Rosa di maggio
Sorseggio
lentamente dal calice di cristallo che stringo tra le dita, mentre siedo con
fare distratto al grande tavolo rotondo, lasciato deserto dagli ospiti ora
raccolti al centro del tendone.
La
musica che risuona è dolce e melodiosa.
Stancamente
mi alzo, avvicinandomi alle numerose persone che bisbigliano eccitate
osservando gli sposi aprire le danze. Così gioiosi ed emozionati, ora che
finalmente si è celebrato il matrimonio che tutti aspettavano da tempo. Il
coronamento di un sogno coltivato da bambini, lui accanto a lei e lei tra le
braccia protettive di lui come nel finale di una fiaba letta infinite volte.
Così perfetto.
Eppure
così insostenibile ai miei occhi, che cercano rifugio tra i colori caldi e
confortevoli del tramonto che si spegne ad ovest, ma che inesorabilmente
tornano a lei, così dannatamente
bella.
Bocciolo di rosa fiorito davanti
agli occhi di un mondo curioso e sorpreso, che mai avrebbe creduto di poter
godere di qualcosa di così splendido.
Sorride,
a prima vista spensierata, tra le braccia di Ron, che la cullano in una dolce
danza. I suoi movimenti sono seguiti da un ondeggiare leggero del vestito e da
uno sfavillio dei piccoli, quanto preziosi ricami, che giocano con la calda
luce presente, come il sole gioca sulla superficie increspata del mare.
Fragile maschera di felicità
indossata per vigliaccheria e paura, che cadrà facilmente non appena un filo di
vento le soffierà troppo vicino.
L’abito
bianco l’avvolge come una soffice nuvola, donandole un’aria da imperatrice bambina,
ancora così giovane eppure regale ed eterea nel suo portamento fiero e
nell’eleganza innata dei movimenti.
Leggiadra
come una piuma carezzata dal vento e meravigliosa come l’alba
I
capelli, sciolti in lunghi boccoli, le cadono dolcemente sulle spalle
assecondando le sue movenze delicate.
Quella notte non ero riuscito a
chiudere occhio, la sua immagine marchiata a fuoco anche tra le ombre più cupe
della stanza buia. I raggi delicati dell’alba mi avevano trovato sveglio ed
esausto, il letto sfatto e il corpo scompostamente adagiato tra le lenzuola.
Davanti allo specchio del
corridoio vicino alla porta l’ultima sistemata alla cravatta che non ne voleva
sapere di stare in ordine, un’ultima scompigliata ai capelli ribelli per
appiattirli un po’, due schiaffetti al viso stanco per la notte insonne, un
gesto veloce della mano per ordinare il collo dall’elegante vestito da
cerimonia ed eccomi: ero pronto per andare.
Come testimone di nozze, spettava
a me il compito di consegnare il bouquet che avrebbe portato con lei
sull’altare. Prima di uscire dalla stanza però, avevo preso con mani tremanti una
delle piccole rose rosse che adornavano il vaso posato sul basso tavolino poco
distante dal letto, puntandola al collo della giacca.
Ne avevo inspirato il profumo intenso.
Rosa.
Rosa che racchiudeva in sé mille
ricordi, mille ricordi che in questo giorno sarebbe stato meglio lasciare a
casa.
Ricordi
però impossibili da abbandonare, impressi a fuoco nell’anima, che neanche un
milione di anni avrebbero potuto cancellare.
Ed erano rose bianche anche
quelle del bouquet che stringevo tra le dita.
Osservandoli
danzare, ancora una volta mi chiedo per quale strana ragione il destino si
diverta così tanto ad accanirsi contro di me. Facendomi gustare il sapore
delizioso della felicità, per poi lasciarmi assetato e con l’amaro in bocca.
È tutto
maledettamente sbagliato. Un copione in cui i ruoli sono stati assegnati ad
attori sbagliati, lasciando sul palcoscenico protagonisti diversi senza logica
e senso.
Dovrei
esserci io con lei, a stringerla e a sussurrarle dolci parole all’orecchio.
Sogno cullato nelle infinite
notti senza luna, infranto da un risveglio troppo violento. Sostituito da una
realtà beffarda.
Ron, il
mio migliore amico.
Il
sorriso oggi non lascia mai il suo volto, i suoi occhi sono adoranti e colmi
solo di lei. E’ contento. Il suo viso risplende di una luce nuova, mai vista
prima.
La
attira più vicina, dicendole qualcosa a fior di labbra, qualcosa che io non
posso sentire. Lei non risponde, arrossisce appena abbassando il viso e dal suo
sorriso stanco trapela un timido imbarazzo.
Ma
quello non è il suo sorriso. È solo
un pallido riflesso di quel gesto meraviglioso e spontaneo che infinite volte è
stato in grado di donarmi istanti di pace assoluta con il mondo e con me
stesso. Quel sorriso che le rischiara il viso e gli occhi, come quando a un
bambino si fa un regalo atteso da tempo.
Quel
sorriso che le fa diventare le labbra un bocciolo di rosa, tutte da baciare.
Avverto
qualcosa bloccarsi tra gola e cuore, sapendo che quel sorriso rimarrà solo mio.
Solo per me.
Come
quella sfumatura più chiara, più intensa, in fondo a quegli occhi dorati che
ora mi guardano da lontano. Il suo
sguardo. Ogni volta la stessa sensazione, ogni volta quella morsa allo stomaco,
che mi impedisce di respirare, le gambe che oscillano e la voce che muore in
gola, invece di gridare tutto il mio
amore per lei.
Anche i
suoi occhi perdono ogni giorno che passa un po’ di luminosità. Offuscati da
qualcosa che solo io posso vedere. Perché anche a me sta accadendo la stessa
cosa.
Occhi che vivono gli uni
all’ombra degli altri, anche se non se ne rendono conto, occhi che provano le
stesse emozioni e gli stessi dispiaceri.
Con
un’ultima nota il ballo finisce, Ron ed Hermione si dividono, le loro mani si
allontanano e i loro corpi si separano.
Il nodo
che ho alla gola si allenta un po’.
Vana consolazione per un cuore
ferito, inutile cura per un paziente perso in partenza.
Ma anche
questo piccolo conforto mi viene tolto. E’ in quell’istante che lui si china su
di lei, coprendo le sue labbra con le proprie, dapprima sfiorandole appena, per
poi farsi evidentemente più esigenti.
Solo io
colgo quel movimento soffocato dalle forti braccia di lui, che la stringono con
decisione, mentre lei cerca di allontanarsi quasi inconsciamente. Per poi
arrendersi a quella che d’ora in avanti diventerà una consuetudine. Perché ora
sono legati da un giuramento eterno davanti a Dio e ai suoi testimoni.
Marito e
moglie.
Perfetto.
Stringo
forte il calice tra le dita, mentre loro avanzano attraverso uno scroscio di
applausi verso gli invitati, allontanandosi dal centro della sala.
Inspiro
profondamente, deglutendo a fatica, prima di avvicinarmi a loro e
congratularmi.
Dovere da compiere, per sostenere
con un ultimo sforzo l’intera scenografia di una recita ineccepibile.
-Congratulazioni
Ron- Gli stringo la mano prima di abbracciarlo fraternamente, con sincera
commozione. -Congratulazioni Hermione- Le sfioro la guancia con un bacio, lieve
come una carezza.
Lasciando
che un brivido improvviso scorra in tutto il mio corpo, mi soffermo un attimo
di troppo inebriandomi del suo dolce profumo, che ogni volta mi porta in
paradiso.
Credevo
di averlo dimenticato.
È con
estremo sforzo che mi allontano, abbandonando il calore della sua pelle e la
freschezza della sua fragranza.
-Ed ora,
come testimone dello sposo, vorrei proporre un brindisi. Ai miei due migliori
amici, la mia prima vera sensazione di famiglia dopo molti anni, che oggi hanno
coronato il loro sogno d’amore diventando marito e moglie. A Ron, che considero
come un fratello, se non nel sangue, fin nel profondo del cuore- Gli sorrido,
scorgendo la sua espressione emozionata. Il respiro si affievolisce e il cuore
perde un battito quando voltandomi incontro nuovamente il suo sguardo. Per un istante ogni cosa perde senso. Ci sono solo io,
perso in quel mare di fuoco e polvere. E c’è lei di fronte a me, che con
silenziose parole mi ricorda ancora una volta quanto tutto di lei mi
appartenga. -E ad Hermione, la mia piccola so-tutto-io, senza la quale non
sarei mai diventato quello che sono- Significati nascosti dietro ogni sussurro,
che lei raccoglie con mani gentili per riporle in quel piccolo scrigno che
serba tra i ricordi. -Non posso che augurarvi una vita costellata di felicità,
con tutto il mio affetto. Che ogni vostro desiderio si realizzi, perché siete
le persone che lo meritano più di chiunque altro in questo mondo- Sollevo il
calice, mentre tutti gli ospiti accompagnano il mio gesto. -Auguri!-
Bevo il
vino tutto d’un fiato, lasciando che stordisca per qualche istante ogni senso,
prima di scendere lungo la gola e rinfrescarmi con il suo gusto deciso.
Adesso
come da tradizione, dopo il ballo degli sposi, c’è il ballo con i testimoni.
Non sarei venuto solo per questo, perché è proprio questo che mi fa più male.
Esserle vicino, anche in un semplice ballo, ma non come vorrei io, essere
costretto a seppellire il mio amore.
Azione doverosa e necessaria, per
non far cadere tutta la felice sceneggiata creata e sostenuta fino ad adesso.
-Harry, ti
affido la mia sposa per questo ballo. Non schiacciarle troppo i piedi, mi
raccomando- afferma divertito Ron, facendomi l’occhiolino.
Raggiunge
la sorella, invitandola a danzare, Ginny acconsente con un sorriso radioso
sulle labbra.
Lei, invece, non si avvicina. Resta immobile dov’è, piedi piantati a
terra.
Allora
sono io che mi avvicino. Lento, per guastare di più la sua immagine che piano
piano si fa più vicina a me.
Le
prendo dolcemente la mano e faccio intrecciare le mie dite con le sue.
Incastro perfetto di due anime
complementari, che non smetteranno mai di cercarsi inconsapevolmente.
Con
l’altra mano le circondo la vita sottile, e faccio aderire i nostri corpi, come
la più spontanea delle cose, come il brillare del sole o lo scintillare della
luna in una notte buia, avvertendo il suo corpo rilassarsi tra le mie braccia
ad ogni nota, seguendo il ritmo dolce e lento di questa musica che sa di
malinconia.
Sentire
la sua fronte posarsi sulla mia spalla e il suo cuore battere furioso contro il
mio petto sono una cosa sola. Così come godere dell’intensa sensazione del suo
calore insieme al mio, del suo corpo abbandonato completamente alle mie carezze
lievi e discrete.
Ma lei
non segue la musica, lei segue me. Sono io che la porto, segue i miei movimenti,
senza parlare e senza guardarmi, impedendomi di scrutare i suoi occhi e di
leggerne al loro interno il mio stesso dolore.
Sento il
ritmo del suo cuore e del suo respiro. Lei si avvicina ancora a me, e si
abbandona contro il mio petto.
Vivere inseguendo l’uno l’ombra
dell’altra, fino a quell’incontro perfetto di anime destinate a cercarsi fino
alla fine dei tempi.
Poi alza
lo sguardo, e mi perdo in quelle iridi che amo senza uguali, e allora per non
esiste più niente.
Solo io
e lei. Come quella prima volta, e le altre mille successive.
-E’
passato un anno- Il suo è solo un flebile sussurro, ma per è la voce di un
angelo. Dell’angelo più bello.
-Lo so-
rispondono ritornando con la mente e con il cuore a quei momenti
indimenticabili.
Sempre più spesso si allontanava
per ore, sola e nel cuore della notte. Tornava quando il sole era già sorto, il
viso stanco e pallido, ma in qualche modo più tranquillo. Ero inquieto e
preoccupato, perché l’avevo sentita allontanarsi da me, chiudendosi in se
stessa e nei suoi pensieri.
Avevo deciso di scoprire cosa
stava nascondendo, così una sera l’avevo seguita e lei mi aveva portato qui.
L’aria era calda nonostante
l’ora, piacevole e frizzante, il cielo
scuro e limpido cosparso di stelle.
Nonostante fosse buio, avevo
seguito passo passo ogni suo movimento, silenzioso e distante. Più di una volta
mi ero soffermato ad osservarla, con quell’aria seria ma dolce che la faceva
sembrare una ninfa dei boschi.
Infine si era fermata in un
angolo lontano, sconosciuto e intimo. Alcuni muri abbattuti, sopravvissuti ad
anni ed anni di chissà quali situazioni e circostanze, erano ricoperti da una
rigogliosa pianta di rose selvatiche.
Rose.
Dal profumo celestiale ed intenso.
L’avevo vista avvicinarsi tanto ad
un piccolo bocciolo dai colori tenui che un bambino le avrebbe domandato se
aveva intenzione di mangiarlo, l’aveva sfiorato teneramente con le dita per poi
inebriarsi di quella fragranza così sensuale.
Essenza, che peraltro, era
costante nell’aria come il blu è costante nel cielo d’estate.
Non avevo avuto il coraggio di
disturbarla.
Immersa in quella serenità che
sembrava alleviare il peso che opprimeva le sue spalle minute, lontana dal
tempo mortale e dall’universo.
Sarei rimasto a guardarla per
sempre, con il suo corpo fragile di bambina appena diventata donna e con il suo
sguardo colmo di fierezza e incredibile dolcezza.
Me ne andai, in silenzio, così
com’ero arrivato.
Molte volte avevo fatto ritorno
in quel luogo, accompagnandola senza farmi notare, ombra scura tra gli alberi e
silenzioso protettore.
Quello era il suo luogo speciale,
tutti ne hanno uno, un posto per pensare, per riflettere, per ridere dei
pensieri buffi e soffrire in silenzio per la cose brutte. In solitudine, solo
tu e i tuoi sogni.
Finché una sera l’avevo
aspettata. Il cielo, di un blu particolarmente vellutato era senza stelle, ma
una meravigliosa luna piena campeggiava in alto circondata da un magico alone
argentato.
Avevo avvertito i suoi passi
lievi sulla terra morbida fermarsi all’improvviso.
Un sorriso divertito si era
dipinto sul mio volto, immaginando la sua espressione stupita. -Ti piace così
tanto la solitudine?-
-E tu cosa ci fai qui?- Sguardo
smarrito il suo, volto interrogativo. Ma c’era qualcos’altro nei suoi occhi.
Qualcosa che era comparso veloce come la scintilla di un falò, lasciando una
scia luminosa in quelle iridi rese scure dalla notte. Gioia e sollievo. Era
felice, era felice che io avessi scoperto il suo
posto speciale.
Come risposta avevo colto una
rosa, deliziandomi della sua essenza prima di donargliela. -Avete lo stesso
profumo-
-E non
passa giorno senza che io lo ricordi- Rimpianto e nostalgia in fondo al cuore e
nella voce.
La
stessa che scorgo in quegli occhi profondi come caverne, illuminati da luci
soffuse che lentamente ma inesorabilmente vanno spegnendosi.
Perché
nemmeno quelle iridi d’ambra sono più le stesse. Splendide come sempre, ma
velate da qualcosa che offusca ogni loro arcano bagliore.
E
ancora, ancora e inesorabilmente.
Profumo di rose.
Un
flebile sorrido fa capolino sul suo volto.
-Sai che
la conservo ancora? E’ bella come allora, anche il colore è rimasto lo stesso.
Anche il profumo. E’ tra le pagine del mio libro preferito-
Ricordo del momento più felice,
rievocazione sbiadita delle stesse sensazioni, che mai potranno essere come quelle
di allora.
Mi
faccio più vicino a lei, ispiro profondamente perdendomi nel suo profumo.
Non lasciarmi
Le
accarezzo la schiena, stringendola più forte e sentendola sussultare appena.
Appoggio la guancia contro la sua tempia, socchiudendo gli occhi e assaporando
a pieni polmoni la sua fragranza così delicata lasciando che le mie dita
sfiorino quanto più possibile la sua pelle calda. -Anche tu hai ancora lo
stesso profumo-
Da quella notte erano cominciati
i nostri incontri solitari.
Solo io e lei, perfetti nella
nostra semplicità, nel nostro rifugio segreto, protetti da mura antiche e
cullati dal profumo persistente delle rose.
Così perfetti, complici di silenzi e parole che nascevano dal profondo, ci capivamo sempre, con gesti silenziosi,
sguardi rubati e sospiri sospetti.
Lì, sotto quel cielo, ogni sera
più speciale, potevamo condividere tutto, segreti, sogni, desideri non rivelati
neanche a noi stessi.
Sdraiati sull’erba umida di
rugiada, guardavamo il cielo. Avvertire il dolce peso del suo viso sul mio
petto, il ritmico e tranquillo abbassarsi del suo seno ad ogni respiro, la mano
piccola e delicata che riscaldava un punto molto vicino al cuore erano
sensazioni uniche e speciali. Ed io le accarezzavo i capelli, sfiorandole ogni
tanto la fronte con le labbra, in attimi di assoluta tenerezza. Privi di timori
ed imbarazzo.
Solo noi due.
-Conosci
il vero significato delle rose?- La sua voce mi giunge flebile all’orecchio,
mentre un brivido intenso mi fa tremare le mani avvertendo il suo respiro sul
mio collo.
-Amore-
rispondo quasi trionfante. Voce sicura come la mano di un padre che prende
quella del figlio. Gli occhi però si fanno sfuggire un lampo di sorpresa.
-No- E mi
spiazza. Come togliere tutte le certezze a una persona con un destino già
scritto. Viso meravigliato e occhi interessati. Osservo ammutolito e
contrariato il suo viso soddisfatto, su cui compare un sorriso che sa di sfida,
compiaciuto. Ci è riuscita ancora. E’ riuscita ancora a sorprendermi.
-Tutti
pensano che sia questo il loro significato, ma in realtà è il tulipano il fiore
dell’amore. Una leggenda popolare racconta che il fiore sia nato dal sangue di
un giovane suicidatosi per amore- Ed ecco riemergere quell’aria da bambina
saccente che tanto adoro.
-E
allora qual è il significato della rosa?- I miei occhi sono un misto di
curiosità e desiderio di sapere.
-La rosa
è il simbolo del segreto, delle cose da rivelare con delicatezza- Ecco la sua
semplice risposta. Come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
-Simbolo
del segreto?- Annuisce, cercando i miei occhi, lasciando che insieme si intreccino
in sofisticati arabeschi che parlano con voce silenziosa e sussurri appena
accennati.
-Come il
nostro amore- Una realtà scomoda, eppure così deliziosa da risultare quasi
dolorosa.
-Cosa?-
Questa volta è lei ad essere sorpresa.
-Il
nostro amore è come una rosa: segreto e da rivelare con delicatezza- Voce calma
e rilassata.
-Un segreto
che non sarà mai rivelato- In un
istante ogni desiderio o speranza crollano come specchi frantumati, lasciando
schegge pericolose tra cuore e ricordi.
E qui i
suoi occhi perdono un altro po’ di luce, quella luce cha mai sarà loro ridata.
Un leggero bussare alla porta mi
aveva distolto dai miei pensieri. -Avanti-
-Ciao Harry. Posso entrare?-
- Ron. Ma certo, entra- Aveva
chiuso la porta facendo meno rumore possibile, posando la piccola candela sul
comodino.
-Come mai ancora sveglio a
quest’ora?-
-Avevo bisogno di parlare con
qualcuno- La sua espressione era seria e in qualche modo sognante.
-E’ successo qualcosa?-
-Si- Si era abbandonato sul
letto, poggiando i gomiti sulle ginocchia e prendendosi la testa tra le mani.
Ma non aveva parlato, semplicemente aveva contemplato il pavimento in silenzio
per un tempo che a me era parso come infinitamente lungo.
-Avanti Ron, mi stai facendo
preoccupare-
-Ecco, vedi…io…- Si era mosso
nervosamente, tormentandosi le mani e tamburellando un piede.
-Allora?- Nella mia voce un
pizzico di impazienza.
-Ho chiesto ad Hermione di
sposarmi-
In quel momento la terra sotto i
miei piedi era venuta a mancare, lasciandomi sospeso su un baratro senza fondo
in cui era palpabile solo l’oblio.
-E lei cosa ti ha detto?- Per una sciocca e vigliacca speranza, avevo
pregato per un suo rifiuto.
-Si- Aveva alzato lo sguardo
verso di me, gli occhi lucidi di lacrime. -Ha detto di si-
-Se
penso che stanotte sarai sua, non vorrei più lasciarti andare- Il nodo alla
gola soffoca le ultime parole. Sento le sue mani stringersi a pungo contro la
mia schiena e il suo corpo cercare un contatto più completo con il mio, mentre
ci muoviamo ancora su questa musica lenta.
-Portami
via con te allora-
Risposta dolorosa, presa in giro
crudele per un cuore troppo malandato.
-E’
troppo tardi- Voce di verità. Solo pura verità. Ma in realtà avrei mandato quella verità a gambe all’aria, e sarei
scappato con lei. Altro che verità e verità.
-Avresti
potuto farlo quella sera- Cerca con insistenza il mio sguardo, facendomi
naufragare in quel deserto che sono i suoi occhi, brucianti di un fuoco che
nonostante tutto riesce ancora a risplendere.
Ed
ancora quel profumo. Indelebile.
Rose
Da quando Ron mi aveva confessato
ciò che era successo, non ero più riuscito a dormire.
Le notti trascorrevano lente e
piatte come i giorni, sprofondandomi in una rabbia ed un’amarezza che sembravano
non avere limiti.
Ero diventato scostante, freddo,
irascibile. Anche con lei.
Soprattutto con lei. Nulla
avrebbe più potuto essere come prima. Ero ferito, arrabbiato, deluso,
amareggiato.
E quella sera non ero più
riuscito ad arginare sentimenti e dolore, violenti come lava impetuosa di un
vulcano appena esploso
I miei occhi non volevano
incontrare i suoi, le mie mani si stringevano convulsamente in un pugno.
Neanche mille parole avrebbero
potuto spiegare quello che provavo.
-Perché non me lo hai detto?- Sussurro a denti stretti mentre andavo avanti
e indietro senza sosta, come un pazzo, percorrevo quello stesso lembo di terra.
-Che cosa?- La sua risposta era come un arrampicarsi
sugli specchi. Ma la cosa che mi aveva fatto più male, era stato di non
riuscire più a guardarla negli occhi. Quegli stessi occhi che erano il sole del
mio universo e le infinite pagine di un libro su cui potevo scoprire i suoi
pensieri.
-Perché non mi hai detto che tu e
Ron vi state per sposare?- Mi ero
fermato di fronte a lei, le spalle rigide e il respiro irregolare. Rabbia pura
nella voce, più contro me stesso che contro di lei.
E per la prima volta nella sua vita
la mano non era scattata in alto, e la sua voce sicura non aveva dato una
risposta imparata a memoria.
Per la prima volta non aveva
saputo cosa rispondere.
Aveva abbassato lo sguardo,
sconfitta. -Non lo so-
-Non sai
quanto ho pregato perché tu lo facessi- continua lei, seria.
-Era
sbagliato, così come è sbagliato ancora adesso-
Verità dura da accettare, ma maledettamente vera e la mia voce ha meno
sicurezza di quanto pensavo.
-E
allora è giusta la menzogna in cui vivremo?- La sua voce si è alzata e i suoi
occhi chiedono giustizia.
-Non
potevo importi una scelta così difficile-
-Non ho
forse dovuto scegliere lo stesso?- Malinconia e rimpianto fusi nella voce.
Sento la sua mano stringere la mia con la forza della disperazione di chi sta
lottando per ottenere qualcosa che sa essere irraggiungibile. -E ho sbagliato-
Sentenza inesorabile arrivata
troppo tardi, quando la decisione era ormai già presa
Con un
sospiro profondo scuoto la testa, lasciando scorrere la mano sulla sua schiena
in un inconsapevole gesto che possa tranquillizzarla. -Hai fatto la cosa più
giusta. Con lui starai bene- Ma la voce mi si incrina.
-Dannazione Hermione!- Grido di rabbia e
delusione, urlo di un animale ferito a morte, che sa che non potrà essere
salvato.
-Perché ti arrabbi così tanto? Mi dispiace
non avertelo detto…- Avevo sentito la confusione nel suo tono incerto, forse
non volendo capire ciò che realmente si nascondeva dietro i miei occhi verdi
che per lei erano sempre stati cristallini come acqua. Nella voce un tono di
scusa, ma che aveva ottenuto uno scarso effetto.
-…ma è stata una scelta
improvvisa e volevo riservarmi qualche giorno per realizzare pienamente questa
novità e…- Si era interrotta di nuovo cercando le parole giuste. Il suo respiro
che si infrangeva per lacrime che sicuramente aveva soffocato con l’orgoglio
che da sempre faceva parte di lei.
-…e poi avresti dovuto capirlo.
Era quello che tutti si aspettavano da tempo-
Io le davo le spalle, ma nonostante
questo ero riuscito a percepire ogni suo movimento in quel silenzio innaturale.
I suoi passi erano stati titubanti
Ora stavo ancora peggio, se
possibile. Ora era subentrata la consapevolezza di saperlo già da tempo. Ma di
aver chiuso gli occhi di fronte alla realtà, come un bambino chiude gli occhi
nel buio della sua cameretta.
-Non fanno altro che ripetermi
quanto Ron sia l’uomo giusto per me, che sarà in grado di rendermi veramente
felice- La sua voce si era alzata di un tono.
-Non mi sembra di averti mai
detto niente del genere- Io non ero uno dei tanti che le aveva detto quella
stupidaggine. Perché quella, e solo allora me ne rendevo conto, era una
stupidaggine. -Ma se è la decisione che ritieni giusta, non mi resta che farvi
le mie congratulazioni- La mia voce era aspra, pronta a ferire anche le persone
che amavo di più.
-Ma cosa c’è di sbagliato?- La
voce aveva raggiunto un tono ancora più alto. Come quando un ragazzo risponde
male ai genitori, credendo di aver ragione. Per la prima volta aveva perso il
controllo, lasciando trasparire il mio stesso dolore.
-Sai
anche tu che non è vero, non prenderti gioco di me- La convinzione nel suo
sguardo è disarmante. E quell’amore che risorge, vivido come quella notte.
Hermione guarda Ron, e so per certo che invidia la sua felicità. -Sono stata
una codarda. Ho preferito ciò che era semplice a ciò che desideravo davvero-
La
verità fa sempre male, Hermione. Ma
la colpa dobbiamo dividerla in due. Almeno questa volta.
Non avevo avuto altra scelta, se
non lasciare libero spazio a ciò che sentivo. Da lunghi anni soffocato in una
angolo nascosto dell’anima e trattenuto come un animale selvaggio costretto tra
le sbarre buie di una prigione.
Mi ero voltato, cauto, andando ad
incontrare i suoi occhi. E in un attimo avevo visto qualcosa spezzarsi,
infrangersi, come un vetro rotto a contatto con il duro pavimento.
I miei occhi era illuminati da un
ardore così intenso che feci fatica a contenermi. Passione sbocciata solo
allora, ma covata dentro da tempo. Aveva trattenuto il respiro, soffocandolo
tra quelle labbra rosse e morbide.
I suoi occhi erano persi nei
miei, soggiogati da qualcosa di più grande di loro e di me.
Avevo fatto combaciare i nostri
corpi, prendendole bruscamente la braccia e poi la passione aveva preso il
sopravvento.
Con audacia avevo chiesto accesso
alla sua bocca, volendo gustare a pieno il suo sapore. Forse intimorita, non
era stato in grado di rispondere al mio bacio. Un pizzico di delusione da parte
mia.
Solo allora mi ero reso conto
della mia presa troppo stretta, della mia irruenza così poco gentile. Avevo
lasciato che le mie mani si addolcissero, muovendomi per sfiorare i suoi
fianchi, per poi giungere lungo la sua schiena e attirarla più vicina. L’avevo
accarezzata con una dolcezza che improvvisamente aveva cominciato a scorrere
insieme al sangue sotto la mia pelle, sentendola abbandonarsi completamente,
fiduciosa e mansueta. Completamente soggiogata dalle mie attenzioni carezzevoli
e intriganti.
Aveva schiuso le labbra
lentamente, permettendomi a poco a poco di scoprire quel Paradiso fatto di
giardini sconfinati e luce intensa ma piacevole.
Si era lasciata condurre dalle
carezze delle mie labbra sulle sue, mentre brividi incessanti correvano lesti
lungo la sua spina dorsale.
Aveva le gote imporporate e il
suo corpo era caldo, la sua pelle piacevole da toccare.
Riluttante mi ero allontanato,
posando la fronte contro la sua, volendo imprimere con inchiostro indelebile lo
sfavillio dei suoi occhi in quel momento, così languidi e dal colore chiaro e
denso.
Ma lei non me lo aveva permesso,
cercando ancora le mie labbra. Questa sua sfrontatezza mi aveva fatto
sorridere, lasciandomi completamente trasportare dal quel bacio dato con
l’innocenza dei bambini e la timidezza dell’imbarazzo.
Aveva sorriso anche lei, prima che
io mi accorgessi di quanto le sue guance fossero umide.
-Ecco cosa c’è di sbagliato- Le
dita avevano tremato al contatto con quella cristallina goccia di rugiada. Le
avevo chiesto scusa con lo sguardo, sperando che ancora una volta lei capisse.
E mentre la baciavo ancora una
volta, ancora profumo
di rose.
I suoi baci, che mi inebriavano
come ottimo vino, erano stati una risposta più che sufficiente. Ed io avevo
cercato le sue labbra ancora, ancora, ancora.
Lei era mia in quel momento. E
non avrei permesso a nessuno di portarmela via.
Con
un’ultima nota la musica finisce. Ma lei non si allontana, ed io non la lascio
andare. Le mie braccia attorno al suo corpo hanno trovato il loro rifugio, e il
suo corpo abbracciato al mio sembra ritrovare sicurezza e calore. E questo mi
fa tenerezza. Un’infinita tenerezza.
E i
ricordi riaffiorano inesorabili, come la morte.
Leggo
sul suo viso la stessa voglia che ora dilaga dirompente in ogni fibra del mio
essere. Vorrei baciarla, e so che lo vorrebbe anche lei. Morirei su quelle
labbra di angelo, sarebbe una morte piacevolmente felice. Ma invece devo vivere
in questa realtà miserabile.
Ora devo andare, mai piccola
Hermione.
Faccio
un inchino, come i gentiluomini di un tempo, le prendo con delicatezza la mano
e le poso un lieve bacio.
-E’ stato un piacere ballare con te-
Prendo
la rosa fissata all’occhiello della giacca, ne ispiro l’essenza prima di
donargliela, dono perfetto che solo noi capiamo.
Rosa.
Mi
allontano con un debole sorriso, ma nonostante tutto sono ancora incapace di
abbandonare quegli occhi ora velati e tristi, che mi gridano di non lasciarla
sola.
Cerca
consolazione nei miei occhi, e ancora quel barlume inestinguibile di amore che
provo per lei. E che proverò solamente per lei.
Devo
lasciarti andare, Hermione. Ora. Perché se no non avrò più la forza di farlo.
I nostri
occhi si dividono, ma saranno sempre legati tra loro da un amore interminabile.
Il mondo riprende il suo lento e inesorabile movimento, con gli
invitati che sorridono e la musica ora più allegra.
-Harry-
Una voce profonda, calma e calda come il mare d’inverno.
-Remus,
che piacere. Bella cerimonia, vero?-
-Sei sempre
stato un pessimo bugiardo- Mi guarda con quel fare paterno che mi ricorda così
tanto Sirius, con quell’affetto sconfinato di un uomo che comprende più di
chiunque altro.
-Non
capisco di cosa tu stia parlando- Cerco di allontanarmi dai suoi occhi gentili,
che lentamente scostano il velo di indifferenza creato verso il mondo.
-Non
puoi soffrire per sempre-
-Lo so-
Con un sorriso amaro ed un cenno del capo mi allontano, sapendo che con lui il
mio amore segreto sarà al sicuro.
Segreto
come una rosa.
Una rosa di maggio.
***
Salve a
tutti!
Ed anche il
secondo e ultimo capitolo è andato, capitolo scritto dalla parte di Harry.
Speriamo che venga apprezzato come il primo! Solo due paroline brevi: le parti
in corsivo -come nel primo capitolo- sono dei flashback e poi ricordo che
questa ff è una storia a quattro mani, scritta da me e da morgana85.
Ed ora
passiamo ai doverosi ringraziamenti: un grazie grandissimo a chi ha recensito,
a chi ha aggiunto la ff nei preferiti e infine anche a chi ha solamente letto.
Spero che
abbiate apprezzato anche questo secondo capitolo e, come si dice, a voi l’ardua
sentenza!
Un grazie
enorme, anche e soprattutto, a morgana85 per questa bellissima collaborazione,
e spero che in futuro ce ne possano essere della altre!
Mi
raccomando leggete e recensite!
Un bacio
grande a tutti e alla prossima!
Vostra
*daph*