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Autore: colormyworld    22/05/2014    0 recensioni
La reincarnazione delle emozioni in spiriti, ragazzi che si troveranno a risolvere il loro problema grazie al loro aiuto, per un grande finale, come andrà a finire?
Beh, leggi la storia e lo scoprirai
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Leonardo
Leonardo era un ragazzo dai capelli mori, molto alto, minuto e tranquillo di carattere, il suo unico problema è che non sapeva come difendersi, infatti, era costantemente picchiato dai ragazzi della sua scuola, non poteva chiedere aiuto a nessuno, sua madre era deceduta dopo il parto e il padre non lo aveva mai conosciuto, aveva solo sua zia, molto anziana, una povera donna che riusciva a malapena ad alzarsi dal letto.
Queste condizioni portarono Leonardo ad uno stato di depressione, cominciò a procurarsi tagli lungo le braccia per sfogare il suo dolore, provocandone altro a se stesso, lui sapeva che non lo avrebbe portato a nulla, ma era la sua unica valvola di sfogo.
Tutto questo fino a poco tempo fa, quando ebbe un incontro assai particolare…
 
Come mio solito ero sull’autobus, a fissare il vuoto fuori da quella sporca vetrata che mi separava dall’esterno, ascoltando la stessa canzone, a ripetizione, non ci facevo molto caso, ero troppo concentrato su quello che mi sarebbe successo oggi, come ogni altro giorno dopotutto.
Ero arrivato alla fermata vicina alla mia scuola, scesi dall’autobus e mi diressi sull’unica strada che era lì presente, che si affacciava su qualche giardino dei proprietari lì vicino, quel giorno mi sentii particolarmente attratto da un piccolo fruscio dietro ad uno di quegli alberi, mi avvicinai, curioso ma allo stesso tempo impaurito di quale fosse la verità dietro quel tronco, mi affacciai e vidi una ragazza, con i capelli lunghi che gli coprivano metà del viso, con la schiena appoggiata al robusto tronco di quell’albero.
D’istinto, senza pensarci, mi sedetti accanto a lei, guardando il cielo, in qualche modo percepivo che lei era come me, quindi gli dissi, senza timore: -Hey, tutto bene?-.
Lei non mi rispose, ma mi guardò, dicendomi:-Tu puoi vedermi?-.
Io ero leggermente spaventato, ma annuii comunque, lei sorrise e mi disse: -Io sono la reincarnazione della tua tristezza, ti aiuterò a risolvere i tuoi problemi, dovresti essere contento, invece di dubitare di me-.
“Diamine, pensavo di aver incontrato una pazza, tanto non importava, se gli stavo continuando a parlare, forse lo ero anch’io?”
Mentre pensavo queste parole la vidi fluttuare qualche centimetro da terra, caddi, stupito, capii subito che lei non mi stava mentendo, avevo leggermente paura di lei, ma mi fidai comunque.
Mi spiego che l’unico modo che avevo per liberarmi dalla mia tristezza era far smettere, o almeno diminuire, gli atti di bullismo verso di me e smettere di tagliarmi, gli chiesi: -Ma come?-
-Prima devi ottenere un po’ di coraggio in te stesso- Mi disse.
-Forse conquistando la ragazza che ti piace, che ne pensi?- Aggiunse
Io fui contrario, non potevo piacere a nessuno, ma soprattutto nessuno mi piaceva, tutti mi guardavano con occhi schifati.
Mi prese la mano e mi guardò dicendomi: -L’amore è di tutti, nessuno può impedirti di non provarlo-
Diventai leggermente rosso e abbassai la testa, provai velocemente a cambiare discorso
-ma prima, quando ti sei levata in aria, non avevi paura che qualcuno ti potesse vedere?-
-No, perché solo tu puoi vedermi, non chiedermi perché, non le faccio io le regole-
Iniziava a farsi pomeriggio, allora mi venne in mente un pensiero terrorizzante, la scuola!
Guardai il volto della ragazza, tutti i miei brutti pensieri scomparvero, sorrisi e gli chiesi il suo nome, mi disse:
-Il mio nome è semplicemente tristezza, cioè quello che sono-
Mentre me lo diceva aveva un aria malinconica, non ci feci molto caso.
Dopo essere arrivati a casa, mi sdraiai sul letto, mentre lei rimase a fluttuare in aria allora gli chiesi
-perché non cammini normalmente?-
-Sono uno spirito, non posso camminare, e non posso neanche toccare gli esseri viventi-
Forse era per quello che era triste? Non ci pensai molto e mi addormentai.
Tutto, da quel giorno tornò alla normalità, solo che le violenze dei miei compagni non erano più così dolorose, avevo qualcuno che mi sosteneva.
Piano piano avevo iniziato ad andare in palestra, a farmi un po’ di muscoli, col suo sostegno mi sentivo invincibile.
Però, un giorno i miei soliti compagni furono più cattivi del solito, ci andarono di violenza con me, non riuscivo ad alzarmi, avevo un dito rotto e la mascella slogata, non potevo aprire gli occhi, ma vidi quelli di tristezza che tentavano di piangere, ma non potevano, come se fosse una maledizione, subito dopo chiusi gli occhi, il buio totale.
Mi ritrovai all’ ospedale, ero un po’ scosso ma andò tutto bene, arrivato lì mi curarono le ferite che avevo e piano piano anche l’osso fratturato e la mascella tornarono apposto, però non potevo dimenticare il suo sguardo, tornai a casa, mi sedetti sul divano e pensai:
-Lo sguardo di tristezza, rovinato per colpa di quei prepotenti, non posso permetterlo!-
Allora realizzai, andai davanti allo specchio, non mi ero mai visto così grande, così alto, ero quasi il doppio di quei tizi, allora capii, mi stavo solo sottovalutando, per tutto questo tempo avrei potuto riscattarmi, ma ero cieco, non riuscivo a vedermi davvero, grazie a lei, però, finalmente avevo ripreso la vista.
Lei passò attraverso la porta, ogni tanto veniva a trovarmi, allora la guardai nei suoi bianchi, senz’anima e gli dissi:
“Grazie”
La mattina seguente mi alzai velocemente dal letto mi vestii e corsi sull’autobus.
Arrivato a scuola, li trovai lì davanti, quei tre stronzetti che mi avevano perseguitato per un anno intero, era venuto il mio momento.
Provarono a stuzzicarmi, ma inutilmente, allora come al solito provarono a darmi una ginocchiata sullo stomaco, subivo le loro violenze da tre anni, sapevo le loro mosse a memoria, gli presi il ginocchio e lo buttai a terra gli diedi un calcio sul fianco e mi spostai al tipo accanto, mi aggrappai alla sua testa e gli diedi una ginocchiata in faccia, fuori due.
Rimaneva il terzo, il capo dei due, sapevo che quel giorno mi sarei divertito, lo presi per la maglietta e lo trascinai per una ventina di metri attaccato alla grata di ferro dell’entrata della scuola, stava piangendo, lo presi a calci, ancora, ancora e ancora, volevo fargli provare quello che avevo passato io, ad un certo punto arrivò tristezza che mi fermò, guardandomi, il suo sguardo era quello dell’altra volta, ma questa volta non era colpa loro, era mia.
Mi disse:
-Non provare odio, è l’oscurità che avvolge il cuore, guardami, non voglio che tu diventi come loro-
Iniziai a piangere, nel frattempo quei tre scapparono.
Dopo un po’ smisi di piangere, grazie a lei, che mi stava consolando.
La vedevo scomparire, lentamente provai a stringerle la mano, inutilmente, il suo compito era finito, doveva andarsene, di lei rimaneva soltanto la parte sinistra del petto la testa e il suo bracci sinistro, provai a stringerlo di nuovo, inutilmente, rimaneva poco di lei, solo la sua mano, non mi arresi, provai a stringerla con ardore e coraggio, con tutto me stesso, la toccai, sentii il suo calore, lei scomparve, io caddi a terra, non volevo più alzarmi, non volevo più vivere, però una voce rimbombava nella mia testa che diceva:
-Tu credi nella reincarnazione?-
Non ci badai molto, tornai a  casa, in lacrime, piangendo per tutto il tragitto e, arrivato, mi misi a dormire avendo il desiderio di non svegliarmi più.
 Il giorno dopo, come mio solito ero sull’autobus, a fissare il vuoto fuori da quella sporca vetrata che mi separava dall’esterno, ascoltando la stessa canzone, a ripetizione, non ci facevo molto caso, ero troppo concentrato su quello che mi sarebbe successo oggi, cosa sarebbe successo di nuovo, i bulli mi evitarono, anzi scapparono, mi feci finalmente qualche amico, ma la mia vita era ancora vuota, un giorno però durante la prima ora, il professore di matematica si fermò e fece entrare una nuova alunna, la riconobbi subito aveva la pelle candida e i capelli lunghi che gli coprivano a metà il volto, era lei, era tristezza, corsi ad abbracciarla, sentii finalmente il suo calore, che riconobbi, la guardai, lei mi sorrise, e mi disse due parole che mi aprirono il cuore
-Ti amo-
Era ovvio che io risposi
-Ti amo anch’io-
Avevamo passato troppe cose insieme, eravamo così legati che neanche le divinità avevano osato separarci, eravamo di nuovo insieme, ma questa volta, Per sempre.
 
  
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