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Autore: writinglove    25/05/2014    2 recensioni
E se l'apocalisse fosse arrivata?Se il male avesse raggiunto un paesino nello stato dell'Ohio?Se in una giornata qualunque,la vita di una ragazza qualunque fosse stata sconvolta nel peggiore dei modi?
Dalla storia :
L’azzurro si mischiò al nero per un istante interminabile,e quel nero non era l’oscurità della notte nella quale eravamo entrambe avvolte. Io non la stavo guardando e lei non mi stava guardando. La verità era che in quell’istante fermo nel tempo,che in quell’attimo pieno d’infinito e di emozioni,noi stavamo leggendo. […] Prima ancora che potessi capire altro,che un’ennesima certezza mi sfuggisse di mano,smisi di leggere. Ed era troppo quel che avevo visto,era tutto troppo…ogni cosa sapeva di una piacevole ed allettante esagerazione. Ma c’era una cosa che non mi scivolò via dalle mani come fosse semplice fumo,un’unica certezza imprescindibile : in quell’attimo la mia esistenza aveva ripreso ad esistere,ed il mio cuore a battere.
Genere: Drammatico, Horror, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Noah Puckerman/Puck, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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BETWEEN THE HUNGRY

Incubi voraci .

Mi guardai attorno per l’ennesima volta. Quelle strade grigie avevano assorbito lo stesso colore di quel cielo che,oscuro,inveiva silenziosamente,osservandomi come un predatore che aspetta di saltare con un guizzo felino sulla preda. C’era del vento,ma era quel tipo divento debole e costante,che freddo ti sferza il viso e ti tortura sino a che la tua pelle non grida aiuto. Forse avrebbe piovuto : l’aria era umida e pungente e le nuvole grigie di quel groviglio scomposto,sembravano pronte a scaricare ogni singola goccia di acqua,come se avessero avuto la necessità di sfogarsi in un pianto liberatorio. Non so perché,ma era quello che avrei voluto fare anch’io. Sentivo il bisogno di piangere,ma i miei occhi non versavano lacrima e solo il respiro tradiva la mia immagine fredda e insofferente. Quel paesaggio mi era familiare,quelle strade…quei fogli che simili ad uccelli si levavano di poco dall’asfalto,per poi ricadere a terra,incapaci. All’improvviso capii : mi trovavo a New York. Il grattacielo imponente all’orizzonte era un chiaro punto di riferimento,era lo stesso che avevo visto settimane prima,chiedendomi il motivo per cui il suo colore si mischiasse a quello del cielo,quasi avaro di mostrare le sue reali sembianze. Dovevo correre? Non c’era neppure un affamato in giro ; la città era vuota e silenziosa,ed era strano. Qualcosa di duro e freddo mi sbatté contro la caviglia,dandomi fastidio. Infilai la mano nello stivale e tirai fuori un coltello. Ecco cos’era. Lo rigirai nella mano più e più volte e soltanto dopo diversi secondi mi accorsi che era pieno di sangue fresco e rosso vivido,come quello di una persona. L’avevo notato sin da subito : il sangue degli affamati e quello degli umani era diverso. Quello degli affamati era quasi denso,più scuro,con delle tonalità simili al marrone miste al rosso. Quello degli umani,beh,era quello degli umani…il sangue che tutti hanno visto almeno una volta nella vita,quello liquido e di quel rosso vivo,che se lo fissi a lungo colare,dimentichi persino il dolore. Perché il coltello era pieno di sangue?Non c’era un’anima attorno a me,eppure più fissavo quell’oggetto metallico da cui gocciavano delle chiazze rosse,infrangendosi sull’asfalto,e più sentivo accrescermi nel petto una strana sensazione,una paura che mi irrigidiva ogni singolo muscolo e che rendeva il mio respiro sempre più veloce ed insoddisfacente. Ora era furioso,veloce,l’ossigeno adirato che mi percorreva e mi schiaffeggiava insolente,sempre più doloroso. Il dolore al petto,i muscoli duri come pietra,gli occhi impazziti,le mani che tremavano,le gambe che lentamente cedevano sotto il peso inesorabile della sofferenza. Non capivo. Era successo qualcosa,o stava per succedere qualcosa?Continuavo a guardare il coltello che sussultava nella mano impazzita,che ad ogni balzo mi sporcava la pelle di quel sangue. E più lo guardavo,più ne ero certa : era umano. All’improvviso sentii l’ossigeno fermarsi in gola,e bruciare. Il mio intero corpo tremava,aspettando qualcosa per cui tutta quella pena avesse finalmente senso. Dopo secondi in cui il mio unico pensiero fu quello di accasciarmi a terra,priva di forze,apparve lui,dalla fine della strada.

«Ciao amore mio» disse una voce dolce.

«Josh?» chiesi con le lacrime agli occhi.

Quell’immagine era inconfondibile : era proprio lui. Aveva i capelli più folti dell’ultima volta che l’avevo visto,ed erano disordinati. Gli occhi azzurri si socchiusero delicatamente,con dolcezza,e le labbra rosse si aprirono in un sorriso grazioso.

«Non mi riconosci?» mi domandò ancora sorridendo.

Le mie labbra si schiusero lentamente,e scossi la testa incredula.

«Posso abbracciarti?»

In tutta risposta,spalancò le braccia ed annuì.

Prima ancora che me ne rendessi conto,le mie gambe cominciarono a muoversi velocissime. La voglia di gettarmi tra quelle braccia,aveva preso il sopravvento sui tremori,e all’improvviso quello che era iniziato come un incubo,sembrava aver preso un’altra strada.

«Mi manchi tantissimo» sussurrò una voce,quando due braccia mi si chiusero attorno,con una forza dolce.

Le mie lacrime si attaccavano alla stoffa di quella maglietta bianca,ed il mio viso non voleva scostarsi dall’incavo della spalla. Sentivo il suo odore vivido nelle narici,e quell’immagine era così reale,così piena di consistenza,che non riuscivo a capire se l’avessi raggiunto dovunque ora si trovasse.

«Mi manchi tanto anche tu!» esclamai,con voce strozzata.

Quelle braccia che fino a poco prima mi avevano stretto,all’improvviso mi allontanarono. Rimasi perplessa. Josh mi guardò accigliato,con le labbra tese in una linea inespressiva,e gli occhi improvvisamente spenti e lucidi.

«E allora perché mi hai fatto questo?» chiese pieno di disappunto,scuotendo appena la testa.

Spalancai gli occhi. Cosa? Non capivo. Sentivo solo una fitta allo stomaco al ricordo del tono di voce che avevo appena ascoltato. Lui si portò una mano sul petto e,quando la tolse,apparve un’enorme chiazza rossa che lentamente si espandeva,inumidendo la stoffa bianca.

Guardai il sangue espandersi,a bocca aperta. Un’altra fitta mi strinse lo stomaco in una morsa e all’improvviso il respiro mi mancò,definitivamente. Guardai il coltello che ancora tenevo nella mano e lo lasciai cadere a terra,sconvolta.

«Perché mi hai fatto questo?» chiese ancora una volta Josh,con una mano sopra la chiazza di sangue.

Io scossi la testa,a bocca aperta «no…no» biascicai.

Lui annuì,poi afferrò i due lembi della maglia,e se la tolse. Sulla pelle,esattamente sopra il cuore,c’era incisa una S. Il sangue sgorgava dalla lettera tracciata imprecisamente,e quell’intero corpo che avevo stretto quanto più avevo potuto,era ricoperto dal rosso che inquinava la purezza di quella pelle.

«No» ripetei,accasciandomi a terra,inerme.

Mi portai le mani sul viso,sentendo le lacrime accarezzare con violenza i polpastrelli,ed una mano si pose sulla mia spalla.

«Ti amo lo stesso» sussurrò quella voce ormai irriconoscibile «ti amerò per sempre».

Stavo per rispondergli di perdonarmi,ma qualcosa in quello scenario lugubre cambiò.

«Santana!Svegliati,è soltanto un incubo!» mi urlò una voce familiare,mentre qualcosa mi scuoteva da una spalla.

«No!» urlai di rimando,tra le lacrime «Devo chiedergli di perdonarmi!Devo farlo!»

Una mano fredda mi accarezzo la guancia fradicia di lacrime «è stato solo un sogno. Non c’è niente che tu debba fare,ok? E’ stato solo un sogno» sussurrò quella voce,vicina al mio viso.

Mi misi seduta di scatto e aprii leggermente gli occhi. Sentivo caldo in tutto il corpo,ma non era un calore piacevole,era un calore invadente ed asfissiante,che soffocava la pelle. Mi portai una mano sul viso e mi accorsi che era bagnato,completamente bagnato. Stavo ancora piangendo,e mi stropicciai gli occhi. Ero confusa e agitata e…ansimavo,scuotendo ancora la testa.

«Calmati,» sussurrò ancora quella voce,piena di una dolcezza disarmante «ci sono io qui. Va tutto bene» di nuovo quelle dita a toccare l’umido sulle mie guance bollenti «va tutto bene Santana. Dimentica qualunque cosa tu abbia sognato,ora sei al sicuro».

Spalancai gli occhi e la vidi. C’era Brittany con me. Aveva i capelli biondi avvolti da un capellino nero di lana e mi guardava preoccupata,continuando ad accarezzarmi una guancia come avrebbe fatto una madre con il proprio figlio. Singhiozzai un’ultima volta,ancora confusa da quel sogno,e poi la guardai,perdendomi nell’azzurro di quelle iridi.

«Ehi…» sussurrai.

«Ehi…» sussurrò lei,sorridendomi.

Inspirai a fondo e un brivido mi percorse al contatto di quelle dita fredde sulla mia pelle bollente.

«Sei di turno,non è vero?» le chiesi con un filo di voce.

Mi guardò ancora negli occhi e poi,all’improvviso,spostò le dita dalla mia guancia,come se solo allora si fosse resa conto di averle lasciate sul mio viso.

«Sì,sì…ti ho sentita lamentarti e allora sono corsa a vedere. C’erano degli affamati nel tuo sogno?» mi chiese sempre con quel suo tono impregnato di preoccupazione.

Spostai lo sguardo dal suo viso e mi morsi un labbro «una specie…»

Lei annuì lentamente e guardò fuori dalla tenda «devo tornare fuori. Se mi dici che è tutto ok,vado,altrimenti resto un altro po’ qui con te».

Mi guardai attorno ancora disorientata. La luce di una lampada illuminava l’interno della tenda,ma solo in parte. Sul viso di Brittany sostava un angolo di penombra,che le oscurava in parte uno zigomo e la parte destra del busto.

«Vengo con te» affermai,guardandola «non riuscirei mai a riaddormentarmi. Faccio la guardia assieme a te,se non è un problema».

Lei mi scrutò con attenzione per un momento e poi schiuse le labbra in un sorriso radioso.

«Nessun problema!» esclamò contenta.

Sbattei le palpebre un paio di volte,forzandole ad aprirsi il più possibile,e poi mi tolsi di dosso la coperta nella quale ero avvolta. Brittany corse all’angolo della tenda e prese in mano la mia felpa,assieme agli stivaletti.

«Tieni» disse posandoli di fianco il materasso.

Le sorrisi in segno di ringraziamento. Mi alzai controvoglia,con i muscoli stanchi e tremolanti,sbadigliai e poi mi rivestii. Quando ebbi infilato lo stivaletto sinistro,gettai un’occhiata all’entrata della tenda ed inspirai,sopraffacendo uno sbadiglio. Mi sentivo la testa ovattata,ero stordita e confusa e … ansimante. Avevo ancora caldo in tutto il corpo,ma quando misi il primo piede fuori dalla tenda,una ventata d’aria fredda mi colpì in pieno viso,ed i miei sensi cominciarono a riattivarsi lentamente,come se mi avessero dato un paio di schiaffi sulle guance. Un fuoco smorto illuminava la tenebra della notte fiocamente,scoppiettando con irregolarità,in un lamento che sapeva di …casa. Brittany si sedé a terra,attorno a quel cerchio il cui calore andava svanendo, ed afferrò la coperta che aveva lasciato a terra. Mi guardò,mentre camminavo per raggiungerla,facendo attenzione a non inciampare in qualche sasso nascosto dai ciuffi d’erba.

«Vieni» mi disse,con un sorriso rassicurante, allargando la coperta.

Velocizzai il mio passo e mi sedetti al suo fianco,a gambe incrociate. Lei mi avvolse immediatamente nella coperta,portandosi con una mano il tessuto a coprirle la schiena. Per qualche assurda ed umana ragione,quell’incubo mi sembrò subito più distante. Cominciai a fissare il fuoco morente,mi concentrai prima sul mio respiro,e poi aspettai che il prossimo scoppiettio si facesse vivo.

«Vuoi parlarne?» chiese la bionda,avvicinandosi con il corpo.

La guardai e sospirai con pesantezza «forse…non lo so» sussurrai insicura.

Lei annuì con la testa e fece spallucce.

«Conobbi Josh al liceo.» cominciai con un filo di voce tremolante,incrociando immediatamente il suo sguardo « Lui era…beh,era semplicemente Josh. Quarterback,popolare,bellissimo. Sai quel tipo di ragazzi che sono una specie di mito?Quelli che sembrano perfetti e dietro cui tutti sbavano?»

Lei si limitò ad annuire.

«Josh era uno di quelli. Quando gli rivolsi la parola per la prima volta gli dissi una sola e semplice frase : “ vai al diavolo”. Carino,no? Mi aveva fregato l’ultimo budino ed erano giorni che non ne mangiavo uno perché la coach Sylvester ce l’aveva severamente vietato. Lui,in tutta risposta,mi guardò,mi fece un sorrisetto sfacciato,e sfilò via come se niente fosse con il suo bel budino alla vaniglia.» feci una pausa,e mi preparai mentalmente al peggio «Prima per me le cose erano diverse,molto diverse. Andavo in giro per i corridoi e scatenavo l’inferno contro chi mi stava sulle scatole o aveva una media più alta della mia,non che ci volesse poi molto».

«Una bulla!» affermò lei,con un mezzo sorriso divertito.

«Io preferivo definirmi stronza e basta» risposi facendo spallucce «pensavo che la parola bulla facesse un po’ troppo stereotipo da scuola superiore. Il mio modo di salutare le persone era mandandole a quel paese,gridandogli di fottersi,di levarsi dai piedi o insultandole. E il mio modo di relazionarmi con le persone era …beh,sì,era…"facendomele"» ammisi un po’ imbarazzata.

«Oh!» esclamò Brittany sorpresa e più divertita di prima «Eri proprio una ragazzaccia!»

«Sì,» ridacchiai «lo ero! Quando un’altra cheerleader mi rubò il ragazzo che avevo puntato ad una festa,le tirai uno schiaffo davanti a tutta la scuola. Inutile dire che scoppiò una rissa assurda e che se rimasi in quella scuola fu solo grazie alla coach. Comunque,» continuai con un sorriso amaro stampato sulle labbra «Josh mi piaceva. Ma non parlo di piacero nel senso di … piacere,ma…»

«Volevi fartelo!» m’interruppe Brittany,togliendomi le parole di bocca.

«Esattamente!» affermai ridacchiando «Mi eccitava il fatto che fosse l’unico a tenermi testa in quella scuola. Ogni volta,puntualmente,mi rubava l’ultimo budino o l’ultima mela,o l’ultima porzione di crocchette di pollo…insomma,stava diventando un incubo e sempre puntualmente,me lo ritrovavo di fronte con un sorrisetto beffardo stampato sulla faccia. Odioso! Avevo voglia di prenderlo a pugni o tirargli addosso il mio frullato alla fragola».

Brittany rise.

«Un giorno,finita la penultima partita del campionato di football,gettai a terra i miei pon pon e corsi in campo. Gli tolsi il casco,lo strattonai per un lembo della maglietta,e lo baciai con rabbia. Lui mi guardò confuso,tra il divertito ed il sorpreso,e mi disse : “perché l’hai fatto?” e io gli risposi : “ perché spero che così la smetterai di fregarmi quel fottutissimo budino!”. Da quel momento cambiò ogni cosa. Capii che Josh non era solo il ragazzo dall’immagine perfetta,ma anche il ragazzo che aveva perso il padre all’età di otto anni per overdose. Capii che era un ragazzo tanto bello quanto insicuro,e spesso tormentato. Capii che era il ragazzo che non parlava più con la madre da quando non era nient’altro che un bambino,e che era il ragazzo con uno zio in prigione con l’accusa di rapina a mano armata. Aveva una vita incasinata,come la mia. Mentre tutti se lo immaginavano a spassarsela con le più belle ragazze della scuola,lui in realtà se ne stava chiuso in camera ad ascoltare i cd di suo padre,per soffocare i rumori dei singhiozzi» mi interruppi,e mi asciugai una lacrima. «mi innamorai di lui quasi subito. Era diverso,con lui era tutto diverso. Facemmo l’amore dopo sei mesi che stavamo insieme,e per me era un vero record. All’improvviso smisi di fare a botte,di prendere in giro gli studenti che non mi andavano a genio,di rispondere solo con le parolacce,e di incasinarmi la vita più di quanto non lo fosse già. Sentivo di non avere più bisogno di quella serie di cavolate,e infatti era così. Quando io e Josh ci guardammo per la prima volta negli occhi,capimmo che non eravamo soltanto il ragazzo bello e la cheerleader stronza. Capimmo di essere simili,di essere in grado di completarci. Era la mia metà» dissi singhiozzando,e stringendo tra le mie mani la collana che avevo al collo «ed è per questo che adesso mi sento così…maledettamente sola».

Fu allora che Brittany mi guardò,scuotendo la testa tra delle lacrime incessanti,e si sforzò di sorridermi.

«Mi dispiace tantissimo» biascicò,smossa dai singhiozzi «scusa» disse infine,sfregandosi la coperta sul viso.

«Tranquilla. Scusami tu. Non volevo intristirti con tutto questo».

Si scoprì il viso dalla stoffa e mi buttò le braccia al collo.

«Mi dispiace tanto» sussurrò disperata al mio orecchio «mi dispiace».

Sentivo il bagnato delle sue lacrime sul profilo del collo. Singhiozzava in preda ad un pianto angosciante e liberatorio,molto più intenso del mio. Di lacrime,io,ne avevo versate troppe,e quelle che venivano fuori,erano pacate e tanto dolci quanto corrosive. Brittany forse si era immedesimata in me,o forse la mia storia era stata il pretesto per lasciarsi andare come non aveva mai fatto dall’inizio del caos. Forse non piangeva pensando realmente a me e Josh,ma pensando a tutto quel che aveva perso. Mi sentii in dovere di stringerla forte,così come aveva fatto lei. Ricambiai l’abbraccio e le sussurrai di stare tranquilla.

«E’ tutto uno schifo» biascicò lei con il viso sulla mia pelle.

Feci in modo che il mio corpo aderisse al suo il più possibile,ed improvvisamente avvertii il suo calore mischiarsi col mio. Provavo tre cose in quel momento : freddo,per le lacrime sulle quali il vento soffiava. Dolore,perché i ricordi mi stavano divorando dell’interno. E caldo,perché…perché Brittany mi riscaldava con il fuoco che le divampava dentro. Era uno strano mix,eppure l’unica cosa che mi venne spontanea di fare,fu accarezzarle i capelli. Singhiozzò ancora una volta sull’incavo del mio collo,e allora presi a sfiorarle dolcemente la schiena,con i polpastrelli. Lei alzò un poco il viso e mi diede un piccolo e delicato bacio sulla guancia. Si allontanò,e mi guardò per un attimo con quegli occhi arrossati e pieni di lacrime. Era bella anche in quel modo,anche quando aveva stampato sul viso l’immagine della sofferenza. L’azzurro si mischiò al nero per un istante interminabile,e quel nero non era l’oscurità della notte nella quale eravamo entrambe avvolte. Io non la stavo guardando,e lei non mi stava guardando. La verità? La verità era che in quell’istante fermo nel tempo,che in quell’attimo pieno d’infinito e di emozioni,noi stavamo leggendo. Quegli occhi,quelle lacrime,quel dolore…era tutto così…vivo e intenso,e reale. Sentivo di respirare,eppure scordavo il modo di farlo. Sapevo di poter parlare,eppure non ero in grado di aprire bocca. Ero certa che fosse notte,eppure mi bruciavano gli occhi per la troppa luce. Prima ancora che potessi capire altro,che un’ennesima certezza mi sfuggisse di mano,smisi di leggere. Ed era troppo quel che avevo visto,era tutto troppo…ogni cosa sapeva di una piacevole ed allettante esagerazione. Ma c’era una cosa che non mi scivolò via dalle mani come fosse semplice fumo,un’unica certezza imprescindibile : in quell’attimo la mia esistenza aveva ripreso ad esistere,ed il mio cuore a battere.

Due anime rese misere dall’ingordigia della vita,si erano ritrovate faccia a faccia,occhi negli occhi. Si erano sfiorate,e allora l’elettricità aveva scosso ogni fibra di quelle tristi creature. Poi il rumore della notte le aveva inglobate,ma il desiderio di esser vive l’aveva pretese.


Salve gente!Ed eccoci con questo capitolo abbastanza importante.

Avete mai avuto la sensazione,perdendovi in uno sguardo,di aver trovato qualcuno?Sì,beh,insomma...quella sensazione che vi fa accelerare il battito all'improvviso e vi ferma il respiro,vi fa girare la testa e vi cattura a sè con prepotenza? Ecco,è con questo che finisce il capitolo : un'unica sensazione impressa a fuoco nell'animo di due persone. Molte cose devono ancora accadere,e state pronti!Nel frattempo,vi aspetto nelle recensioni per sapere se questo capitolo,che ho scritto provando davvero una forte emozione,vi sia piaciuto o meno.

Alla prossima,gente!Il bello deve ancora venire...

  
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