Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: VahalaSly    11/06/2014    3 recensioni
Tra una più che incasinata famiglia, due amiche che non si rivolgono la parola a vicenda e la sua incapacità di formare una frase di senso compiuto davanti al ragazzo che le piace, Amanda non desidera altro che un po' di tranquillità.
Ma quando quello che riteneva un amico le si rivolterà contro, scatenando una reazione a catena di problemi, Amanda si ritroverà a doversi appoggiare all'ultima persona che si sarebbe potuta immaginare...
/Attenzione: è presente romance tra un minore e un adulto/
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Breathe Into Me

Capitolo Dodicesimo:
Verità

---


Amanda non avrebbe saputo dire per quanto rimasero lì a fissarsi, entrambi immobili. Forse ore, forse minuti, o forse per appena pochi secondi; la ragazza non si era nemmeno resa conto di essersi portata una mano alle labbra, coprendole con essa quasi non volesse lasciar sfuggire il sapore di Alessandro.

Finalmente quest'ultimo distolse lo sguardo, passandosi una mano sulla fronte. “Mi dispiace” disse in un sospiro, allontanandosi poi di qualche passo. “Mi dispiace” ripeté.

Amanda mosse qualche passo nella sua direzione, ma lui si allontanò ancora, afferrando la giacca e uscendo velocemente dalla cucina.

Lo sentì dire qualcosa a Roberta, la sua voce che risuonava nervosa mentre richiamava a sé Flash, ma fu solo al suono della porta d'ingresso che veniva chiusa che Amanda si sbloccò improvvisamente, muovendosi prima ancora di rendersi conto di quanto stesse facendo.

Corse verso la porta di ingresso, aprendola di scatto e superandola in fretta. Alessandro era già arrivato alla macchina, e teneva la porta posteriore aperta mentre Flash saltava sul sedile.

“Aspetta!” urlò lei, chiudendosi la porta alle sue spalle. Alessandro richiuse lo sportello, quasi non l'avesse sentita, ma lei lo raggiunse e gli afferrò l'avambraccio, obbligandolo a fermarsi.

“Ti prego” mormorò con voce rotta, “Aspetta”

Alessandro era ancora voltato, le spalle che si alzavano e abbassavano ritmicamente mentre faceva dei profondi respiri. Amanda temeva che sarebbe semplicemente salito in macchina, lasciandola lì senza una singola parola. Nessuno dei due sembrava prestare la benché minima attenzione alla pioggia che ora cadeva insistente, inzuppando i vestiti e nascondendo le lacrime.

“Non andartene, per favore” lo implorò Amanda, e sapeva che Alessandro avrebbe capito che non intendeva solo per quella sera. Lo vide sollevare le mani e passarsele sul viso, poi finalmente si voltò.

“Ho fatto un errore” disse, le gocce di pioggia che cadevano impietose sul suo volto “Un enorme errore”

Amanda fece come per avanzare, ma si fermò quando vide Alessandro ritrarsi. “Non deve essere per forza un errore” disse, ma la sua affermazione suonò più come una domanda.

L'uomo emise una risata amara. “Che razza di persona sarei se non lo considerassi tale? Cazzo Amanda, hai diciassette anni!”

“Non deve per forza ripetersi. Quello che è successo stasera... non voglio...” perderti, perché il solo pensiero mi sta uccidendo. “Posso dimenticare il bacio, posso fare finta che non sia mai successo”, questo non era vero, ma era disposta a fingere.

Lo sguardo di Alessandro si indurì, e per un attimo Amanda si ritrovò ad esserne spaventata.

“Io non ti ho baciata” disse con voce incolore, quasi stesse recitando un copione. La ragazza corrucciò le sopracciglia, confusa: non capiva dove volesse arrivare. Era forse deciso a fingere da subito? O voleva davvero convincerla che si era immaginata quanto era appena successo? Non credeva avrebbe mai potuto riuscirci, non quando il calore delle labbra di Alessandro non accennava a lasciare le sue, non quando la pressione delle sue mani era ancora ben presente su di lei.

Alessandro abbassò per un istante lo sguardo, la mandibola serrata in una morsa. Quando lo risollevò, una nuova risoluzione sembrava brillarvi “Non sei tu quella che ho baciato”
“Cosa-”
“In queste ultime settimane, più ti frequentavo più sentivo c'era qualcosa che in te che mi attirava” la interruppe, dando un leggero colpo alla macchina. “Credevo mi ricordassi mia sorella, credevo che il bisogno di starti vicino che provavo fosse solo affetto, niente di più” disse, scuotendo poi la testa con rabbia “Ma è ormai da settimane che so la verità, ho solo finto di non vederla, ho finto per non costringermi a fare quello che dovevo fare”.Prese un respiro, mentre Amanda tratteneva il suo.“Non è mia sorella quella che mi ricordi” sussurrò, quasi se ne vergognasse “E' Veronica”

Amanda spalancò gli occhi, sentendo un improvviso dolore al petto. Avrebbe voluto fermare Alessandro, avrebbe voluto chiedergli di smetterla, di non aggiungere una sola parola, ma lui non lo fece.

“Il bacio che c'è stato tra noi era solo una bugia, un'illusione creata da un ricordo che si ostina a non svanire. Ho baciato un sogno, ma tu non sei Veronica, e io non ho più diciassette anni.

Mi dispiace di averti illusa, di essermi comportato in maniera così irresponsabile. Tutto quello che c'è stato tra noi è un errore, un enorme sbaglio che vorrei dimenticassi, per il bene di entrambi”

“Quindi cosa dovrei fare?” domandò Amanda, non cercando più di nascondere le lacrime, e sapendo bene che Alessandro avrebbe potuto facilmente distinguerle dalla pioggia “Non rivolgerti più la parola? Fingere di non conoscerti?”

“Certo che no” disse lui, raddrizzando appena le spalle “Sono il tuo professore, e questo dovrà essere il nostro rapporto. Almeno finché non me ne andrò”

“Sei crudele”

“Non è crudeltà” sbottò, ed era chiaro quanto nemmeno lui credesse a quelle parole, “Sto solo facendo la cosa giusta!”

“E in che modo? Ferendomi? Trattandomi come se fossi la peggior cosa che ti sia mai capitata?!”

“Lo sei!”

Questa volta fu Amanda ad indietreggiare, il cuore che batteva dolorosamente nel petto. Non appena quelle parole lasciarono la bocca di Alessandro, l'uomo chiuse gli occhi, posandosi una mano sulla fronte. “Non intendevo-”

“No, non è vero” disse lei, senza nemmeno sapere dove stava trovando la forza per parlare ancora, quando non sembrava essere rimasta aria nei suoi polmoni. “E' proprio quello che intendevi”

Si allontanò ancora di qualche passo, lo sguardo di Alessandro ora fisso su lei, le sue labbra sigillate.

“Vai via, per favore” disse Amanda, in quello che era poco più di un sussurro, appena udibile sotto lo scrosciare della pioggia. Alessandro tuttavia sembrò sentirla, perché si voltò nuovamente verso la macchina, il respiro pesante. Posò una mano sulla maniglia della portiera, ma poco prima di aprirla si girò nuovamente. Allungò di poco una mano verso la ragazza e aprì appena la bocca, quasi volesse dire qualcosa, ma finì solo per fissarla in silenzio per qualche secondo. Finalmente distolse lo sguardo, salendo veloce in macchina e allontanandosi in retromarcia. In pochi secondi sparì.

Solo a quel punto Amanda si lasciò cadere a terra, scossa dai singhiozzi.




I giorni successivi passarono immersi nella nebbia.

La domenica, Amanda si svegliò sicura di aver sognato la serata precedente, poiché il solo pensiero che potesse essere successa davvero le dava la nausea. I vestiti bagnati accasciati sulla sedia e il brutto raffreddore la convinsero del contrario, lasciandola in uno stato comatoso per il resto della giornata. Per quanto continuasse a rivivere quegli ultimi istanti con Alessandro, per quanto continuasse a ripetere le sue parole nella mente, non riusciva ad accettare che fosse accaduto a lei. Era come se avesse visto un brutto film che a tradimento le aveva strappato via il lieto fine. Triste, ma non personale.

Roberta non le chiese mai perché era rientrata dopo più di un'ora completamente fradicia, né perché Alessandro se ne era andato in tutta fretta, e Amanda preferì così: non avrebbe saputo cosa inventarsi, non sapeva nemmeno se avrebbe avuto anche solo la forza di provare ad inventarsi qualcosa. Il lunedì mattina arrivò troppo in fretta. Amanda pensò di non andare a scuola; non era sicura di essere pronta a trovarsi davanti Alessandro, temeva che incontrarlo l'avrebbe obbligata ad affrontare la verità. Come un'automa si alzò dal letto, obbligandosi ad uscire di casa. Sapeva bene che più a lungo avesse rimandato quel momento più difficile sarebbe stato. Inoltre, era inutile negarlo, per certi versi nutriva ancora la speranza che Alessandro avesse deciso di aver commesso un errore e la fermasse per i corridoi per chiederle perdono.

Anche se quello avrebbe voluto dire ammettere che quel sabato non era stato solo un incubo.

Non ricordava di essere più stata così male al pensiero di entrare in classe da quando era successa la storia con Mirco, solo che ora non erano i compagni quelli di cui doveva preoccuparsi, ma la bomba ad orologeria dentro di lei pronta ad esplodere da un momento all'altro.

Passò le prime quattro ore a fissare il vuoto, incapace di ascoltare una sola parola di quello che veniva detto in classe. Annuì un paio di volte quando sia Giulia che Paolo che chiesero se andava tutto bene, poi a ricreazione rimase in classe con la scusa di avere mal di testa, posando la testa sul banco e chiudendo gli occhi, sentendosi trascinare sempre più giù da quell'oscurità che tanto aveva temuto fino a qualche giorno prima. Ora non capiva più il motivo di tanta paura.

A metà della quarta ora, una bidella entrò in classe annunciando che il professor Navarra era assente quel giorno, perciò avrebbero avuto un'ora buca. Amanda si sentì inizialmente sollevata alla notizia, quasi stesse portando un peso sullo stomaco del quale non era a conoscenza, ma con il passare dei minuti sentì crescere un disagio sempre maggiore. Era davvero così codardo? Non era stato forse lui a dire che avrebbero dovuto comportarsi come se nulla fosse accaduto? La odiava davvero tanto da non volerla nemmeno vedere?

Ed improvvisamente, ecco che la nebbia si dissolse.

Amanda si alzò di scatto, uscendo dalla classe prima che qualcuno potesse anche solo rendersene conto. Non si fermò ad ascoltare la professoressa che richiamava il suo nome, correndo il più velocemente possibile per i corridoi, la vista sempre più sfocata. Superò i bagni senza degnarli di un'occhiata, sapendo bene che questa volta non sarebbero bastate quelle quattro mura a contenere il dolore che stava provando. Quasi si lanciò fuori dalle porte della scuola, continuando a correre anche una volta uscita nel parcheggio, nascondendosi tra una macchina e la siepe. Fu solo dopo essersi inginocchiata che finalmente riuscì a lasciarsi andare al pianto, più debole di quello di sabato eppure immensamente più doloroso.

Era stata così stupida, così stupida! Sapeva quello che sarebbe successo, sapeva quello che stava rischiando, eppure aveva lasciato ad Alessandro tutto il potere di distruggerla. Non poteva credere di aver affidato così facilmente la sua felicità nelle sue mani, quando l'aveva sempre tenuta ben nascosta perfino ai suoi più sinceri amici. Ora improvvisamente capiva anche perché era stata attratta così tanto da Paolo, e perché perderlo l'aveva lasciata tanto indifferente: lui era stato un porto sicuro, un posto in cui riporre le proprie speranze e lasciarle germogliare, un'ancora a cui aggrapparsi nei momenti di difficoltà. Perdere Paolo era stato come perdere un pezzo intercambiabile nel momento in cui non aveva più la sua utilità, pronta a sostituirlo con uno più adatto. Ma invece di rimpiazzarlo con un punto fermo, Amanda era stata così ingenua da aggrapparsi ad una trave che andava alla deriva, lasciandosi trascinare in un'acqua sempre più alta ed inesplorata; ed ora che la trave si era inabissata, lei non aveva le forze per restare a galla. Il pensiero di lasciarsi andare improvvisamente non era più così spaventoso, ed era proprio questo che invece terrorizzava Amanda. Aveva resistito per così tanto, e ora buttare via tutti quegli sforzi sembrava così semplice.

Forse non era un'idea così sbagliata. Forse era arrivato il momento di gettare la spugna. Non aveva forse diritto anche lei ad un po' di felicità, un po' di pace? Nessuno si sarebbe accorto della differenza, non era mai stata così importante. Forse Giulia e Michela avrebbero sentito la sua mancanza per un po', ma poi non ci sarebbe voluto loro molto tempo perché passassero oltre, e i suoi genitori ne sarebbero forse addirittura stati sollevati: Roberta era una figlia molto migliore. Roberta. Il solo pensiero della sorella le riportò un po' di serenità, ma anche di preoccupazione. Cosa avrebbe pensato Roberta di lei? L'avrebbe odiata per averla abbandonata? Sarebbe cresciuta pensando di non essere stata abbastanza per sua sorella?

Ma Roberta era abbastanza. Roberta era tutto. Amanda non avrebbe potuto immaginare una vita senza di lei. Eppure eccola lì, a reputare il pensiero di un solo uomo più importante dell'amore di sua sorella.

Avrebbe mai davvero avuto il coraggio di lasciarla da sola, quando sapeva benissimo che aveva bisogno di lei? Come poteva anche solo pensare di fare una cosa del genere, di tradire in questo modo la sua fiducia?

D'un tratto, i pensieri che aveva avuto appena qualche istante prima le parvero incredibilmente stupidi. Non riusciva a credere di aver davvero preso in considerazione l'idea di... era così assurdo. La sua vita non era mai stata facile, e lei lo sapeva bene, ma aveva sempre tenuto duro, per sua sorella e per la speranza di un futuro migliore, lontano da quella vita.

Era davvero bastato Alessandro a farla cedere? Era così davvero così fragile?

No, lei non si sarebbe arresa. Non ancora, non per così poco.

Le lacrime le si erano ormai seccate sulle guance quando Giulia la trovò, tirando un sospiro di sollievo non appena la vide. Senza dire una parola le si sedette accanto, appoggiandosi con la schiena contro la macchina.

"Mi dispiace" mormorò Amanda, chiudendo gli occhi. Non sapeva bene per cosa si stesse scusando, se per lo spavento che le aveva probabilmente fatto prendere, per l'essere un'amica così terribile, o per tutte le bugie che le aveva raccontato. Forse per tutte e tre.

"Niente di cui scusarti" disse Giulia, poi prese un respiro "Ne vuoi parlare?"

"Non proprio, no"

L'amica non insistette, ma Amanda poté chiaramente sentirne lo sguardo fisso su di sé. Riaprì gli occhi, sapendo bene che erano ancora rossi e gonfi di pianto. "La Liviani se l'è presa molto?"

"No, era solo un po' perplessa. Mi ha detto di venire a cercarti, poi ha ripreso a spiegare la sua lingua aliena. Quella donna non ha emozioni. E' un robot. Questo spiegherebbe anche in effetti come faccia a scrivere tutte quelle dimostrazioni in dieci minuti"

Amanda suo malgrado ridacchiò.

"Credi che dovrei rientrare?"

"Nah. Sono e cinquanta, tra dieci minuti abbiamo l'ora buca. Nessuno si accorgerà che non siamo tornate"Un nuovo peso si abbatté su Amanda, ricordandole il perché avevano quell'ora buca, ma lei si sforzò di scacciarlo via.

"E' Matteo, non è vero?"

Gli occhi di Amanda si spostarono immediatamente su Giulia, che ora la guardava piena di consapevolezza. Le ci volle qualche istante per ricordarsi chi fosse Matteo, un'altra delle sue bugie. Era incredibile come nonostante tutte le sue menzogne, Giulia riuscisse comunque sempre a capire cosa le passava per la testa.

"Davvero, non voglio parlarne" ripeté, sentendosi come sull'orlo di un burrone, un sottilissimo filo a reggerla e il vuoto sotto i piedi.

Giulia emise uno sbuffo, scostandosi i capelli dalla faccia "Non puoi sempre fare così! Fa male, lo sai? Tenersi tutto dentro. Ti consuma, ti corrode, ti fa sentire sempre più sola. Tu non sei sola, Amy. Ci sono io, c'è Michela" la sua voce suonò appena sarcastica quando pronunciò il nome della ragazza, "Di cosa hai paura, si può sapere? Di essere giudicata?"Amanda osservò l'amica con stupore. Aveva sempre pensato che per Giulia fosse completamente ok con il fatto che non si parlasse dei loro problemi, eppure in quel momento Amanda si ritrovò a chiedersi se forse non l'avesse semplicemente tollerato per tutto quel tempo, forse in attesa che fosse proprio lei a fare il primo passo. "Non..." cominciò, incapace di riordinare i pensieri. Giulia sembrò notare la sua difficoltà, addolcendo l'espressione e sfiorandole la spalla con una mano. Era forse la prima volta che vedeva l'amica così seria.

"Io non voglio obbligarti a confidarti con me" sussurrò, la voce appena udibile "Voglio solo che tu sappia che ci sono, e che qualunque cosa ci sia che non va, tu puoi parlarmene"

Non era la prima volta che sentiva parole simili. Il pensiero le fece stringere i denti. Quante parole, quante buone intenzioni, ma c'era forse qualcuno che le intendeva davvero? Qualcuno che fosse pronto a non voltarle le spalle alla prima occasione, lasciandola a pezzi senza voltarsi neanche una volta indietro.

Improvvisamente si sentì arrabbiata. Incredibilmente arrabbiata. Non era sicura di essersi mai sentita così prima d'ora. Non contro sua madre, non contro suo padre, nemmeno contro se stessa.

"A cosa serve?" sbottò, gli occhi che le pizzicavano fastidiosamente. Odiava la sua incapacità di trattenere il pianto, ma in quel momento non se ne interessò, il cuore che le batteva furioso in petto. "A cosa serve convincersi che non si è da soli? E' una bugia, lo so io, lo sai tu. Noi siamo soli, siamo tutti soli. E a nessuno interessa davvero di noi.

Per quanto tutti fingano. Per quanto tutti vogliono mostrarsi pieni di premura, pronti a correre in tuo soccorso, è tutta una farsa. Il momento in cui avrai bisogno del loro aiuto, saranno spariti tutti. Nel momento in cui avrai deciso di fidarti di loro, in cui ti sarai finalmente appoggiata, loro saliranno sulla loro macchina senza nemmeno degnarti di un'occhiata, lasciandoti sotto la pioggia mentre ti dicono che sei la peggior cosa che gli sia mai successa!"

Era il turno di Giulia di osservarla con gli occhi spalancati e pieni di sorpresa.

"E io sono stanca. Sono stanca Giulia. Non voglio più soffrire, per favore" la voce le si ruppe, e l'amica le si avvicinò, stringendola in modo che Amanda potesse poggiare la testa sulla sua spalla.

"Mi dispiace" mormorò piano "Non lo sapevo. Mi dispiace"Lasciò passare qualche secondo, poi finalmente parlò ancora "Non sono tutti così, Amy. Non tutti. Ti prego, non chiuderci tutti fuori. Io sono qui, e ci sarò sempre. Sei la mia migliore amica, e non c'è nulla al mondo che potrebbe mai convincermi a lasciarti sola"

"Non esiste nessun Matteo"

Quello di Amanda era stato poco più di un sussurro, ma Giulia la sentì comunque. Si distanziò appena, quel tanto che bastava per riuscire a guardarla negli occhi. "Come?"

"Matteo non esiste" ripeté allora la ragazza, chiudendo gli occhi per la vergogna. Non sapeva perché glielo stava dicendo, perché proprio ora. Forse voleva solo che Giulia una volta scoperte tutte le bugie la odiasse, provando così che Amanda aveva ragione.

O forse voleva che non lo facesse.

"Lui-?"

"Esiste qualcuno" precisò, guardandosi le mani intrecciate "E quello che ti ho raccontato, le cose che sono successe, erano quasi tutte vere"

L'espressione di Giulia era illeggibile, e Amanda per un istante desiderò non aver mai parlato."Ma?"

"Ma non si chiama davvero Matteo, e non è un collega di mio padre"

"Hai intenzione di dirmi chi è?"Amanda annuì, poi si bloccò. Aveva davvero intenzione di farlo? Questo segreto non apparteneva solo a lei. Se Giulia avesse deciso di non mantenere il segreto, lui avrebbe potuto passare dai guai seri. Non importava quanto avesse sofferto per colpa sua, non poteva permette che un errore gli rovinasse la vita.

"E' molto importante che tu non lo dica a nessuno" disse, puntando lo sguardo su quello dell'amica "E' importante che nessuno venga mai a saperlo"

Giulia corrucciò appena le sopracciglia "Amanda, in cosa ti sei andata a cacciare?"

"Promettilo e basta. Ti prego"

Giulia la osservò con diffidenza ancora per un istante, poi annuì "Lo prometto"

"Devi capire che è successo per sbaglio" si ritrovò a dire Amanda, scuotendo appena la testa "Mi ha vista in difficoltà, mi ha aiutata, poi sono capitati altri incontri... è stato un caso, Giulia, un enorme coincidere di eventi. Né io, né sopratutto lui, ci saremmo mai potuti aspettare... e l'altro ieri sera, quando mi ha baciato..."

"Vi siete baciati?"

Amanda annuì, mordendosi le labbra nel tentativo di impedire loro di tremare "Se ne è pentito immediatamente. Mi ha detto che l'ha fatto solo perché gli ricordo una sua vecchia fiamma, poi mi ha accusato di essere la peggior cosa che gli sia mai capitata"

La sua voce suonò quasi robotica a quelle parole, lo sguardo fisso davanti a sé.

Giulia la guardò con occhi sbarrati "Che brutto figlio di..."

"Voglio solo che tu capisca che non era qualcosa che lui voleva, non era qualcosa che lui ha cercato. E' stato un enorme errore, ma se qualcuno venisse a saperlo... nessuno lo capirebbe, e le conseguenze per lui sarebbero enormi"

"E se lo meriterebbe! Dimmi solo chi è, giuro che vado personalmente a prenderlo e-"

"No! Niente del genere. Prometti!"

L'amica sospirò, poi annuì "Sì, sì. Prometto. Permettimi almeno di lanciargli una maledizione voodoo"

Amanda sorrise appena. Dopotutto, forse Giulia aveva ragione: si sentiva già molto meglio. Ora non restava che dire il nome. Non era difficile, giusto?

"Alessandro" disse, e fu come quasi lasciare andare un enorme peso "Il suo nome è Alessandro"

"Nome da stronzo"

Amanda lanciò un'occhiataccia all'amica, ma questa sembrava troppo impegnata a pensare per rendersene conto.

"Non credo proprio di conoscere qualche Alessandro" disse poi, scuotendo la testa "Beh, certo, a parte l'amico che tua sorella voleva venisse alla festa"

Amanda abbassò appena lo sguardo, e Giulia emise un suono schifato "Ommioddio Amanda, non avrai mica baciato un bambino di sei anni!"

La ragazza cadde dalle nuvole "Cosa? No! Mio Dio, no! Non è veramente un amico di mia sorella... più o meno"

"Definisci più o meno"

"Non ha sei anni, ok? Ne ha ventotto"

Giulia storse la bocca "E tua sorella ha un amico di ventotto anni perché..."

Amanda abbassò con forza le braccia, roteando appena gli occhi "Ci siamo incontrati parecchie volte, e qualche volta c'era anche mia sorella. Tutto qui"

"Quindi quella dell'essere un amico di tua sorella era una scusa"

"Certo. Non potevo ammettere chi fosse lì davanti a mio padre" disse Amanda, e non ci fu bisogno di precisare che non avrebbe potuto dirlo nemmeno davanti a Giulia perché l'amica lo capisse.

"Non potevi ammetterlo? Quindi lo conosco davvero. Ma com'è possibile? Sono piuttosto sicura di non conoscere nessun-" Giulia si bloccò all'improvviso, spalancando gli occhi. Quando il suo sguardo tornò a posarsi su Amanda, era carico di incredulità.

"Amanda, qual è il cognome di Alessandro?"

La ragazza lasciò passare qualche secondo, poi sospirò, distogliendo lo sguardo da Giulia. "Alessandro Navarra"




N.d.A.: Colpo di scena: sono viva!
A malapena ad essere onesti, reduce dal mese scolastico più infernale di sempre e 800mila colloqui di lavoro, ma ci sono!
Mi dispiace avervi fatto aspettare così tanto per questo capitolo, che non è neanche sto granché, lo so, ma ho avuto oltre agli impegni anche un gigantesco blocco. Avete presente quel momento in cui cominciate a leggere quello che avete scritto e venite presi da un attacco di malaria? Ecco.
Ero stufa comunque di lasciarvi qui ad attendere, perciò mi sono fatta forza e ho buttato giù il capitolo ( le cui due metà sono state scritte con un mese di differenza l'una dall'altra, quindi abbiate pietà se notate qualche incongruenza).
Spero che vi piaccia comunque, e non perdete le speranze: le vacanze sono iniziate, e ora ho tutto il tempo del mondo per scrivere <3
Al prossimo capitolo!

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: VahalaSly