Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
Segui la storia  |       
Autore: Tury    18/05/2014    3 recensioni
Inizialmente, avevo pensato a questa storia come testo unico, ma dal momento che ci sono un po' troppi punti da trattare e organizzare, mi vedo costretta a farla diventare a capitoli. Diciamo che ciò che mi è mancato in questo film è stata la poca attenzione nel sottolineare il legame tra le due sorelle e, ancor di più, mi è mancato vedere un dialogo tra le due incentrato sul loro passato e sulla vera paura di Elsa, ovvero quella di ferire ancora sua sorella, come si vede più volte nel film. Quindi, questi sono i motivi per cui ho deciso di scrivere questa storia e questi sono i punti principali della narrazione. Detto questo, non mi resta che augurarvi una buona lettura
Trama: Elsa è fuggita ed Anna si ritrova improvvisamente a dover governare un regno che non sente suo. La vita di Anna è sempre stata caratterizzata da porte chiuse e ordini indiscutibili, mai nessuno si è curato di conoscere il volere di quella piccola principessa. Ma, adesso, le cose stanno cambiando, una nuova fiamma è tornata a brillare. E, per la prima volta, è la determinazione a scendere in campo e a riprendere in mano le redini di un destino scritto da altre mani.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anna, Elsa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Fin da quando ero piccola, ho sempre vissuto da sola. Nessuna amica con cui giocare, nessuna sorella con cui confidarmi. Solo porte chiuse e stanze vuote. I domestici erano troppo pochi e le cose da fare troppo numerose perché potessero dedicarmi anche solo un secondo della loro vita. E così, la mia infanzia si è svolta in queste anonime stanze, rigorosamente prive di ogni forma di vita. O meglio, di quella vita tangibile. Non ricordo quando cominciò tutto, quando decisi di rivolger loro la parola per la prima volta. Probabilmente, iniziai a parlare con loro più per la solitudine che, lentamente, metteva radici nel mio cuore che per puro divertimento. Così, giorno dopo giorno, quasi come se fosse diventato ormai un rito, mi dirigevo nella maestosa stanza dei dipinti e iniziavo a parlare con i personaggi storici ritratti nei quadri. Loro erano i custodi dei miei segreti, delle mie lacrime, dei miei silenzi e delle mie risate. E credo lo siano ancora. Ma, in quella maestosa stanza, tra quei maestosi dipinti, c’era un volto che più degli altri sentivo vicino, pulsante. Vivo. Il volto di Giovanna d’Arco. Spesso capitava che, dopo aver salutato doverosamente e in modo cortese gli inquilini di quel luogo, mi fermassi davanti al ritratto di Giovanna per ore interne. C’era qualcosa, nel suo sguardo, qualcosa di forte, magnetico, una scintilla di vita che non apparteneva a questo mondo, al mio mondo. La determinazione di chi, nonostante le difficoltà, persevera sulla strada che ha deciso di percorrere. Per tanti anni ho sperato che, osservando quella scintilla che l’artista aveva avuto cura di cogliere e di ritrarre nel suo sguardo, la determinazione di Giovanna entrasse anche nella mia anima, dandomi finalmente la forza di non assecondare i rifiuti di Elsa ma di affrontarli. Purtroppo, nonostante le mie speranze, tutto ciò non avvenne mai. E così, più il tempo passava, più io perdevo mia sorella, incapace di fermarla, di raggiungerla, quantomeno. Era tutto inutile, per quanto potessi correre, per quanto potessi chiedere al mio cuore di non cedere e all’aria di non venir meno, Elsa era sempre e comunque un passo avanti a me. Sempre irraggiungibile. E ad ogni fallimento, seguivano i miei periodi di silenzio, dove il mio dolore innalzava barriere che impedissero alle altre persone di entrare nel mio mondo. E, in quei periodi, l’unica cosa che poteva darmi conforto era il volto di Giovanna, così austero, così risoluto. Arrivai al punto di prendere, dalla biblioteca di famiglia, tutti i libri di storia che narrassero le vicende di quella piccola guerriera, pur di sapere tutto di lei, pur di far finta di aver vissuto con lei, di averla potuta toccare, guardare, consolare, abbracciare. Pur di sentirla come la sorella che non avevo mai avuto. Per i primi tempi, mi chiesi come mai, tra tutti i dipinti presenti in quella stanza, io avessi instaurato un legame così profondo proprio con lei, proprio con Giovanna, con quel suo passato così triste e ingiusto. E, oggi, finalmente, conosco la risposta. Forse, per tutto questo tempo, una parte di me aveva sempre saputo la verità, il motivo della chiusura di Elsa. E forse, proprio quella parte mi aveva spinta a sentire Giovanna come una sorella. Perché Giovanna d’Arco impugnò la spada per difendere la sua gente, per difendere la Francia, ma, invece di esser ripagata con la riconoscenza del suo popolo, fu ripagata con le fiamme della follia umana. E così Elsa, la mia Elsa, ha custodito dentro di sé il dolore di un segreto tanto grande per difendere il suo regno. E il suo regno l’ha ripagata condannandola a morte, definendola un mostro. Esattamente come Giovanna. Ma questa volta, l’epilogo sarà diverso. Questa volta, non ci saranno morti. Questa volta, l’unico fuoco che arderà sarà quello del mio spirito.
Nonostante amassi trascorrere pomeriggi interi nella stanza dei dipinti, ho comunque avuto modo di esplorare tutto il castello, di svelarne ogni segreto. Non ci sono corridoi, passaggi o stanze che mi siano ignote, conosco tutto di questo luogo e, soprattutto, conosco abbastanza stratagemmi per potermi sottrarre a questa regalità fittizia. Fortunatamente, le domestiche non hanno sciolto le mie trecce e, soprattutto, non mi hanno tolto le forcine, attrezzo di fondamentale importanza per qualcuno che vuole tentare la fuga del secolo. Mi avvicino alla porta e poggio il mio orecchio sul freddo legno, trattenendo il respiro in modo da riuscire a percepire anche il minimo rumore proveniente dal corridoio. Nessun suono, via libera. Estraggo una delle forcine dai miei capelli e la inserisco nella serratura. Conosco a memoria i passaggi da fare per poterla sbloccare subito, da piccola fuggivo sempre dalla mia stanza, per andare a vedere di nascosto la neve, per esplorare il castello stregato, come lo chiamavo io. O per osservare la porta bianca della camera di Elsa. Rigorosamente chiusa. Nonostante, in tutti questi anni, sia riuscita a imparare tutti i passaggi per sbloccare ogni singola serratura presente in questo palazzo, la sua era l’unica camera che, nonostante i mille tentativi, non ero in grado di aprire. Come se ci fosse qualcosa di duro e impenetrabile che impediva alla mia forcina di fare il suo lavoro. Ora so che ciò che mi impediva di aprire la sua porta era il suo ghiaccio. Un rumore appena percepibile mi distoglie da questi pensieri, la serratura ha ceduto. Apro appena la porta per assicurarmi che non ci sia nessuno fuori. Faccio passare qualche secondo, in attesa di un possibile rumore o dell’ombra di qualche domestico. Possibile che siano così stolti da non aver messo nessuno di guardia alla mia porta? Mi credono così mansueta e malleabile? Meglio così, vuol dire che il mio lavoro sarà facilitato. Mi tolgo le scarpe per poter correre senza far rumore e, invece di dirigermi verso l’uscita, imbocco la rampa di scale che porta nella torre situata nell’ala ovest del castello. La torre dimenticata. Pur di non farmi avventurare in questa zona del castello, i domestici avevano messo in giro la voce che quella torre fosse abitata da uno spaventoso fantasma. In realtà, lì sopra c’è solo una stanza abbandonata, piena di vecchie armature e divise dismesse. E armi, logorate dal tempo, ecco il vero motivo della nascita di quelle assurde storie che avevano avuto come unico effetto quello di incuriosirmi di più e di convincermi definitivamente che quella torre andava esplorata. Sono ormai arrivata alla porta, gioco un po’ con la serratura che, dopo qualche secondo, cede inevitabilmente. Nel buio della stanza, la mia mano sonda la superficie di legno del tavolo impolverato. Eccola, la candela che avevo lasciato qui e vicino ad essa i fiammiferi. Ne accendo uno e lo avvicino alla candela, che subito prende fuoco, illuminando, anche se in maniera tenue, le tenebre che mi circondano. Mi dirigo con passo svelto verso un cassa situata nel fondo della stanza, per poi aprirla e rilevarne il contenuto. Le divise smesse dell’unità speciale di ricerca. Poggio la candela per terra e, con entrambe le mani, frugo in quell’ammasso di vesti, cercando una divisa che possa adattarsi il più possibile alla mia statura. Eccola. Do uno sguardo fugace alla porta, per poi cominciare a spogliarmi Non ho molto tempo, i domestici potrebbero accorgersi da un momento all’altro della mia fuga. In meno di un minuto, indosso la casacca rossa e gialla, i pantaloni rigorosamente neri e gli stivali invernali. Da una cesta lì vicino, prendo l’elmetto, con il pennacchio dello stesso colore della casacca, simbolo rappresentativo dell’unità speciale di ricerca. Una volta messi i miei abiti in un sacco e dopo aver indossato il pesante mantello che copre la divisa, esco dalla stanza, scendendo il più velocemente possibile le scale, con la speranza di non incontrare nessun domestico. So che non dovrei perdere altro tempo prezioso, ma c’è una cosa da fare prima di lasciare questo castello che è stato per tanti anni la mia dimora. Facendo attenzione che nessuno mi vedesse, entro nella stanza dei dipinti e, senza guardare nessuno di quei volti, mi dirigo verso la scrivania presente sul lato opposto della sala. Apro uno dei cassetti e prendo uno dei tanti fogli immacolati, iniziando a buttar giù quello che sembrerebbe un ordine giunto dai confini del regno. Finito di scrivere, applico il sigillo reale e piego la lettera. Ma, prima di uscire, mi fermo davanti a quegli occhi che, anno dopo anno, mi hanno vista crescere. Giovanna è lì, come sempre, ad attendermi. Con quella sua scintilla di eterna determinazione nello sguardo.
“Ciao Giovanna, sono passata a salutarti. Sai, in questi ultimi giorni sono successe così tante cose che vorrei raccontarti, ma purtroppo non ho tempo. Sono diventata regina, Giovanna. Sì, proprio io, proprio quella bambina scapestrata che tante volte hai rimproverato per la sua sbadataggine. Ma questo non è il mio posto e questo castello non è più la mia casa. Sto partendo, Giovanna e non so quando tornerò. Hanno esiliato mia sorella e la stanno cercando per ucciderla e io devo trovarla. Devo proteggerla. A presto Giovanna, quando tornerò ti presenterò Elsa. Questa volta, vedrai, riuscirò a salvare mia sorella.”
Un piccolo bagliore sulla cornice dorata, lucidata, probabilmente, da qualche domestico, cattura la mia attenzione. E quando la vedo, il fiato mi viene a mancare. Eccola, finalmente. Eccola, nei miei occhi. La scintilla di Giovanna. Rivolgo per un’ultima volta lo sguardo al quadro, mentre dentro di me si fa largo una felicità mai provata, per poi correre via. Perché, finalmente, riesco a vedere la strada che mi è stata destinata. Appena sono nel vasto atrio del castello, abbasso la celata per nascondere il mio volto e, con passo sicuro, mi dirigo verso le stalle reali. Ma, proprio quando sto per varcare la soglia, una voce mi obbliga a fermarmi.
“Lei chi è, di grazia?”
Tra tutte le persone che ci sono in questo castello, chi dovevo incontrare? Ovviamente il medico e quel suo odioso intercale.
“Un cavaliere dell’unità speciale di ricerca.” rispondo, voltandomi appena e cercando di far assumere alla mia voce un tono maschile. La celata sembra aiutarmi in questo mio intento.
“E come mai porta l’elmo qui, tra le mura reali?”
“Disposizioni dell’ordine.”
“Che intende dire, mi scusi?”
“Quando noi, cavalieri dell’unità speciale di ricerca, siamo in servizio, non ci è dato toglierci l’elmo, nemmeno tra le mura del nostro regno. Questo per impedire un nostro possibile riconoscimento che potrebbe mettere a repentaglio le nostre vite o le vite dei nostri compagni. Quando siamo in missione, noi cavalieri ci muoviamo come un corpo unico e le nostre identità si annullano per il raggiungimento dell’obiettivo.”
Il medico schiude le labbra per controbattere, ma non gli do il tempo di proferire nemmeno una parola.
“Invece di continuare questo insulso interrogatorio alla mia persona, perché non cerca di rendersi utile per il regno? Questi sono gli ordini del fronte-gli dico, porgendogli la lettera che avevo precedentemente scritto- necessitiamo di una slitta, del cavallo più veloce di cui disponete e di una grande quantità di viveri. Mi faccia portare tutto nelle stalle reali da un suo inserviente.”
E detto ciò, esco a passo svelto dal castello, dirigendomi alle stalle reali dove chiedo allo stalliere di indicarmi il cavallo più veloce, di imbrigliarlo e preparare la slitta. Lo stalliere mi porta uno stallone, dal manto nero e lucido.
“Come si chiama, ragazzo?” chiedo, ammirando quel fantastico esemplare.
“Tempesta, signor cavaliere. È il più veloce che abbiamo ma, faccia attenzione, ha un carattere un po’ particolare. Non si lascia comandare facilmente.”
Sorrido, nell’udire il nome di quel maestoso destriero.
“Allora andremo d’accordo. Bene, preparamelo, per favore.”
Una volta pronto, aspetto, per un tempo che mi sembra interminabile, che uno dei domestici arrivi con quanto avessi chiesto. Più il tempo passa, più la paura che sia stata scoperta cresce dentro di me ma, quando sto per salire sulla slitta e partire, ecco arrivare tre uomini con tre sacchi sulle spalle. Lascio che posino il carico sulla slitta e, una volta ringraziati, do un colpo deciso alle redini e Tempesta, con un sonoro nitrito, parte, così velocemente da tener quasi testa al vento.
Sono ormai in viaggio da dieci minuti, quando sento, in lontananza, le campane suonare dalle torri del castello che un tempo era la mia casa. Qualcuno si è accorto della mia fuga. Mi tolgo l’elmo, per sentire l’aria gelida sulla mia pelle. Per sentire la carezza di Elsa sul mio viso. Le campane continuano a suonare ma è tutto inutile, ormai. Sono troppo lontana perché possano sperare di raggiungermi, troppo distante, perché possa sentire il rumore prodotto dagli zoccoli dei loro destrieri.
Vani sono ormai i loro tentativi. Perché io, adesso, sono irraggiungibile. 
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio / Vai alla pagina dell'autore: Tury