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Autore: _Fedra_    29/05/2014    3 recensioni
Parigi, settembre 2013.
Durante una festa a tema, una ragazza dai lunghi capelli biondi abbigliata in maniera incredibilmente realistica fa la sua comparsa tra gli invitati. Sembra molto confusa e spaventata, come se non avesse la minima idea di dove si trovi.
Solo Rosalie Lamorlière, appena arrivata da Francoforte, riuscirà a capire che la giovane in realtà è molto più vecchia di quanto vuole far credere, forse addirittura di un paio di secoli.
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bernard Chatelet, Marie Antoinette, Oscar François de Jarjayes, Rosalie Lamorlière
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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CAPITOLO 16
                       






 
Risvegliarsi la mattina seguente per scoprire che di lì a poche ore sarebbe stata di nuovo a Parigi fu per Oscar un sollievo indescrivibile.
Anche Maria Antonietta sembrava dello stesso avviso.
Quando scesero insieme per la colazione, la ragazza non poté fare a meno di notare un’aria stranamente gongolante dipinta sul volto dell’amica.
“Che cos’hai?”, le domandò sagace. “Mi stai forse nascondendo qualcosa?”.
Il sorriso di Maria Antonietta diventò se possibile ancora più largo, al punto da metterle in risalto gli incisivi leggermente più grandi del normale.
“Grande invenzione, i telefoni. Un tempo era tutto più difficile. Potevano passare anche mesi prima di ricevere la risposta di una lettera”, rispose in tono sognante.
“Cosa vorresti dire?!”, esclamò Oscar.
Non sapeva come, ma improvvisamente aveva un brutto presentimento.
“Spero che mi perdonerai, amica mia. L’ho fatto per il tuo bene”, proseguì Maria Antonietta in tono innocente.
“COSA HAI FATTO TU?”.
“Ehm…ieri notte, quando siamo rientrate, sono…ehm…sono entrata in camera tua mentre dormivi e ho telefonato ad André”.
CHE COOOOOSA?!”.
Oscar ormai stava letteralmente gridando.
“Qualcosa non va, tesoro?”, domandò in quel momento la signora Jarjayes, spuntando a tradimento alle loro spalle.
Sia Oscar che Maria Antonietta si lasciarono sfuggire un urlo di sorpresa.
“Niente, mamma, niente”, farfugliò la ragazza, seguendola di sotto.
Perché questo genio di donna spunta sempre al momento sbagliato?, pensò furibonda mentre scendeva le scale.
Con sua madre nei paraggi, le sarebbe stato impossibile scoprire nell’immediato che razza di pasticcio aveva combinato Maria Antonietta a sua insaputa.
La colazione si prolungò più del dovuto.
La signora Jarjayes prese puntualmente a tormentare Oscar con le sue domande inopportune, sperando di strapparle almeno un complimento su Gerard, cosa che ovviamente non avvenne.
Delusa per l’ennesimo fallimento dei suoi numerosi tentativi di appiopparla al ricco ereditiero di turno, la donna passò il testimone a suo marito, di certo molto più incisivo di lei.
“Hai sentito che è uscito il nuovo bando per entrare all’Accademia Militare?”, disse questi con calma.
“Ne abbiamo già parlato, papà”, rispose Oscar fingendo di continuare a sorseggiare il suo latte freddo come se niente fosse. “Non mi interessa entrare nell’Arma”.
“Ma in questo modo potresti mandare avanti la tua passione per tutta la vita, per di più ricevendo lauti compensi”.
“Quell’ambiente non fa per me. E, se proprio la vuoi sapere tutta, sono anche dei pessimi schermidori. Io li ho visti alle gare. È veramente difficile che prendano qualche medaglia”.
“Non dire sciocchezze! Io stesso ho gareggiato insieme a…”.
“I tempi sono cambiati, papà. La tua generazione ha donato alla Francia dei grandissimi campioni all’interno dell’Accademia, ma ora è arrivato il momento del cambio della guardia e sono sempre meno i giovani decisi a intraprendere la carriera militare. Se vogliamo allenare le nuove promesse, dobbiamo andare nelle palestre pubbliche. Mi precluderei una grandissima opportunità, se entrassi nell’Arma”.
“Queste sono tutte sciocchezze che ti hanno ficcato in testa quei cialtroni della tua palestra! Hai visto in che buco vivi?”, ruggì il signor Jarjayes furibondo.
“Si dia il caso che quel buco sia la mia casa. Sono maggiorenne e vorrei decidere finalmente della mia vita. Non siamo più nel Settecento, dove vi piacerebbe vivere a voi due”, tagliò corto Oscar. “E ora, se non vi dispiace, io e Antoine dovremmo rientrare a Parigi. Dobbiamo vedere una persona”.
“Chi, cara?”, cinguettò sua madre in tono innocente.
“André”, rispose la ragazza sputando il primo nome che le venne in mente.
“Ancora quel buono a nulla?”, la rimbeccò suo padre.
“Parla di nuovo in questo modo di André e vado all’anagrafe a cambiare cognome!”, tuonò Oscar furibonda. “Vieni, Antoine!”.
“Non usare quel tono con me, ragazzina!”, ululò il signor Jarjayes, ma ormai le due amiche erano arrivate al piano di sopra.
Ci misero poco più di cinque minuti a riordinare le loro cose nella valigia e ritornare al piano di sotto.
La signora Jarjayes aveva un’aria particolarmente affranta nel vederle partire.
Le piccole mani affusolate erano scosse da lievi tremiti.
“Non dovresti trattare tuo padre così, tesoro. Lo sai quanto ci sta male”, disse sull’orlo delle lacrime.
“Non hai idea di quanto lui ne faccia a me. Dove si è cacciato?”.
“Credo sia andato a caccia. Era troppo arrabbiato”.
“Meglio così. In caso, lo chiamo io stasera”.
“Fai buon viaggio, tesoro”, disse sua madre abbracciandola forte. “Telefonami, quando arrivi a Parigi”.
“Sì, sì, lo farò”, biascicò Oscar nervosamente.
“E salutami André”.
“Certo, appena lo vedo…”.
Una volta congedatesi finalmente dalla signora Jarjayes, le due ragazze poterono finalmente salire in macchina.
Oscar era così ansiosa di lasciare quel posto infernale, che nel premere l’acceleratore investì sua madre e un paio di domestiche con una vera e propria pioggia di ghiaia.
Solo quando superò l’enorme cancello di ferro battuto e prese a filare tra i viottoli di campagna la ragazza poté tirare un sospiro di sollievo.
“So che questo non è proprio il tono che si dovrebbe usare con la regina di Francia”, disse a un certo punto “ma si può sapere che cazzo hai combinato ieri notte?”.
Con suo sommo stupore, Maria Antonietta scoppiò in una risatina.
“Non potevo più vederti così giù per André”, rispose innocentemente. “Così ho deciso di prendere io l’iniziativa e l’ho chiamato col telefono di casa!”.
“Grazie Signore per non averglielo mai dato!”, esclamò l’altra evitando per un pelo di andare a sbattere contro il guard rail. “E lui?”.
“Mi ha risposto”.
Ha risposto?!”, Oscar scalò la marcia così bruscamente che dal motore proruppe una serie di bestemmie.
“Sì…credo che stesse dormendo”.
“Oh, cielo!”.
“Quando ha capito chi ero per poco non mi riattaccava in faccia, però io ho insistito e gli ho detto tutto”.
“Tutto cosa?”.
“Be’, che eri molto triste per il fatto che non volesse farsi più né vedere né sentire e che non ti importava niente dell’occhio, eccetera”.
“E lui che ti ha detto?”.
“Ha detto che sta a casa. Quando vuoi”.
Maria Antonietta dovette cacciare un urlo per evitare che Oscar attraversasse un incrocio a ottanta all’ora senza guardare, rischiando di fare un frontale con un colossale trattore che stava arrivando dalla direzione opposta.
“Ti dispiace se facciamo una piccola deviazione, prima di tornare a casa?”, domandò la ragazza con il volto rosso come un peperone.
“Quello che vuoi, cara”, rispose Maria Antonietta rilassandosi sullo schienale.
 
***
 
Fu un miracolo se quel giorno non vennero fermate dalla Polizia Stradale, per non parlare della vera e propria gimkana con gli autovelox.
Oscar sembrava improvvisamente decisa a partecipare a una corsa di Formula 1.
La sua piccola utilitaria schizzava a tutta velocità sull’autostrada, spingendola oltre il limite concesso al suo povero, vecchio motore, che da un certo punto in poi prese a ululare in maniera preoccupante.
Maria Antonietta stava pregando di non rimanere in panne in mezzo alla carreggiata.
Forse dovevo aspettare che rientrassimo in casa per dirglielo, pensava terrorizzata mentre zigzagavano pericolosamente tra le altre auto.
Se qualcuno andava troppo piano, Oscar iniziava a strombazzare come un’invasata, ricoprendo di insulti il malcapitato di turno.
Tutto quello che desiderava in quel momento era raggiungere André il prima possibile.
Fu un sollievo per entrambe imboccare la via dove abitava il ragazzo, circondata da basse palazzine costruite nel dopoguerra.
Oscar parcheggiò letteralmente in mezzo alla strada e si attaccò al citofono come se fossero inseguite da un pazzo armato d’ascia.
Maria Antonietta la seguì titubante.
Improvvisamente, le sue viscere si annodarono.
Aveva riconosciuto la station wagon blu di Axel parcheggiata a pochi metri dalla loro auto.
Il ragazzo doveva trovarsi ancora a casa di André.
L’arciduchessa si sentì sprofondare.
“Andiamo, andiamo!”, incalzò Oscar non appena la porta scattò, lanciandosi al piano di sopra.
Maria Antonietta sospirò, tentando disperatamente di starle al passo.
Con suo sommo disappunto, venne ad aprirle proprio Axel.
“Ciao!”, esclamò esterrefatto.
Oscar gli lanciò le braccia al collo, sfogando tutta la tensione accumulata in quelle ore infernali.
“Lui dov’è?”, chiese.
“Di là”.
Senza proferire parola, la ragazza si lanciò nella stanza accanto, lasciandolo solo con Maria Antonietta.
Tra i due calò subito una cappa di pesantissimo imbarazzo.
“Temo che ai tuoi tempi mi avrebbero come minimo condannato a morte, per quello che ti ho fatto”, disse il giovane a capo chino.
“Si chiama alto tradimento. Ti avrebbero fatto squartare legandoti a quattro cavalli”, rispose Maria Antonietta in tono gelido.
Avrebbe tanto voluto prenderlo a schiaffi per la sua insolenza.
“Mi dispiace…io, ti avevo scambiata per Nicole, davvero!”.
“Vorrei crederti, ma…”.
Maria Antonietta si convinse finalmente a guardarlo in faccia e subito le sfuggì un gemito.
Mai nel suo mondo aveva visto un ragazzo così bello, se non nelle sculture immacolate che costeggiavano i viali di Versailles.
Quegli occhi di un azzurro intenso intervallati da pagliuzze blu, quel mare di capelli castani e un po’ ribelli, i tratti regolari del volto, il fisico asciutto e muscoloso erano quanto di più distante potesse esserci dai nobili grassi e tormentati dalla gotta che calpestavano i corridoi del castello.
La bellezza di Axel era qualcosa di completamente diverso da ciò a cui l’arciduchessa era abituata.
Un ideale irraggiungibile, che si sarebbe realizzato solo secoli dopo la sua nascita.
Forse gli dei esistevano davvero.
“Sono proprio un deficiente”, disse a un certo punto il ragazzo, riportandola bruscamente alla realtà. “Proprio io, che ho letto decine di libri su di te, che sono un grande appassionato della tua epoca, al punto da volerci vivere…e manco di rispetto alla regina, la mia regina!”.
Senza volerlo, Axel crollò in ginocchio, afferrando la piccola mano di Maria Antonietta e stringendola forte tra le sue, il capo chino in segno di sottomissione.
La ragazza trasalì, facendo un balzo indietro.
Non sapeva che in quell’epoca potesse esistere qualcuno in grado di mostrare ancora un simile atteggiamento.
Forse anche Axel era nato nel momento sbagliato, pensò con un tuffo al cuore.
“Per favore, non c’è bisogno…alzati, ti prego! Io ti perdono”.
Axel levò timidamente il capo verso di lei.
“Mia regina”, continuava a pensare febbrilmente Maria Antonietta con il cuore che batteva a mille. Mi ha chiamata “mia regina”…
“Che cosa state facendo, voialtri?”, domandò in quel momento una voce di donna alle loro spalle.
Axel si alzò d’istinto, come se lo avessero pungolato con un ferro rovente.
Alle loro spalle era appena apparsa Nanny, le mani posate sui fianchi con fare marziale.
“Oggi è la giornata delle riconcialiazioni, vedo”, commentò in tono soddisfatto. “Bene, bene. Fate come se non ci fossi”.
E sparì in cucina.
All’occhiata interrogativa che gli lanciò Maria Antonietta, Axel si limitò a rispondere con un sorriso:
“La nonna di André”.
“Ah”, rispose lei sforzandosi di rimanere impassibile.
“Sembri molto stanca. Vuoi qualcosa da bere?”, incalzò l’altro.
“Sto bene così, grazie. Tu come stai?”.
“Non c’è male”.
Di nuovo il velo di imbarazzo si stese tra di loro.
Entrambi avevano tante cose da dirsi, ma nessuno dei due trovava il coraggio di tirarle fuori.
A un certo punto, Maria Antonietta si fece coraggio.
“Come va con Nicole?”, sputò lì spietata.
 
***
 
Quante volte Oscar aveva oltrepassato la porta della camera di André negli ultimi anni?
La ragazza ne aveva perso il conto.
Non appena fece ingresso nella stanza, il suo cuore mancò qualche battito.
Lui era lì, con i lunghi capelli sciolti sulle spalle.
L’occhio ferito era letteralmente scomparso dietro la folta frangia ricciuta.
“Andrè!”, esclamò lei lanciandosi tra le sue braccia.
Il ragazzo la strinse forte, affondando il volto nei suoi capelli biondi.
“Perché sei sparito così?”, singhiozzò Oscar prendendogli il viso tra le mani.
“Credevo che non volessi più vedermi, così sfigurato”, rispose lui in tono contrito.
“Ma cosa vai a pensare, razza di testone? Io ti avrei sempre voluto bene, con due occhi o meno!”.
André sospirò.
“Sono successe troppe cose tutte molto in fretta”, disse piano, senza guardarla negli occhi.
“Perché quel bacio?”, domandò l’altra con il cuore in gola.
Era meglio arrivare subito al dunque, quando le ferite di entrambi ancora sanguinavano.
André serrò per un attimo la palpebra sana; poi si decise a parlare.
“Io ti amo, Oscar”, disse a voce bassissima. “Ti amo dal primo momento che ti ho vista, ma l’ho sempre nascosto. Sapevo dei tuoi sentimenti per Axel e ho condiviso con te la tua sofferenza nel perderlo prima come possibile findanzato e poi come amico. Ci tenevo troppo a te per rischiare di fare la stessa fine. Ero pronto a qualsiasi sacrificio, pur di restare al tuo fianco. Ma ora i tempi sono cambiati, tante cose stanno accadendo in questi giorni e io…non ce l’ho fatta più a nascondertelo, Oscar. Perdonami, se puoi”.
A quelle parole, la ragazza non seppe trattenersi oltre.
Con uno slancio, le sue labbra tornarono finalmente a immergersi in quelle di André.
Il ragazzo le prese il volto tra le mani, baciandola con tutta la passione che aveva in corpo.
Lei non lo respinse, abbandonandosi completamente a lui, finalmente donna, senza più maschere.
Quel momento di eternità venne improvvisamente interrotto da una serie di urla che esplosero dal salotto.
Allarmati, entrambi i ragazzi accorsero sul posto.
Maria Antonietta giaceva svenuta tra le braccia di Axel, davanti agli occhi esterrefatti di Nanny.
“Ho forse detto qualcosa che non andava?”, domandò la donna esterrefatta.
 
 
Buonasera! :)
Finalmente sono riuscita a riconciliare un po' i nostri personaggi: i sentimenti di André e Oscar sono usciti allo scoperto e anche il nostro buon vecchio Axel sta iniziando a fare i conti con il suo debole per Maria Antonietta.
Il problema ora è il pasticcio che ha appena combinato Nanny: cosa pensate che abbia detto ai nostri due innamorati?
Lo saprete giovedì prossimo, anche se non vi sarà difficile indovinarlo, visto l'ardente fervore rivoluzionario della signora Grandier...
Nel prossimo capitolo torneranno anche i nostri giovani innamorati, Louis e Rosalie, insieme ai loro rispettivi partner...come pensate che si risolva la questione tra loro?
Colgo l'occasione per ringraziarvi ancora per le vostre bellissime recensioni, il vostro affetto e il vostro entusiasmo nel seguire questa storia.
Siete già in molti a chiedermi di aggiornare più volte a settimana...Come vi ho già detto, mi piacerebbe molto, ma tra l'università e le altre storie trovo davvero difficile trovare il tempo per scrivere.
Preferisco davvero farvi aspettare qualche giorno in più, ma allo stesso tempo regalarvi un buon capitolo che fare le cose di fretta e male.
Voi che ne pensate?
Vi abbraccio tutti, uno per uno :D
A presto!

F.

Mi sono scordata qualcosa?
Giusto, il link della mia pagina Facebook: 
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