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Autore: Mariam Kasinaga    18/06/2014    2 recensioni
Darui si appiattì nell’ombra del corridoio, quando sentì i passi frettolosi di alcuni soldati camminare nella sua direzione. Il rumore metallico delle loro armature risuonava nel silenzio, mentre le loro voci si sovrapponevano una all’altra: “Sua Maestà è morto! Dobbiamo trovare il Principe!” continuavano a ripetere.
Genere: Fantasy, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2: Il primogenito perderà la corona

Castello reale, piazza d’armi
“Ritorno dopo aver passato gli ultimi quattro mesi a combattere i barbari, orchi e tutto ciò che infestava i confini ad Ovest e mio fratello manda ad accogliermi il suo cane mezzosangue!” tuonò Sir Galad, tirando le redini del suo cavallo.
Per l’ennesima volta, Darui dovette trattenere l’impulso di conficcargli un pugnale nel cuore: in vent’anni di vita, non ricordava una singola volta in cui il primogenito della casata reale non lo avesse apostrofato con quell’odioso appellativo.
“Se non fosse per il sangue di mia madre non potrei servirvi così bene, Vostra Altezza” replicò, abbozzando un inchino.
L’uomo lo fulminò con lo sguardo e, dopo aver consegnato il cavallo allo stalliere afferrò l’assassino per un bavero.
“Ascoltami bene, stupido mezzelfo. Sappiamo molto bene tutti e due che tu non sei altro che il cagnolino di mio fratello. Se non fosse così, avrei dato il tuo corpo in pasto ai cani già da molto tempo” gli sibilò all’orecchio.
Il ragazzo si divincolò dalla presa.
“Sono tutti a piangere Re Eon, Vostra Altezza. Prima che andiate alla camera mortuaria, il Principe Dwen vorrebbe vedervi” disse, cedendogli il passo. Sir Galad impartì degli ordini ai suoi uomini, prima di incamminarsi verso il castello.
“Mio padre è morto da tre giorni e Dwen pensa solo alla politica” borbottò, attraversando la piazza d’armi a larghi passi. Darui lo seguì a ruota, giocherellando con l’elsa del pugnale che portava alla cintola.

Castello reale, Sala del Consiglio
Il ragazzo era furioso: non solo quello stupido di Galad aveva deciso di ignorare la richiesta di Dwen, ma aveva anche deciso che cane fosse un insulto migliore di mezzelfo. Darui si avvicinò alla grande porta della Sala del Consiglio e la aprì leggermente, badando a non far rumore.
Il suo Signore era sprofondato nella sua poltrona da reggente, sorreggendosi la testa con una mano: l’assassino sapeva che per lui quei tre giorni erano stati stancanti, nelle quali aveva dovuto sfruttare ogni sua abilità per poter realizzare completamente il suo piano. Aveva contatto i suoi alleati, isolato i nemici, convinto gli indecisi ad appoggiarlo e cercato di portare l’intero Consiglio dalla sua parte. Tuttavia, i suoi sforzi sarebbero stati inutili, se non fosse riuscito a convincere il Capo consigliere Ward. Probabilmente, il detto “essere testardi come un nano” era nato con lui.
Lord Ward era stato uno dei migliori amici del Re e, sfortunatamente, in più di una riunione aveva palesato il suo appoggio a Galad. Vide il Principe massaggiarsi le tempie: dopo la morte di sua sorella erano rimasti solo in due per la successione. La consuetudine aveva sempre fatto salire al trono il primogenito, ma nulla vietava ad altri eredi di poterlo reclamare.
“Se voi mi appoggiaste, vossignoria, il passaggio della corona avverrebbe senza spargimenti di sangue!” esclamò.
Seduto all’altro capo del tavolo, il nano si lisciò lentamente la barba.
“Vostro fratello non vi lascerà diventare Re” commentò.
Dwen si alzò, cominciando a misurare a larghi passi la grande stanza circolare.
“Mio fratello si adeguerà alle decisioni del Consiglio. E’ un valido guerriero, lo riconosco, ma non riuscirebbe a gestire le faccende del Regno” replicò, fermandosi accanto all’altro. Lord Ward alzò lo sguardo verso di lui.
“Vi siete stancato di essere il Primo Consigliere, non è così?” volle sapere. Darui chiuse la porta e fece per andarsene, quando questa si spalancò improvvisamente. Il Principe uscì 
furioso, il volto livido di rabbia.
“Risolvi la questione, subito” disse velenoso, non appena gli fu passato a fianco.

Chiesa dei Re, cripte
Uccidere il Consigliere con la garrota non era stato complicato. Era bastato seguirlo per qualche minuto e, non appena avevano raggiunto un corridoio completamente deserto, l’aveva attaccato alle spalle.
Si massaggiò energicamente il fianco destro: non immaginava che quel vecchio avesse ancora così tanta forza in corpo! Il suo piano non era cervellotico come uno di quelli del suo Signore, ma era sicuro che avrebbe funzionato ugualmente. Re Eon era malato da tempo e tutti sapevano che, negli ultimi anni, era il Principe a prendere le decisioni più importanti per il Regno. Nessuno avrebbe posto domande, se si fosse venuto a sapere che Lord Ward, in combutta con Sir Galad aveva deciso di uccidere il Re per affrettare i tempi della successione. Non ci sarebbe stato nemmeno bisogno di fornire prove: la storia insegnava che, quando il Trono era vacante, tutti agivano con sveltezza per seguire i propri interessi.
Il suo Signore non avrebbe dovuto far altro che riferire al Consiglio di aver scoperto l’intrigo di quei due miserabili e, temendo per la sua vita, agire di conseguenza.
Darui fissava la schiena di Sir Galad, in ginocchio davanti al corpo del padre. Il cavaliere era così impegnato a pregare che non si era nemmeno accorto della sua presenza. L’assassino aveva impiegato qualche minuto per decidere con che arma uccidere l’uomo che aveva reso la sua vita all’interno del castello un inferno. Quando era un bambino, la prima volta che Galad l’aveva chiamato mezzosangue, aveva addirittura costruito un arco per ucciderlo durante una battuta di caccia. Tuttavia, in un luogo stretto ed angusto come le cripte, l’arma più adatta sarebbe stata sicuramente il pugnale.
Se lo avesse colpito al collo, l’erede al trono sarebbe morto in pochi minuti. L’assassinò compì il rito che eseguiva ogni volta che si prestava a togliere una vita, estraendo il pugnale dal fodero che portava alla cintura: chiuse gli occhi, ascoltò i battiti del proprio cuore ed armonizzò la respirazione.
Incominciò a muoversi furtivo attraverso i bancali della cripta, fermandosi ogni volta che l’altro interrompeva la sua litania.
Gli scivolò alle spalle, già assaporando il piacere che avrebbe provato una volta che il sangue caldo del cavaliere gli avesse imbrattato i vestiti ed il volto.
Alzò il braccio per caricare il colpo e, quando lo sentì pronunciare l’ultima parola della preghiera, fece penetrare con forza il pugnale nel collo fino alla carotide, per poi estrarlo velocemente. Lo spruzzo di sangue che fuoriuscì dalla ferita lo investì in pieno, costringendolo ad arretrare di qualche passo.
Sir Galad si alzò di scatto, premendosi una mano sul collo e barcollò verso di lui, appoggiandosi ai bancali. Darui simulò una riverenza.
“Avreste dovuto far più attenzione, Sir Galad. I cani mordono” concluse con amarezza, mentre il corpo dell’altro cadeva rumorosamente al suolo.

   
 
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