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Autore: hikarisan    26/06/2014    2 recensioni
“Io ti amo Sanae, ma non è giusto chiederti di stare insieme. Non adesso.”
Tsubasa si dichiara a Sanae dopo essersi battuto con Kanda, ma non tutto va per il verso giusto. Loro due non si mettono insieme. Cosa succederà allora alla manager ed al capitano?
La storia è ambientata ai giorni nostri, dove la tecnologia ha preso il sopravvento.
Genere: Commedia, Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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“Il capitano è partito quindi?”
 
“Già.”
 
Aveva scoperto che parlare con Hiyuga seduti sul suo letto mentre mangiavano un po’ di gelato era una tra le cose più belle del mondo. Ormai andava da lui almeno una volta al mese, ed ultimamente si fermava tutto il week end; non lo faceva quasi mai andare a Nankatsu sia perché era a conoscenza delle disponibilità economiche di Kojiro, sia perché non si sarebbe sentito a suo agio in territorio non suo. E poi, a lei Tokyo piaceva, si sentiva libera.
 
“Da quando ha saputo che siamo diventati molto intimi non mi ha più rivolto la parola, se non qualche frase di circostanza. Non mi ha neanche salutato.”
 
“Ha pensato ci fosse qualcosa tra noi.”
 
“Forse. E’ stato meglio così, stare lontano da lui mi ha fatto stare meglio.”
 
“Come sono andate le prime lezioni di fotografia?”
 
“Bene, il nuovo corso è sensazionale! Ci fanno usare un sacco di cose, non pensavo fosse così divertente!”
 
“… E con la squadra? Ishizaki come l’ha presa?””
 
Di cacca, ecco come l’aveva presa. L’aveva presa sul personale all’inizio, credendo che il mio attaccamento alla squadra fosse legato esclusivamente a Tsubasa. Non le aveva parlato per alcuni giorni, finché non si era stancata del suo comportamento e lo aveva affrontato nello spogliatoio, dove se ne erano urlate di tutti i colori, sotto lo sguardo allibito di Misaki che non sapeva se intervenire o no. Alla fine, lei gli aveva spiegato che la squadra rimaneva la sua famiglia, ma aveva bisogno di trovare la sua strada, così avevano trovato un compromesso: quando non c’era il corso di fotografia lei avrebbe dato una mano a Yukari e Kumi come manager.
 
“Ha capito, hanno capito tutti in realtà.”
 
“Oh, sono maturi quindi.”
 
“Parla l’attaccabrighe per eccellenza!”
 
Sentire ridere Kojiro Hiyuga è un’altra delle cose più belle del mondo; non ride quasi mai di gusto, ma quando lo fa assume tutt’altro fascino. In effetti si era sempre chiesta come mai quel ragazzo non avesse la fidanzata, ma poi si era risposta che con il caratterino che si ritrovava non era affatto difficile.
 
“Tsé, non è colpa mia se ho a che fare con delle femminucce, ci vuole qualcuno che abbia un po’ di polso.”
 
“Oh, sì, infatti. Hai così tanto polso che con Naoko diventi pongo.”
 
“Lei non fa testo, è una bambina.”
 
“La tua bambina ha 13 anni, presto sarà una donna. Ha il tuo stesso carattere forte, se non la prendi adesso ti metterà sotto facilmente.”
 
“Non dire idiozie.”
 
Aveva visto come quel ragazzo teneva alla sua famiglia, continuava comunque a fare qualche lavoretto part-time per poter aiutare la madre con i soldi, e così riusciva a mettere anche qualcosa da parte per togliersi qualche sfizio o per farglielo togliere ai suoi fratelli. Le cose erano nettamente migliorate da quando era entrato alla Toho.
 
“Piuttosto, come è andata a finire con Kanda?”
 
Eccolo un altro tasto dolente. Quando il ragazzo aveva saputo che il capitano si era tirato indietro era tornato all’attacco, anche se in maniera molto più gentile e pacata rispetto a prima.
 
“Mi toccherà uscirci qualche volta.”
 
“Fai bene, distraiti un po’… Ok, ha anche lui un pessimo carattere, però non mi sembra male il tipo.”
 
“Non lo so.”
 
“Vabbè, prenditi il tempo che vuoi. Fallo passare in fretta ‘sto tempo però, che là fuori è pieno di ragazzi che vorrebbero uscire con te.”
 
 
 
 
 
“Taro.”
 
“Sì, papà?”
 
Alzò lo sguardo dal piatto e notò che il padre lo stava guardando di sbieco, segno che c’era qualcosa che non andava.
 
“Ha chiamato il tuo professore.”
 
“Non ho subìto nessun calo.”
 
“No, hai ottimi voti in tutte le materie in effetti. Il professore a cui mi riferivo era quello che segue la squadra di calcio. Quello che segue la tua condizione fisica.”
 
“Oh.”
 
Il padre lo guardava critico, evidentemente contrariato.
 
“Che succede Taro? Hai perso cinque chili nell’ultimo mese, cinque! Il professore mi ha detto che non sei in splendida forma, ti vede sempre con la testa fra le nuvole. Pensavo si stesse sbagliando, ma poi in questa settimana che sono rimasto a casa ti ho controllato i pasti ed ho notato un netto calo!”
 
“E’ la crescita.”
 
“Non mi prendere in giro, sono tuo padre! Pensavo fossi contento di essere tornato in Giappone.”
 
“Lo sono infatti.”
 
“E allora cosa c’è? Se andrai avanti così mi costringerai a controllarti ogni singolo pasto… Io non ti ho mai imposto regole, davvero vuoi costringermi a farlo adesso che sei grande?”
 
“No.”
 
“Cosa c’è che ti preoccupa? Non ti piace Nankatsu?”
 
“Io amo Nankatsu, è l’unico posto in cui mi sento a casa.”
 
“Te l’ho giurato quando abbiamo preso quell’aereo, ci fermeremo minimo due anni. Ho molto da fare qui.”
 
“… Ti prometto che mangerò di più.”
 
Il signor Misaki sospirò pesantemente e lo guardò dritto negli occhi.
 
“C’entra la mamma?”
 
“No, lei non c’entra.”
 
“… Lo sai che conosco il suo indirizzo, puoi andarci quando vuoi… Lei ti aspetta.”
 
“Oh, sì, certo! Infatti da quando sono ritornato dalla Francia non ha fatto altro che telefonarmi! Sono io che dovrei aspettarla, non lei!”
 
“Ti ho spiegato che Kumiko non ha tutte le colpe. Se ti avesse cresciuto lei con il signor Yamaoka io sarei morto.”
 
“Questo non giustifica la sua totale assenza… Ora scusami, ma mi è passata la fame.”
 
Il ragazzo si alzò da tavola e si diresse verso la sua camera, chiudendosi la porta alle spalle. Si stese supino sul letto, prendendo in mano il cellulare e cominciando a scorrere le foto che aveva fatto in Francia, soffermandosi su quelle con Azumi. Le mancava fin troppo, e guardare quelle foto in cui erano molto intimi non lo faceva star meglio, avrebbe dovuto cancellarle prima o poi.
 
Sentì bussare alla porta e spense il cellulare per poi lasciarlo sul letto accanto a sé.
 
“Avanti.”
 
Il padre aprì la porta ed entrò tenendo un piatto in mano.
 
“Calumet della pace?”
 
Taro sorrise, mettendosi seduto sul letto e aspettando che il padre lo raggiungesse.
 
“Ho trovato in un negozio poco lontano da qui gli Imagawayaki alla crema di limone, i tuoi preferiti.”
 
“… Scusami per prima.”
 
“No Taro, va bene così. Capita a tutti. Vorrei solo tu capissi che la situazione con tua madre non è così semplice… Quando ti sentirai pronto le farai tutte le domande che vuoi.”
 
Tarò abbracciò il padre e lo strinse forte, abbraccio che fu contraccambiato dal padre.
 
“D’accordo papà.”
 
“Ora mangia. Questo mese non ho impegni fuori, ci penserò io ai pasti.”
 
“Ok.”
 
Il padre lo baciò sulla fronte e si alzò dal letto, avviandosi verso la porta.
 
“Taro… L’amore non obbedisce alle nostre aspettative*, qualsiasi tipo di amore. Impara a comprenderlo.”
 
 
 
 
 
*I ponti di madison county
  
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