Fanfic su attori > Benedict Cumberbatch
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Autore: Toki_Doki    19/06/2014    1 recensioni
Monica, un'italiana ventiquattrenne che si trasferisce a Londra per realizzare il suo sogno. Si imbatterà nell'attore che ha sempre desiderato incontrare e che, forse, le rovinerà la vita. Ma chi può dirlo?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap 1. L'Oceano L’Oceano.

Erano gli occhi più belli che avessi mai visto. Restai a fissarli per interminabili istanti finché il suo sorriso non attirò la mia attenzione riportandomi sulla terra.
Mi schiarii la voce e distolsi lo sguardo imbarazzata.
“Che piano?”
“Come scusa?” Chiesi non capendo.
“Io scendo al quinto piano, per te quale prenoto?”
“Ah.” Sorrisi appena goffamente. “Anch’io scendo al quinto, grazie.”
Se volevo dire o fare qualcosa, quello era il momento giusto: quell’occasione non sarebbe mai più ricapitata. Mi persi nei miei pensieri cercando qualcosa da dire, anche un semplice ammiro te e il tuo lavoro ma avevo il buio più totale in testa. Perché la mia faccia tosta era scomparsa lasciando posto alla timidezza?
“Che fai, non scendi?” La sua voce mi fece tremare le ossa.
Quella voce che ritrovavo nei miei sogni, quelli che non raccontavo a nessuno per non essere presa in giro; quei sogni in cui ero a Londra con lui.
“Sono un po’ distratta oggi.” Mi giustificai arrossendo.
Ridacchiò bloccandomi il cuore.
Mi maledii per aver tenuto lo sguardo basso perdendomi il suo adorabile viso sorridente. Perché quando lui sorrideva, tutto il suo volto si illuminava e delle tenerissime e affascinanti rughette si formavano sotto i suoi occhi trasmettendoti il sorriso. Quante volte avevo desiderato esserne il motivo! Avevo perso il conto anch’io.
Scesi dall’ascensore e lo ringraziai per aver tenuto le porte aperte.
“È stato un piacere.” Disse distaccato. “Buona giornata.”
“Anche a te.” Sentii improvvisamente gli occhi bruciarmi; una lacrima rigò il mio volto.
Sgranò leggermente gli occhi deglutendo.
“T-tutto bene?” Mi chiese con palese disagio. Mi sentii morire per la pessima figura che stavo facendo.
“Sì, credo.” Risposi ridendo nervosamente mentre col dorso della mano asciugavo le mie lacrime. “Non so cosa mi sia preso!”
Mi fece una carezza sulla spalla, poi mise le mani in tasca. Era rimasto a fissarmi in silenzio con i suoi occhi meravigliosi.
“Non ho mai visto l’Oceano.” Dissi all’improvviso pensando che avevano definito i suoi occhi del colore dell’oceano in tempesta.
Mi guardò spiazzato poi scoppiò a ridere.
“Sei davvero strana.”
“M-mi dispiace, non sono sempre così. Anzi! Non lo sono mai. Mi mandi in tilt.”
Fantastico! Come se non mi fossi resa abbastanza ridicola.
“Non mi piace fare questo’effetto alle persone.”
Mi guardò in un modo che mi mise timore, quel modo che rivedevo spesso in alcuni scatti rubati o durante alcune interviste. Mi sentivo nuda e impacciata: avevo rovinato un momento che sognavo da sempre.
Stavo per scoppiare a piangere ma strinsi i denti e mi costrinsi a darmi un contegno: avevo 24 anni per la miseria!
“Non posso farci niente.” Dissi a fatica. “Buona giornata.” Gli augurai passandogli accanto e dirigendomi verso lo studio fotografico.
Ero stata una cretina; una deficiente ragazzina impacciata che insegue i propri sogni ma non ha le palle di realizzarli.
Avevo incontrato finalmente Benedict Cumberbatch e avevo fatto la figura di una malata di mente. Avevo immaginato quel momento in vari modi; avevo pensato a mille e più frasi da dirgli per esprimergli la mia ammirazione, quasi venerazione in realtà, e invece non avevo detto nulla. Anzi! Le poche cose che avevo pronunciato avevano contribuito a fargli avere di me una brutta impressione.
Presi velocemente un fazzoletto dallo zaino e mi soffiai il naso obbligandomi a smettere di piangere ed insultarmi mentalmente.
“Ehi, scusami!” Mi voltai sorpresa.
“Sì?”
“Sono stato maleducato ed indelicato. Non ho avuto un risveglio dei migliori e me la sto prendendo con chiunque.” Sospirò.
“Non preoccuparti. Devo esserti sembrata una pazza quindi sei giustificato.” Risi appena sperando di aver aggiustato un minimo l’idea che si era fatto di me.
“Nessun motivo può giustificare un comportamento tanto scontroso. Ti chiedo ancora scusa.”
Sorrisi nel pensare che gli inglesi vivevano di pane e scuse.
“Ho già dimenticato tutto.”
“Lo spero.” Il suo sguardo e la sua espressione gli davano un’aria sempre seria e fredda. “Dove vai?”
“Sto seguendo un corso fotografico col Sig. Miron. Mi ha voluto qui oggi per mostrarmi come si lavora ad un servizio fotografico con un personaggio importante e di spicco del mondo dello spettacolo.” Gli scappò un sorriso.
“Ti ha detto chi è o si giocherà la carta dell’effetto sorpresa?”
“È rimasto sul vago dicendomi soltanto che apprezzerò il suo invito e gli sarò riconoscente a vita.” Ridacchiò ancora.
“Ti sei fatta un’idea su chi possa essere?” Feci no con la testa.
In quel momento non riuscivo a pensare a niente, sentivo solo il rumore del cuore rimbombarmi contro il petto.
“Mi ha chiamato solo questa mattina, non ne ho avuto il tempo materiale.” Ridacchiai pensando che, se fosse stato lui, avrei eretto una statua al Signor Miron al centro di Hyde Park.
“Spero per te che non resterai delusa.” Mi guardò con uno sguardo furbetto.
“Non mi importa poi molto chi sarà: ho incontrato te, non può andarmi meglio.” Confessai ingenuamente. Sentivo le guance bruciarmi.
“Grazie.” Affermò serio. “Sto facendo tardi, ti lascio. Buon lavoro.”
Lo salutai con un gesto della mano mentre si allontanava nel corridoio vuoto e assolato.
“Vorrei davvero fossi tu.” Bofonchiai tra me e me quasi fosse una preghiera.
Raggiunsi trafelata lo studio accorgendomi del ritardo che mi si era accumulato, sperando di non essere rimproverata e punita con l’esclusione dal servizio.
Entrai nell’ampia sala già pronta per iniziare il lavoro; rimasi sbalordita dallo sfondo e dagli attrezzi che riempivano la sala. C’erano un sacco di persone che camminavano svelte per sistemare chi una cosa chi un’altra. Era la prima volta che mi ritrovavo sul campo; seguivo i corsi serali di Miron dopo il lavoro ma poi, rimasto sorpreso dalle mie qualità durante un’uscita, si era deciso a chiamarmi quella mattina per mostrarmi come si lavora in modo professionale e per premiare il mio impegno e le mie doti. Ne ero davvero felice e poi, grazie a lui, avevo incontrato anche Ben-
“Monica!” Interruppe il flusso dei miei pensieri chiamandomi.
“Signor Miron.” Gli sorrisi. “Grazie per avermi dato quest’opportunità!”
“Ringraziami quando avremo finito.” Mi fece l’occhiolino e, posandomi una mano sulla schiena, mi fece strada verso il centro del set.
Mi illustrò minuziosamente il programma; il motivo di quel servizio fotografico e lo scopo delle foto.
“Quindi dobbiamo fare degli scatti che accompagneranno l’intervista.”
“Esattamente. Se te la senti, puoi girare il video backstage da allegare alle foto. Con i moderni siti, le riviste amano pubblicare questo genere di cose per invogliare a comprare la rivista.”
Mi illuminai e ne fui orgogliosa.
“Se lei si fida delle mie capacità, accetto volentieri.”
“Di te mi fido, ma è la prima volta che lavori con un attore di questo livello e il tuo sangue freddo verrà messo a dura prova. Se le tue mani tremeranno, il tuo lavoro sarà una merda e totalmente inutile.”
“Ne sono consapevole.”
“Ti presenterò a lui poco prima di iniziare il servizio quindi avrai poco tempo per smaltire la cosa.”
“È solo un attore, non è un dio!” Risi per il suo discorso ridicolo.
Mi guardò sbieco, rimproverandomi con i suoi occhi neri profondi.
“Sono costretto a farti questo discorso per prepararti e non vanificare il tuo lavoro. Sei alle prime armi e non hai mai lavorato in questo campo. Non sopravvalutarti: resti pur sempre un essere umano.”
“Mi scusi, ha perfettamente ragione.”
Mi invitò a lasciare la borsa su un divanetto e mi diede una piccola telecamera; mi spiegò le funzionalità per usarla al meglio e fare un buon lavoro per soddisfare a pieno le richieste del direttore della rivista.
Dopo una decina di minuti, un assistente annunciò a Miron che l’attore era pronto e stava raggiungendo il set. In un attimo la stanza si svuotò e restarono soltanto Miron e l’addetto alle luci.
Il mio cuore accelerò i battiti: iniziavo a rendermi conto di cosa stava per accadere. Ripetei tra me e me le parole di Miron per darmi una calmata. Chiusi gli occhi per qualche secondo, poi li riaprii sentendo il mio insegnante salutare qualcuno.
Quasi mi mancò il respiro: la mia preghiera era stata esaudita.
   
 
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