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Autore: _HalWill_    10/08/2008    4 recensioni
Lo scenario di un' imminente guerra interplanetaria. Due mondi opposti ma incredibilmente simili. Un ragazzo piombato dal nulla in una base militare, senza alcuna certezza, senza alcuna sicurezza, ma con la consapevolezza di fare la differenza nelle sorti della specie umana. Un giovane irriverente e spregiudicato, che lotta per una guerra in cui si è ritrovato, ancora inconsapevole del futuro e del proprio ruolo nella battaglia. L'incontro fra due anime sole e complementari, destinate ad un comune destino. Il sogno di una terra lontana dove poter vivere assieme, senza la guerra, senza a morte. L'amore, l'arma perfetta.
Genere: Romantico, Science-fiction, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chapter 14

Correva verso l’hangar senza fermarsi. Le figure attorno a lui si muovevano convulsamente, chi nella sua stessa direzione chi nel verso opposto.  Non capiva nulla ma andava avanti lo stesso.
E pensare che poco prima era sul suo letto, sdraiato. Aveva appena finito gli allenamenti e si stava riposando, dopo essersi fatto una doccia fredda. Era lì ed aspettava l’arrivo dell’altro che gli aveva promesso sarebbe venuto dopo essersi rinfrescato.  
Gli sembrava così strano quello che gli stava accadendo con lui. Non perché non avesse mai avuto una ragazza, ma perché si trattava proprio di lui, di Alex. Non gli pareva vero. Si sentiva euforico, vivo, pieno.
Ogni cosa che lo circondava gli ricordava il ragazzo, inevitabilmente, incomprensibilmente. Era sempre nei suoi pensieri e forse era per quello che voleva sempre più averlo anche fra le proprie mani. Rivedeva il visino delizioso del giovane far capolino dalla porta e sorridergli.
Era silenzioso e posato, riservato e timido. Quella dolcezza infinita l’aveva scoperta solo in quegli ultimi giorni anche se ne aveva ravvisato i segni già dal loro primo incontro.
Era scivolato nella stanza con quel suo corpicino esile ed elegante in ogni sua posa, in ogni suo movimento.
Aveva appena fatto in tempo ad abbracciarlo, mentre si era gettato imbarazzato fra le propie braccia. Lo aveva carezzato ed aveva tutta l’intenzione di rubargli un bacio.
In quell’istante era scattato l’allarme acustico. Le forze nemiche attaccavano in massa e bisognava muoversi. Non fece attempo a riguardarlo che gli sfuggì di mano, sgattaiolando fuori dalla porta.
Ed era lì ora, che correva a perdifiato con  la sirena che gli strillava nelle orecchie e il mormorio e le grida di allerta delle figure che gli scorrevano attorno. Varcò la gigantesca porta metallica e si ritrovò di fronte a due degli aerei. Corse verso il suo armadio e ne estrasse casco e guanti. Mentre se li infilava camminava velocemente verso il proprio velivolo, guardandosi intorno nella confusione caotica.   
Poco lontano il proprio sguardo fu catturato dalla testolina del biondo che lo fece fermare. Era poco distante da lui che si stava infilando il casco mentre parlava con altri due uomini. Avrebbe voluto avvicinarsi, almeno per salutarlo, per dirgli qualcosa, anche la più sciocca, ma non lo fece.
Qualcuno avrebbe potuto vederli. Si limitò ad osservarlo ancora per qualche istante.
Pochi secondi dopo era a bordo ed accendeva i motori. Mentre si sistemava il casco non poteva fare a meno di pensare che era la prima volta che vedeva Alex in azione. Una strana eccitazione lo percorse. Era curioso.
Aveva sentito da altri che aveva già partecipato a delle missioni, ma lui non aveva mai visto il ragazzo in nessuna di quelle circostanze. Finalmente avrebbe anche lui carpito quel suo aspetto finora a lui sconosciuto.
La lieve pressione della partenza, l’affievolirsi del motore. Attraverso i vetri non vi era più l’hangar chiuso, ma il cielo aperto. Uno squadrone da tre era poco lontano, partito da poco.
Qualcosa nelle sue orecchie fischiò.
- Hartnett mi sentite?
La voce lievemente eccitata e preoccupata era inconfondibile.
- Si, vi sento signore.
Il tono era rispettoso ma nascondeva una punta di malizia evidente.
- Ho Rodriguez sulla seconda.
La voce incrinata e lievemente ammonitrice.
Sorrise.
- Sono stati riscontrati attacchi nei settori 3 e 4 anche se più lievi; l’ala nord è sgombra e lo squadrone sette è diretto al settore 12 dove sono concentrate delle forze nemiche anche se in minor numero. Noi attaccheremo al 3 e 4, dove i neoterrestri sono in maggior numero.
Buona fortuna…
La comunicazione si interruppe.
Di lì a poco si sarebbe trovato all’inferno. Da lontano vedeva già i bagliori della battaglia.
Ad un tratto un rumore sordo; un boato e poi un’esplosione. Fu sbalzato in avanti contro i comandi ma le cinghie lo trattennero.
Qualcosa lo aveva colpito.
Rapidamente riafferrò i comandi stringendo i denti. Diede una rapida occhiata prima fuori dai vetri, poi sullo schermo magnetico di fronte a se.
Poco lontano da lui vi era uno che doveva appartenere al proprio squadrone, gli altri invece erano lontani dal raggio di almeno cinque chilometri. Tre velivoli sconosciuti lo accerchiavano, due alle spalle ed uno a destra.
Doveva liberarsi da quella situazione o ci avrebbero messo poco ad eliminarlo.
Trasse a se il volante. L’aereo virò improvvisamente verso l’alto. Si ritrovò sottosopra, nella direzione opposta. Avvertiva il proprio peso gravare sulle cinghie che lo stringevano.  Mantenne la cloche nella stessa posizione. Il velivolo fece un giro completo e si ritrovò di nuovo in posizione diritta, ma stavolta era dietro i nemici.
Vedeva le loro macchine.
Aprì il fuoco.
Ne colpì uno, ma l’altro lo evitò. Il terzo non lo vedeva.
Brutto segno.
Diede una rapidissima occhiata al radar, senza trovare segnale. Qualcosa passò a destra, fuori dal vetro.
Virò bruscamente per la seconda volta aprendosi sulla sinistra.  Schivò i colpi nemici per poco.
Un rumore strano, come confuso, metallico.
- …nett…Hartnett…mi sentite?…
William parve sorpreso al suono di quella voce interrotta dal soffio roco della comunicazione.
- Si, forte e chiaro signore!
- Ne rimangono due, cercate di non sbagliare.
Ce ne è uno alla vostra destra, io penso all’altro!
Quella voce lo aveva riportato alla realtà, lo aveva scosso dallo stordimento che come ogni altra volta gli provocava la battaglia.
Era arrivato Alex e lo aveva risvegliato.

Pochi minuti dopo era nell’hangar. Si tolse il casco e scrollò la testa.
Le forze nemiche avevano improvvisamente ripiegato e si erano ritrovati a volare soli.
Da quel che aveva sentito dalle comunicazioni i danni riportati non erano molti, anche se due velivoli erano stati abbattuti senza però gravi conseguenze ai soldati.
Giunse nello spogliatoio deserto dei piloti ed aprì il proprio armadietto abbozzato. Afferrò l’asciugamano ripiegato sul piccolo scaffale metallico e si asciugò la fronte ed il collo.
Ripensò alla battaglia. Alex era stato magnifico. Non aveva mai visto pilotare a quel modo un aereo. Era come se quel giovane potesse fargli fare qualsiasi cosa. Come se la macchina fosse l’estensione stessa del pilota.
Era stato incredibile. Non aveva mancato neanche un colpo. Aveva abbattuto i nemici con una semplicità impressionante.
Si passò una mano sulla fronte. Ora comprendeva che il ruolo ricoperto dal ragazzo non gli era stato affidato per errore. La sua intelligenza e la sua eccellenza nella tecnica lo rendevano un tutto con l’essenza stessa dell’aeronautica. Conosceva ogni cosa delle proprie macchine e di quelle nemiche. Poteva fare ciò che voleva, gestirle come meglio poteva ed abbatterle con tattica e precisione.
Aveva appena scoperto che quel suo lato freddo e sprezzante, audace e calcolatore gli piaceva.
Si era aperta ai suoi occhi un’altra porta che gli permetteva di penetrare nel mondo di quella creatura complessa e magnifica quale era Alexander.
Nel breve tragitto che lo separava dalla propria camera bevve un’intera bottiglia d’acqua.
Sapeva che gli ci sarebbe voluta un’oretta prima che si sarebbe ripreso del tutto. Sentiva anche un’acuto dolore alla testa. Forse sarebbe dovuto andare in infermeria da Cassidy. No, ci sarebbe andato domattina.
Aprì la porta con la password ed entrò.
La doccia non fece che aumentare il suo mal di testa.
Quando si sdraiò sul letto, con solo l’asciugamano addosso, il dolore era diventato atroce. Non si era mai sentito così male dopo un volo. Tentò di non pensarci, di distrarsi.
L’immagine del ragazzo pareva un buon aiuto. Vedeva il biondo sorridere, come nei film.
Si sentiva un po sciocco.
Lo vide parlare, voltarsi, lo ricordò mentre si allenavano, con l’espressione austera e contemplativa. Rivide il suo volto con l’aria persa di chi è immerso nei pensieri, nell’hangar prima della partenza.
Poi d’improvviso immagini che non avrebbe mai potuto ricordare.
La successione sempre più confusa e veloce. Brevi frammenti che si accavallavano, si sovrapponevano.
Non le aveva mai vissute.
Il rumore sordo di gocce che cadevano a terra. Il dolore tornava a martellargli la testa.
Il viso pallido, con gli occhi vitrei che fissavano il vuoto. Avvertiva delle fitte insistenti.
I capelli bagnati, attaccati al volto.
Una voce che gli parlava. Dapprima un sussurro, poi sempre più alta.
Avvertiva il peso di qel corpo fra le braccia, pesante come un macigno. Alter voci si sovrapponevano.
Un bisbiglio. Il viso del giovane lo guardava sorridente. Da vicino, da molto vicino. Vedeva bene i suoi occhi.
Lacrime. Piangeva. Abbassava lo sguardo.
Si sentì arpionare il braccio da una presa forte.
La testa stava per esplodergli.
Il corpo nudo, morbido sotto le sue mani. Il calore febbrile.
L’ansimare eccitato. Il sudore. Ancora voci. Grida ora.
Si strinse il capo con le mani serrando i denti.
Il respiro spezzato gli rimbombava nella mente. La voce rotta dai singhiozzi, dalla forza dello spasmo.
Mani.
Delle mani che gli sfioravano il viso. Il sangue vermiglio sparso ovunque. Tutto rosso, sporco, appiccicoso. Avvertiva la puzza del sangue. Le lenzuola macchiate.
Qualcosa c’era fra quella sporca seta.
Vide il proprio braccio tirare la stoffa fradicia.
Un corpo candido. Ancora.
In mezzo al sangue.
Il suo viso.
Lacrime rosse gli rigavano il volto.
Bussarono alla porta.
Il dolore si era placato d’improvviso, come smorzato. Si guardò attorno. Le lenzuola erano scombinate e l’asciugamano si era allentato. Era sudato.
Picchiarono nuovamente alla porta.
Si alzò risistemandosi il panno alla vita. Sentiva un nodo che gli stringeva la gola.  
Il visino pulito di Alex comparve dalla fessura.
- Ciao. Posso…?
William annuì confuso.  L’altro scivolò dentro silenziosamente mentre lui tornava a sedersi sul letto.
Il giovane aveva la guance colorite ed i capelli umidi. Gli sembrava più bello del solito.
Lui, un po’ timidamente si avvicinò al materasso e si sedette.  Assunse un’espressione lievemente stupita e preoccupata.
- Stai male? Sei pallido.
L’uomo si passò una mano sul volto, come per cancellare il ricordo degli ultimi minuti trascorsi. Poi porse una mano verso l’altro.
- Vieni qui…
Il biondo arrossì vistosamente e con aria imbarazzata ed innocente si avvicinò. Si sedette fra le gambe del moro e, inizialmente indeciso, si accoccolò fra le sue braccia, come un gattino voglioso di coccole.
Non era la prima volta che si trovavano così vicini e così intimi, ma era come se lo fosse.
- Ho solo un po di mal di testa. Tu stai bene?
Annui, alzando poi lo sguardo per fissarlo intensamente negli occhi.
- Dovresti farti visitare. Aspetta …
Si mise in ginocchio e poggiò la propria fronte contro quella di lui. Inizialmente parve concentrato in quello che stava facendo senza accorgersi di quanto fossero vicini i loro corpi.
William sorrise non potendo fare a meno di notare l’espressione intensa e pensierosa dell’altro.
Poi però il suo sguardo scese in basso. Solo in quell’istante si accorse di quanto fosse esile quel corpicino candido. Non indossava la divisa, ma una semplice t-shirt bianca un po grande per la sua misura, e dei pantaloni da ginnastica anche questi troppo larghi. Tuttavia, nonostante tutta quella stoffa inutile le forme apollinee del giovane erano inconfondibilmente evidenti. Possibile che fosse così perfetto?
Le braccia sottili scendevano lungo il corpo ed una di loro era aggrappata inconsciamente al suo avambraccio.
Tornò a guardare in alto.
Due occhi immensi lo osservavano. Fissi, puntati nei suoi.
Alex si allontanò bruscamente. Si era accorto di dove lo sguardo dell’altro aveva vagato.
Le guance colorite ancor più di prima. Abbassò lo sguardo.
William rimase immobile per qualche istante a squadrarlo, per nulla intimorito dal fatto di essere stato scoperto.
Poi tese la mano afferrando il braccio di lui con attenta delicatezza.
- Alex…hai paura…?
Non si mosse. Immobile, inginocchiato di fronte a lui con il volto basso. Il moro si sporse in avanti, afferrandogli il mento. Avvicinò il proprio viso cercando di scrutare l‘espressione del biondo.
- Non vuoi che io ti guardi? Non ti piace?
Attese qualche istante, ma non ottenne risposta. Sfiorò con le labbra la bocca dell’altro. Poi con la lingua si intrufolò, per poi trarlo a se. Lo premette sul proprio corpo assaporandolo intensamente. Il bacio divenne sempre più forte, sempre più intenso.  Solo quando il ragazzo gemette, allora se ne staccò.
Era finito di nuovo fra le braccia dell’uomo.
- Non mi vuoi parlare?
Il ragazzo si accoccolò nuovamente sul petto di lui. Il viso arrossato, gli occhi lucidi.
- Io non… non ho paura.
William gli diede un leggero bacio sulla fronte.
Quell’angelo era riuscito a cacciar via tutti i brutti pensieri ed ora lo teneva stretto a se, sentendone tutto il fresco calore, la stoffa ruvida sulla pelle ed il profumo intenso dei suoi capelli.
- Un giorno io e te faremo l’amore.

P.S. Hello! Scusate l'attesa ma ero via per le vacanze fino all'altro ieri. Allora, spero vi piaccia anche questo capitolo. Siamo entrati nel vivo della storia! D'ora in poi si spiegeranno più cose. Spero che continuiate a seguirmi fino alla fine.
E vi prego, anche due righe, anche solo una, commentate! Sapere cosa ne pensate mi aiuta ad andare avanti con la storia, anche perchè non ho ancora ben deciso come continuare. Quindi vi prego SCRIVETE. Grazie ^^
A presto.                                                                                                                  _HalWill_
  
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