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Autore: Michan_Valentine    18/05/2014    6 recensioni
A due anni dalla battaglia per la salvaguardia del Pianeta, Vincent Valentine si ritira nel villaggio di Kalm senza dire niente ai suoi amici. Ma Yuffie Kisaragi e le questioni irrisolte non tarderanno a fargli visita.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sephiroth, Un po' tutti, Vincent Valentine, Yuffie Kisaragi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Advent Children, Contesto generale/vago
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Si spostò da un piede all’altro, imperturbabile, e appuntò distrattamente lo sguardo sulle mensole della cucina, dove stavano un’infinità di barattoli colmi di spezie. Non c’era da stupirsi se l’aria sapeva di rosmarino, aneto e menta piperita. Era salubre. Non gli dispiaceva la quiete di quella rustica casetta di legno, ammise.

Di fianco a lui Yuffie stava invece grattandosi la testa, nient’affatto influenzata dall’ambiente circostante.

“Scusa, scusa, scusa… puoi ripetere?” chiese la ninja, mani sui fianchi “No, perché credo di non aver afferrato in pieno. Cioè, ovvio che normalmente capisco sempre tutto –ho gli occhi di un falco, le orecchie di un pipistrello e l’olfatto di un segugio, io. Non mi sfugge niente. Ma magari sei tu che ti sei spiegata –come dire?- male. Anzi. Malissimo.”

“Principessa, a dire il vero…” tentò di mediare Cait Sith, agitando la coda e le piccole mani.

“Taci, gattaccio! È colpa tua se ci troviamo in questa situazione!” strepitò la diretta interessata.

In effetti, quando si erano riuniti ad Icicle, non avrebbe mai immaginato che l’altro li conducesse lì. Non che gli importasse o che facesse differenza, comunque. In più era di strada. Tuttavia le discussioni non facevano per lui.
Lasciò le chiacchiere ai suoi compagni di viaggio e spostò lo sguardo sui fornelli, dove una teiera stava riscaldandosi a fiamma bassa. Di fianco, sul banco della cucina, stava una grossa tazza di ceramica, da cui pendeva il cordoncino del tè. Di certo la padrona di casa non aveva intenzione di offrire loro da bere… né di farli accomodare. Prevedibile, dato che Yuffie non la smetteva di protestare.

“Per la terza volta –come ti chiami? Ah, Yuffie- voglio quei tizi in nero fuori dalle mie proprietà. Siete venuti qui apposta, no? Mandateli via! Scavano buche, urlano ordini e spaventano i miei animali. A Fiocco è venuto addirittura il latte amaro!” ribatté l’altra, senza colpo accusare “Ora è più chiaro?”

Terminò di analizzare le piastrelle della cucina e adocchiò nuovamente l’ospite, che li fronteggiava col piglio determinato di chi sapeva il fatto suo. Trecce rosse, occhi azzurri e una spolverata di efelidi sul viso. Vestiva gli abiti pesanti tipici del luogo. Se ricordava bene aveva detto di chiamarsi Abigail. Era più alta, più robusta di Yuffie e aveva indubbiamente qualche anno più di lei. Ciò non serviva a intimidire la ninja, ovviamente.

Si spostò ancora da un piede all’altro e incrociò le braccia al petto. Cominciava a spazientirsi; e a percepire le prime avvisaglie di emicrania. Dopotutto stavano perdendo tempo con questioni irrilevanti, mentre la Shinra procedeva indisturbata con le sue losche ricerche.

Yuffie puntò il dito contro Abigail e aprì la bocca una, due volte, senza tuttavia fiatare. Probabile che non avesse trovato le parole giuste per controbattere. Strano. Un motivo in più per lasciar perdere e proseguire verso il cratere. Invece la ninja inarcò le sopracciglia, agguantò Cait Sith e si nascose dietro di lui, trascinandosi appresso il gatto. Si spostò appena, assecondando il movimento per puro riflesso condizionato, e il mantello andò a coprirli quasi per intero. Sospirò.

“Ferma! Principessa! Si può sapere che ti prende? Ah! Attenta alla corona! La corona!” protestò Cait Sith.

“Tu –e sottolineo TU, gatto fedifrago e finto- ci hai portati qui perché i cazzoni della Shinra spaventano i pecoroni di questa tizia?!” obiettò la ninja.

Non aveva poi tutti i torti. Ma evitò di esprimersi e prendere così parte al battibecco.

“Sono capre di montagna. E vi sento benissimo anche da lì dietro.” osservò invece la padrona di casa, scuotendo il capo.

Sembrava rassegnata. Un po’ come lui. Non finì di pensarlo che Abigail lo puntò. Normale, visto che gli altri due l’avevano praticamente usato come scudo –più o meno- umano.
Notò che sembrava incuriosita più che intimidita. Evidentemente l’”effetto Valentine” di cui parlava Yuffie non funzionava proprio con tutti. In ogni caso non aveva niente da aggiungere. L’ignorò e cominciò ad analizzare anche il salotto di casa, mentre la ninja e il robot facevano cose non meglio precisate alle sue spalle –di certo c’erano solo gli strepiti di Cait Sith. Con le braccia incrociate, il collo del mantello a coprirgli la faccia e lo sguardo puntato ostinatamente altrove era inespugnabile. O almeno così credeva…

“Senti… Vincent, giusto?” cominciò Abigail, ignorando palesemente il linguaggio del suo corpo “Io vivo di questo. Latte, formaggi. I turisti si fermano ad Icicle, fanno snowboard e comprano i miei prodotti dal droghiere. Di certo non arrivano fin quassù. Nessuno sano di mente arriva fin quassù –senza offesa.” gli spiegò tranquillamente “Funziona così da sempre. Credo. Avevo quattro anni quando mi sono trasferita qui per stare col nonno. E non è mai cambiato. Poi, d’improvviso, due tizi in completo scuro bussano alla porta di casa e mi fanno un sacco di domande strane.”

Quell’ultimo dettaglio accese inaspettatamente il suo interesse; tant’è che la guardò dritta negli occhi. Ciononostante non fece in tempo ad approfondire che Yuffie balzo immediatamente allo scoperto e prese parola per tutti. Stringeva le mani attorno al collo di Cait Sith, notò.

“Ah-ha! Scommetto quello che volete –non le mie Materia, perché quelle non si toccano- che si tratta di quegli avvoltoi –o becchini- dei Turks!”

Abigail si strinse nelle spalle.

“Non conosco i loro nomi. Uno era alto, testa pelata e occhiali da sole. Un tipo silenzioso. L’altro aveva i capelli rossi, la parlantina sciolta… e la faccia da schiaffi, sì. A un certo punto credo di averli minacciati con la padella…”

“Ah!” esclamò Yuffie “Sono loro! Fiammifero e Palla da bowling! Furfanti e codardi! Codardi e furfanti! Ma se li becco assaggeranno i miei pugni. E anche i miei formidabili calci volanti. E il Conformer, ovviamente! Dritti su per il… ehm…”

La ninja si censurò e si grattò la testa, sfoderando il suo solito sorriso a trentadue denti. Cait Sith invece si divincolò e sfuggì alla presa, atterrando con una capriola sul pavimento di legno.

“Principessa! Siamo qui per raccogliere informazioni. Informazioni. L’ultima cosa che ci serve è una baruffa coi Turks. Mantieni la calma! La calma!” soggiunse il robot, agitando le piccole mani.

Fiato sprecato, comunque. E Yuffie stava già menando cazzotti all’aria, blaterando sui mille e più modi in cui avrebbe potuto stendere Rude e chiudere per sempre la bocca a Reno: a occhi bendati, con le mani legate dietro la schiena, etc. A ben pensarci erano già stati fortunati a non averli incontrati venendo; oppure la situazione avrebbe preso una piega controversa fin dal principio. Oltre che estremamente seccante.

“Cosa volevano?” domandò, asciutto.

Abigail batté le palpebre, stupita. Tant’è che si chiese cosa le avesse domandato di così strano.

“Oh, allora sai parlare anche tu!” esordì invece la ragazza; poi rise, per la prima volta da che si erano incontrati “Beh, volevano sapere se avessi visto o sentito qualcosa di particolare. Come se qui, sulle montagne, potesse accadere qualcosa di emozionante. O di strano.” fece una pausa e soggiunse “Dopo la Meteora, s’intende. Quello sì che è stato uno spettacolo mai visto!”

La scioltezza con cui l’altra si riferì alla Meteora lo inquietò. Non c’era da stupirsene, comunque. La maggior parte delle persone non aveva capito fino in fondo l’entità di quanto era accaduto. E di quanto avesse rischiato, soprattutto.
Dei colpi di tosse lo richiamarono all’attenzione. Provenivano dalla stanza attigua.

“Oh, scusatemi.” fece Abigail, correndo ai fornelli.  

La seguì con lo sguardo, mentre afferrava la teiera e versava l’acqua bollente nella tazza di ceramica. Poi la ragazza s’allontano alacremente e scomparve, probabilmente nella camera da letto.

“Che brutta tosse! Non è che la mummia –cioè, l’adorabile e attempato nonnetto- tira le cuoia? Sarebbe quantomeno imbarazzante se succedesse proprio ora!” osservò Yuffie.

Non commentò. Cait Sith invece li fronteggiò entrambi, sventolando la lunga coda.

“Cerchiamo di rimanere concentrati. Innanzi tutto vi ho portati qui perché Abigail conosce il territorio come nessun altro. Anzi, meglio! Sa dove la Shinra sta effettuando le ricerche! Li ha visti!”

“E non potevi dirlo subito?” domandò la ninja, incrociando le braccia al petto “Ci saremmo risparmiati un sacco di fatica –e di fiato, nel mio caso. Il tempo è ovviamente relativo. Meglio passarlo qui che fuori. Lì si gela.”

Scosse la testa. Cait Sith invece scrollò le spalle e s’ingobbì. Farle ovviamente notare che il robot aveva provato a parlarle più di una volta sarebbe stato inutile. Come, d’altronde, sarebbe stato inutile ricordarle che anche il perdere tempo non era affatto relativo, specie considerando la situazione. Dopotutto la logica di Yuffie era inaffondabile. Anche contro l’evidenza e il buon senso.

***

Si sporse appena oltre lo sperone di ghiaccio e adocchiò il fondo della piccola gola. Con la cautela che si adoperava per maneggiare la nitroglicerina, un gruppo di quattro uomini stava rimuovendo le zolle di neve da un’area delimitata da evidenti fasce gialle. Indossavano tute bianche e maschere di protezione. Due Turks sconosciuti presenziavano invece alle operazioni, ricetrasmittente alla mano.

Una raffica di vento improvvisa lo costrinse ad arretrare, tagliandogli le gote e sollevando spolverate di neve tutt’attorno. Il freddo era intenso e le correnti affilate come lame. In più l’immobilità non li aiutava affatto a combattere la temperatura.

“Morirò. D’ipotermia. Ma tornerò a perseguitare Reeve, parola di Yuffie Kisaragi! Gli fregherò le Materia. E i Gil. Pure le mutande. E infine farò la ceretta al suo adorato Mr Perfettino –cioè il suo pizzetto.” protestò la diretta interessata, accucciata lì di fianco e avvolta da capo a piedi nella sua mantella beige “E poi si può sapere che stanno cercando lì sotto? Vanno avanti così da stamattina –ed è da stamattina che continuo a pensare a cose tipo: cioccolata calda, coperta di lana, uccidere Reeve, tè, caminetto acceso, uccidere Reeve, brodo, termosifone… e potrei andare avanti così per ore anch’io! Ho già detto cioccolata calda? Quella sì che mi risolleverebbe l’umore! T’oh, m’è venuta la bava alla bocca.”

Cait Sith lasciò cadere il binocolo, si portò ambo le mani alla testa e si arruffò furiosamente il pelo.

“Aaah! Adesso basta! Non ne posso più! Sei un disco rotto, principessa! Chiudi il becco!”

Sospirò; e nuvole di vapore presero forma davanti alla sua bocca. In effetti era da quando si erano appostati che la ninja non faceva altro che ripetere gli stessi concetti con parole diverse. Tuttavia di quel passo li avrebbero scoperti in meno di un soffio. E senza che avessero potuto cavare un ragno dal buco.

“Fate silenzio o ci individueranno.” redarguì, prima che i due potessero cominciare una nuova diatriba.

Si accaparrò un’occhiataccia da parte della ninja, ma l’ignorò. Poi, mentre i suoi compagni si contendevano –più o meno silenziosamente- il binocolo, appuntò lo sguardo sui dintorni e controllò che non ci fossero movimenti sospetti.
Le nuvole coprivano il cielo e le cime innevate, da cui facevano capolino massicce e affilate creste rocciose. Il riverbero della luce andò ugualmente a ferirgli gli occhi, ridotti a sottili fessure, ma non gli impedì di constatare l’immobilità circostante. Si tranquillizzò appena. Tuttavia non fece in tempo ad assimilare quella sensazione che Cait Sith balzò sul posto e agitò la mano per richiamare l’attenzione.

“Presto! Hanno appena tirato fuori qualcosa… sembra… anzi, quella è…”

La ninja affiancò immediatamente il robot, gli strappò il binocolo di mano e lo usò per dare una lunga occhiata sul fondo della gola.

“La Masamune.” sussurrò.

A quel nome mancò un battito. Allungò il braccio, recuperò il binocolo e si sporse a guardare anche lui. Assottigliò le labbra; mentre i presentimenti, le supposizioni trovavano conferma nell’affilata linea d’acciaio che risplendeva fra le mani degli addetti Shinra. Quella era proprio la Masamune. La spada di Sephiroth. Ma fra i tanti pensieri che gli assillavano la mente, uno in particolare lo lasciò senza fiato.

Avevano sconfitto Sephiroth al Northern Cave. Eppure la sua spada si trovava ben oltre la voragine in questione. Come aveva fatto ad arrivare lì? No. Non poteva, non doveva essere. Analizzò velocemente le altre, possibili circostanze. Forse qualcuno l’aveva rinvenuta sul fondo del cratere e…

“Che poi mi sono sempre chiesta… come faceva a maneggiare quell’arnese lì?” la voce di Yuffie interruppe bruscamente i suoi ragionamenti. “Cioè, dai. È una roba assurda. Così luuuunga! Non si può nemmeno rinfoderare.  È ovviamente scomoda. Scommetto che ogni tanto gli s’impigliava pure nei capelli. E gli s’incastrava sui muri mentre camminava. E negli alberi.”

La ninja ridacchiò fra sé. Dal canto suo batté le palpebre, interdetto. Poi scosse il capo, rilasciò un piccolo sbuffo e restituì il binocolo a Cait Sith. In qualche modo quell’uscita inopportuna aveva allentato la tensione. Certo, c’era da chiedersi come Yuffie facesse a partorire determinate idee alla velocità della folgore. E a dare loro fiato con altrettanta scioltezza a prescindere dalla situazione. Forse sarebbe stato il caso di censurarla prima che...

“Secondo voi aveva una spada così… ingombrante perché doveva compensare qualcosa? È risaputo che chi non ha i capelli si fa crescere la barba, ad esempio.”

Troppo tardi; come al solito. Per certe cose era decisamente più svelta di lui.

“Yuffie…” tentò ugualmente.

“Ora che ci penso anche la spada di Cloud è bella grossa. Chiederò a Tifa se la mia teoria è esatta.”

“Yuffie. Davvero… Soprassiedi.”

“Principessa!” intervenne Cait Sith, agitando le braccia e saltando sul posto “Che modo maleducato d’esprimersi! In più non è né il momento né il luogo adatto!” poi il robot sospirò e indicò oltre la cresta ghiacciata che fungeva da copertura “Guardate… se ne stanno andando…”

Fortunatamente Yuffie desistette e rivolse lo sguardo alla gola. Fece altrettanto e constatò che gli addetti stavano effettivamente recuperando le attrezzature per sgombrare la zona. Uno di essi stava riponendo la Masamune in un lungo, spesso contenitore nero per trasportarla chissà dove. L’accortezza che adoperava nel maneggiarla sapeva quasi di riverenza.

“Mi domando…”

La voce di Yuffie ruppe nuovamente il silenzio, meno squillante del solito. Più esitante. Aggrottò le sopracciglia e la guardò. Il vento le faceva ondeggiare l’improbabile copricapo dotato d’orecchie e la costringeva a raggomitolarsi in cerca di calore. I suoi lineamenti erano nascosti, ma le sembrò stranamente assorta. Distante. Un po’ com’era successo sul bordo di quel muretto a Costa del Sol. Puntava verso il basso, probabilmente su quella spada temprata dal sangue. In qualche modo intuì e provò un senso di vertigine.

“Mi domando se Aeris ha avuto paura. Se ha sentito il freddo acciaio di quell’arma affondare palmo dopo palmo, fino in fondo nel suo petto.” disse infine la ninja; e sentirlo fu ancora peggiore “Mi domando che cosa abbia provato… se è stato rapido come se l’era aspettato. O doloroso. Mi domando quale sia stato il suo ultimo pensiero…”

Quelle parole erano come sassate. Facevano male. Serrò gli occhi, la mandibola per un lungo, intenso istante in cui il peso dei peccati commessi sembrò addirittura schiacciarlo.

“Morire non è mai semplice. O come ci si aspetta.” replicò.

Lo sapeva perché l’aveva provato, in una certa misura. Il dolore al petto. Lancinante. Il corpo torpido, la coscienza che si spegneva inesorabilmente. La vita che scivolava via. Istante dopo istante; inafferrabile come sabbia fra le dita. Una percezione d’inevitabile che faceva spavento. E quando la fine sopraggiungeva tutti i motivi per cui si era disposti a morire divenivano improvvisamente gli stessi per cui si desiderava disperatamente sopravvivere. In un drammatico, quasi beffardo controsenso.

E aveva pensato a lei. Anzi… a loro. Fino all’ultimo. E aveva pronunciato quel nome. “Lu… cre… cia”. Un’estrema preghiera che il cuore ottenebrato di lei non aveva potuto cogliere.
Chinò il capo e cercò di ricordare invece il viso della Cetra. Aveva sorriso. Anche in quel momento.

“Ma credo che Aeris non abbia avuto rimpianti. Perché è riuscita a proteggere coloro che amava.” concluse.

Una magra consolazione.

“Già.” commentò Yuffie; e accennò un sorriso. Cait Sith invece annuì lì di fianco a lei, con le spalle curve e l’espressione contrita di chi si sentiva impotente. Tutti loro si sentivano impotenti.

Il silenzio si stiracchiò nel tempo, sottolineando quanto le parole non potevano esprimere. Poi i primi fiocchi di neve cominciarono a volteggiare giù dal cielo, trascinati dalle correnti.

“Dobbiamo ricongiungerci ad Abigail e rientrare.” osservò Cait Sith  “Mi aveva avvisato che probabilmente ci sarebbe stata una tormenta.  Fra un po’ non si vedrà più niente. È pericoloso attardarsi.”

Annuì. Dacché gli uomini della Shinra erano rientrati non aveva più senso stare lì, esposti alle intemperie. Abbandonarono la postazione e si diressero lateralmente, lungo la parete rocciosa. Fino a casa di Abigal sarebbe stata una lunga discesa. Tuttavia l’istante successivo Yuffie scivolò e lo superò di gran carriera, distesa per lungo sulle lastre di ghiaccio.

“Qualcuno mi fermiii! Non mi sento più i piediii!” strillò la ninja.

Allungò il braccio per afferrarla; inutilmente. Sospirò, osservandola scivolare per il crinale. Per qualcuno sarebbe stata una discesa un po’ meno lunga, considerò. E sperò che almeno non causasse una slavina.

***

Si appoggiò alla parete e incrociò braccia e gambe, lo sguardo fisso sul caminetto. Le fiamme danzavano languide, proiettando fuggevoli ombre tutt’attorno. Di tanto in tanto la legna crepitava e si sfaldava, emettendo piccole, guizzanti scintille.

Con lo stomaco pieno e i vestiti asciutti le intemperie di quel giorno sembravano solo un lontano ricordo. Eppure non si sentiva tranquillo. Né a proprio agio. Al contrario di Yuffie, che se ne stava praticamente sdraiata sul tappeto con la testa nel focolare. Non conosceva mezze misure. Ancora un po’ e si sarebbe pelata la faccia e bruciata i capelli. Scosse la testa.

“E così stavano cercando un ferro vecchio.” commentò invece Abigail, accatastando i piatti sporchi nel lavello “La Shinra ha davvero risorse da sprecare. Dite che ora si toglieranno dai piedi?”

Ne dubitava. Tanto più che puntavano a qualcosa di molto più grosso, almeno stando alle informazioni di Reeve.  La stessa presenza della Masamune in un luogo così distante dal Northern Cave la diceva assai lunga. Non sapeva come avesse fatto ad arrivare lì, ma c’erano poche alternative. Persino lei l’aveva precisato: nessuno sano di mente si avventurava così oltre Icicle. Perciò l’ipotesi che qualcuno l’avesse rinvenuta all’interno del cratere era remota di per sé. Assottigliò le labbra.

“Non saprei. Ma ci sono altri punti che dobbiamo controllare! Ci vuole pazienza. Pazienza!” intervenne Cait Sith, agitandosi tutto “Intanto manderò a chi di dovere le informazioni in nostro possesso. Poi si vedrà. Se non ti dispiace dovresti indicarmi un punto in cui ci sia ricezione.”

“Non è un problema. Ti ci porto subito.” ribatté Abigail “Ma vorrei comunque precisare che non posso ospitarvi per sempre. Specialmente quando c’è qualcuno fra voi che mangia per dieci e fa chiasso per cento!”

“Ehi!” sbottò Yuffie, agitando il pugno per aria “Non mangio così tanto! E poi compenso Vince che è a dieta –per non si sa quale motivo. E il gattaccio finto –dato che è finto, non ha bisogno di mangiare, no? E poi siamo in missione. Non ci tieni alle tue bestiole? Fallo per i pecoroni –e tira fuori il dessert.”

“Capre di montagna.” puntualizzò la diretta interessata “E scordati il dolce.”

Ciò detto la padrona di casa s’avvolse in una lunga, pesante mantella e uscì di casa, seguita a ruota da Cait Sith. La porta si richiuse con un tonfo che la ninja stava ancora con il pugno in aria.

“Tirchia! Tirchiaccia! Tiiiiiiiirchia!” strillò ugualmente.

Dubitava che Abigail l’avesse sentita. E non gli interessava. Distolse lo sguardo e tornò alle fiamme del caminetto, lasciando Yuffie a rosolarsi sul tappeto. Se erano fortunati Reeve avrebbe fornito loro nuovi dettagli, aiutandoli a far luce sulla faccenda. Altrimenti…

“Dormirò sul tappeto. Perciò farò la gentildonna e ti lascerò il divano. Contento? Dopotutto i giacigli comodi sono per i pusillanime -e io sono una vera tosta. E poi il caminetto è il mio nuovo migliore amico, perciò…” la ninja fece una pausa “E ascoltami quando ti parlo! Non startene lì col muso lungo e l’aria da spaventapasseri –anche se saresti uno spaventapasseri perfetto, con la tenda rossa, il musone e tutto il resto.”

In risposta la puntò e inarcò il sopracciglio. Per il resto perseverò immobile. Con le ginocchia, gli avambracci e il mento coperti di cerotti sembrava una bambina troppo cresciuta, altroché. Per contro la ninja mandò gli occhi al cielo.

“Eddai! È tutto il giorno che sei assente –e per un tipo espressivo come te è tutto dire. E poi sono certa che si tratta di una grossa bufala. Chessò, Rufus s’annoiava e ha deciso di recuperare un po’ di chincaglierie dal cratere per inaugurare il suo personale museo degli orrori!” sbottò la ninja, allargando ambo le braccia “Me lo vedo, con la testa di Jenova sulla scrivania. Come –brrr- singolare portapenne o grazioso sottovaso –e non voglio nemmeno considerare l’eventualità che la usi come esclusiva coppa per il vino. In ogni caso nemmeno lui può essere così stupido da ripetere gli stessi errori del suo vecchio –anche se, in quanto presidente, alla Shinra ricopre pur sempre il ruolo di re dei cazzoni!”

Sospirò e scosse la testa. Dei colpi di tosse, invece, si levarono dalla stanza attigua.

“Non è così semplice, Yuffie.” fece, asciutto.

Magari era una bufala, come diceva lei. Ma affrontare il passato, rivangare i ricordi e i vecchi tabù non era affatto piacevole. O indolore. E ogni volta che guardava indietro il ritratto di come avrebbe potuto –o dovuto- essere gli si delineava nella mente. E le sue colpe divenivano più gravi. Insopportabili. Serrò le dita sull’avambraccio, così forte da far crepitare la pelle nera di cui era rivestito.

Yuffie continuò a fissarlo, con l’espressione corrucciata di chi voleva comprendere. Una sagoma minuta disegnata sul chiarore del focolare. Aspettava lui, per qualche strano motivo che non riusciva a comprendere. Ma non c’erano parole per spiegare. Non a lei, ancora così giovane, così piena di aspettative nei confronti della vita. E il desiderio di distogliere lo sguardo, di sprofondare nuovamente fra le fiamme del camino e di lasciarsi ingoiare divenne addirittura impellente. Tanto più che non era mai stato bravo con le parole.

La ninja sembrò intuirlo perché aggrottò maggiormente le sopracciglia, piantò ambo le mani sul tappeto e si protese verso di lui, pronta a replicare. A impedirgli di scappare. Con forza. Fortunatamente dei colpi di tosse più forti ne richiamarono l’attenzione.

“Accidenti!” sbraitò la diretta interessata “La megera se n’è andata proprio quando la mummia –cioè, l’adorabile e attempato nonnetto- tenta di strozzarsi!” osservò, balzando in piedi “Uff. Dato che sono anche dolce e premurosa gli porterò il tè –se prima non sputa entrambi i polmoni e tira le cuoia, ovviamente. Dopodiché niente e nessuno potrà negarmi il sacrosanto dessert!”

Vedendola allontanarsi si rilassò appena. Era un animale solitario, dopotutto. La seguì con lo sguardo, mentre recuperava la tazza di ceramica che stava sul bancone della cucina. Poi spostò l’attenzione sul focolare e tornò a estraniarsi. Inutilmente, perché la voce acuta di Yuffie gli perforò i timpani l’istante successivo.

“Viiiince, ho dimenticato lo zucchero! E il cucchiaino.” fece l’altra, dirigendosi nella stanza attigua con la tazza fra le mani “Su, smetti di star lì a prendere polvere e dammi una mano!”

Sospirò. Poi abbandonò la parete, raggiunse la cucina e recuperò velocemente quanto serviva. Probabilmente Abigail non avrebbe apprezzato lo spirito d’iniziativa, ma fra le due preferiva non contrariare Yuffie. La seguì in camera da letto e la trovò immobile ai piedi del letto, lo sguardo fisso innanzi a sé. Batté le palpebre e inarcò le sopracciglia. Poi diresse le iridi al giaciglio.

Occhi verdi. Capelli lunghi color argento. Carnagione candida. Sephiroth se ne stava sdraiato fra le coltri, con un’espressione interrogativa dipinta sul volto. S’irrigidì. Si dimenticò perfino di respirare, mentre contemplava la figura della calamità che aveva rischiato di distruggere il Pianeta. Un attimo che sembrò eterno. Sospeso.

Poi qualcosa si ruppe e il viso che gli si rivolgeva con stupore trasfigurò in una maschera di sofferenza. L’altro portò ambo le mani alla testa, digrignò i denti e si piegò letteralmente in due. L’urlo che cacciò squarciò il silenzio, la stasi l’istante seguente. Yuffie gli fece immediatamente eco, più acuta; e finalmente trovò la forza per reagire.

Lasciò cadere lo zucchero, il cucchiaio, che s’abbatterono al suolo con un tonfo. Raggiunse la ninja, la trasse a sé e le tappò la bocca con la mano; mentre Sephiroth trovava infine pace e s’abbatteva sul giaciglio, all’apparenza privo di coscienza.

Continuò a fissarlo, occhi grandi, letteralmente incapace di fare altro. Soltanto quando Yuffie mugugnò e si divincolò ricordò di lasciarla respirare. La liberò e fece un passo indietro, stordito. La ninja invece accorciò nuovamente le distanze, l’agguantò per il bavero del mantello e lo puntò dritto negli occhi, sconvolta.

“N-non è adorabile! Non è attempato! Non è un nonnetto!” farfugliò “Vince, p-presto! Io lo tengo fermo e tu gli dai una botta in testa! Anzi, no. Tu lo tieni fermo e IO gli do una botta in testa! Magari due. TRE, per sicurezza! Poi lo avvolgiamo nel tappeto e lo buttiamo giù dalla scarpata!”
 
*parte la One Winged Angel; poi il disco salta con sordo rumore* A-hem. Ciao. Lol. *stuzzica Seph con un legnetto*
Questo capitolo è uscito prima del previsto. Volevo ragionarci un po' sopra, ma poi l'ho postato subito. Un po' per farmi perdonare della precedente attesa e un po' perché sennò non l'avrei postato affatto. Lol. È venuto anche abbastanza lungo, più dei precedenti, e spero sinceramente che non sia stata una lettura pesante. Devo ancora prenderci la mano. Non vorrei andare troppo veloce, né troppo lentamente. Perciò... boh. Spero di essere riuscita a mantenere il giusto ritmo. Grazie per essere giunti fin qui! ^^
CompaH
   
 
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