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Autore: prongs95    22/06/2014    1 recensioni
James e Lily, nemici giurati, frequentano il quinto anno della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Tutto sembra andare come al solito: i litigi, il disprezzo di Lily per James e i tentativi di quest'ultimo di fare amicizia con lei. Ad un certo punto, però, si troveranno a dover affrontare insieme una prova in cui le loro strade saranno costrette ad incrociarsi... che cosa ne sarà di loro?
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, I Malandrini | Coppie: James/Lily
Note: Cross-over, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Premetto che penso di dovere delle scuse a qualcuno. Non so che dire oltre che mi dispiace davvero tanto, ma vi assicuro che la lontananza dalla mia storia e dalla scrittura non è stata volontaria. Non riuscivo più a scrivere e la cosa mi distruggeva. Ciò che è vero è che non passava giorno in cui io non pensassi a questa povera storia lasciata in sospeso, ma probabilmente un allontanamento del genere era necessario. In primis perché era inutile continuare a scrivere se la spontaneità mi stava a poco a poco abbandonando e si notava: me ne sono accorta io e ve ne siete accorti voi, dato che non ho ricevuto nessuna recensione per il settimo capitolo. Poi perché così ho potuto raccogliere le idee, ora ne ho davvero tante e non vedo l’ora di continuare questa storia. Come se n’era andata, l’ispirazione è tornata all’improvviso, quando ormai non ci speravo più.
Chiedo scusa per questo sfogo e spero che vogliate dedicare un po’ del vostro tempo a questo capitolo, anche solo per recensire dicendomi che forse era meglio che io lasciassi perdere.
Buona lettura!





Un Natale con i fiocchi

Ci volle un po’ prima che Lily si riprendesse dallo choc. Il suo corpo era scosso da tremiti che non ne volevano sapere di smettere di farla rabbrividire e la ragazza continuava ad aggrapparsi a James, il suo unico appiglio, la persona che ultimamente era diventata la sua ancora di salvezza in qualsiasi situazione.
-Come… come hai potuto farlo?!- balbettò la rossa quando finalmente ritrovò il coraggio di proferire parola. Non era in lacrime, ma in preda al delirio, un terrore così acuto da impedire ogni tentativo di esprimere la sua disperazione attraverso il pianto.
Il moro non rispose: preferì condurla all’interno della catapecchia cingendole la vita con un braccio. La fece sedere e poi uscì a prepararle del tè. Quando rientrò la vide nella stessa posizione di pochi istanti prima: si abbracciava le ginocchia ed aveva gli occhi sbarrati fissi nella sua direzione.
-Ecco qui- disse, porgendole una delle loro tazze improvvisate colma fino all’orlo, -Questo ti farà sentire meglio-
Lily afferrò lentamente la tazza di legno, le sue mani tremavano ancora. La portò alle labbra e ne sorseggiò il contenuto bollente. Mentre lei beveva James rimase in silenzio, in attesa di una sua domanda che, lo sapeva, sarebbe arrivata presto, anche se lui avrebbe preferito che si addormentasse. Una dormita le avrebbe fatto bene e lui nel frattempo avrebbe potuto pensare a cosa raccontarle. Non sapeva da dove cominciare e di certo non poteva dirle la verità, non senza il consenso dei Malandrini. Quella sera però, doveva riconoscerlo, l’avevano scampata grossa. Non riusciva a capire perché mai Sirius si fosse spinto a tanto, inoltrandosi fin dove non erano mai arrivati durante le scampagnate delle nottate precedenti. Probabilmente gli era sfuggito di mano il controllo, dopotutto né lui né Peter erano in grado di dargli una mano. Guardò Lily, sospirando sconfortato. Non riusciva a capacitarsi di come avrebbe reagito se solo le fosse successo qualcosa, se la sua vita fosse stata danneggiata, soprattutto tenendo conto del fatto di non poter incolpare Remus per nessuna ragione.
-James- il richiamo di Lily interruppe i suoi pensieri.
Il ragazzo la guardò, incapace di invitarla a proseguire, ad iniziare una conversazione in cui sarebbero rimaste un sacco di domande in sospeso, cosa che la rossa odiava.
-Quello… era un Lupo Mannaro, non è così?- sussurrò con un filo di voce e, dal momento che James non rispondeva, i suoi occhi verdi cercarono una conferma in quelli nocciola del malandrino, conferma che non poteva mancare.
-Perché hai oltrepassato i confini della radura? Che cosa pensavi di fare lasciandomi qui da sola e per di più bloccata da un fottutissimo Protego?- proseguì lei, animandosi.
-Sono corso via per cercare qualcosa in grado di fare fuori quella bestia, ma aldilà della radura, come ti ho già spiegato prima, mi attendeva un altro Licantropo, così sono rimasto a combatterlo e… e poi un cervo mi è sfrecciato accanto, diretto verso la radura- snocciolò tutto d’un fiato, -Quando sono ritornato il lupo se n’era già andato, per fortuna, e ovviamente ti ho bloccata perché altrimenti avresti sicuramente messo a repentaglio la tua vita per soccorrere la mia, o sbaglio?- come storia era piuttosto campata in aria, ma non era riuscito ad inventarsi di meglio.
Lily parve soppesare le sue parole, nonostante James aveva sperato proprio che non ci riflettesse molto ma, dopotutto, si ritrovava a dover fare i conti con Lily Evans, la quale non per deva occasione per farsi riconoscere nelle situazioni in cui bisognava riflettere.
-James- per la seconda volta nel giro di pochi minuti la ragazza aveva pronunciato il suo nome con lo stesso tono studiatamente calmo per celare l’inquietudine che in realtà vi si nascondeva.
Il moro alzò lo sguardo che non aveva avuto il coraggio di mostrarle durante la sua traballante spiegazione. -Non c’è nulla di vero in tutto ciò che mi hai raccontato, non è così?- gli domandò con più tranquillità.
Ora sì che rispondere si faceva difficile. Non avrebbe potuto mentirle, non di nuovo, non ne sarebbe nemmeno stato in grado. Probabilmente stava andando incontro ad un corpo a corpo dal quale non sarebbe uscito vivo, ma optò per la verità.
-A parte la ragione per cui ti ho bloccata con l’incantesimo, hai ragione, non ti ho detto la verità- ammise, quasi pentendosi della scelta appena fatta.
La ragazza annuì in silenzio, come se si stesse ripetendo le sue parole. –E suppongo che tu sia a conoscenza di ogni cosa avvenuta questa notte- continuò e non era una domanda, ma una semplice constatazione.
Il ragazzo assentì, ma non aggiunse nulla.
-Si tratta di una storia della quale io non posso essere messa al corrente, giusto?-
James sospirò, prima di prendere le sue mani e stringerle. –Ti prometto che un giorno ti racconterò tutto, conoscerai ogni cosa, ma ora ho le labbra cucite. Vedi, la cosa non riguarda solo me-
-C’entrano anche i Malandrini, non è così?- il ragazzo credeva che Lily avrebbe alzato la voce ad un certo punto della conversazione, ma lei conservò tutta la sua pacatezza.
-Sì- affermò, -So che probabilmente non capirai né condividerai questa mia scelta, ma è un segreto nostro da sempre-
-Oh, ti sbagli- lo contraddisse la rossa, -Apprezzo molto quello che stai facendo, James, ti ammiro per questo- dichiarò, cogliendolo di sorpresa.
-Dici sul serio?-
-Credo… credo che il tuo legame con i Malandrini sia davvero speciale ed è bello che tu li difenda, li protegga e li rispetti sempre e comunque. La vostra amicizia è davvero inossidabile- spiegò Lily, -Perciò non importa se non è possibile che io conosca un particolare che vi riguarda, è giusto che rimanga vostro… solo che dopo ciò a cui ho assistito vorrei essere certa che tu non corra alcun pericolo, che voi tutti stiate bene. Non fare quella faccia, i Malandrini cominciano a starmi a cuore dal momento che voglio bene a te, anche se magari non li conosco-
-Davvero, non serve che tu ti preoccupi. Ti ringrazio, ma è tutto sotto controllo, nessuno di noi è in pericolo… a parte te questa sera- aggiunse infine.
Lily bevve un altro po’ di te. –A proposito- disse, -La prossima volta evita di bloccarmi con un incantesimo- -Ho dovuto farlo, ne andava della tua vita- si giustificò il moro.
-La tua salvezza era scontata invece, giusto?- replicò la rossa.
-Lily, per favore…- sospirò il ragazzo, -Non puoi capire… se ti fosse successo qualcosa di grave, io…-
-Come credi che mi sia sentita io dopo che sei sbucato nella radura in quelle condizioni?- lo rimproverò, -E non parlo nemmeno di ieri, ma del giorno in cui hai rischiato la morte per via di una pianta. Ti assicuro che i ricordi sono ben vividi nella mia mente-
James non si era aspettato di sentirselo rinfacciare, dal momento che tra lui e Lily non era ancora successo nulla, eppure la rossa aveva incrinato la voce ancora di più, di conseguenza quei ricordi dovevano davvero scottare nella sua memoria.
-Ero conciato davvero così male?- volle sapere il moro.
-Stavi per morire, non ti basta?- fece Lily scura in volto.
-Già ti preoccupavi tanto per me?- chiese James, sapendo che quella domanda l’avrebbe se non altro messa in difficoltà. Durante quelle settimane passate insieme, aveva capito che la ragazza odiava che le si ponesse questioni riguardanti i suoi sentimenti. Poiché non era mai stata abituata ad esternare nulla, infatti, il dover descrivere le sue sensazioni era un’impresa non da poco.
La ragazza era rimasta in silenzio per un po’, poi disse: -L’affetto non nasce subito dopo la proposta. Se quest’ultima viene accolta, significa che era inevitabile respingerla- abbassò lo sguardo, -Tu non puoi immaginare la paura di vederti in quelle condizioni, più morto che vivo, nonostante facessi ogni sforzo possibile immaginabile per convincere te stesso e me che stavi bene-
James aspettò qualche minuto, mentre nella sua mente riecheggiavano quelle parole, quelle frasi che Lily aveva pronunciato in modo insicuro, ma senza vergognarsene.
-Tu invece non puoi immaginare la paura di sentire scuotere la tua catapecchia mentre tu eri là dentro, né la paura di infastidirti con le mie domande sempre più personali, né quella di rovinare tutto dopo tante fatiche fatte per costruire quel poco che c’era, né il timore di non essere ricambiato, né tantomeno il terrore di dover rinunciare a te solamente per averti lasciato combattere un Lupo Mannaro- fece, -Non credi che così siamo pari?- aggiunse in tono più calmo.
La ragazza non ebbe la pretesa di aggiungere nulla: tutto era ormai chiarito e lei preferì continuare a sorseggiare il suo tè.
-Secondo te i Malandrini come se la stanno spassando in questo momento?- domandò, ricordandosi di come fossero implicati nella faccenda, sebbene non fosse a conoscenza del loro vero e proprio ruolo, come del resto non aveva capito quello di James.
-Sirius e Remus, vorrai dire- la corresse il ragazzo.
-Peter è…?-
-Solitamente se ne torna a casa durante le vacanze natalizie- spiegò il moro, -Sua madre non sta bene, è piuttosto debole di salute-
-Mi dispiace- commentò Lily, -E non ha…?-
-Suo padre?- completò James per lei, -No, non l’ha mai avuto, che io sappia. Non ne ha mai parlato, da ciò che racconta la madre è la sua unica parente-
-Accipicchia, è terribile- commentò lei.
-Concordo- l’appoggiò il moro, -Noi crediamo che un mascalzone l’abbia ingravidata per poi svignarsela alla notizia e che quindi lei sia stata allontanata dalla famiglia che non voleva essere vittima di uno scandalo-
-E voi credete a questa storia sulla base di quali notizie?- indagò.
-Be’, ecco… ci siamo documentati- ammise il giovane, -Per Peter-
-Da chi è partita l’idea?-
-Da Remus- spiegò, -Peter non aveva mai avuto il coraggio di chiedere alla madre notizie riguardanti il padre, i nonni, il resto della famiglia e… be’, sai anche tu che i bambini cominciano a porsi qualche domanda, soprattutto quando iniziano a giocare insieme ad altri-
Lily annuì. –Peter è stato fin troppo bravo-
-Già- confermò James, -Probabilmente non voleva farlo pesare alla madre-
-Posso immaginarlo- disse Lily, -Sai, quando ho conosciuto… Severus…- raccontò, facendo un certo sforzo nel pronunciare quel nome, -E siamo entrati in confidenza, mi ha raccontato tutta la storia della sua famiglia e io ho cominciato a sentirmi piuttosto fortunata. La madre era una donnina mite, ma insicura in tutto ciò che faceva: le poche volte in cui veniva a prendere il figlio a casa nostra sembrava avere timore nell’accettare le bevande che le offriva mia madre- spiegò, -Solo in seguito ho scoperto che la causa di tutto era il marito, che maltrattava sia lei che Piton-
-A quanto pare c’è un sacco di gente con la famiglia disastrata- fece James, -Anche Sirius non è da meno-
-Oh, di lui mi hanno raccontato qualcosa… però sono certa che abbia una tempra forte, per certi versi mi ricorda molto Mary-
Il ragazzo annuì. –Pure lui è un tipo tosto. La sua famiglia è una delle più nobili, conosciute e temute dai maghi. Sono purosangue e tramandano la loro appartenenza a Serpeverde di generazione in generazione- le spiegò.
-Serpeverde?- si stupì la rossa, -Ma Sirius è…?-
-Grifondoro, proprio così- assentì James, -È stato il primo a non seguire le orme dei suoi antenati, per questo motivo in famiglia non è propriamente il prediletto, nonostante sia il primogenito. Già da piccolo s’intravedeva in lui una diversità, una sottile differenza che lo distingueva da tutti gli altri Black, ma i suoi genitori cercarono di soffocare ogni sua strana forma di pensiero, tentando di plagiarlo e di radicare anche in lui la loro mentalità medievale-
-A quanto pare ogni tentativo è stato vano- commentò Lily, -Se c’è una cosa che Sirius non ha mai avuto problemi a far conoscere di sé è proprio il suo odio per Serpeverde... non eri stato tu a dirmi che si diverte a bruciare oggetti di colore verde e argento?-
-Confermo. La sua infanzia è stata molto difficile: i genitori non avevano tempo per curarsi del loro figlio, quindi inizialmente Sirius ha cominciato a ribellarsi ad ogni loro richiesta per attirare la loro attenzione. Crescendo si è reso conto che le loro idee erano sbagliate e si è promesso di fare qualsiasi cosa pur di non assomigliare loro, di conseguenza la sua assegnazione alla Casa di Grifondoro è stato il taglio netto che l’ha definitivamente escluso dalla famiglia- raccontò.
-Non avrei mai pensato che Sirius avesse passato tutto questo- disse la rossa.
-Be’, non sono cose che generalmente si raccontano in giro- constatò James, -Una delle tante cose che ho imparato da questa punizione è che ognuno ha la sua storia, solo ascoltandola si può provare a capirlo-
-Sono d’accordo- fece subito la ragazza, -Io ti ho raccontato un bel po’ di cose su di me a seconda delle domande che mi ponevi e ora mi hai parlato dei Malandrini, aiutandomi a capirvi meglio, ma adesso vorrei che facessi dell’altro- propose, terminando la frase con un sorriso per convincerlo a soddisfare la sua richiesta.
-Ossia?- chiese il moro ricambiando il sorriso e lanciandole un’occhiata sospettosa.
-Vorrei che fossi sottoposto tu a un interrogatorio, Potter- rispose lei, allargando il suo sorriso.
-Non dirmi che vuoi farmi delle domande, Evans- replicò il ragazzo con lo stesso tono malizioso.
-A quanto pare il tuo esperimento è stato efficace: cominci a capirmi al volo- lo prese in giro Lily, -Quindi, ci stai?- chiese sbattendo le ciglia in modo esagerato.
James rise. –E se ti dicessi di no, Evans?- la stuzzicò.
-Be’, la mia non era una domanda- ribatté lei.
-Oh, sì che lo era, Evans- la contrariò il giovane.
Lily sbuffò e lo fissò torva con le braccia sui fianchi, posizione che assumeva ogni volta che doveva esprimere la propria impazienza. –Forse non ci siamo capiti, Potter- disse in tono solenne, -Qui siamo in una democrazia dittatoriale: io propongo e tu accetti. Semplice, no?- concluse, sfoggiando un radioso sorriso.
James, divertito, la prese tra le braccia e avvicinò il suo viso a quello della rossa. –Ai vostri ordini, Lady Evans. A proposito- disse, posandole un dito sulle labbra, -Buon Natale-

La mattina di Natale, Mary si svegliò con un forte mal di testa che contribuì ad incrementare la sua voglia di fingere di dormire per rimanere a poltrire sotto le coperte ancora di più. Il fatto era che la notte precedente non aveva minimamente chiuso occhio e addormentarsi era stata una fatica enorme, peggio che un arduo esercizio di Trasfigurazione. Purtroppo non era stato semplice ignorare gli episodi che erano appena accaduti e i suoi pensieri ci giravano intorno senza sosta. A differenza di Alice, che si era addormentata non appena le aveva augurato la buona notte e si era infilata sotto i due piumoni, lei era rimasta distesa sul suo letto a guardare il soffitto e, se la sua memoria non l’ingannava di brutto, era stata la prima volta in cui aveva deciso di coprirsi civilmente come i normali esseri umani abitanti nella Gran Bretagna solevano fare in quella stagione che di estivo aveva ben poco. Comunque restava il fatto che lei fosse Mary McDonald e fare il letto quella mattina sarebbe stata un’esperienza del tutto nuova, sicuramente anche Alice se ne sarebbe accorta… o no? Dopotutto la sua amica stava ancora dormendo come un ghiro, magari era ancora nel bel mezzo di un sogno su Frank e le sarebbe dispiaciuto svegliarla, per cui avrebbe potuto approfittarne per scendere in Sala Comune, in attesa che si svegliasse.
La ragazza scansò le coperte, svogliata, cercando di non fare il minimo rumore. Controllando l’ora si accorse che erano appena le sei, di conseguenza non era ancora passata l’alba, per cui la Sala Comune di Grifondoro sarebbe stata completamente vuota e lei sarebbe anche potuta scendere in pigiama e vestaglia. Felice di abbracciare quella prospettiva, cominciò a fare il letto per la prima volta dopo… sei, sette anni?
Dopodiché infilò i piedi nelle morbide pantofole con il muso da cane che non aveva mai usato in quanto avesse l’abitudine di gironzolare scalza per la stanza. Alice non dava segno di volersi svegliare e Mary poté tranquillamente uscire dal loro dormitorio e scendere le scale che conducevano alla familiare Sala Comune, in quel periodo abbellita dai vari addobbi natalizi che gli Elfi Domestici avevano meticolosamente appeso alle pareti e alle porte.
Tuttavia, quando gettò lo sguardo in direzione del camino, si accorse che la Sala Comune non era vuota come aveva immaginato, dato che qualcuno la cui faccia era nascosta da una fresca copia della Gazzetta del Profeta stava occupando una poltrona.
Quel qualcuno doveva averla sentita arrivare, perché il suo viso sbucò da dietro le pagine del quotidiano prima che lei prendesse posto a sua volta.
-Buon Natale- la voce pacata e il sorriso cordiale di Remus Lupin la colsero non poco di sorpresa.
Mary era un po’ titubante, dal momento che, quando si era trovata faccia a faccia con quel ragazzo per l’ultima volta, non avevano avuto quella che si può definire un’amabile conversazione. Poi però si disse che dopotutto era Natale e non poteva di certo continuare a pensare alla sera precedente.
-Anche a te- sorrise la ragazza. –Ti ringrazio del regalo, anche se non l’ho ancora aperto. Voglio aspettare che Alice si svegli, di solito è routine che io, lei e Lily li scartiamo insieme, la mattina di Natale-
-Grazie anche a te. Non preoccuparti, comunque: anch’io e i Malandrini abbiamo questa abitudine- rispose di rimando lui.
-Novità?- domandò la morettina accennando al giornale.
-No, in verità- Remus scrollò il capo, -Quando la notizia in prima pagina riguarda la sfilata degli alberi natalizi di Windsor, non c’è mai nulla di cui preoccuparsi-
-Concordo- l’appoggiò Mary.
Il ragazzo rimase in silenzio per un po’, poi si schiarì la voce. –Riguardo a ieri sera…- attaccò.
Mary sgranò gli occhi grigi e cominciò a sudare freddo. Remus era andato a parare proprio l’argomento che lei si era tanto sforzata di rimuovere nel corso della notte precedente e non aveva né la voglia né l’intenzione di ricominciare da capo.
-Remus, io…- tentò di interromperlo.
-…mi chiedevo come stai- il ragazzo concluse la frase senza starla a sentire e Mary sospirò di sollievo. -Ah- commentò, -Credo bene- rispose poi.
Il Malandrino sorrise, ma fu un sorriso diverso, quasi come se gli fosse costato una certa fatica.
Tuttavia, Mary non notò ciò, in quanto avesse posato i suoi occhi altrove per impedirgli di cogliere quel velo di tristezza e desolazione che li oscurava. –Solo che non me la sono sentita di affrontarlo- aggiunse poi, in un sussurro.
Remus intuì che stava reprimendo le lacrime e non seppe come confortarla se non comunicandole il suo punto di vista.
-Non eri obbligata ad avere un tête-à-tête con lui ieri sera- le disse allora, -Ti ho solo chiesto di cercare di non evitarlo per sempre, ma di dargli la possibilità di spiegarsi, possibilmente in questi giorni, prima che si rassegni- precisò.
Non seppe se quelle parole fossero quelle giuste, ma Mary parve apprezzarle, perché annuì. –Sì, credo che gli parlerò a quattr’occhi. Dopotutto ho anch’io le mie cose da spiegare-
Remus sorrise e di nuovo fu un sorriso faticoso. –È la scelta giusta, credimi- affermò.
Mary stava per replicare, ma quando notò quel suo sorriso tanto strano, fu incapace di proferire parola. Non appena gli si era seduta di fronte, non l’aveva guardato bene, sia per colpa del quotidiano che per colpa della poca luce presente a quell’ora, ma con un po’ di attenzione, si accorse che colui che gli stava dinnanzi non era il Remus Lupin di sempre. Rovistando tra i suoi ricordi, non ne trovò nemmeno uno in cui quel ragazzo fosse ridotto alla stessa maniera. Invece, anche sbattendo numerose volte le palpebre per accertarsi che tutto ciò fosse vero, continuava a ritrovarsi davanti un ragazzo pallido, forse troppo e decisamente più del solito, con il viso gonfio, gli occhi rossi, le labbra screpolate e la pelle resa discontinua dai molteplici graffi.
-Remus?- fece Mary, la gola secca e a corto di parole.
-Sì?- rispose il Malandrino, preparandosi al peggio.
Era stato sicuro fin da subito che parecchie persone gli avrebbero domandato se qualcosa non andasse, ma lui aveva deciso di inventarsi una scusa credibile, la stessa che purtroppo avrebbe dovuto fornire a Mary, nonostante avesse piena fiducia di lei. Il fatto che si trovasse nella sua Sala Comune proprio la notte della trasformazione era un caso del tutto eccezionale. Madama Chips gli aveva concesso questa eccezione solamente perché colpita da una crisi di magnanimità diffusa dallo spirito natalizio, ma gli aveva proibito assolutamente di entrare nel suo campo visivo, in modo che non potesse pentirsi di quella scelta che, lo sapeva sin dal principio, era sbagliata. Remus però non se l’era fatto ripetere due volte. Dopotutto era Natale e lui non aveva voglia di trascorrerlo in Infermeria, nonostante fosse sicuro che Sirius gli avrebbe fatto visita senza esitazione. Tuttavia, i ricordi della nottata precedente lo facevano rimpiangere di non essersi presentato sulla soglia dell’Infermeria, o meglio, del San Mungo.
-Che… che cosa ti è successo?- chiese, sinceramente preoccupata per lui e intimorita dalla risposta che avrebbe potuto ricevere.
-Be’, diciamo che ho avuto una nottata un po’… movimentata- rispose pacato il ragazzo, mentre il suo cuore martellava all’impazzata. Succedeva sempre così quando era costretto a mentire contro la sua volontà, ma d’altra parte non aveva altra scelta.
Lo sguardo della morettina si fece severo. –Non vorrai dirmi che sei andato a zonzo con il tuo compare, o meglio che lui ti ha costretto a bighellonare in piena notte per il castello- disse, incrociando le braccia sotto il seno.
Remus rise, per quanto il suo stato glielo permetteva. –No, niente di tutto questo, anche se sarebbe il genere di cosa che Sirius avrebbe fatto volentieri- rispose.
Mary s’incuriosì. –E allora cosa? Sei a dir poco malridotto- commentò.
-Be’, se proprio vuoi saperlo, sono caduto dal letto- disse infine, pregando perché non indagasse oltre. Tuttavia, dovette ricordare a malincuore la sua negazione nel mentire. Purtroppo non ne era minimamente capace, cosa che James e Sirius non avevano mai perso occasione per fargli notare.
Mary inarcò un sopracciglio, incredula. Si portò persino le dita sotto il mento e prese a fissarlo più sospettosa che mai. La sua versione non l’aveva per niente convinta. –E ti sei fatto così male da graffiarti il viso? Non sapevo che uno di voi possedesse un gatto- commentò ironica.
-In effetti, nessuno di noi ne possiede uno- confermò il ragazzo, prendendo tempo per decidere come deviare l’argomento, -Diciamo che è stato un bel ruzzolone- spiegò infine. Non che fosse un resoconto dettagliato della sua caduta immaginaria, ma forse a una persona normale sarebbe potuto bastare.
-Coltivate rovi, per caso? Sembra che tu ci sia finito con il viso- be’, Mary non era una persona normale.
-In realtà mi è rovinato addosso un aggeggio di plastica di James- mentì nuovamente.

Mary rimase in silenzio, indecisa se credergli o meno. Quella sua versione era piuttosto, per non dire completamente, inverosimile, ma Remus non era un ragazzo che mentiva, il che la confondeva parecchio. Era anche vero che Mary sapeva cogliere la menzogna là dove essa si presentava e il Malandrino non le era sembrato lo stesso di sempre mentre le parlava. Tuttavia era Natale, lei non voleva essere indiscreta e Remus aveva tutte le ragioni per non metterla al corrente di un suo segreto.
-Certo- rispose infine la ragazza, anche se non si sforzò di nascondere la sua incredulità, -Be’, forse è meglio che vada, prima che Alice si svegli e non mi trovi a letto proprio la mattina di Natale- disse, prima di alzarsi dalla comoda poltrona accanto al camino.
-Credo che anch’io raggiungerò Sirius entro breve- sorrise il ragazzo, felice che lei avesse deciso di lasciar perdere e non indagare oltre.
-Allora ci vediamo dopo- fece Mary, andandosene.
-Suppongo di sì- rispose Remus flebilmente. Adesso che se n’era andata, poteva fare a meno di fingere di stare bene. Si sentiva davvero fiacco e non era sicuro che le sue gambe gli avrebbero permesso di salire le scale. Probabilmente Sirius gli avrebbe fatto una sfuriata non appena si sarebbe accorto di quello che aveva fatto senza chiedergli aiuto, ma a Remus non importava molto. Era convinto che i suoi amici lo avessero già aiutato troppo.
Non aveva ancora finito di elaborare quest’ultimo pensiero, quando sentì dei passi provenire dalle scale del dormitorio maschile. Non cercò nemmeno di voltarsi, sicuro com’era che potesse trattarsi di una persona sola. Si stupì solo del fatto che, per quanto Sirius fosse una persona dormigliona, perdeva improvvisamente il sonno esattamente nel giorno in cui gli altri non avevano la minima voglia di affrontarlo di prima mattina.
-Che diavolo ci fai qui?- proruppe senza neanche un buongiorno.
-Buon Natale anche a te- rispose Remus, evitando di rispondere alla sua domanda.
-Auguri- fece laconico Sirius, -Allora?- proseguì poi, impaziente.
-Gazzetta del Profeta?- Lunastorta gli porse il giornale.
Il moro afferrò il quotidiano e lo sbatté sul tavolino. –Come ti è saltato in mente di uscire dal letto senza nemmeno avvertirmi?-
Remus alzò gli occhi al cielo e, con tutta la flemma di cui disponeva, allungò la mano per riprendersi il giornale. Lo piegò a metà, sbirciò di nuovo la foto in prima pagina, poi finalmente si decise a posare lo sguardo sull’amico. –Non era necessario disturbarti per una sottigliezza del genere- rispose infine.
-Non sarebbe stato necessario per una persona in condizioni diverse dalle tue- ribatté seccamente Sirius.
-Sto bene- mentì Remus, -Be’ sicuramente meglio di James e Lily- aggiunse in tono amaro.
In un primo momento, Sirius non seppe cosa dire. Si era aspettato una reazione simile da parte di Lunastorta, dopotutto avevano messo in pericolo due persone senza volerlo. Nemmeno lui riusciva a capacitarsi come mai con tutte le radure presenti in una foresta abbondantemente vasta fossero capitati proprio in quella in cui il loro amico stava scontando la punizione.
-James ha saputo come comportarsi- disse infine.
-Lui e Lily hanno rischiato di morire per colpa mia!- sbottò Remus, perdendo la calma. Poteva sorvolare su tutto, ma non sul fatto di aver messo in pericolo due vite, tra l’altro quelle dei suoi amici.
Sirius si lasciò cadere su una poltrona vicino a quella dell’amico. -Non è stata colpa tua. Lo sai che non è colpa tua se hai questo genere di problemi e anche Ramoso lo sa- ripeté per la milionesima volta.
-Non avrei dovuto permetterti di accompagnarmi- si rimproverò il Malandrino, senza prestare il minimo ascolto alle sue parole.
-Di nuovo con questa storia?- fece Sirius, inarcando un sopracciglio.
-Sì, perché dovrei smetterla di essere così egoista e di mettere così a repentaglio le vostre vite!- Remus cominciò a sudare freddo, si notava lontano un miglio che era agitato e soprattutto sofferente.
-In confronto alla tua testa, quella della McDonald è un pezzo di pane- commentò il moro sarcasticamente. Si stupiva dell’ottusità di Remus in certi campi. Erano anni che ripetevano quei discorsi e, sebbene cambiassero i termini, il succo delle loro frasi era sempre lo stesso.
-Prima è stata qui- disse Remus dopo un po’.
Sirius rimase stupito del suo cambio di argomento. Solitamente quando cominciavano quel tipo di conversazione, Remus non la smetteva finché gli altri, stufi, non cambiavano argomento rifiutandosi di ascoltarlo.
-Come?- domandò distrattamente.
-Mary- fece Lunastorta, -Prima è scesa-
-Che c’entra Mary, adesso?- ribatté il moro con veemenza.
-Sei tu che l’hai menzionata- rispose tranquillamente Remus.
-Non è vero-
-Oh, sì, invece-
-Be’, non era mia intenzione spostare l’argomento su di lei- disse acido Sirius.
-Molto bene- a Remus venne pure voglia di sorridere.
-Come sarebbe ‘molto bene’?- inveì il Malandrino, scaldandosi.
-Era solo per dire- Remus scrollò le spalle, senza smettere di sorridere.
-Perché porti in faccia quel sorriso insulso?- domandò Sirius senza preamboli.
-Perché adesso ho capito come mai hai perso il tuo sonno- rispose pazientemente l’amico, per nulla in imbarazzo. Sirius, invece, sembrava incapace di proseguire il discorso.
-Sono scemenze- smentì infine, -Come potrei perdere il sonno… per una ragazza?-
-Evidentemente Mary per te non è solo una ragazza, ma la ragazza di cui potresti esserti innamorato- replicò il Malandrino.
-Sciocchezze!- ribatté Sirius con stizza, -E comunque i tuoi tentativi di cambiare argomento sono futili- gli fece notare, innervosendolo.
-Be’, se avessi il coraggio di parlarmene, scommetto che preferiresti affrontare l’argomento Mary piuttosto che ascoltare i miei sensi di colpa, dico bene?- lo provocò Remus. Dopotutto, non era un malandrino per niente.
-Non c’è assolutamente nulla da dire- Sirius troncò la cosa, -Mi stupisco del fatto che tu tiri in ballo il coraggio quando sei il primo che si nasconde senza motivo. Non capisco la tua infondata paura per me, James e Peter- fece, riprendendo la sua ramanzina, -Se mai verrai piantato in asso, sappi che sarà per colpa della tua prolissità piuttosto che per la nostra voglia di venire meno alla nostra promessa-
-Per me non siete vincolati da nessuna promessa- replicò l’altro, -Sarei più tranquillo se steste nei vostri letti anziché trotterellarmi affianco ogni notte di luna piena-
-Allora…- Sirius pareva pensieroso, immerso in tutt’altri pensieri, -I regali?-
Remus capì che la sua intenzione era quella di chiudere definitivamente l’argomento, poiché nessuno dei due avrebbe di certo cambiato opinione. Il guaio era che, nonostante continuasse sempre a schierarsi dalla parte opposta dei suoi compagni, era infinitamente grato loro per quegli attimi di felicità che giungevano anche durante i momenti più duri della sua esistenza, quando il suo lato umano cedeva il posto a quello lupesco.

Arrivata nel dormitorio, Mary si accorse che Alice si stava svegliando, quindi pensò bene di disfare il letto che aveva amorevolmente rifatto e fingere di aver perso il sonno nello stesso momento dell’amica. Alice, assonnata com’era, probabilmente non si accorse nemmeno di essersi svegliata finché non tornò dal bagno vestita con degli indumenti sformati che utilizzava al posto del pigiama e rinfrescata dall’acqua corrente.
A quel punto rimase in piedi per qualche secondo buono ad osservare il proprio letto grattandosi la nuca, sicuramente chiedendosi cosa ci fosse di diverso quel giorno. Il suo cervello dovette accendersi qualche istante dopo, quando finalmente realizzò che i vari pacchetti accatastati ai piedi del materasso non erano lì il giorno precedente.
-Mary!- trillò tutta pimpante, degnandosi finalmente di prestare attenzione alla sua compagna di stanza, -Oggi è Natale!- annunciò.
-Be’, buongiorno, Alice- sorrise la morettina con sufficienza, come se stesse parlando con una malata terminale, -E tanti auguri- aggiunse.
-Oh, Mary!- sbuffò l’altra, precipitandole addosso per stritolarla con uno dei suoi abbracci, -Auguri, auguri e auguri!- concluse, stampandole una miriade di baci sulle guance.
-Alice!- protestò, scrollandosela di dosso con poca grazia, -Capisco che sia Natale. Capisco che tu mi voglia bene in quanto sia un’amica, modestamente, eccezionale. Capisco anche che sia il tuo periodo in cui esistono solo rose e fiorellini per via di Frank. Ma rimango la stessa di ieri e di sempre, ergo risparmiati i baci-
Alice, che non appena aveva udito il nome di Frank era arrossita violentemente, non poté far altro che fissare l’amica con un sorrisino insulso che testimoniava la sua assenza nella realtà. Mary in verità si sentiva in colpa perché, a causa della sua litigata con Sirius, non si era minimamente interessata all’evoluzione del rapporto tra la sua migliore amica e Frank Paciock, ma si ripromise di rimediare alla svelta. Dopotutto, non l’aveva mica menzionato a caso.
-Ehm…- azzardò Alice, tornando tra i comuni mortali, -Vogliamo aprirli questi regali oppure no?-
-No!- affermò categoricamente Mary, - Non se ne parla finché non mi avrai raccontato per filo e per segno ciò che è successo ieri con Frank-
Non poteva negare di essere stupita che le fosse tornato tanto in fretta il buon umore e, senz’altro, era tutto merito della chiacchierata con Remus. Si era sbagliata a decidersi categoricamente di non affrontare l’argomento, perché alla fine le parole del Malandrino, che conosceva Sirius come le sue tasche, le erano servite. Perché tutta quella paura di affrontare Sirius Black? Lei aveva ragione e quindi niente da perdere. Sì, entro quel giorno o al massimo l’indomani si sarebbero chiariti una volta per tutte, ne era sicura.
-Be’… ecco…- la frase sconnessa di Alice la riportò alla realtà. La sua amica stava farfugliando così tanto che anche un bambino balbuziente sarebbe riuscito a pronunciare una frase più comprensibile della sua. Per non parlare del colorito del suo volto, il quale aveva ormai raggiunto una tonalità cremisi.
-Andiamo, Alice. Non serve mica un genio per capire che avete ufficializzato la cosa, potrei anche sospettarlo solo minimamente, ma Frank me l’ha confermato prima di raggiungerti, ieri sera- la spronò Mary. Alice si sedette sul letto con fare arrendevole. –E va bene- ammise, -Siamo insieme- il sorriso che irradiò il suo volto era perfettamente accordato al suo sguardo luminoso, di certo non avrebbe potuto essere più felice, né Mary ricordava di averla vista prima così radiosa. Ciò che entrambe non immaginavano era come potesse essere Lily Evans da innamorata, ovvero in quel preciso istante.
Anche Mary sorrise e quei suoi occhi di ghiaccio non avrebbero potuto essere più caldi. Questa volta fu lei ad abbracciare l’amica di sua spontanea volontà. –Sono davvero felice per voi, Alice. Siete azzeccati, siete fatti l’uno per l’altra- la sua non era una frase di circostanza, Mary credeva davvero in ciò che aveva appena affermato.
Ovviamente la dolce Alice ricambiò di buon grado l’abbraccio. –Grazie- disse con un filo di voce, -Ma ora… basta parlare di me. Che ne dici se scartiamo i regali?-
Mary accettò volentieri la proposta dell’amica e le due ragazze si fiondarono sui rispettivi pacchetti. Durante la successiva mezz’ora sui loro letti si ammassarono carte colorate, nastrini, buste scartate e oggetti di ogni genere. Anche se la stanza si stava riempiendo delle loro esclamazioni di stupore e gioia per ciò che avevano ricevuto, non poterono ignorare che un letto, quello più vicino alla finestra, ospitava tanti pacchetti di varie dimensioni che però rimasero intatti. O almeno sarebbe stato così fino al ritorno della legittima proprietaria.

A distanza di qualche chilometro altri due ragazzi si erano immersi nell’atmosfera natalizia, ma non erano circondati da nessuno regalo. In verità entrambi ne nascondevano uno dietro la schiena, ma nessuno dei due si azzardava a consegnarlo al destinatario.
Il primo ad arrendersi fu, come al solito, James.
-Lily?- la interruppe nel bel mezzo del suo interrogatorio. La ragazza lo guardò, stranita. –Ehm, io… avrei una cosa… per te- così dicendo, il bel malandrino le consegnò un pacchettino di forma rettangolare molto sottile.
La ragazza strabuzzò gli occhi per la sorpresa. Arrossendo com’era solita fare e con le mani che tremavano leggermente, lo prese. I suoi occhi da scrutatrice non poterono ignorare la ceralacca blu che sigillava un lembo del nastrino alla confezione argentata. Si trattava del marchio di una rinomata gioielleria di Hogsmeade e Lily si chiese immediatamente come diamine avesse fatto James a procurarselo. Che fosse uscito dalla Foresta di soppiatto? No, impossibile: erano praticamente sempre insieme e non ricordava di un suo allontanamento, escluso, certo, quello della sera precedente.
-Ancora arrossisci, Evans?- la canzonò lui con quell’espressione malandrina, -Credi che ti abituerai, prima o poi, al mio fascino?-
-Spiritoso, Potter- lo fulminò la rossa, prendendo poi a scartare il regalo.
Ciò che si ritrovò tra le mani un attimo dopo era una cosa semplicemente magnifica. James le aveva regalato una catenina d’oro bianco con un piccolo ciondolo dello stesso materiale a forma di rombo su cui erano incisi i loro nomi in bella grafia. In sé non era nulla di speciale, ma Lily lo apprezzava per il suo significato, infatti amò quel ciondolo sin dal primo istante, proprio come amava James, anche se con lui la cosa non era stata altrettanto immediata.
-Io… non so che dire- lo sguardo smeraldino della ragazza si posò su quello ambrato di James, -È stupendo. Grazie davvero-
James sorrise. Il suo cuore faceva un balzo ogni volta che riusciva a fare contenta quella meraviglia dai capelli rossi.
Lily sollevò la collana all’altezza dei suoi occhi e la scrutò soddisfatta, passando in rassegna ogni millimetro del gioiello. Le piaceva davvero un sacco, era il classico accessorio che avrebbe sempre indossato volentieri, magari sotto la veste per evitare di esibirlo troppo e conservarlo gelosamente presso di sé.
-Ti aiuto?- le chiese gentilmente James intuendo che avrebbe voluto indossarlo. Lily annuì e scostò di lato i suoi capelli di quel rosso scuro e dalle striature fiammeggianti.
Intanto che il moro trafficava con il gancetto della catenina le sfiorò la pelle candida, procurandole un brivido che la pervase tutta. Era strano che, dopo tutti quei giorni trascorsi insieme, le facesse ancora quell’effetto, quasi come se fosse la prima volta che i loro corpi si avvicinavano. La ragazza si ritrovò a pensare a tutte queste cose mentre James, assolto il suo compito di sistemarle la collana, non aveva resistito al tacito invito della sua pelle vellutata e la stava ricoprendo di baci che di casto avevano ben poco. Lily si lasciò trasportare da quelle sensazioni ma, anche se contrariamente alla sua volontà, non poté assecondarlo per molto. Anche lei aveva infatti un regalo da consegnargli, sebbene non si estendesse a tanto sfarzo.
-Andiamo, Potter, non cadere in tentazione- con quel suo tono dolce lo interruppe, controvoglia.
Lui sbuffò. –Non sembrava ti dispiacesse, Evans- affermò con quel suo ghigno malandrino.
La ragazza abbassò lo sguardo, imbarazzata soprattutto perché in effetti non avrebbe potuto contraddirlo nemmeno se avesse voluto. Evidentemente per lui era abbastanza normale avere quell’effetto sulle ragazze, anche se Lily sospettava che non ne fosse del tutto consapevole. In ogni caso, decise di ignorarlo.
-Veramente avrei anche io qualcosa da darti, Potter, ma se continui di questo passo presumo che dovrò comportarmi come se fossi un bambino e nasconderti il regalo finché non farai il bravo- lo ricattò lanciandogli un’occhiata eloquente.
Per la seconda volta nel giro di cinque minuti, James sbuffò.
-Vuoi smetterla di sbuffare?- lo riprese la rossa, sorridendo compiaciuta per il fatto che aveva il coltello dalla parte del manico, -Non sta bene mostrare tanta impazienza-
-D’accordo, Evans- si arrese il moro nascondendo la mani dietro la schiena. I suoi occhi non riuscivano però a nascondere il suo stupore. Lily riusciva sempre ed immancabilmente a sorprenderlo. Come diavolo faceva ad avere un regalo per lui? La Lily Evans che conosceva non sarebbe mai sgusciata di soppiatto fuori dalla radura, cosa che in effetti nemmeno lui aveva fatto.
-Togliti quell’espressione dal volto- disse la rossa, -Io non ricorro a metodi illegali per comprarti un presente come si deve, quindi non aspettarti chissà cosa: il vero regalo arriverà non appena torneremo a scuola- promise infine.
James, che all’incirca dall’espressione “metodi illegali” teneva una mano davanti alla bocca per reprimere una risata, scoppiò ora a ridere fragorosamente. –Metodi illegali?- ripeté, -Cosa ti fa pensare che abbia ricorso a pratiche vietate per farti avere una collana?-
Lily finse di pensarci su. –Forse per il fatto che sei tu, Potter? O devo anche farti notare il marchio della gioielleria impresso sulla confezione?-
Il ragazzo scosse la testa divertito. –Il fatto che io sia tanto scaltro da procurarmi certe cose anche in situazioni del genere non implica che i mezzi di cui dispongo siano una trasgressione alle regole-
Lily lo fissò profondamente con i suoi occhi smeraldini e indagatori, soppesando le sue parole come se stesse cercando di cogliere un significato nascosto.
James ruppe quell’attimo di silenzio carico di domande non ancora poste: -Dunque… pensi che io possa aprire il mio regalo entro oggi o ti sei convinta che non me lo merito?- domandò con la sua espressione beffarda.
La ragazza fece una smorfia prima di far emergere un pacchetto ben fatto da un cumulo di coperte ammassate lì appositamente. Si trattava di una confezione piuttosto grande, notò James, domandandosi poi come avesse potuto non farci caso. Lily aveva scelto un involucro oro e un nastro rosso per richiamare i colori della loro Casa e lui si complimentò mentalmente per il suo buongusto: l’appartenenza a Grifondoro era senz’altro un motivo d’orgoglio. Di sicuro anche i Corvonero e i Tassorosso dovevano essere contenti del risultato del loro smistamento e James tutto sommato li capiva. Coloro che proprio non riusciva a comprendere erano i Serpeverde, dal momento che lui si sarebbe suicidato piuttosto che trascorrere sette anni in quella Casa in cui regnavano la slealtà e la discordia.
Il malandrino accettò il pacco che la rossa gli porgeva e cominciò a scartarlo con grande curiosità, come un bambino sotto l’albero di Natale. Aperta la scatola, James strabuzzò gli occhi.
-Te l’avevo detto- sbottò Lily roteando gli occhi. La sua voce tremava così come le sue mani. Era evidentemente nervosa e i suoi occhi erano velati da una sottile tristezza. –L’ho fatto solo perché credevo che non sarebbe stato carino passare questo giorno senza un minimo di festeggiamenti-
-Lily, per favore- il ragazzo la interruppe, sembrava quasi esasperato. –È fantastico, d’accordo?- un sorriso si allargò sul suo viso. Gli occhi nocciola brillavano dietro i suoi occhiali e lasciavano trasparire tutta la sua contentezza. Il regalo gli piaceva, eccome. Nonostante lo conoscesse veramente da poco, Lily aveva in tutto e per tutto colto nel segno, realizzando un oggetto che, seppur non indispensabile, James avrebbe sempre conservato con il massimo rispetto e una gioia infinita.
Ciò che il pacco conteneva era infatti un cuscino a forma di Boccino, ma non era un Boccino D’Oro qualunque, no di certo. Solo un lato del cuscino rispecchiava infatti fedelmente le sembianze della piccola pallina a forma di noce dorata che i Cercatori di Quidditch acchiappavano per far concludere la partita e magari per vincere, perché sul tessuto dell’altro lato erano state riprodotte un sacco di foto che lo ritraevano da solo o insieme ai Malandrini, mentre il suo nome e il suo cognome erano stati ricamati il primo su un’ala, il secondo sull’altra.
-Ti piace sul serio?- l’espressione preoccupata di Lily stava pian piano scomparendo.
James annuì. –Come hai potuto avere dei dubbi? Questo cuscino è… è… be’, non so nemmeno come descriverlo-
La ragazza sorrise, mentre il sangue stava nuovamente affluendo alle sue guance. –Adesso non esagerare- -Non sto affatto esagerando- la contraddisse, prima di squadrarla con rimprovero, a braccia conserte. –E non ti azzardare mai più ad accusarmi di servirmi di metodi illegali: tu non sei da meno-
Lily inarcò un sopracciglio: -Prego?-
James fece un sorrisetto che voleva dire tutto e niente. –Andiamo, Evans, anche tu in qualche modo devi esserti procurata il mio regalo-
Questa volta fu il turno della rossa di mettersi a ridere. –Mi dispiace deluderti, Potter, ma io il tuo regalo l’ho letteralmente sudato- affermò, sottolineando l’ultima parola.
Il moro si ripeté mentalmente la sua risposta, sbalordito. Assunse poi un’aria interrogativa, spostando lo sguardo da Lily al cuscino, poi di nuovo dal cuscino a Lily.
-Ago, filo, stoffa, forbici e un po’ di magia- disse semplicemente la rossa con un’alzata di spalle, -Nulla di illegale-
-E le foto?- la domanda del ragazzo sorse spontanea.
-Le ho copiate da quelle che hai appeso alle pareti di questa casa- rispose lei indicandole.
-E come avresti fatto a procurarti tutto il materiale?-
Lily sospirò, facendo un’espressione a metà tra il divertito e l’esasperato: -Con lo stesso incantesimo con cui mi sono procurata l’essenza di dittamo, James. Erano tutte cose che io possiedo in camera mia- lo informò, come se tenere ago e filo nel cassetto fosse la cosa più naturale del mondo.
-Perché, di solito fai la maglia prima di dormire?-
La ragazza rise della sua faccia stupita. –No, ma volevo confezionare una sciarpa per mia madre e una cravatta per mio padre, ma purtroppo essendo qui non ho potuto, infatti la lana è ancora chiusa nella sua scatola- spiegò.
James rimase in silenzio per un po’, prima di dire: -Ma insomma, Evans, per caso esiste qualcosa che tu non sappia fare sempre così stramaledettamente bene?-
Lily rise. –In verità non so fare molte cose, Potter-
-Ossia?- fece lui avvicinandosi e cingendole la vita.
-Volare su una scopa, per esempio- rispose, -Il solo pensiero mi fa venire voglia di farmi indispettire dai Folletti della Cornovaglia-
James sorrise. –Un giorno imparerai- la rassicurò, -Io stesso ti insegnerò- promise.
-L’idea non mi alletta per nulla, se devo essere sincera- fece sarcastica lei.
Il moro roteò gli occhi. –Va bene, Evans, ma mentre decidi se montare o meno in sella ad un manico di scopa potresti fare un’altra delle cose che ti riescono divinamente come baciarmi, no?-
Lily fece un sorriso che aveva molto in comune con quello beffardo solitamente sfoderato da James. –Sei incorreggibile, Potter- affermò prima di attirarlo a sé.

Al castello di Hogwarts era ormai arrivata l’ora del tanto atteso banchetto natalizio. Gli studenti avevano passato per lo più la mattinata nelle loro Sale Comuni a scambiarsi gli auguri con i vari compagni di Casa e scartando i regali ricevuti. Alcuni avevano poi fatto una passeggiata nel parco innevato e altri avevano colto l’occasione per andare a zonzo per la struttura, come Remus e Sirius. Non che avessero qualche dubbio sul fatto che erano a conoscenza di tutte stanze e i passaggi segreti esistenti, ma magari erano state fatte delle modifiche di cui i Malandrini non erano ancora al corrente.
Gli studenti rimasti quell’anno erano davvero pochi, ma abbastanza da mantenere distinte le tavolate nella Sala Grande. Solo i poveri Tassorosso si sarebbero ritrovati, sicuramente con grande disappunto, accorpati ai Serpeverde, i quali non ne sarebbero stati a loro volta per nulla soddisfatti. Fortunatamente il loro svantaggio numerico (erano solo in cinque, a differenza dei diciassette Tassorosso rimasti) li avrebbe distolti dall’escogitare qualsiasi tipo di cattiveria.
Di questo erano momentaneamente a conoscenza solo i due malandrini che, prima di fare rientro in Sala Comune, diedero una sbirciatina alla Sala Grande, tutta maestosamente addobbata.
Sul viso di Sirius regnava un’espressione più che mai allegra e dimentica della discussione con Remus avvenuta quella mattina stessa. In effetti Lunastorta non sapeva se essere felice per lui o se preoccuparsi: Felpato era anche meno taciturno del solito, nonostante la sua loquacità emergesse solitamente in corrispondenza delle marachelle che escogitava con James.
-Remus? Mi stai ascoltando?- Sirius si fermò a metà della scalinata che conduceva alla Sala Comune di Grifondoro e si mise a fissare l’amico a braccia conserte.
Anche Remus fu costretto a fermarsi e, abbandonata la sua aria smarrita, si scusò: -Perdonami, io…-
-A cosa stavi pensando?- chiese curioso Sirius, il cui buonumore non era stato minimamente scalfito da quello indecifrabile dell’amico.
-Be’, stavo cercando di capire come mai sei così felice- rivelò.
Sirius allargò le braccia e con esse anche il suo sorriso: -Remus, è Natale. Non ci sono le lezioni, non devo studiare, ho ricevuto dei bei regali e ora non vedo l’ora di riempirmi la pancia con quanto più cibo sono in grado di contenere-
-Tutto qui?- Remus pareva incredulo.
Il moro annuì. –Senza contare che passerò il resto della giornata ad oziare- aggiunse.
-E in questo bel teatrino dove hai inserito la scena in cui vai da Mary a chiederle scusa?- fece Lunastorta inarcando il sopracciglio.
Gli occhi di Sirius riacquistarono in quel breve lasso di tempo tutta la loro freddezza. –Perché devi sempre rovinare tutto?- sbottò.
-Lo sapevo, lo sapevo!- esclamò Remus arrabbiato almeno quanto lui, -Me l’hai promesso stamattina e te ne eri già dimenticato!-
-Una promessa estorta mentre avevo davanti una meravigliosa confezione di scherzi assortiti non è valida- sentenziò l’altro.
Remus si appoggiò alla balaustra delle scale, esasperato. –Sirius, per favore- lo implorò, -Non capisco dove stia il problema: hai confessato tu stesso che muori dalla voglia di chiederle scusa, ma continui a voler rimandare il momento-
Black spalancò gli occhi, indignato: -Io non ho mai detto di morire dalla voglia di chiederle scusa!- ribatté, -Non è di certo qualcosa che mi fa piacere! Lo farò solamente perché così non avrò più nulla da spartire con la McDonald, ma soprattutto lo farò non appena mi si presenterà l’occasione più appropriata-
Lunastorta parve piuttosto soddisfatto di quella risposta: era scontato che lui avrebbe fatto il possibile perché nell’arco di quella giornata si presentassero una miriade di “occasioni appropriate”, era persino disposto a chiuderli nello sgabuzzino delle scope, se mai ce ne fosse stato bisogno.
-Togliti subito quello che stai pensando dalla testa- ringhiò Sirius avviandosi verso il ritratto della Signora Grassa, come se gli avesse letto nel pensiero.
-Ma io…- tentò di protestare Remus, sfoderando una faccia da lupacchiotto indifeso e seguendo l’amico verso la Sala Comune.
-Lunastorta, non ci provare- proseguì Sirius oltrepassando il ritratto, -So perfettamente a cosa stai pensando e ti chiedo gentilmente di lasciare perdere e di farti gli affaracci tuoi-
-Questo lessico così nobile non è da te, Felpato- sorrise Remus, -Lo sai che delle belle frasi non mi corromperanno, vero?-
-Non mi starai istigando a fare sfoggio della mia volgarità anche a Natale, vero?- Sirius stava letteralmente perdendo la pazienza quando si voltò verso l’amico. La sua espressione era a dir poco furente: ciò che lo faceva imbestialire era che, essendo un argomento per lui alquanto delicato, non era in grado di contrastare Remus che, accidenti a lui, aveva ragione. Ma questo Sirius non l’avrebbe mai ammesso.
-Remus! Sirius!- l’esclamazione di una ragazza costrinse i due malandrini a distogliere la loro attenzione dalla conversazione. Il primo alzò lo sguardo verso di lei, mentre il secondo si voltò, addolcendo la propria espressione.
-Auguri, ragazzi!- continuò Alice stampando due baci sulle guance di ciascuno, -Prima vi ho cercati, ma Frank ha detto che eravate usciti-
-Buon Natale, Alice- contraccambiarono i due, -Sì, in effetti abbiamo fatto una passeggiata- confermò Remus pestando il piede di Sirius che aveva aperto la bocca per enunciare chissà quale stupidaggine.
Il bel Black contraccambiò con una gomitata, sempre cercando di non darlo a vedere agli occhi della morettina.
-Avete scartato i vostri regali?- chiese lei con curiosità, ignara di tutto.
-Sì, occupazione che ci ha impegnati per gran parte della mattinata. Tu e Mary, invece?- rispose sempre Remus.
Fu esattamente questa domanda che avvertì Mary McDonald non appena iniziò la scalinata che separava il primo piano del dormitorio femminile dalla Sala Comune di Grifondoro. La sua attenzione ne fu catturata ovviamente perché udì il proprio nome, pronunciato poi da una voce che aveva tutto di familiare.
Mary alzò lo sguardo, scompigliandosi leggermente con la mano il suo ammasso di riccioli corvini e quello che vide la paralizzò. Non poteva essere. Sperò con tutte le sue forze che si trattasse di un sogno, o meglio, di un incubo ma, dopo essersi assestata un pizzicotto sul dorso della mano, ciò che vide non era mutato di una virgola: Alice stava veramente conversando con Remus Lupin e… Sirius Black.
“Ma porco Doxy”, si ritrovò a pensare, “Perché proprio con loro? Non sono ancora pronta per un tête-à-tête con lui. Anche se stamani ero tutta euforica, ora che lo rivedo potrei prenderlo a pugni”.
Tuttavia, dovette convenire che prima o poi, nel corso di quella giornata, sarebbe inevitabilmente inciampata nella sua figura, anche considerando il fatto che i Grifondoro presenti quel giorno erano una ventina scarsa, non di più.
La ragazza si voltò, imbarazzata. Era paralizzata sulla scala, di sicuro mancava poco al momento in cui si sarebbero accorti della sua presenza.
-Mary!- non aveva fatto in tempo a formulare quel pensiero e a dargli una forma precisa all’interno della mente, quando Alice la chiamò.
Lei sospirò, incapace di reagire. Era rimasta bloccata con un piede sul gradino più in alto nel disperato tentativo di raggiungere il dormitorio, ma era palese che ormai avrebbe dovuto attendere la fine del banchetto prima di stendersi sul suo letto e non pensare a nulla. Decise quindi di rilassare il suo volto e di assumere un’espressione che apparisse quanto più normale possibile, poi si voltò nuovamente, questa volta in direzione dell’amica.
Era così disperata che, poiché aveva ormai toccato il fondo, riuscì perfino ad abbozzare un sorriso ai tre che conversavano amabilmente, ma non poté ignorare lo sguardo di sottecchi che le aveva lanciato Sirius.
Mary si avvicinò lentamente. La sua andatura, incerta e tremolante, lasciava trapelare l’agitazione che lei si era tanto premurata di nascondere.
-Stavamo giusto parlando della nostra mattinata- continuò Alice, per nulla sospettosa delle maledizioni che Mary le stava scagliando mentalmente, anche se in fondo sapeva che non era colpa sua.
La ragazza annuì meccanicamente, rimanendo in silenzio e notando che Sirius Black, proprio come lei, faceva di tutto per non incrociare il suo sguardo. Nessuno dei due prese parte alle successive battute che si scambiarono Alice e Remus, nonostante i loro amici cercassero le loro conferme a ciò che dicevano. Alla fine arrivò Frank che, dopo aver scoccato un bacio sulla guancia ad Alice facendola arrossire, propose: -Che ne dite, scendiamo a pranzo?-
Tutti ovviamente accettarono senza indugi. Remus, approfittando del fatto che la coppia camminava davanti a loro tre, si allontanò e con una scusa affiancò Alice e Frank, lasciando che Mary e Sirius tentassero almeno di migliorare la loro situazione.
I due, vedendo Remus avanzare, non poterono infatti trattenerlo, così camminarono fianco a fianco, immersi nel loro silenzio carico d’imbarazzo. Sirius era arrabbiato con Lunastorta per avergli giocato quel brutto tiro, ma stava anche cercando un modo per attaccare bottone con la McDonald. Mary, dal canto suo, era in attesa che Black rompesse il ghiaccio, perché lei non avrebbe mai e poi mai fatto il primo passo.
Ad un certo punto Sirius si fermò a metà corridoio, lottando tenacemente contro il suo terribile nodo allo stomaco. –McDonald, io…- iniziò fissando un punto non definito del pavimento.
Anche se tentò di proseguire, il resto della frase non fu udibile: la trentina abbondante di Corvonero rimasti al castello arrivò in massa dalla Sala Comune facendo un gran fracasso e urtando contro di loro che si ritrovavano invece impalati nel bel mezzo di un corridoio di passaggio.
Mary dovette per questo fare un enorme sforzo per rimanere accanto a Sirius. –Qualsiasi cosa sia, Black, è meglio che tu me la dica dopo- suggerì, alzando di molto il tono della voce.
Lui annuì, stupendosi del fatto che avesse reagito in maniera così pacata e senza sbraitargli contro. Si diressero verso la Sala Grande, facendosi largo tra i Corvonero per raggiungere i loro amici che ormai avevano preso i posti a tavola e ora si stavano guardando intorno per vedere dove si fossero cacciati.
Mary e Sirius li scorsero subito, si stavano sbracciando perché occupassero i due posti lasciati liberi davanti a loro. Quelli erano, con grande dispiacere di entrambi, vicini.
Anche se quando vi si sedettero finsero spudoratamente di trovarsi a loro agio, la rigidezza dei loro gesti era palpabile. Qualsiasi battuta o conversazione affrontata in seguito non li rese mai completamente partecipi, impegnati com’erano a sforzarsi di essere naturali quando in verità Mary avrebbe voluto alzarsi e chiudersi nel bagno della propria stanza, mentre Sirius si sarebbe accontentato di afferrarle una mano e condurla in un luogo appartato per poterle chiedere scusa una volta per tutte, almeno così le loro strade si sarebbero divise e loro avrebbero smesso di fingere di sopportarsi.
Finito il pranzo, ovvero quando ormai tutti si erano rimpinzati tanto da non riuscire quasi più ad alzarsi da tavola, il preside volle intrattenere gli studenti con uno dei suoi discorsi. A giudicare dagli applausi e dalle urla che i ragazzi facevano ad ogni pausa dell’uomo, ciò che diceva era divertente, ma Mary e Sirius non riuscirono ad ascoltare nemmeno quello. Quando tutti gli studenti si alzarono in piedi, Mary McDonald lanciò all’amica un’occhiata interrogativa.
-Non hai sentito?- disse Alice, -Silente ci ha invitati tutti a scambiarci gli auguri- spiegò.
La morettina, che all’inizio stava per alzarsi, si risedette svogliata sulla sedia. Non aveva alcuna intenzione di fare gli auguri a chicchessia, soprattutto se si trattava di gente con cui non aveva nulla da spartire.
Anche Sirius era rimasto seduto, ma le sue intenzioni erano ben diverse: voleva approfittare dello scompiglio generale per parlare con la McDonald.
-McDonald?- la chiamò.
Mary si voltò verso di lui, avvertendo un pesante macigno all’altezza dello stomaco. Il suo viso era impassibile e rassegnato, come se avesse ricevuto una caterva di pugni e ora stesse aspettando solamente il colpo di grazia.
-Ti ascolto- sospirò con debolezza.
-Vedi, quello che ti volevo dire prima…- Sirius fece una pausa. Nemmeno per lui era facile, le parole gli uscivano di bocca con grande fatica perché non era abituato a chiedere scusa, né a confrontarsi con una ragazza per un motivo diverso da un appuntamento.
Mary alzò finalmente lo sguardo e parve trapassarlo da parte a parte con i suoi occhi grigi. Lui proseguì, ignorandola: se si fosse fermato non sarebbe stato più in grado di proseguire a causa di quello sguardo gelido. -… è che… che mi…-
Ma Mary non riuscì mai ad intuire il resto della frase: una ragazza dai lisci capelli biondi raccolti in un treccia si era infatti avvicinata a loro con un sorriso che le andava da un orecchio all’altro.
-Sirius!- esclamò, buttandogli le braccia al collo, -Buon Natale!-
Il ragazzo fu così sorpreso che si ritrovò a ricambiare la stretta senza nemmeno aver desiderato di volerlo fare. –Grazie, Miranda- disse, totalmente privo di entusiasmo.
La bella bionda lo rimbeccò: -Ma che dici? Io sono Vanessa-
Mary a quel punto roteò gli occhi e con uno scatto repentino si alzò: odiava compromettersi in quella maniera, ma a quel punto era molto meglio fare gli auguri a tutti quanti, anche a Sir Cadogan, se ce ne fosse stato bisogno.
Sirius se ne accorse ma, per colpa di Miranda o Vanessa o come diavolo si chiamava, fu immobilizzato al proprio posto. Stava per risponderle male, però era così deluso per il problema di cui non era riuscito a sbarazzarsi e per Mary che ci era rimasta ancora peggio che non ebbe la forza di rovinare la festa a quella povera ragazza, arrivata nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Mary strinse la mano a quasi tutti i professori, evitando la Cooman di proposito, poi fu fermata da Alice, Frank e Remus.
Alice la accolse con un caloroso sorriso. –Vi stavamo cercando per chiedervi se vi andava di tornare in Sala Comune… ma…- continuò, guardando la gente alle spalle di Mary, -Dov’è Sirius?-
-Che ne so?- sbottò lei, ribollendo di collera, -Non dobbiamo mica stare insieme tutto il tempo, no?-
Remus fece una smorfia, pregando in cuor suo che l’amico non avesse fatto nulla di male. –Vado a raccattarlo- annunciò, facendosi largo tra la folla.
Lunastorta lo beccò mentre tentava disperatamente di chiudere la conversazione con Vanessa e scosse la testa divertito, pensando che purtroppo non gliene andava una per il verso giusto.
Sirius lo notò, di conseguenza poté con grande gioia usarlo come scusa per allontanarsi da quella logorroica Corvonero.
-Prima che tu dica qualcosa, sappi che stavolta non è colpa mia- si giustificò non appena raggiunse Remus.
L’altro rise. –Andiamo?- propose, indicando gli altri che li aspettavano vicino al portone della Sala Grande.
Alla fine si avviarono tutti insieme verso la Sala Comune, ma stavolta Mary si guardò bene dal rimanere indietro insieme a Sirius: non aveva la benché minima intenzione di perdere tempo ad ascoltare qualsiasi cosa dovesse dirle, anche perché alla fine sarebbe accaduto qualcosa di più importante rispetto alla loro conversazione e lui se ne sarebbe dimenticato.
Sirius se ne accorse, desolato. Non riusciva a capire come mai i litigi con lei lo facessero stare così male. Dopotutto era abituato a litigare con le ragazze, ma di solito capitava quando lui decideva di rompere una relazione che aveva iniziato poco tempo prima e la ragazza in questione si infuriava perché non se ne spiegava il motivo. Poi a volte litigava con i Serpeverde che lo insultavano o che lui insultava di sua iniziativa. Nessuno di quei litigi però lo faceva rimanere sveglio la notte, né lo rendeva pensoso o diverso con i Malandrini da come era di solito. Quando discuteva con Mary, invece, era tutta un’altra storia: finché non risolveva la questione in qualche modo poteva dire addio ai sonno tranquilli e alle giornate spensierate, inoltre quella volta aveva davvero superato il limite ed era stato ancora più snervante.
Il malandrino le afferrò una mano da dietro, facendola voltare.
-Ma che diamine…?- Mary si voltò e un’espressione di sorpresa si dipinse sul suo volto. Lanciò di sfuggita un’occhiata agli altri tre che stavano andando avanti senza di loro, probabilmente senza essersi accorti di nulla.
Mentre lui la strattonava trascinandola chissà dove, lei cercava disperatamente di divincolarsi da quella stretta. –Black!- lo apostrofò, velenosa, -Lasciami subito! Ti proibisco di usare queste maniere!- piagnucolò, dal momento che la forza del ragazzo era ben superiore alla sua, di conseguenza non sarebbe mai riuscita a fargli allentare la presa.
Nel frattempo erano arrivati in un’aula vuota: Sirius ve la condusse dentro e poi si chiuse la porta alle spalle.
-Non penso proprio, McDonald- ribatté, -Sono ore che cerco di parlarti e non ci riesco, quindi ora mi stai a sentire una volta per tutte-
-È un problema tuo se dai più retta alle tue distrazioni- fece lei, tentando di uscire.
Sirius estrasse la bacchetta. –Per l’amor del Cielo, McDonald- disse, alzando gli occhi al cielo. –Non vorrai che ti pietrifichi-
Mary lo fissò sbalordita, chiedendosi se davvero sarebbe stato disposto ad arrivare a tanto. Poiché si trattava di Sirius Black, la risposta che si diede fu affermativa, quindi non poté che fermarsi a fissarlo con sguardo truce, incrociando le braccia sotto il seno.
Il ragazzo lo interpretò come un invito a proseguire. –Volevo dirti che mi dispiace- iniziò, -Io… non pensavo davvero a quello che ti ho detto ieri, in realtà non so nemmeno perché l’ho fatto- gli era uscito tutto d’un fiato e all’improvviso si sentì più leggero.
Lei era letteralmente sbalordita, quasi non voleva credere che Sirius Black le aveva chiesto scusa ammettendo le proprie colpe.
-Giuro che… se tornassi indietro ti salverei altre cento volte, McDonald- le confessò, -È vero che avrei salvato chiunque altro ci fosse stato al tuo posto, ma sono mille volte più contento di aver aiutato una persona come te-
Con quelle parole si era davvero superato, Mary non sapeva nemmeno cosa rispondergli. All’improvviso, si rese conto che il sangue stava affluendo alle sue guance, imporporandole.
Non vedendo nessuna reazione da parte sua, Sirius decise di spezzare quel momento di silenzio ormai troppo imbarazzante: -“Grazie, Black, sei perdonato”- le suggerì, abbozzando un sorriso.
In quel momento, la ragazza si spazientì. Si liberò il viso da qualsiasi ciocca di capelli glielo coprisse anche solo in parte, poi sbottò: -Come al solito dai sempre tutto per scontato, Black. Sono io che decido se perdonarti o meno- così dicendo, fece per allontanarsi, irritata.
Per la seconda volta nel giro di mezz’ora, Sirius le afferrò un braccio. –McDonald, per favore- la implorò, -Stavo solo sdrammatizzando- si giustificò, -E se non vuoi perdonarmi… be’, penso che lo capirei- aggiunse, stupendola nuovamente.
Mary era stata davvero colta alla sprovvista, per poco non arrossì di nuovo. Voltandosi, incrociò gli occhi blu del moro e per un attimo vi si perse. Non credeva di trovarselo così vicino. Il suo sguardo era indubbiamente sincero e la ragazza s’intenerì.
-Suppongo allora di doverti io delle scuse, Black- sussurrò, -Come al solito non so distinguere la serietà dall’ironia-
Sul volto del malandrino si dipinse un mezzo sorriso. Fece spallucce.
-E sì, ti perdono- aggiunse Mary, abbassando lo sguardo.
Nessuno dei due fu poi in grado di spiegare ciò che accadde dopo. I loro volti, ormai vicini, si sfioravano. Sirius le alzò delicatamente il mento con una mano e Mary incrociò nuovamente i suoi occhi blu, ma questa volta non si trattò di un momento fugace. I loro sguardi si incatenarono, perdendosi l’uno negli occhi dell’altra, mentre i loro visi spezzavano a poco a poco la breve distanza che li separava…
-Tu sceendi daalle scale, o mia gattiiinaa… ti spezzerò la coodaa, o brutta creatuuuraa…-
Quel canto improvviso e stridulo fece fare ad entrambi un bel balzo indietro. Pix il poltergeist aveva fatto infatti irruzione nell’aula, volando e facendo fluttuare Mrs Purr nell’aria, appesa per la coda. Come se non bastasse, le stava persino dedicando una canzone sulle note di “Tu scendi dalle stelle”.
Ora i due ragazzi erano ancora più imbarazzati di prima. Mary avrebbe desiderato prendersi a sprangate sulle gengive. Ma cosa le era saltato in mente? Persino il pensiero si rifiutava di comparire nella sua testa, non poteva di certo ripetersi che stava per baciare Sirius Black!
La situazione sarebbe stata alquanto comica se solo loro non si fossero presi la briga di incasinare le loro vite ancora più di prima.
Sirius si schiarì la voce, anche lui piuttosto nervoso. –Ehm… penso sia meglio raggiungere gli altri…- propose con un filo di voce.
Mary annuì ed entrambi si diressero verso il corridoio, cercando di fare il meno rumore possibile per non disturbare Pix che non si era accorto della loro presenza e che stava decidendo il modo migliore attraverso il quale sbarazzarsi della gatta.
Durante il tragitto che li portò alla Sala Comune non dissero nemmeno una parola. Non era un silenzio pesante o asfissiante ma, oltre a camminare fianco a fianco, erano troppo imbarazzati per avviare un discorso. Le loro menti lavoravano in maniera frenetica ed entrambi si stavano rimproverando per ciò che stavano per fare.
Erano tutti e due così presi dai propri pensieri che, ad un certo punto, si ritrovarono fermi immobili a braccia conserte davanti al ritratto della Signora Grassa, aspettando che qualcuno dicesse la parola d’ordine, oppure semplicemente non si erano nemmeno resi conto di essere alquanto strani lì davanti e il sostare di fronte ad un quadro pareva loro qualcosa di perfettamente normale.
Probabilmente dovettero accorgersi nello stesso momento di essere davanti ad una Signora Grassa indispettita e spazientita, che cercava in tutti i modi di risvegliarli da quello stato di trance per estrapolare loro la parola d’ordine.
-Verba volant- pronunciarono all’unisono.
-Finalmente!- esclamò la donna del ritratto, aprendo il passaggio. –Questi studenti… passano gli anni e continuano ad avere la testa tra le nubi…-
Mary e Sirius la sentirono imprecare finché non la oltrepassarono completamente.
La Sala Comune era pressoché vuota: a parte Alice, Frank e Remus che discutevano vivacemente in un angolo, solo un altro gruppetto di studenti si scaldava intorno al fuoco: tutti erano infatti ancora in Sala Grande o a passeggiare nel parco.
Quando li vide, Alice strabuzzò gli occhi. –Ma si può sapere dove vi eravate cacciati?- sbottò, leggermente alterata.
Sirius e Mary avevano ormai la testa ben salda sulle spalle e assunsero entrambi un’espressione di finta incredulità, come se non avessero la più pallida idea di ciò a cui la ragazza si riferiva.
-Quanto sei tragica- minimizzò Mary, -Siamo sempre stati qui- disse con naturalezza.
Sirius la scrutò con occhi che sarebbero stati spalancati se non avesse dovuto stare al suo gioco. Si sorprese della spontaneità con cui aveva mentito: se non avesse condiviso con lei quell’esperienza di sicuro le avrebbe creduto.
Alice fece una smorfia. –Sei la solita esagerata- disse, osservando attentamente lo sguardo e l’espressione dell’amica, -Come spiegate il fatto che ad un certo punto ci siamo voltati e voi due eravate spariti?-
Il malandrino aprì la bocca per replicare, ma non ce ne fu bisogno: Mary trovò prontamente una risposta prima di lui. –Eravamo più indietro perché ci ha fermati Gazza. Non trovava più Mrs Purr e ci ha fatto una scenata continuando a chiederci se l’avevamo vista e addossandoci la colpa delle sue disgrazie- inventò di sana pianta, mentre Sirius annuiva frettolosamente.
Alice li osservava poco convinta.
-Che avete da ridere, voi due?- Mary si riferiva a Remus e Frank, che invece avevano ridacchiato da quando loro due erano arrivati.
-Niente, niente- si affrettò a dire Frank.
-Non me la racconti giusta, Mary- commentò Alice infine, le mani sui fianchi.
Sirius prese finalmente la parola: -Garantisco io per lei-
Quando gli altri si distrassero, Mary McDonald si voltò verso di lui. Il bel Black le fece l’occhiolino, abbozzando un sorrisetto.
Anche lei infine sorrise, divertita, scuotendo la testa.





Ok, spero vi sia piaciuto. Lo so che è lungo, ma io non sono proprio fatta per le storie brevi e per i capitoli corti men che meno. Ora sono determinata a continuare questa storia fino alla fine e, anche se il prossimo capitolo potrebbe ritardare perché, ahimè, in verità dovrei pensare più agli esami che a questa fic, si tratterà al massimo di un mese o due, non di più, e questa è una promessa.
Mi auguro che vogliate lasciarmi una recensione, altrimenti… buona estate a tutti!
Baci,
Prongs95
   
 
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