportandosi come se non esistesse.
Ivan era famoso per la sua poca pazienza e in quel momento stava per dare una dimostrazione di quanto questo fosse vero.
Con un sospiro –anche se in realtà non era così contrariato di arrivare alle maniere forti- cacciò dalla tasca un piccolo coltellino e si avvicinò alla ragazza.
<< Scarlett, giusto? –chiese ironicamente conferma- Non mi piacerebbe deturpare un così bel viso, ma non mi stai lasciando altra scelta >> le stava parlando come si fa con una ritardata mentale e Scarlett non era certo disposta ad accettarlo.
Dopo qualche secondo di silenzio e qualche veloce calcolo a mente riuscì finalmente a muoversi.
Stava per morire ugualmente. Tanto valeva lottare e provare a vivere.
Stendendosi sul letto rotolò fino a cadere a terra sotto lo sguardo sbigottito del soldato. Si tirò a sedere, spingendosi con i muscoli delle gambe finché non toccò con schiena al muro dietro di sé. La sua fortuna era stato il pavimento liscio della stanza. La sua sfortuna quella di avere i polsi e le gambe legate.
Nonostante capì subito quanto il suo tentativo di fuga fosse stupido non riuscì a fermarsi prima, mossa da quella speranza che le divorava l’intestino non permettendole di pensare lucidamente.
Sul viso di Ivan comparve un sorrisino bastardo, mentre, molto lentamente, si dirigeva alla porta, bloccandola con una sola mano ed impedendole definitivamente di andare via, sfuggendo all’inferno che sarebbe stato dal momento in cui avrebbe cominciato le torture.
Peccato doverlo fare.
Pensò il ragazzo senza davvero crederlo.
Con il braccio destro la sollevò da terra e la buttò nuovamente sul letto, facendola rimbalzare e causando un gemito di rassegnazione.
O almeno così lui pensava.
Scarlett era nuovamente con la faccia contro il materasso e il capelli neri sparsi sul viso, in netto contrasto con il bianco candido delle sue lenzuola.
Ivan la osservò per qualche secondo. Certamente era diversa dal prototipo di ragazza russa. Dopotutto nemmeno lui rappresentava il tipico russo, così come suo padre. Oltre loro Ivan aveva quasi sempre incontrato in Russia persone dai colori scuri, con occhi completamente diversi da quelli dell’americana che aveva davanti.
Un grigio che non aveva mai incontrato, completamente differente dal suo. Più brillante, più profondo, più vivo.
Non sapeva ancora perché l’avesse portata nella sua stanza e si fosse imposto per interrogarla lui stesso, forse semplicemente perché era quello che l’istinto gli suggeriva di fare.
E più andava avanti con l’interrogatorio più si rendeva conto di quanto fosse stato previdente. Quella ragazza era testarda come un mulo e certamente i suoi metodi erano gli unici che avrebbero potuto farla parlare.
<< Bene Scarlett, ora basta giocare. Cosa ne dici di darmi qualche risposta? >> chiese ironicamente, accarezzando con voce dolce il suo nome e parlandole come si parla ad un bambino.
Come se lei non riuscisse a capire.
La ragazza sbuffò, ma lui si rese conto che voleva solo nascondere il brivido di paura che l’aveva attraversata al suono della sua voce. Sorrise.
Era ora di cominciare l’interrogatorio.
<< Primo: hai delle sorelle o fratelli >>
La mora serrò le labbra come a fargli capire che non avrebbe risposto neanche alla più stupida delle domande.
Ivan sbuffò. Quella ragazza era troppo testarda. Con un movimento veloce scivolò fino a lei, arrivando a sfiorare le sue dita, che subito ritrasse come se fosse stata scottata.
Poggiò con delicatezza la lama del coltello sul suo viso e lo accarezzò con gentilezza senza lasciare nessun segno, ma facendola rabbrividire.
<< Ti conviene collaborare >>
 
 
 
 
Il respiro le si bloccò in gola quando la fredda lama del coltello si posò sulla sua pelle. Stava per farle male, ne era perfettamente consapevole e lo era anche del fatto che non avrebbe resistito molto.
Era sempre stata abituata ad essere coraggiosa ed aveva sempre pensato di riuscirci davvero, ma non si era mai trovata in una situazione del genere e certamente non credeva che ci sarebbe mai stata.
Solo ora si accorgeva di quanto vigliacca fosse, solo con un coltello a stretto contatto sulla pelle poteva percepire quanto si sarebbe spinta prima di rivelare tutto e sapeva la risposta: avrebbe resistito poco.
Suo padre era un soldato –o meglio lo era stato- ma lei no.
<< Trovati le tue risposte da solo >> sibilò, cercando di trattenere l’affermazione che voleva disperatamente uscire dalle sue labbra.
<< Lo hai chiesto tu, principessa >>
In meno di un secondo si trovò stesa sul letto, il camice aperto e il coltello alla gola. Premette contro il mento, lasciando un lieve segno rosso e proseguì sul viso, tagliando la pelle chiara come fosse carta.
Scarlett contrasse la mascella per impedirsi di urlare o di piangere o di rispondere.
Doveva rimanere in silenzio, era l’unica soluzione.
Tanto anche se dovessi rispondergli morirei lo stesso.
Lo ripeteva come se fosse un karma e se ascoltandolo centinaia di volte dalla voce della sua mente convincesse il suo corpo a sopportare, a soffrire in silenzio e la bocca a rimanere chiusa.
La fonte del dolore era il cervello, lo sapeva. Ed il suo funzionava anche bene, ma in quel momento era in confusione.
Dannazione.
Era un genio, doveva essere in grado di mantenere la calma e stava fallendo miseramente.
Mentre il coltello proseguiva sulla sua guancia, lasciando un taglio superficiale che si sarebbe rimarginato presto e che non avrebbe lasciato cicatrici, Scarlett respirò profondamente, riordinando le idee.
Tutti i pezzi della sua mente tornarono al loro posto e il suo cervello urlava una sola cosa: menti.
La soluzione era semplice ed era talmente veloce ed ovvia che lei non l’aveva notata subito. Mentire quando ce n’era bisogno e dire la verità quando poteva farlo in modo che lui non si sarebbe insospettito.
Dopotutto era sempre stata un’ottima bugiarda.
<< Sono figlia unica >> urlò, dando finalmente voce ai suoi pensieri.
L’avanzata del coltello sul suo viso si fermò ed immediatamente avvertì la mancanza del freddo della lama e il caldo del sangue che sporcava di rosso cremisi la pelle innaturalmente bianca della mora.
Gli occhi si chiusero cercando di non pensare al dolore.
Sentì la consistenza di un fazzoletto pulirle la guancia, senza impedire al sangue di uscire e di sporcarla nuovamente.
<< Brava principessa >> nuovamente quel nomignolo che le fece arricciare le labbra.
Lo odiava, la faceva sentire fragile e lei non poteva esserlo, doveva combattere.
<< Continuiamo con un’altra domanda facile –la guardò incuriosito- questa è personale. Quanti anni hai? >>
<< Diciannove >>
Il ragazzo fischiò.
<< E fai il chirurgo? >> chiese stupito.
<< Ho un quoziente intellettivo sopra la media >> disse a testa alta.
Le sembrava assurdo affrontare una conversazione del genere. Non doveva torturarla per scoprire informazioni più importanti della sua laurea in medicina?
<< Sai dov’è la base principale dell’America? >> chiese ancora, utilizzando un tono più deciso.
Scarlett aprì la bocca per rispondere, ma un suono sordo la fece stare in silenzio.
Il telefono del soldato squillò.
<< Pronto? >>
<< Arrivo >> chiuse la comunicazione e si alzò dal letto.
<< Sei stata brava principessa, noi ci vediamo dopo >> dai jeans estrasse una chiave e fece girare Scarlett.
La ragazza sentì un rumore metallico ed avvertì un sollievo immediato ai polsi.
<< Non scappare principessa >>
  
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