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Autore: lili1741    11/08/2008    3 recensioni
Un'Antoinette che è un misto tra quella di Lady Oscar, del film di Sofia Coppola e di quella storica si trova a vivere in meno di sei mesi la perdita dei suoi due amatissimi Joseph...
Genere: Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Marie Antoinette, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non è poi difficile obbedire alle regole stabilite, pensò Antoinette. La vera difficoltà sta nel darsi delle regole, e seguirle, quando vivi in un posto che non ne ha.

Pensò ai suoi fratelli, tutti monarchi e regine, tutti bravissimi a rispettare regole, o a fondarne di nuove più umane, più pietose, più giuste.

Non si può vivere senza regole come ho fatto io, concluse.

"Ne avete di regole qui in Francia..." le tornò in mente il commento acido di suo fratello l'Imperatore, in visita tanti anni prima a Parigi. "Avete delle regole addirittura sull'ordine delle persone che possono visitare la Regina quando si sveglia, ma nessuna che ponga un freno ai vostri sperperi. Non si può vivere senza regole morali."

Antoinette cercò di giustificarsi pensando che la Francia non era l'Austria. In Austria le regole c'erano, tutti obbedivano loro, anche lei stessa durante la sua gioventù a Vienna non aveva mai disobbedito a quella madre, Maria Teresa, che aveva sentenziato che le sue figlie erano "nate per obbedire". Ma per obbedire a cosa? Si chiese lei. Se si riferiva alle stupide regole di bon-ton che scandivano la vita di corte, Antoinette era la più obbediente delle sue figlie. Mai che avesse fatto una gaffe, mai che avesse trattato scortesemente un cortigiano. Eppure, ogni volta che incontrava uno dei suoi fratelli, o leggeva una sua lettera, Antoinette sentiva che loro vivevano in un modo del tutto diverso, con un codice morale del tutto interiorizzato fatto di moderazione, parsimonia, ragionevolezza. Un codice che lei ammirava e si sforzava di seguire per uno o due giorni dopo quei contatti, per poi tornare a perdersi nella sfarzosa vita di corte non appena l'influsso di quei fraterni precettori spariva dalla sua coscienza.

"Maestà, il Delfino Joseph ha avuto un attacco..."

La voce di Oscar alle sue spalle la fece trasalire. Non era la solita voce forte e sicura che l'aveva sostenuta in mille situazioni. Il colonnello aveva il tono mesto di chi ha perso ogni speranza ed i suoi lucidi occhi celesti svelavano un'intima commozione.

"Portatemi da lui" chiese Antoinette, alzandosi dalla morbida poltrona di velluto su cui erano stati ricamati dei gigli di Francia.

Antoinette percorse il lungo corridoio che separava la propria stanza da quella dove il figlio prediletto viveva i suoi ultimi giorni al braccio di Oscar, quel fidato, perenne sostegno. Gli sguardi di tutta Versailles erano puntati su di lei, oggetto di odio per nobili, clero e plebe.

"Quella gallina austriaca..."

"Non è francese, e si vede. Guardate come ha chiamato il figlio, Joseph come il fratello imperatore, se fosse per lei il nostro paese sarebbe subordinato all'Austria..."

"Un giorno ci tradirà, chiamerà il fratello perché c'invada quando avrà prosciugato tutti i soldi dello Stato per dare feste con i suoi turpi amici..."

Quelle voci che non si curavano neanche più di limitarsi ad essere sussurri la offendevano, la ferivano, ma in quel momento tutto era secondario rispetto al suo Joseph, il figlio su cui aveva concentrato le sue speranze ed il suo affetto.

Entrò nella sua stanza. Il bambino si era addormentato, ed il suo petto si alzava e si abbassava violentemente nel tentativo sempre più disperato di respirare.

"Ha superato questo attacco" le disse il medico, seduto al capezzale del piccolo moribondo. "Ma come sapete non sopravviverà ancora a lungo."

Antoinette accarezzò lievemente i capelli biondi e madidi di sudore del figlioletto, piangendo in silenzio. Aveva sempre considerato quel bambino solo suo, come se il Re non avesse alcun legame di sangue con lui. Joseph era biondo, pallido, aveva gli occhi azzurri degli Asburgo, somigliava a lei soltanto e alla sua famiglia. Era un bambino dolce e buono, sarebbe stato un re capace e pieno di moralità come i suoi fratelli.

"L'avete chiamato così in onore a vostro fratello, vero Maestà?" le chiese Oscar, guardando il tondo contenente il ritratto dell'Imperatore Joseph appeso proprio sopra al letto a baldacchino su cui giaceva il bimbo regale.

"Sì..." sussurrò lei con le lacrime agli occhi.

Oscar spostò rapidamente più volte lo sguardo da quel ritratto al bambino, con il cuore gonfio di dolore per Joseph, che aveva tante volte visto giocare, cavalcare e ridere nei giardini reali ed adesso erano mesi che non faceva che tossire.

"Somiglia molto a Sua Altezza Imperiale." concluse il colonnello, guardando la regina con tenerezza quasi materna.

Antoinette cominciò a tremare.

"Io me ne rallegravo quando è nato, Oscar... sarà il Re che salverà la Francia, mi dicevo... ed a ogni anno che passava trovavo nuove somiglianze con mio fratello: gli zigomi alti, la passione per la caccia... finché un anno la nuova somiglianza non è stata la tisi congenita. Ma mio fratello ha quarantotto anni, mentre questo bambino innocente non ne ha che otto..."

Forse Dio voleva punirla. L'Essere che era l'Ordine, l'Armonia, la Perfezione non poteva tollerare la sua condotta empia. Ma non riusciva a credere che Dio fosse così malvagio da volerla punire attraverso il suo Joseph, quella creaturina che aveva amato con un amore tutto particolare dal primo momento in cui l'aveva vista. I suoi primi passi, la sua prima parola: "maman" erano stati momenti di gioia divina, di speranza, e aveva creduto allora nel perdono di Dio.

"Maestà, una lettera dall'Austria." la avvertì una voce alle sue spalle. Era uno di quei tanti, indistinguibili lacchè con la divisa gigliata che affollavano Versailles, ma l'interesse di Antoinette ne fu catturato perché costui porgeva una lettera con il sigillo degli Asburgo, che nei giorni felici a Vienna era stato anche il suo.

" Antoinette, mia sorella diletta, tu sei l'unica donna che mi abbia mai capito interamente, ma non mi hai ascoltato mai. Non si può andare avanti così: se non la previeni, l'insurrezione del tuo popolo sarà terribile, ed io non ti potrò più aiutare. Il medico dice che mi rimangono sei mesi, ma il mio corpo stanco sussurra maligno: non più di tre! Io voglio dire addio alla sorella che, appena pochi giorni dopo la sua nascita, ho tenuto in braccio davanti al fonte battesimale, quando ho capito che tra noi ci sarebbe stato un legame speciale. Obbediscimi in quello che ti chiedo ora, fai richiamare Necker, docile come la bambina che sedeva a teatro nel mio palco, seria e compunta per la sua dignità di Delfina. Esaudisci l'ultimo desiderio di tuo fratello che muore, e che purtroppo non ti rivedrà mai più.

Tuo per sempre,

Josef"

Antoinette si mise a tremare ancora più intensamente, con uno sguardo che sembrava quello di un condannato a morte.

"Maestà, maestà!" invocò Oscar, senza ricevere risposta.

Antoinette gemeva di dolore guardando quel letto con i cuscini macchiati di sangue color cremisi, stringendo con forza tra le mani quella lettera macchiata di sangue più scuro, perché ormai seccatosi. Poi cadde, mentre Oscar prontamente la afferrava prima che si schiantasse al suolo e chiamava a gran voce il dottore reale.

Il piccolo Joseph, svegliatosi per i suoi gemiti e le grida di Oscar, la guardava con l'aria spaurita di chi sta per essere ghermito dalla morte; Oscar la guardava spaventata come mai prima d'ora; la folla di parassiti fuori dalla stanza la guardava con disprezzo; l'Imperatore Joseph, il suo caro fratello, dal quadro guardava invece verso Est, indicandole l'Austria felice della sua infanzia, a cui Antoinette per un attimo pensò che sarebbe tornata, come ricompensa di Dio per il suo così straziante dolore.

È la fine, pensò. E invece era solo l'inizio.

  
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