Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Dean Lucas    23/06/2014    1 recensioni
Delphi è la prescelta, poiché sul suo corpo è inciso il futuro degli uomini.
Gavri’el è il prescelto, poiché è destinato a trovare il Bastone di Adamo.
Sargon è il prescelto, perché è l’erede del regno di Akkad.
Matunde è il prescelto, perché è il gigante nero dell’impero nubiano.
Babu non è un prescelto, è solo un nano impertinente e pavido.
Lei invece è la Sfinge, altera e bellissima, la creatura più preziosa dell’universo.
Sullo sfondo di un mondo antico e misterioso, oltre le porte del tempo, un viaggio e la lotta contro un male che affonda le proprie radici nella Genesi.
Un viaggio che ha come meta la salvezza dei Figli dell’Uomo.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
       Gavri’el aveva appena compiuto sedici anni, eppure non era quella la prima battaglia che affrontava sulle rive del Nilo.
Il suo carro era vecchio e le assi malconce scricchiolavano a ogni scossone, minacciando di cedere in ogni momento. I raggi di giunco di papiro delle ruote erano spezzati o accomodati con la corda, e non avrebbero mai più retto il peso di un guerriero egizio e del suo portatore di lancia.
Di cavalli, del resto, non ne avevano, e attaccati alle tirelle di cuoio ai due lati della stanga c’erano due ragazzini smilzi e seminudi.
Gavri’el torreggiava su quel carro, avvertendo nel sangue l’adrenalina che scorreva a fiotti e immaginando di essere un valoroso conducente di carri della Guardia della Sfinge. Non aveva bisogno di voltarsi per sapere che i compagni lo seguivano di corsa: le loro urla vibravano nell’aria, i loro passi risuonavano sempre più veloci come il battito del cuore.
Quando fu a pochi passi di distanza dal fossato dove si erano nascosti Tary e la sua banda, Gavri’el si voltò verso il piccolo esercito e sollevò di scatto un braccio. «All’assalto, truppe di Giza! Mettiamo in fuga le orde degli hyksos!»
I giovani soldati si divisero in due ali con l’ordine di aggirare la trincea nemica e attaccarla ai fianchi, mentre il suo carro avrebbe portato l’assalto frontale.
Quando giunsero in posizione ai lati del fossato, i ragazzini raccolsero dai secchi le munizioni di morbida creta bagnata e le catapultarono sui giovani nemici che si annidavano dentro. L’effetto sorpresa fu stupefacente. Molti difensori scoppiarono in lacrime quando le corpose palle di creta li colpirono senza tregua da ogni parte.
«Urrà! Gli hyksos sono sconfitti!» esultò Gavri’el.
Fu allora che una ragazzina emerse dove prima c’era soltanto la fanghiglia di limo e lo colpì in rapida successione con due proiettili sudici e molli, agile e spietata come una pantera.
Per camuffarsi meglio nel fango, Tary si era cosparsa interamente di melma, e adesso la sua pelle appariva nera e lucida, proprio come il manto del felino. Gavri’el l’avrebbe certamente scambiata per un jinn del fiume se non fosse stato per gli inconfondibili occhi nocciola che splendevano sul volto impiastricciato. Pur riconoscendola, restò così sbalordito che Tary poté approfittarne per sgattaiolare fuori dal fosso e fuggire via.
«Vieni a prendermi se ci riesci!» lo sbeffeggiò mentre gli porgeva la schiena e dimenava beffardamente i fianchi, facendo ondeggiare qualcosa che s’era annodata in vita. «Finché indosso io la coda di zebra, la regina degli hyksos non è sconfitta!»
Gavri’el saltò giù dal carro. Non perse tempo a replicare all’insolenza della ragazzina, sapeva che Tary era più veloce e gli sarebbe costato molta fatica recuperare i pochi passi che lo separavano da lei. Mentre già la rincorreva, si voltò una sola volta indietro: i compagni e la squadra di Tary erano scomparsi alle spalle, giudicando quell’inseguimento al di là delle loro forze.
Per oltre una lega, la giovane hyksos lo costrinse a inseguirla lungo la striscia verde che fiancheggiava il Nilo, zigzagando tra le palme e i papiri, e ben prima di quanto l’avesse previsto, Gavri’el la vide arrestarsi di colpo.
Un sorriso trionfale si allargò sulle labbra. Ormai esausto ma orgoglioso di sé, raggiunse Tary e l’afferrò per un braccio. «Ti ho presa!»
Un moto di delusione lo percorse subito dopo. Tary non lo degnò nemmeno di uno sguardo e con un gesto inequivocabile della mano gli intimò di tacere.
Gavri’el la fissò in cagnesco. «Ho vinto io oggi e la coda spetta a me, dammela!»
La ragazza lo ridusse al silenzio con un’occhiata. «Osserva bene quel folto cespuglio di papiri là in fondo, proprio vicino all’acqua, cosa vedi?»
Doveva essere uno dei suoi trucchi. Gavri’el guardò con sospetto in quella direzione. «Vedo dei papiri e le acque del Nilo, cos’altro dovrei vedere, per la dea?»
Tary sbuffò esasperata, roteando gli occhi. «Non vedi le due piccole chiazze marroni tra i fiori di papiro?»
Gavri’el esaminò con attenzione il punto in cui i caratteristici fiori a ombrello color paglierino, che spuntavano all’estremità dei papiri, ne avevano inclinato verso il basso il fusto. Sgranò gli occhi. «Per Seth, le vedo! Due grandi orecchie!»
«Oh, non sono poi tanto grandi! E parla a voce più bassa, vuoi farti sentire anche da lui
A circa cinquanta passi di distanza, nascosto tra i ciuffi d’erba e le infiorescenze dei papiri, si trovava un cucciolo di leone.
«Credi che potremmo avvicinarci, per vederlo meglio?» domandò Tary con la voce arrochita dall’eccitazione.
Tutti i sensi di Gavri’el erano all’erta. Il cucciolo era troppo piccolo perché la madre potesse essere lontana.
Lo sguardo di Tary, sempre altezzoso, adesso era improvvisamente tornato quello di una ragazza di sedici anni, desiderosa di osservare più da vicino il cucciolo di leone.
Gavri’el si bagnò un dito con la saliva e valutò che erano sottovento rispetto alla macchia di papiri. A destra scorreva il Nilo, e questo escludeva che la leonessa potesse sorprenderli da quella direzione. Giza si trovava alle loro spalle, sopravvento, e con la leggera brezza che spirava dal fiume a favore, la leonessa avrebbe potuto percepire il loro odore anche a una distanza di trecento passi: non era raro che quelle belve si spingessero fino ai margini della città, attirate dalle vacche, dalle oche o dalle galline che si abbeveravano sulla riva del fiume.
Tary lo stava implorando con occhi grandi e liquidi, sfoggiando lo stesso sguardo incantevole che adoperava ogni volta che voleva vincere un capriccio. «Vorrei tanto poterlo accarezzare… ti farò vincere per una stagione intera se hai abbastanza coraggio da portarmelo qui!»
Gavri’el sapeva che era rischioso, ma se solo avesse voluto – si disse – sarebbe riuscito ad accontentare Tary e a riportare il cucciolo indietro, prima che la leonessa fosse tornata. Poi si ricordò delle storie raccontate dal padre e di quando l’aveva ammonito che niente attira di più la ferocia di una leonessa che un uomo vicino ai suoi piccoli.
Afferrò il polso di Tary. «Presto, andiamo via di qui. La madre del piccolo potrebbe tornare da un momento all’altro.»
«Ma Gavri’el…» protestò lei, divincolandosi dalla stretta. «Sei un codardo, ecco quel che sei!»
«E tu sei la ragazza più testarda e capricciosa che conosco! Questo non è un gioco, andiamo via se non vuoi fare la fine dei vitelli sacrificati alla dea.»
Gavri’el si voltò e iniziò a incamminarsi verso la via del ritorno. Tary sollevò gli occhi al cielo, sbuffò, e corse a raggiungerlo.
 
***
 
Il cucciolo si sporse oltre il folto ciuffo di papiri e osservò con interesse la coda di zebra che ondeggiava dai fianchi di Tary. Il suo istinto di cacciatore vinse la paura e la seguì trotterellando rasente al suolo. Quando l’ebbe quasi raggiunta, si riparò dietro un sasso, attese qualche istante, e con un guizzo della zampa anteriore si avventò sull’estremità nera e pelosa della coda.
Tary avvertì un pizzicotto e rovesciò d’istinto sulla guancia di Gavri’el un poderoso schiaffo a mano aperta. Poi la sua attenzione fu subito catturata da un curioso brontolio alle spalle: il cucciolo aveva mancato il bersaglio e si era accucciato dietro un ciuffo d’erba, nel patetico tentativo di nascondersi.
«Ci ha seguito! Oh, guardalo, Gavri’el… com’è dolce!»
Vistosi irrimediabilmente scoperto, il piccolo leone mutò strategia. Si acquattò ancora di più sulle zampe e ringhiò, dimenando nervosamente il posteriore.
«Oh, guarda come muove la coda! E per la dea, fa le fusa! Forse ha perso la madre, forse…» azzardò Tary, «potrei prenderlo in braccio.» Non appena si avvicinò, il cucciolo tirò le orecchie all’indietro e le balzò addosso.
Deliziata che si gettasse proprio tra le sue braccia, Tary lo afferrò al volo e se lo portò al petto. Affondò le guance dentro il pelo morbido del piccolo e lo cullò come fosse un neonato.
Il leoncino, all’inizio nervoso e insofferente, si lasciò gradualmente tranquillizzare dal tono delicato della sua voce. Dopo l’iniziale tentativo di scalciare con le zampe posteriori, le annusò i capelli e cominciò a leccarli con la lingua ruvida e rosea.
Fu in quel momento che Tary udì il brontolio, pieno, cupo e feroce della madre del piccolo. Era proprio davanti a lei, a meno di cinquanta passi.
La fissava con occhi gialli e spietati.
 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Dean Lucas