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Autore: Mariam Kasinaga    18/06/2014    1 recensioni
Darui si appiattì nell’ombra del corridoio, quando sentì i passi frettolosi di alcuni soldati camminare nella sua direzione. Il rumore metallico delle loro armature risuonava nel silenzio, mentre le loro voci si sovrapponevano una all’altra: “Sua Maestà è morto! Dobbiamo trovare il Principe!” continuavano a ripetere.
Genere: Fantasy, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3: L’assassino cadrà in ginocchio

Lo schiaffo risuonò all’interno della stanza: “Le mie intenzioni? Chi sei tu per chiedere ad un re quali sono le sue intenzioni?” domandò Dwen ad alta voce.
L’assassino incassò il colpo: “Perdonatemi, Vostra Altezza. Volevo sapere se avevate ancora bisogno di me” mormorò, inchinandosi leggermente. Di scatto, l’altro lo afferrò per i capelli, costringendolo ad alzare lo sguardo: “Io ho sempre bisogno di te” replicò, sfiorandogli con l’altra mano la guancia che aveva colpito.
Darui sapeva perfettamente cosa stavo capitando al Re: dal giorno dell’incoronazione, poche settimane prima, i sintomi della malattia del doppio si erano nuovamente ripresentati. Il suo Signore si aggirava per il castello come un’anima in pena, dispensando sorrisi e punizioni senza alcuna logica, alimentando i pettegolezzi di corte. Eppure, anni prima, i guaritori avevano sostenuto con la più assoluta certezza che fosse completamente guarito. Dwen aveva trascorso gran parte della sua vita cercando di mantenere la malattia sotto controllo, nascondendola dietro alla facciata di un uomo freddo e pacato, ma nelle ultime settimane la corazza che si era pazientemente costruito stava inesorabilmente cadendo a pezzi.
Entrambi erano immobili, uno intento ad osservare gli occhi dell’altro. Ad un tratto, il ragazzo tentò di sottrarsi a quel contatto, cercando di riprendere il controllo del proprio corpo, nonostante l’odore penetrante dell’uomo si stesse insinuando fin nel cervello.
Lo voleva. Era inutile negare l’evidenza, lo desiderava da tempo. Aveva sentito quella strana sensazione nascere in lui giorno dopo giorno, stando sempre al suo fianco.
No, non era il semplice desiderio ciò che lo tormentava la notte, era amore.
Avrebbe potuto farlo suo in ogni momento, anche solo per una notte. Non avrebbe incontrato difficoltà a prendere il suo Signore, trascinarlo nel letto e far di lui ciò che voleva, prima di essere messo a morte. Però, quando lui sarebbe stato nient’altro che un cadavere, l’unico che non l’aveva mai insultato per il suo sangue misto, sarebbe rimasto completamente solo.
“Sempre ai vostri ordini, Maestà” disse, svincolandosi dalla presa. Dwen lo stava guardando con un’espressione divertita, le labbra increspate in un sorriso, quasi avvertisse l’imbarazzo dell’altro.
“Voglio dare a questa gente un grande re. Un monarca che venga ricordato per secoli nelle ballate. Per riuscire in questo, ho bisogno del tuo aiuto” concluse, appoggiando una mano sulla spalla del ragazzo.
Lentamente, percorse con il dito indice lo zigomo dell’assassino, scendendo dolcemente fino al collo e alla clavicola. Darui annuì lentamente, mentre gli sembrava di aver consumato ogni grammo di ossigeno nella stanza. Ogni singola cellula del suo corpo gli ordinava di assaggiare quella bocca così invitante, quel corpo così esile che avrebbe potuto rompere in qualsiasi momento. Per un attimo, nel momento il cui il suo Signore sfiorò i lacci della casacca, fu tentato di allontanarlo ed uscire dalla stanza, cercando sollievo nell’oscurità della notte. Prese il volto dell’altro tra le mani e, per un momento che gli sembrò eterno, fissò quel volto pallido che gli avvenimenti degli ultimi giorni avevano reso ancora più emaciato.
“Sono il più fedele dei vostri servi” sussurrò, appoggiando le sue labbra a quelle del Re. Gli occhi di Dwen si sgranarono dallo stupore a quel contatto così inaspettato, mentre con le mani si aggrappava convulsamente al bordo della scrivania alle sue spalle. L’assassino ebbe paura che lo schiaffeggiasse nuovamente o, peggio ancora, che chiamasse le guardie per ucciderlo seduta stante, ma quando sentì il corpo di Dwen rilassarsi, si staccò leggermente dalle sue labbra, beandosi dell’espressione del suo Signore.
“Intraprendente, per essere un servo” commentò l’altro, passandogli quasi distrattamente una mano sul petto. Darui non potè far a meno di sorridere: “Eseguirò soltanto i vostri ordini, mio Signore” gli bisbigliò all’orecchio.

Caserma del Sacro Ordine dei Draghi, arena di combattimento
Gli erano sempre piaciuti i draghi: il modo in cui si libravano nel cielo, da autentici padroni dell’aria, conferiva loro un fascino quasi regale. Seduto sugli spalti attorno all’area di addestramento, Darui osservava alcuni cavalieri intenti a pulire uno degli animali. Il drago era sdraiato al centro dell’arena, con gli occhi chiusi. Di tanto in tanto, ad un gesto particolarmente energico di uno dei due uomini, faceva schioccare la lunga coda rossa in aria, mentre all’interno della membrana traslucida della gola si poteva distinguere lo scintillio del suo fuoco.
Uno dei due cavalieri lo accarezzò dolcemente su un fianco e si avvicinò a Darui, salutandolo con la mano. “Era da molto che non venivi qui, fratello. Cominciavo a credere che ti fossi dimenticato di me!” scherzò, sedendosi affianco a lui. L’assassino fece un sorriso tirato: in realtà, soltanto metà del sangue che scorreva nelle sue vene era in comune con quello di Fenfir. Tuttavia, nonostante fossero stati cresciuti in due ambienti diversi, era stato proprio il cavaliere a rivelargli la parentela che gli univa. Come il suo Signore, anche Fenfir sembrava non dar troppo peso alla condizione da mezzosangue del ragazzo. Nelle occasioni in cui si erano incontrati, Darui si era sempre trovato a suo agio con lui.
“Il tuo nome è su una lista di congiurati” disse senza preamboli, ritornando ad osservare il drago.
L’espressione dell’altro si rabbuiò: “E tu credi sia vero?” volle sapere, guardandolo di sbieco.
Darui si lasciò sfuggire un sospiro profondo, prendendosi il volto tra le mani: “Non lo so. Non hai mai fatto mistero di non condividere l’operato del Re” rispose.
Il cavaliere annuì lentamente, passandosi un mano tra i capelli: “Quando era Consigliere, ho sempre condiviso le opinioni di Sua Altezza. Tuttavia, non puoi negare che, nell’ultimo periodo, si comporti come se non seguisse una logica. Per colpa sua tutti i villaggi della Val di Luce vertono in condizione di estrema povertà. Abbiamo perso terreni ad Ovest, gli orchi arrivano sempre più spesso al confine del Regno, le tasse aumentano per finanziare chissà quali progetti e lo scontento del popolo è in continua crescita” spiegò tutto d’un fiato.
L’assassino si alzò: “Qualcuno potrebbe scambiare le tue parole per una confessione. Dovresti prestare più attenzione a ciò che dici” lo ammonì.

“Uccidilo, dobbiamo stroncare questa ribellione sul nascere”
“Mio Signore, è mio fratello! Lui è...è l’unica persona di famiglia che mi rimane” “Non discutere i miei ordini, mai”

Anche Fenfir si alzò di scatto, prendendolo per le spalle: “So quanto sei affezionato al Re, ma non puoi non concordare con me sul fatto che agisca come un pazzo. Sei disposto a lasciar morire un Regno, eppure sei venuto a salvarmi. Darui, devi fare una scelta!” esclamò.
L’assassino scosse con forza la testa: “Io non sono venuto a salvarti” sibilò.
L’espressione del cavaliere si addolcì: “Fratello, tu sei uno dei migliori assassini del Regno. Se avessi voluto uccidermi, l’avresti già fatto. Ascolta, Dwen sta solo cercando di metterti alla prova. Appartengo al Sacro Ordine, ho giurato fedeltà alla Corona. Qualsiasi cosa accada, nonostante io possa dissentire con il Re, non potrei mai ordire una congiura contro di lui. Devi credermi, fratello!” concluse, guardandolo dritto negli occhi.
Darui rimase un attimo in silenzio, cercando di far ordine nei suoi pensieri: conosceva Fenfir, sapeva che poteva fidarsi di lui. “Parlerò io con Sua Altezza, non preoccuparti” disse.

 

   
 
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