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Autore: j3nnif3r    30/07/2008    1 recensioni
Una yuffientine un po' particolare, ambientata subito dopo gli eventi di "Dirge of Cerberus". Le acque si sono ancora una volta calmate, il gruppo si è ancora una volta diviso, ma riuscirà Vincent ad allontanarsi da Shelke?
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Vincent Valentine, Yuffie Kisaragi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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14 - Cucchiai e coltelli

Gli adulti non urlano fino a sentire la gola bruciare, non scalciano finchè le gambe diventano insensibili, non si strappano la faccia con le unghie, non distruggono le case quando sono arrabbiati. O almeno, così lei credeva. Quindi, per evitare di non sembrare adulta, era uscita dal retro. Sapeva che avrebbe sporcato la camicia da notte camminando fra l'erba, ma non aveva importanza. Poteva rimanere calma, poteva sempre respirare, e forse quel senso di oppressione sarebbe passato.

Shelke si era seduta il più lontano possibile dalla casa, aveva abbracciato le ginocchia ed era rimasta lì a fissare il cielo. Era così che gli adulti si calmavano? Era così che, quando l'uomo che si amava faceva sesso con una ragazzetta antipatica, brutta, odiosa, inutile,      un' adulta poteva sentirsi meglio?

Strinse i pugni. Non voleva piangere. Mettersi a piangere era proprio la cosa più infantile che potesse fare. Ma qualcosa era esploso, lo sentiva dentro, era peggio della tosse. Nauseante. Poteva far perdere il controllo. Ma lei non doveva perderlo.

Affondò la faccia fra le ginocchia.

No. Niente lacrime.

Ti prego. Niente lacrime.

Non c'era niente da piangere, era una cosa normale, Vincent era un uomo, gli uomini fanno sesso con le donne, non con le ragazzine intossicate dal Mako. Vincent non avrebbe mai fatto sesso con lei, non avrebbe mai desiderato toccarla, avrebbe solo pensato a portarla dai dottori, come se non bastasse starle vicino ed essere lì alla fine delle crisi. Come se non bastasse stringerla, dirle che tutto sarebbe andato bene. Non aveva detto che gli sarebbe dispiaciuto saperla morta? E questo non significava che gli era indispensabile? Non significava nulla?

No, no, meglio non pensarci, niente lacrime.

Era tutta colpa di quella lì. Era lei ad averlo sedotto, ne era certa. Vincent non era tipo da provarci. Era lei.

Era lei che doveva essere punita.

 

Il mercatino era pieno di sole e di voci. Yuffie girava fra le bancarelle con un'espressione scocciata, sfiorando le stoffe e i colori. Era tutto troppo allegro per come si sentiva. Forse avrebbe dovuto vestirsi anche lei come quell'idiota, un bel mantello lungo e scuro e strane robe sulle dita.

Le dita che, nude, potevano essere delicate.

Le dita che, nude, l'avevano percorsa.

Si era tolto quelle strane zanne prima di toccarla. Ci aveva pensato, o era stato un gesto casuale? Aveva pensato di poterla graffiare? Aveva pensato che l'avrebbe ferita comunque, perchè anche senza guanti le sue dita sapevano ferire? Gli importava qualcosa di questo?

Oh no, basta pensare a lui!

Scosse la testa con violenza (qualcuno la guardò in modo strano) e continuò a camminare.

Vincent non si meritava un pensiero, visto che non ne aveva per lei.

Visto che avrebbe potuto almeno dirle ehi, volevo scopare, tutto qua. Magari si sarebbe preso un pugno, ma le avrebbe fatto capire.

 

Quel giorno la casa rimase stranamente silenziosa. Shelke aveva accettato di svolgere gli esercizi di matematica senza una parola, e Tifa l'aveva assistita cercando di non chiedersi cosa fosse successo. Cloud era stanco ed era andato a letto presto, Vincent era scomparso in camera, Yuffie era tornata con tante buste e aveva cenato in silenzio. Prima di tornare in camera aveva preso un cucchiaio di legno, e se l'era portato a letto. Mancava anche un coltello.

"C'è qualcosa che non va." Tifa iniziò a giocare con una ciocca di Cloud, arrotolandola fra le dita. "Sono tutti troppo strani."
"Chi, Vincent? Te ne accorgi ora?"
"Anche Shelke, e Yuffie."
"E beh..."

"No, ma... dico più del solito!"

"Sarà un'impressione." Cloud la abbracciò, tirandola a sè e stringendola.

"No, non lo è! Yuffie si è portata un cucchiaio in camera! Ti pare normale?"
"Mh..." Le sfilò la maglietta, facendole alzare le braccia.

"E poi..." continuò Tifa, mentre Cloud gettava la maglietta in un angolo e si metteva su di lei "chi ha preso il coltello?"

"Non pensarci..." Le slacciò la gonna, e iniziò a tirarla giù lungo le gambe.

"Cosa ci farà mai col cucchiaio?" Tifa si ritirò su la gonna. "Dici che non dovrei preoccuparmi?"

"Dico di no. Decisamente." Cloud le spinse i polsi sul cuscino e tirò giù la gonna di nuovo.

"Secondo te ha intenzione di picchiare qualcuno? E se avesse preso anche il coltello?"

"Affari suoi." Cloud infilò le dita sotto la stoffa della biancheria.

"Io penso che dovremmo rimanere svegli, stanotte."
"Anch'io..."
"Dai, Cloud! Sto dicendo sul serio!"

"Va bene. Rimarremo svegli e vigili. Non ti farò chiudere occhio un solo istante. Quando starai per addormentarti, farò così..."
"Aah! Smettila!" Tifa rise sottovoce, e lo spinse via. "Sei un maiale!"

"Il tuo maiale!"
"Scemo!"
"Vieni qui..."
Ed era bello abbandonarsi, se Cloud apriva le braccia e la stringeva al petto in quel modo. Mezz'ora dopo, fra le lenzuola scomposte, Tifa e Cloud stavano profondamente dormendo.

 

Dormiva anche Yuffie, con il cucchiaio stretto fra le dita. Oh certo, di armi ne aveva, ma non voleva certo ferirlo, nel caso in cui gli fosse venuto in mente di tornare. Voleva solo picchiarlo con il cucchiaio di legno e fargli capire che non poteva usarla in quel modo.

Ma Vincent non era venuto.

Se n'era sentita così convinta da rimanerci male. Allora era una cosa di una notte? Allora non sarebbe venuto? Forse fra cinque minuti, forse fra un'altra ora... Si era sdraiata solo un momento, per far riposare gli occhi.

Non era venuto ed era passato un giorno in cui non si erano detti quasi nulla.

Ma poi la porta aveva urtato lo scatolone che aveva messo davanti proprio per sentirne il rumore, e lei era scattata a sedere con il cucchiaio ben saldo in mano. Alla porta, però, c'era Shelke.

"Oh, sei tu." Aveva detto, e Shelke si era avvicinata di corsa. Per riflesso, aveva parato con il cucchiaio un movimento veloce appena avvertito. Solo dopo si era resa conto che Shelke aveva in mano un coltello, e che aveva cercato di colpirla.

"Ma sei impazzita?" aveva urlato, facendo un passo indietro.

"Non ho intenzione di sopportare oltre."

"Oh, tu sei completamente folle!" Yuffie si era messa sulla difensiva. "Cosa pensi di fare?"

"Come hai potuto?"
"Eh?"

"Come hai potuto farlo!" Shelke aveva gli occhi lucidi, il mento le tremava. Ma non avrebbe pianto, oh no.

"Di che parli? Non capisco!"

"Pensi di poter fare quello che vuoi senza conseguenze?"
"Shelke..." Yuffie si era avvicinata con cautela, lenta. "Dai, dammi quel coltello. E' assurdo, che vuoi fare?"

"Stai ferma!"

"Pensi di poter entrare in camera di qualcuno in piena notte e ucciderlo perchè ti è antipatico? Tu sei fuori di testa!"

"Sì, sono fuori di testa, ok?"

"Dammi quel coltello!"

"Prendilo, se ci riesci!"

Yuffie scattò in avanti, le afferrò il polso e la tirò verso di sè. Shelke riuscì a sgusciare via. "Shelke, vedi di smetterla! Cosa credi che dirà Vincent?"
Nel corridoio, dei passi si avvicinavano.

Shelke tentò di nuovo di colpirla, e Yuffie si scansò. Le fece lo sgambetto, e Shelke saltò.

"Lo so cosa vuoi fare!" gridò Shelke tentando ancora. "Vuoi portarmelo via, è stato così dal primo giorno!"

"Secondo me hai bisogno di uno psicofarmaco!"

"Pensi che io non possa fare sesso con lui?"

Yuffie quasi si fece colpire. "Che cosa??"

"Solo perchè hai fatto sesso con lui..."

Le facce di Tifa e Cloud, confuse ed assonnate, comparvero dietro di lei.

"Solo perchè hai fatto sesso con Vincent non significa che io abbia perso!"

Yuffie rimase così, con il cucchiaio in mano e il braccio alzato, mentre Shelke si accasciava sul pavimento piangendo e Tifa e Cloud si guardavano fra loro.

Tifa si avvicinò a Shelke, la fece alzare e lei le si aggrappò con forza. "Vieni a letto, dai." le disse togliendole di mano il coltello e portandola via. Cloud diede un'occhiata preoccupata a Yuffie, poi le seguì.

E dietro c'era Vincent.

Yuffie sospirò, lasciò andare il cucchiaio e abbassò le braccia.

"Ti ha fatto male?" chiese Vincent.

"Sì."

Vincent si avvicinò, le sollevò il viso con una mano. "Non mi sembra."

"No, non mi ha ferita. Figurati se mi faccio ferire così."

"Mi dispiace."

"Non fa niente." Yuffie allontanò la sua mano, senza guardarlo. "Va tutto bene."

"Non è colpa sua, è..."
"Lo so."
"Bene."
"E' tua, la colpa."

Vincent sorrise. "Sì, hai ragione."

Yuffie si chinò a riprendere il cucchiaio, e lo picchiò piano. "Sei un cretino, ecco cosa sei!"

"Ti eri portata il cucchiaio per picchiare me?"

"Dovresti andare da lei, sarà molto triste e arrabbiata."
"Come l'ha scoperto?"
"Non ne ho idea."
"Mi dispiace."
"L'hai già detto."
"Pensavi che sarei tornato?"
"...No."
"E allora perchè il cucchiaio?"
"Per precauzione."
Quando Vincent sorrideva, era strano guardarlo. Almeno quando lo faceva in quel modo. "E' proprio da te, portarti un cucchiaio per precauzione!"
"Ora vorrei tornare a dormire, se qualcuno non tenta di uccidermi ancora."

"Vuoi che me ne vada?"
"Devi andare da Shelke. Consolarla."

"E se volessi restare?"
Yuffie lo guardò, perplessa. "Ah, beh... come vuoi."

"Mi picchierai con il cucchiaio?"
"Può darsi. Te lo meriteresti."
Vincent si sedette sul futon. Yuffie gli si mise accanto, con gesti un po' incerti. "Vuoi fare sesso?"
"No."
"E allora che vuoi?"
"Mi dispiace per quello che è successo..."
"Se lo dici un'altra volta riprendo il cucchiaio."
"Va bene, scusa."
"..."
"Cioè, ok. Non lo dico."
"Mh."

"E' che Shelke..."
"Smettila."
"Cosa?"
"Non voglio parlare di lei."
"Ok."

"Dovresti chiedermi di cosa voglio parlare, allora."
"Dovrei?"
"Eh sì. Funziona così, sai... le conversazioni..."
"Non sono bravo in queste cose."
"L'ho notato."
"Ma non voglio nemmeno parlare."
"Ah."
"Vorrei solo rimanere qui. Dormi pure."
"..."

"Che c'è?"
"Sei un cretino."
Vincent si sdraiò.

Tutto era calmo e silenzioso e buio.

   
 
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