BETWEEN THE HUNGRY
Incubi voraci .
Mi guardai
attorno per l’ennesima volta. Quelle strade grigie avevano
assorbito lo stesso
colore di quel cielo che,oscuro,inveiva silenziosamente,osservandomi
come un
predatore che aspetta di saltare con un guizzo felino sulla preda.
C’era del
vento,ma era quel tipo divento debole e costante,che freddo ti sferza
il viso e
ti tortura sino a che la tua pelle non grida aiuto. Forse avrebbe
piovuto : l’aria era umida e pungente e le nuvole grigie di
quel groviglio
scomposto,sembravano pronte a scaricare ogni singola goccia di
acqua,come se
avessero avuto la necessità di sfogarsi in un pianto
liberatorio. Non so
perché,ma era quello che avrei voluto fare
anch’io. Sentivo il bisogno di
piangere,ma i miei occhi non versavano lacrima e solo il respiro
tradiva la mia
immagine fredda e insofferente. Quel paesaggio mi era familiare,quelle
strade…quei fogli che simili ad uccelli si levavano di poco
dall’asfalto,per poi
ricadere a terra,incapaci. All’improvviso capii : mi trovavo
a New York. Il
grattacielo imponente all’orizzonte era un chiaro punto di
riferimento,era lo
stesso che avevo visto settimane prima,chiedendomi il motivo per cui il
suo
colore si mischiasse a quello del cielo,quasi avaro di mostrare le sue
reali
sembianze. Dovevo correre? Non c’era neppure un affamato in
giro ; la città era
vuota e silenziosa,ed era strano. Qualcosa di duro e freddo mi
sbatté contro
la caviglia,dandomi fastidio. Infilai la mano nello stivale e
tirai fuori
un coltello. Ecco cos’era. Lo rigirai nella mano
più e più volte e soltanto
dopo diversi secondi mi accorsi che era pieno di sangue fresco e rosso
vivido,come quello di una persona. L’avevo notato sin da
subito : il sangue degli
affamati e quello degli umani era diverso. Quello degli affamati era
quasi
denso,più scuro,con delle tonalità simili al
marrone miste al rosso. Quello
degli umani,beh,era quello degli umani…il sangue che tutti
hanno visto almeno
una volta nella vita,quello liquido e di quel rosso vivo,che se lo
fissi a
lungo colare,dimentichi persino il dolore. Perché il
coltello era pieno di
sangue?Non c’era un’anima attorno a me,eppure
più fissavo quell’oggetto
metallico da cui gocciavano delle chiazze rosse,infrangendosi
sull’asfalto,e
più sentivo accrescermi nel petto una strana sensazione,una
paura che mi irrigidiva
ogni singolo muscolo e che rendeva il mio respiro sempre più
veloce ed
insoddisfacente. Ora era furioso,veloce,l’ossigeno adirato
che mi percorreva e
mi schiaffeggiava insolente,sempre più doloroso. Il dolore
al petto,i muscoli
duri come pietra,gli occhi impazziti,le mani che tremavano,le gambe che
lentamente cedevano sotto il peso inesorabile della sofferenza. Non
capivo. Era
successo qualcosa,o stava per succedere qualcosa?Continuavo a guardare
il
coltello che sussultava nella mano impazzita,che ad ogni balzo mi
sporcava la
pelle di quel sangue. E
più lo
guardavo,più ne ero certa : era umano.
All’improvviso sentii l’ossigeno
fermarsi in gola,e bruciare. Il mio intero corpo tremava,aspettando
qualcosa
per cui tutta quella pena avesse finalmente senso. Dopo secondi in cui
il mio
unico pensiero fu quello di accasciarmi a terra,priva di forze,apparve lui,dalla fine della strada.
«Ciao
amore
mio» disse una voce dolce.
«Josh?»
chiesi con le lacrime agli occhi.
Quell’immagine
era inconfondibile : era proprio lui. Aveva i capelli più
folti dell’ultima
volta che l’avevo visto,ed erano disordinati. Gli occhi
azzurri si socchiusero
delicatamente,con dolcezza,e le labbra rosse si aprirono in un sorriso
grazioso.
«Non
mi
riconosci?» mi domandò ancora sorridendo.
Le mie
labbra si schiusero lentamente,e scossi la testa incredula.
«Posso
abbracciarti?»
In tutta
risposta,spalancò le braccia ed annuì.
Prima ancora
che me ne rendessi conto,le mie gambe cominciarono a muoversi
velocissime. La
voglia di gettarmi tra quelle braccia,aveva preso il sopravvento sui
tremori,e
all’improvviso quello che era iniziato come un
incubo,sembrava aver preso
un’altra strada.
«Mi
manchi
tantissimo» sussurrò una voce,quando due braccia
mi si chiusero attorno,con una
forza dolce.
Le mie lacrime
si attaccavano alla stoffa di quella maglietta bianca,ed il mio viso
non voleva
scostarsi dall’incavo della spalla. Sentivo il suo odore
vivido nelle narici,e
quell’immagine era così reale,così
piena di consistenza,che non riuscivo a
capire se l’avessi raggiunto dovunque ora si trovasse.
«Mi
manchi
tanto anche tu!» esclamai,con voce strozzata.
Quelle
braccia che fino a poco prima mi avevano
stretto,all’improvviso mi allontanarono.
Rimasi perplessa. Josh mi guardò accigliato,con le labbra
tese in una linea inespressiva,e
gli occhi improvvisamente spenti e lucidi.
«E
allora
perché mi hai fatto questo?» chiese pieno di
disappunto,scuotendo appena la
testa.
Spalancai
gli occhi. Cosa? Non capivo. Sentivo solo una fitta allo stomaco al
ricordo del
tono di voce che avevo appena ascoltato. Lui si portò una
mano sul petto e,quando la tolse,apparve un’enorme chiazza
rossa che lentamente si
espandeva,inumidendo la stoffa bianca.
Guardai il
sangue espandersi,a bocca aperta. Un’altra fitta mi strinse
lo stomaco in una
morsa e all’improvviso il respiro mi
mancò,definitivamente. Guardai il coltello
che ancora tenevo nella mano e lo lasciai cadere a terra,sconvolta.
«Perché
mi
hai fatto questo?» chiese ancora una volta Josh,con una mano
sopra la chiazza
di sangue.
Io scossi la
testa,a bocca aperta «no…no» biascicai.
Lui
annuì,poi afferrò i due lembi della maglia,e se
la tolse. Sulla
pelle,esattamente sopra il cuore,c’era incisa una S. Il
sangue sgorgava dalla
lettera tracciata imprecisamente,e quell’intero corpo che
avevo stretto quanto
più avevo potuto,era ricoperto dal rosso che inquinava la
purezza di quella
pelle.
«No»
ripetei,accasciandomi
a terra,inerme.
Mi portai le
mani sul viso,sentendo le lacrime accarezzare con violenza i
polpastrelli,ed
una mano si pose sulla mia spalla.
«Ti
amo lo
stesso» sussurrò quella voce ormai irriconoscibile
«ti amerò per sempre».
Stavo per
rispondergli di perdonarmi,ma qualcosa in quello scenario lugubre
cambiò.
«Santana!Svegliati,è
soltanto un incubo!» mi urlò una voce
familiare,mentre qualcosa mi scuoteva da
una spalla.
«No!»
urlai
di rimando,tra le lacrime «Devo chiedergli di perdonarmi!Devo
farlo!»
Una mano
fredda mi accarezzo la guancia fradicia di lacrime
«è stato solo un sogno. Non
c’è niente che tu debba fare,ok? E’
stato solo un sogno» sussurrò quella
voce,vicina al mio viso.
Mi misi
seduta di scatto e aprii leggermente gli occhi. Sentivo caldo in tutto
il
corpo,ma non era un calore piacevole,era un calore invadente ed
asfissiante,che
soffocava la pelle. Mi portai una mano sul viso e mi accorsi che era
bagnato,completamente bagnato. Stavo ancora piangendo,e mi stropicciai
gli
occhi. Ero confusa e agitata e…ansimavo,scuotendo ancora la
testa.
«Calmati,»
sussurrò ancora quella voce,piena di una dolcezza disarmante
«ci sono io qui.
Va tutto bene» di nuovo quelle dita a toccare
l’umido sulle mie guance bollenti
«va tutto bene Santana. Dimentica qualunque cosa tu abbia
sognato,ora sei al
sicuro».
Spalancai
gli occhi e la vidi. C’era Brittany con me. Aveva i capelli
biondi avvolti da
un capellino nero di lana e mi guardava preoccupata,continuando ad
accarezzarmi
una guancia come avrebbe fatto una madre con il proprio figlio.
Singhiozzai
un’ultima volta,ancora confusa da quel sogno,e poi la
guardai,perdendomi
nell’azzurro di quelle iridi.
«Ehi…»
sussurrai.
«Ehi…»
sussurrò lei,sorridendomi.
Inspirai a
fondo e un brivido mi percorse al contatto di quelle dita fredde sulla
mia
pelle bollente.
«Sei
di
turno,non è vero?» le chiesi con un filo di voce.
Mi
guardò
ancora negli occhi e poi,all’improvviso,spostò le
dita dalla mia guancia,come
se solo allora si fosse resa conto di averle lasciate sul mio viso.
«Sì,sì…ti
ho
sentita lamentarti e allora sono corsa a vedere. C’erano
degli affamati nel tuo
sogno?» mi chiese sempre con quel suo tono impregnato di
preoccupazione.
Spostai lo
sguardo dal suo viso e mi morsi un labbro «una
specie…»
Lei
annuì
lentamente e guardò fuori dalla tenda «devo
tornare fuori. Se mi dici che è
tutto ok,vado,altrimenti resto un altro po’ qui con
te».
Mi guardai
attorno ancora disorientata. La luce di una lampada illuminava
l’interno
della tenda,ma solo in parte. Sul viso di Brittany sostava un angolo di
penombra,che le oscurava in parte uno zigomo e la parte destra del
busto.
«Vengo
con
te» affermai,guardandola «non riuscirei mai a
riaddormentarmi. Faccio la
guardia assieme a te,se non è un problema».
Lei mi
scrutò con attenzione per un momento e poi schiuse le labbra
in un sorriso
radioso.
«Nessun
problema!» esclamò contenta.
Sbattei le
palpebre un paio di volte,forzandole ad aprirsi il più
possibile,e poi mi tolsi
di dosso la coperta nella quale ero avvolta. Brittany corse
all’angolo della
tenda e prese in mano la mia felpa,assieme agli stivaletti.
«Tieni»
disse posandoli di fianco il materasso.
Le sorrisi
in segno di ringraziamento. Mi alzai controvoglia,con i muscoli stanchi
e
tremolanti,sbadigliai e poi mi rivestii. Quando ebbi infilato lo
stivaletto
sinistro,gettai un’occhiata all’entrata della tenda
ed inspirai,sopraffacendo
uno sbadiglio. Mi sentivo la testa ovattata,ero stordita e confusa e
…
ansimante. Avevo ancora caldo in tutto il corpo,ma quando misi il primo
piede
fuori dalla tenda,una ventata d’aria fredda mi
colpì in pieno viso,ed i miei
sensi cominciarono a riattivarsi lentamente,come se mi avessero dato un
paio di
schiaffi sulle guance. Un fuoco smorto illuminava la tenebra della
notte
fiocamente,scoppiettando con irregolarità,in un lamento che
sapeva di …casa.
Brittany si sedé a terra,attorno a quel cerchio il cui
calore andava svanendo,
ed afferrò la coperta che aveva lasciato a terra. Mi
guardò,mentre camminavo
per raggiungerla,facendo attenzione a non inciampare in qualche sasso
nascosto
dai ciuffi d’erba.
«Vieni»
mi
disse,con un sorriso rassicurante, allargando la coperta.
Velocizzai
il mio passo e mi sedetti al suo fianco,a gambe incrociate. Lei mi
avvolse
immediatamente nella coperta,portandosi con una mano il tessuto a
coprirle la
schiena. Per qualche assurda ed umana ragione,quell’incubo mi
sembrò subito più
distante. Cominciai a fissare il fuoco morente,mi concentrai prima sul
mio
respiro,e poi aspettai che il prossimo scoppiettio si facesse vivo.
«Vuoi
parlarne?» chiese la bionda,avvicinandosi con il corpo.
La guardai e
sospirai con pesantezza «forse…non lo
so» sussurrai insicura.
Lei
annuì
con la testa e fece spallucce.
«Conobbi
Josh al liceo.» cominciai con un filo di voce
tremolante,incrociando
immediatamente il suo sguardo « Lui era…beh,era
semplicemente Josh.
Quarterback,popolare,bellissimo. Sai quel tipo di ragazzi che sono una
specie di
mito?Quelli che sembrano perfetti e dietro cui tutti sbavano?»
Lei si
limitò ad annuire.
«Josh
era
uno di quelli. Quando gli rivolsi la parola per la prima volta gli
dissi una
sola e semplice frase : “ vai al diavolo”.
Carino,no? Mi aveva fregato l’ultimo
budino ed erano giorni che non ne mangiavo uno perché la
coach Sylvester ce
l’aveva severamente vietato. Lui,in tutta risposta,mi
guardò,mi fece un
sorrisetto sfacciato,e sfilò via come se niente fosse con il
suo bel budino
alla vaniglia.» feci una pausa,e mi preparai mentalmente al
peggio «Prima per me
le cose erano diverse,molto diverse. Andavo in giro per i corridoi e
scatenavo
l’inferno contro chi mi stava sulle scatole o aveva una media
più alta della
mia,non che ci volesse poi molto».
«Una
bulla!»
affermò lei,con un mezzo sorriso divertito.
«Io
preferivo definirmi stronza e basta» risposi facendo
spallucce «pensavo che la
parola bulla facesse un po’ troppo stereotipo da scuola
superiore. Il mio modo
di salutare le persone era mandandole a quel paese,gridandogli di
fottersi,di
levarsi dai piedi o insultandole. E il mio modo di relazionarmi con le
persone
era
…beh,sì,era…"facendomele"»
ammisi un po’ imbarazzata.
«Oh!»
esclamò Brittany sorpresa e più divertita di
prima «Eri proprio una
ragazzaccia!»
«Sì,»
ridacchiai «lo ero! Quando un’altra cheerleader mi
rubò il ragazzo che avevo
puntato ad una festa,le tirai uno schiaffo davanti a tutta
la scuola. Inutile dire che scoppiò una rissa assurda e che
se rimasi in
quella scuola fu solo grazie alla coach. Comunque,» continuai
con un sorriso
amaro stampato sulle labbra «Josh mi piaceva. Ma non parlo di
piacero nel senso
di … piacere,ma…»
«Volevi
fartelo!» m’interruppe Brittany,togliendomi le
parole di bocca.
«Esattamente!»
affermai ridacchiando «Mi eccitava il fatto che fosse
l’unico a tenermi testa
in quella scuola. Ogni volta,puntualmente,mi rubava l’ultimo
budino o l’ultima
mela,o l’ultima porzione di crocchette di
pollo…insomma,stava diventando un
incubo e sempre puntualmente,me lo ritrovavo di fronte con un
sorrisetto
beffardo stampato sulla faccia. Odioso! Avevo voglia di prenderlo a
pugni o
tirargli addosso il mio frullato alla fragola».
Brittany
rise.
«Un
giorno,finita la penultima partita del campionato di football,gettai a
terra i
miei pon pon e corsi in campo. Gli tolsi il casco,lo strattonai per un
lembo
della maglietta,e lo baciai con rabbia. Lui mi guardò
confuso,tra il divertito
ed il sorpreso,e mi disse : “perché
l’hai fatto?” e io gli risposi : “
perché
spero che così la smetterai di fregarmi
quel fottutissimo budino!”. Da
quel momento cambiò ogni cosa. Capii che Josh non era solo
il ragazzo
dall’immagine perfetta,ma anche il ragazzo che aveva perso il
padre all’età di
otto anni per overdose. Capii che era un ragazzo tanto bello quanto
insicuro,e spesso
tormentato. Capii che era il ragazzo che non parlava più con
la madre da
quando non era nient’altro che un bambino,e che era il
ragazzo con uno zio in
prigione con l’accusa di rapina a mano armata. Aveva una vita
incasinata,come
la mia. Mentre tutti se lo immaginavano a spassarsela con le
più belle ragazze
della scuola,lui in realtà se ne stava chiuso in camera ad
ascoltare i cd di
suo padre,per soffocare i rumori dei singhiozzi» mi
interruppi,e mi asciugai
una lacrima. «mi innamorai di lui quasi subito. Era
diverso,con lui era tutto
diverso. Facemmo l’amore dopo sei mesi che stavamo insieme,e
per me era un vero
record. All’improvviso smisi di fare a botte,di prendere in
giro gli studenti
che non mi andavano a genio,di rispondere solo con le parolacce,e di
incasinarmi
la vita più di quanto non lo fosse già. Sentivo
di non avere più bisogno di
quella serie di cavolate,e infatti era così. Quando io e
Josh ci guardammo per
la prima volta negli occhi,capimmo che non eravamo soltanto il ragazzo
bello e
la cheerleader stronza. Capimmo di essere simili,di essere in grado di
completarci. Era la mia metà» dissi
singhiozzando,e stringendo tra le mie mani
la collana che avevo al collo «ed è per questo che
adesso mi sento
così…maledettamente sola».
Fu allora che
Brittany mi guardò,scuotendo la testa tra delle lacrime
incessanti,e si sforzò
di sorridermi.
«Mi
dispiace
tantissimo» biascicò,smossa dai singhiozzi
«scusa» disse infine,sfregandosi la
coperta sul viso.
«Tranquilla.
Scusami tu. Non volevo intristirti con tutto questo».
Si
scoprì il
viso dalla stoffa e mi buttò le braccia al collo.
«Mi
dispiace
tanto» sussurrò disperata al mio orecchio
«mi dispiace».
Sentivo il
bagnato delle sue lacrime sul profilo del collo. Singhiozzava in preda
ad un
pianto angosciante e liberatorio,molto più intenso del mio.
Di lacrime,io,ne
avevo versate troppe,e quelle che venivano fuori,erano pacate e tanto
dolci
quanto corrosive. Brittany forse si era immedesimata in me,o forse la
mia
storia era stata il pretesto per lasciarsi andare come non aveva mai
fatto
dall’inizio del caos. Forse non piangeva pensando realmente a
me e Josh,ma
pensando a tutto quel che aveva perso. Mi sentii in dovere di
stringerla
forte,così come aveva fatto lei. Ricambiai
l’abbraccio e le sussurrai di stare
tranquilla.
«E’
tutto
uno schifo» biascicò lei con il viso sulla mia
pelle.
Feci in modo
che il mio corpo aderisse al suo il più possibile,ed
improvvisamente avvertii
il suo calore mischiarsi col mio. Provavo tre cose in quel momento :
freddo,per
le lacrime sulle quali il vento soffiava. Dolore,perché i
ricordi mi stavano
divorando dell’interno. E
caldo,perché…perché Brittany mi
riscaldava con il
fuoco che le divampava dentro. Era uno strano mix,eppure
l’unica cosa che mi venne spontanea di fare,fu accarezzarle i
capelli.
Singhiozzò ancora una volta sull’incavo del mio
collo,e allora presi a
sfiorarle dolcemente la schiena,con i polpastrelli. Lei alzò
un poco il viso e
mi diede un piccolo e delicato bacio sulla guancia. Si
allontanò,e mi guardò
per un attimo con quegli occhi arrossati e pieni di lacrime. Era bella
anche in
quel modo,anche quando aveva stampato sul viso l’immagine
della sofferenza.
L’azzurro si mischiò al nero per un istante
interminabile,e quel nero non era
l’oscurità della notte nella quale eravamo
entrambe avvolte. Io non la stavo
guardando,e lei non mi stava guardando. La verità? La
verità era che in
quell’istante fermo nel tempo,che in quell’attimo
pieno d’infinito e di
emozioni,noi stavamo leggendo.
Quegli
occhi,quelle lacrime,quel dolore…era tutto
così…vivo e intenso,e reale.
Sentivo di respirare,eppure
scordavo il modo di farlo. Sapevo di poter parlare,eppure non ero in
grado di
aprire bocca. Ero certa che fosse notte,eppure mi bruciavano gli occhi
per la
troppa luce. Prima ancora che potessi capire altro,che
un’ennesima certezza mi
sfuggisse di mano,smisi di leggere. Ed era troppo quel che avevo
visto,era
tutto troppo…ogni cosa sapeva di una piacevole ed allettante
esagerazione. Ma
c’era una cosa che non mi scivolò via dalle mani
come fosse semplice
fumo,un’unica certezza imprescindibile : in
quell’attimo la mia esistenza aveva
ripreso ad esistere,ed il mio cuore a battere.
Due anime rese misere dall’ingordigia della vita,si erano ritrovate faccia a faccia,occhi negli occhi. Si erano sfiorate,e allora l’elettricità aveva scosso ogni fibra di quelle tristi creature. Poi il rumore della notte le aveva inglobate,ma il desiderio di esser vive l’aveva pretese.
Salve gente!Ed eccoci con questo capitolo abbastanza importante.
Avete mai avuto la sensazione,perdendovi in uno sguardo,di aver trovato qualcuno?Sì,beh,insomma...quella sensazione che vi fa accelerare il battito all'improvviso e vi ferma il respiro,vi fa girare la testa e vi cattura a sè con prepotenza? Ecco,è con questo che finisce il capitolo : un'unica sensazione impressa a fuoco nell'animo di due persone. Molte cose devono ancora accadere,e state pronti!Nel frattempo,vi aspetto nelle recensioni per sapere se questo capitolo,che ho scritto provando davvero una forte emozione,vi sia piaciuto o meno.
Alla
prossima,gente!Il bello deve ancora venire...