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Autore: Melanyholland    03/01/2005    10 recensioni
Per non perdere per sempre la sua Ran, stavolta Shinichi dovrà combattere la battaglia più dura: quella contro se stesso
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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17. Double Identity

Conan Edogawa sospirò, lasciandosi andare contro la parete della stanza, gli occhi chiusi; era stata una delle sere più terribili della sua vita. Scoprire che l’antidoto non avrebbe funzionato, osservare le lancette dell’orologio che avanzavano inesorabili e non poter fare nulla per fermarle, vedere l’ora dell’appuntamento arrivare e passare, lo sconforto e l’agitazione che crescevano a ritmo col tempo….ma soprattutto….

Pensare a Ran.

A quello che avrebbe provato, non vedendolo arrivare…al dolore che le stava provocando, deludendola per l’ennesima volta, abbandonandola senza poterle dare spiegazioni, ma solo bugie. Non era di questo che lei lo aveva accusato?? E non aveva avuto ragione?? Non faceva altro che ingannarla, prenderla in giro ogni giorno della sua vita. Ran era una ragazza speciale, che non meritava menzogne, ma il meglio…e lui voleva solo renderla felice, Dio se ci provava. Invece….

Non fa altro che piangere per colpa mia…

Se non altro lui aveva la possibilità di starle accanto, sotto le sue mentite spoglie, cosa che a lei era negata; aveva la fortuna di non essere mai lasciato solo, di poterla vedere ogni giorno, poter vivere momenti bellissimi insieme…di cui lei non ne sapeva nemmeno l’esistenza. Perché era il piccolo Conan che aveva con sé, non Shinichi. Questo la faceva soffrire….Ran stava male perché gli era affezionata, dunque era solo colpa sua, che stava lì a guardarla sciogliersi in lacrime senza muovere un muscolo, pur avendo la possibilità di farla stare meglio.

Solo colpa mia…

Sì, era stato a causa sua che lei aveva pianto fino a consumare le lacrime quella sera, che si era disperata. Essere abbracciato da lei non era mai stato tanto orribile….sentire il suo cuore che batteva forte, il petto scosso da singhiozzi, un corpo tremante che cercava conforto nella sua vicinanza, e essere consapevole di avere un fisico da bambino, minuscolo in confronto a quello di lei, non poterla stringere forte a sé per calmarla…le sue braccia arrivavano con difficoltà a cingerla completamente. Dunque come poteva mai darle protezione??

No, l’unica cosa che era stato in grado di fare era abbandonarsi al suo calore così dolorosamente piacevole, lasciarsi andare nel suo profumo, così maledettamente confortevole….lasciarsi stringere sapendo che non era veramente se stesso colui che lei stava abbracciando, la persona da cui lei voleva consolazione, ma un bambino inesistente, una sua invenzione, che pure riusciva a starle vicino meglio di quanto facesse Shinichi Kudo. Lentamente, ma inesorabilmente, Ran stava cominciando ad amare di più Conan che Shinichi. E come non avrebbe potuto?? Conan era sempre lì, vicino a lei quando ne aveva bisogno, sempre pronto a farla sentire meglio, a consolarla se piangeva, ma anche a metterla di buon umore; Shinichi invece non faceva altro che illuderla, ferirla, deluderla, farla soffrire e disinteressarsi di tutto ciò che la riguardava, tornando da lei quando gli faceva comodo e andandosene senza curarsi del fatto che lei ci sarebbe stata male, messa di nuovo davanti alla sicurezza di non vederlo per mesi, se non di più. Conan diventava sempre più importante e Shinichi sempre più…sacrificabile, in un certo senso. Poiché Ran non avrebbe aspettato in eterno una persona che sembrava non curarsi affatto di lei.

Rise, una risata che non aveva nulla di allegro, che metteva i brividi solo a sentirla: non era ridicolo essere geloso del proprio alter-ego??

Assurdo…..e ingiusto….sono sempre io in fondo…e io sono Shinichi non Conan…..

Sì, era Shinichi….ma per quanto volesse negarlo a se stesso, era anche Conan. Non avrebbe mai potuto recitare per così tanto tempo un ruolo che non aveva niente di sé….molte delle qualità di Shinichi risiedevano in Conan, ma d’altra parte c’erano anche varie differenze fra loro. Era una cosa strana, folle, per certi versi, e non aveva senso. Ma d’altronde, tutta la sua situazione non aveva senso, quindi…

Avere vicino Shinichi è quello che vuole….per adesso almeno….ma se Conan continua a starle accanto proprio come farebbe lui…verrà il giorno in cui capirà che le qualità che amava in Shinichi le possiede Conan e dunque…potrebbe innamorarsi di qualcuno diverso…perché finché il suo fratellino le resta accanto che importa di Shinichi? Tanto più che adesso lui è cambiato…

Di nuovo quella risata triste, priva di calore. Cominciare a parlare di se stesso in terza persona non era un buon segno, ma parlare addirittura come se fossero due terze persone…era decisamente allarmante.

Comunque, restava il fatto che Ran si era chiusa in camera da quando erano tornati da casa sua, rifiutandosi di mangiare e di parlare. Non si erano detti una parola durante il tragitto, lei si era limitata a sorridergli tristemente e a baciarlo sulla fronte prima di staccarsi dal suo abbraccio e dirigersi verso la porta. Un bacio così dolce e carezzevole che gli aveva strappato un brivido…avrebbe tanto voluto che fosse davvero lui quello che aveva toccato con le sue labbra…invece lei lo odiava. L’aveva urlato a quelle pareti che li avevano visti crescere insieme, all’interno delle quali avevano vissuto tantissimi momenti…quel luogo di cui conservava bellissimi ricordi era diventato custode di un segreto terribile, che lui, da bravo detective quale era aveva scoperto. E ascoltando quelle parole cariche di frustrazione e rabbia pronunciate dalla voce della persona che amava, qualcosa si era spezzato dentro di lui, lasciandolo scosso e….spaventato.

Sì…aveva vissuto una vita insieme a lei…diciassette anni che si conoscevano e mai si erano divisi…Ran era sempre stata vicino a lui, qualsiasi cosa succedesse…il suo affetto –amore?- era sempre stata una certezza, un qualcosa che era sicuro avrebbe sempre avuto, nonostante tutto…qualcosa che non era disposto a perdere. Non aveva mai nemmeno immaginato cosa ne sarebbe stato di lui se un giorno lei avesse smesso di considerarlo speciale.

Adesso che quella possibilità stava divenendo sempre più reale non poteva fare a meno di sentirsi completamente perso.

Vivere sapendo di non averla…di essere odiato da lei…no non può essere non voglio perderla…no…Ran ti prego…non farmi questo…

Il problema però era che lui l’aveva fatto a lei. O almeno era quello che la sua amica d’infanzia credeva. Dio, avrebbe tanto voluto dirle la verità…lo desiderava così tanto, vedendo le sue lacrime, poterle urlare a pieni polmoni: “No Ran!! Smettila di disperarti!! Io sono qui e non ti ho mai abbandonato!!” ma era stato zitto. In silenzio, perché tutto sommato poteva sopportare di essere odiato da lei, se questo serviva a salvarle la vita…perché farla uccidere per colpa sua era di gran lunga peggiore che saperla viva ma non poterle stare vicino….perché preferiva vederla vivere piuttosto che trascinarla giù con sé, per puro egoismo. Ma soprattutto perché l’amava.

Tuttavia, come gli aveva ricordato un amico poco prima, era pur sempre umano: così quella sera era stato un pessimo attore, davvero; sperava che lei se ne accorgesse, nel profondo del cuore…che lei vedesse in lui e capisse, così non sarebbe stata colpa sua, se avesse dovuto spiegarle tutto, no. Così, per quanto il suo cervello avesse ordinato alle labbra di restare serrate, quelle avevano obbedito al cuore, pronunciando due parole, così profonde, fatali. Parole che lei aveva udito, ma a cui non aveva voluto credere. E adesso, chiuso in quel bagno, in piedi, la schiena contro le piastrelle di ceramica e gli occhi ancora chiusi, non poteva fare a meno di esserne sollevato: l’Organizzazione, che sembrava così lontana e astratta in quel momento, dove per lui non esisteva niente e nessuno all’infuori della sua Ran in lacrime, che l’abbracciava, era tornata in tutta la sua pericolosa concretezza non appena lei aveva sciolto il suo abbraccio. No, non poteva coinvolgerla in tutto questo. Era stato troppo già quello che era accaduto quel giorno…non poteva permettere che succedesse ancora, che lei dovesse affrontare un’altra volta quei due e i loro pari.

Tutto sommato, era stato meglio così.

Aprì gli occhi di scatto, trovandosi davanti quella orribile situazione a cui fino adesso aveva voluto sfuggire, davanti a cui si era trovato inevitabilmente.

Lo specchio.

Sì, quel maledetto affare che rifletteva solo l’apparenza, che l’aiutava nel difficile compito di nascondere la vera realtà. Batté le palpebre, e vide Conan Edogawa, senza i suoi occhiali, fare lo stesso. Distese un  braccio, fino a toccare la superficie fredda, e le due piccole mani si congiunsero, perfettamente uguali. Sorrise, inarcando le sopracciglia:

“Ti odio, lo sai, sì?”

Sussurrò malevolo, l’altro ghignò di rimando.

“Ma credo di doverti ringraziare, in un certo senso.” sospirò, ritraendo la mano e voltandosi per uscire. Prima però rivolse un’ultima occhiata allo specchio, guardando se stesso da sopra la spalla:

“Non dimenticarlo, però…un giorno…” chiuse la mano a pugno, lasciando distesi solo indice e pollice a L e puntando contro di lui:  “…un giorno…mi sbarazzerò di te. Per sempre. Ti do la mia parola.” Chiuse un occhio e fece partire il colpo inesistente, lasciandosi alle spalle lo specchio e il bagno stesso.

L’abitazione era immersa nel buio e silenziosa, se si escludeva il russare di Kogoro, che attutito dalle pareti somigliava più al suono di una radio mal sintonizzata. Shinichi emise un sospiro rassegnato ed evitò di entrare nella stanza che divideva con l’investigatore: avrebbe voluto addormentarsi al più presto, così il nulla dell’incoscienza avrebbe spazzato via il dolore e l’angoscia che stava provando, ma con il concerto gratuito di Kogoro la cosa era pressoché impossibile. Forse avrebbe potuto accucciarsi sul divano, cercare di prendere sonno lì…

Si stava dirigendo verso il salotto quando si accorse che la porta della stanza di Ran non era completamente chiusa; stette per un attimo a fissarla, indeciso sul da farsi…chissà se lei era ancora sveglia. La stanza era avvolta nell’oscurità, e non sentiva nessun rumore.

Potrei dare una sbirciata…solo per vedere come sta…

Entrò con cautela nella camera, togliendosi le pantofole per non far chiasso; con gli occhi ormai abituati al buio, si avvicinò al letto e riconobbe su di esso il corpo di Ran, che giaceva addormentata, il respiro lento e regolare; anche se il suo dolce profilo era illuminato solamente dalla pallida luce della luna che faceva capolino attraverso le tende, Conan riusciva a vederla perfettamente: i vuoti prodotti dall’oscurità erano colmati dalla sua memoria. In fondo, quella era la sua amica d’infanzia, la ragazza che conosceva meglio di chiunque altro, anche di se stesso, e non solo nell’aspetto… il suo grande amore, l’unica con cui aveva pensato di poter mai dividere la sua vita, per sempre.

Avrebbe voluto perdersi nella contemplazione di lei. Restare lì a guardarla dormire per tutta la notte…era sicuro che non avrebbe mai potuto stancarsi.

Ma il suo occhio così attento ai particolari, la sua mente allenata alla deduzione non poterono non accorgersi che non era un sonno pacifico, il suo. I suoi occhi erano gonfi, ed era sicuro che, se li avesse aperti, sarebbero stati rossi; passando delicatamente un dito sul cuscino lo scoprì bagnato di quelle che non potevano che essere lacrime; e quello che indossava non era il pigiama, bensì l’abbigliamento che le aveva visto all’appuntamento, nascosto dietro quell’albero. Sospirò silenziosamente, attento a non svegliarla. Le scostò con dolcezza una ciocca di capelli bruni che le era finita sul viso, accarezzandole la lunga e bellissima chioma con una tenerezza che avrebbe stupito chiunque.

Ran…quanto ti amo…ti prego non odiarmi…non lasciarmi solo…

“Sono qui, Ran, come volevi. Restiamo insieme, ti va?” mormorò, senza smettere di accarezzarla, lei non batté ciglio, immersa in quel sonno profondo che grazie al cielo le aveva donato un po’ di tranquillità. Le sorrise dolcemente, issandosi sul letto e accoccolandosi contro di  lei, rubandole un po’ del suo calore, chiudendo gli occhi e sentendosi benissimo, raggomitolato vicino al suo corpo. Il calore che lei gli stava donando era così grande che non aveva bisogno di ricorrere alla coperta.

“Buonanotte, amore mio.” Sussurrò, aprendo un attimo gli occhi e arrossendo vedendo il suo viso a pochi centimetri, per poi richiuderli subito. In passato, solo il fatto di dormirle accanto gli sarebbe costato una notte insonne. Ma adesso…il gelo interiore che aveva provato sentendo le sue frasi cariche di disprezzo e di rabbia poteva essere curato solo da un calore altrettanto forte, che poteva donarle solo lei, con la sua presenza.

In fondo non stava facendo nulla di male….e poi…una cosa che faceva stare così bene come poteva essere sbagliata?

Non ci volle molto perché si addormentasse. La giornata era stata pesante, era stanco sia fisicamente che moralmente. Coccolato dal suo tepore, dal suo soffice respiro, dal profumo del suo corpo si addormentò piacevolmente, ed entrambi dimenticarono i loro problemi, almeno per quella notte.

 

~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*

 

Stava piangendo. Non ricordava bene il motivo, ma inspiegabilmente, mentre camminava con alle spalle un tramonto aranciato, non poteva fare a meno di singhiozzare.

“Ehi, la vuoi smettere di piangere…” la esortò la voce di qualcuno che non poteva vedere, gli occhi coperti dal dorso della propria mano che asciugava le sue lacrime.

“…ti conviene dimenticare tutto al più presto. Queste sono cose che succedono spesso….” Continuò la voce.

Ma come spesso!! Non mi sembra proprio!!” finalmente alzò la testa infuriata e poté vedere davanti a sé il viso del suo amico d’infanzia, sorridente e spensierato come lo ricordava. Dunque era con lui….non sapeva perché, ma aveva come l’impressione che avrebbe dovuto…aspettarselo.

Shinichi era diventato improvvisamente serio e guardingo. Tuttavia, quando si rivolse di nuovo a lei, ancora in preda ai singhiozzi, le sorrise e strizzò l’occhio.

“Scusami Ran! Tu va avanti!!” gridò, cominciando ad allontanarsi, sicuro di sé come al solito.

“Cosa?” replicò sorpresa.

“Ti raggiungo subito!!” disse, senza bloccare la sua corsa.

Improvvisamente, guardandolo allontanarsi, sentì crescere dentro di sé ansia e preoccupazione, oltre ad un brutto nodo allo stomaco; capì che, in qualche modo, quelle sensazioni la stavano avvertendo di qualcosa…e guardando l’immagine del suo amico d’infanzia svanire a poco a poco, un vuoto gelido s’impadronì del suo corpo, una sensazione di solitudine, di freddo…come se non avesse più avuto la possibilità di parlargli. Interno a lei era buio. Comprese che stava per essere abbandonata, per sempre…inspiegabilmente, seppe con sicurezza che Shinichi non l’avrebbe raggiunta, né subito, né più tardi. Lei era inerme, osservava la scena incapace di reagire, se non osservando il suo amico d’infanzia allontanarsi sempre di più da lei, spaventata, di nuovo desiderosa di piangere.

“SHINICHI!!” gridò finalmente, cercando di corrergli dietro. Ma le gambe erano così pesanti, non riusciva a muoversi…e Shinichi non l’aveva udita. Era sola, adesso.

“Shinichi!! Per favore…non andare via…non abbandonarmi!! Ti prego!” stavolta scoppiò davvero in lacrime, cadendo sulle ginocchia, il viso fra le mani. Perché, perché non si era fermato?? Perché non gli era corsa dietro, non l’aveva bloccato?

Come aveva potuto permettergli di lasciarla sola…..come aveva potuto lui lasciarla sola??

“Sei uno stupido, Shinichi…perché te ne sei andato via da me?”

“Non l’ho fatto.”

Sobbalzò, ricevendo una risposta alla domanda che non ne richiedeva. I singhiozzi si placarono un poco, ma non scomparvero del tutto, mentre si tamponava gli occhi chiusi col dorso della mano.

“Sì che l’hai fatto…mi hai abbandonata…Come hai potuto, Shinichi?? Io credevo…” singhiozzò “…credevo davvero che tu mi amassi…ho sbagliato?”

“No.” Rispose pacato “Io ti amo, Ran. Lo sai bene, te l’ho detto. E sai anche, sebbene per te adesso sia difficile crederlo, che non ti abbandonerei mai. Per nulla al mondo. Nemmeno per il mistero più intricato di questo mondo…” 

“Ma…ma tu…” aprì gli occhi e di nuovo sussultò, ritrovandosi davanti non Shinichi, bensì il piccolo Conan-kun, un’espressione dolce sul visetto e gli occhi azzurri che la fissavano con uno strano sguardo, che non aveva nulla di infantile.

“Sono sempre rimasto con te, Ran. È solo che tu non riesci a vedermi. Un giorno lo capirai…” le sorrise, voltandosi a sua volta per andar via.

“Conan!! Non andartene anche tu!! Ti prego!” tese un braccio verso il piccolo, che voltò la testa, lentamente:

“Devo, Ran. Guarda lassù….” Indicò il cielo avvolto nelle tenebre più fitte, dove volavano minacciosi un gruppo di corvi neri come il sangue di notte. “…è arrivato il momento di affrontarli. Non posso più tirarmi indietro…” il sorriso si fece triste, il suo volto aveva un’espressione spaventata e determinata allo stesso tempo.

Uno dei corvi rivolse a lei gli occhietti iniettati di sangue, guardandola minaccioso e facendole venire un brivido. Le sembrava di conoscerlo…quello sguardo freddo e crudele…lo sguardo di un assassino. La paura la spinse a parlare:

“NO! È pericoloso…potresti….”

“Lo so.” Annuì il piccolo, che non aveva più nulla di un normale bambino. “Ma devo. Non preoccuparti, Ran…tornerò da te, te l’ho promesso. L’unica cosa…ti prego…” Batté le palpebre, e di nuovo Shinichi le sorrideva guardandola con i suoi bellissimi occhi blu, carichi di triste rassegnazione, ma allo stesso tempo custodi di un ultimo focolaio di speranza, che aveva bisogno di essere ravvivato da lei. “…non smettere di aspettarmi. Non odiarmi, amore mio.”

Aprì la bocca per dire qualcosa ma una luce abbagliante squarciò l’oscurità….

 

~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*   

 

Strizzò gli occhi, infastidita dalla luce del sole che entrava dalla finestra, e con un mugolio scocciato si rigirò dall’altra parte, notando distrattamente che la coperta opponeva una certa resistenza a seguire il suo movimento. Non aveva idea di che ore fossero, ma dato che la sveglia non aveva ancora suonato confidò nel fatto che fosse ancora troppo presto per alzarsi e andare a scuola. Non riusciva a capire il perché, ma si sentiva stranamente inquieta, uno fastidioso peso alla bocca dello stomaco e un senso di allarme nella testa. Poi, le riaffiorarono alla mente alcuni tratti del suo sogno, prima in modo confuso, poi sempre più nitidamente…e all’improvviso si sentì spaventata e a disagio proprio come lo era stata la sua proiezione nell’incubo.

Ho ricordato quel giorno al Tropical Land…ma poi tutto è stato diverso e…inquietante….

Rabbrividì, raggomitolandosi sotto le lenzuola. Era stato solo un brutto incubo…nient’altro. Ciononostante…sembrava tutto così…e anche il pericolo…la paura…così….reali….

Non essere stupida Ran…non sei un po’ cresciuta per farti spaventare da un brutto sogno? Ci manca solo che vai a dormire con papà adesso…

Eppure…

Eppure si sentiva a disagio. Quei corvi…non capiva cosa mai potessero significare, ma la spaventavano più di quanto volesse ammettere. E poi c’era l’altra parte…

Shinichi…e Conan…

Non ricordava bene cosa fosse accaduto. Sapeva solo che aveva parlato con entrambi, ma non riusciva a realizzare cosa esattamente si fossero detti. Mentre ancora si sforzava di penetrare la nebbia mentale, sentì uno strano grugnito accanto a sé che la fece sobbalzare. Si alzò di scatto a sedere, voltandosi e fu con gran sorpresa che vide l’oggetto dei suoi pensieri dormire placidamente vicino a lei; il pigiama che gli stava un po’ largo e i capelli arruffati gli donavano un aspetto semplicemente adorabile.

Sorrise, guardandolo dolcemente e posandogli un bacio sulla guancia, lieve come una carezza. Conan sbuffò e si voltò su un fianco, cosa che la fece ridere: eh sì, proprio adorabile.

Era riconoscente al bambino per quello che aveva fatto la sera prima; le era stato di grande aiuto. Conan aveva questa strana capacità, di tirarle su il morale ogni volta che era triste…anche se in qualche modo volgeva sempre a favore di Shinichi. Era come se fosse perennemente dalla sua parte…

“…con te, Ran. Solo che tu non riesci a vedermi…”  

Strizzò gli occhi, la testa pulsava. Cosa era quel pensiero?? Non riusciva a contestualizzarlo…

Scrollò le spalle, si tirò indietro una ciocca di capelli finitale sugli occhi e scese giù dal letto per andare in bagno, rabbrividendo quando i piedi nudi toccarono il pavimento freddo. Si sentiva ancora triste e abbattuta, e guardandosi allo specchio notò che aveva gli occhi arrossati e gonfi. Avrebbe tanto voluto che Shinichi non avesse infranto la sua promessa, ottenendo lo stesso risultato sul suo cuore.

Tornerò da te, te l’ho promesso…”

La voce di nuovo invase il suoi pensieri. Ma perché non riusciva a ricordare tutto in una volta?? Chi aveva pronunciato quelle frasi, Shinichi, Conan? E perché? Scrollò le spalle, scocciata. Non aveva intenzione né di rimuginare tutto il giorno su quello stupido incubo né di struggersi per quell’idiota a cui non importava nulla di lei. Avrebbe preparato la colazione, poi sarebbe andata a scuola come tutti i giorni. Non gli avrebbe permesso di farla soffrire ancora, no. Avrebbe ignorato quel dolore all’altezza del petto e avrebbe dimenticato lui…

“Non odiarmi, amore mio.”

“Non so di cosa parli.” Replicò freddamente alla voce nella testa, cominciando a lavarsi il viso.

 

~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*

 

“Buongiorno, Conan-kun!” lo accolse allegramente quando si presentò in salotto per la colazione. Si era vestito, pettinato e aveva inforcato gli occhiali, ma era comunque molto tenero, pensò Ran mentre gli sorrideva, porgendogli la scodella con il riso. Kogoro, che era già a tavola, borbottò a sua volta il suo buongiorno, accingendosi a consumare il pasto con gli occhi socchiusi; era sempre di cattivo umore, la mattina presto.

“Dormito bene tutti e due?” chiese Ran serena, togliendosi il grembiule e sedendosi a sua volta. Voleva che capissero –credessero- che era tutto a posto, non dovevano preoccuparsi per lei. Conan arrossì lievemente, il padre annuì, la bocca occupata dal riso.

“Conan…hai trovato comodo il mio letto?” disse sorridendo, mentre al piccolo andava di traverso un boccone ed era costretto a bere un bel po’ di tè caldo per mandarlo giù. Kogoro spalancò gli occhi e sputò qualche chicco di riso sul tavolo:

“Come sarebbe a dire?? Ha dormito con te?” e con questo lanciò un’occhiata torva al bambino, che gliene restituì una piuttosto allarmata prima di mormorare, rosso in viso: “Uh, ehm… non riuscivo a dormire….ehm…tu russavi e così…”

“Cosa?? Io non russo, moccioso.” Ribatté, senza smettere di fissarlo in malo modo.

“Dai papà, che male c’è se per una volta tanto ha dormito con me? È un bambino!” disse, e le sembrò che Conan rabbrividisse quanto pronunciò le ultime tre parole, a disagio. Un po’ come era accaduto quando in quella pensione aveva fatto il bagno insieme a lui…

“Conan-kun, puoi venire a dormire con me tutte le volte che vuoi.” Gli concesse sorridendo, lui rispose goffamente al sorriso annuendo, sempre molto rosso. Che dolce…come se non sapesse che era andato nel suo letto perché era sconvolto nell’averla vista così triste la sera prima…caro piccolo Conan-kun…di sicuro non voleva lasciarla sola. 

“E siccome sei stato così carino con me, prima uscendo per comprare il pane ti ho preso una cosa dal distributore vicino all’alimentari.” Gli disse con un sorriso dolcissimo, frugandosi nelle tasche e tirando fuori una pallina colorata: “È una biglia di Masked Yaibar…è il tuo cartone animato preferito, no?”

Conan fissò per un momento la pallina che aveva in mano, tutto fuorché entusiasta come aveva creduto di renderlo col regalo, poi sorrise a sua volta. “Grazie mille, Ran-neechan!” disse contento con la sua vocetta adorabile.

“E tu? Come stai stamattina?” chiese il padre col solito tono burbero, ma Ran capì che doveva essere sinceramente impensierito per lei, dopo lo stato in cui era rientrata la sera prima.

“Tutto okay, papà. Avrei dovuto aspettarmelo, da quell’idiota…” rispose tranquilla, controllando efficacemente la voce. “Non è affidabile…l’unica cosa che gli interessa sono le sue indagini. Almeno non devo preoccuparmi che possa avere un’amante…chi lo sopporterebbe?” rise con affettazione, Conan la osservò in tralice, con quegli occhi a cui sapeva non sfuggiva nulla, nemmeno il più piccolo particolare.

“Ma lascialo perdere, dammi retta. E poi sei ancora una bambina…avrai tempo per gli uomini finita l’università, figliola.” Concluse Kogoro, fissandola speranzoso.

“Non credo proprio, papà.”

“Hmph.”

Il resto della colazione passò tranquillamente, senza particolari conversazioni. Finito di mangiare Ran prese per mano Conan e uscirono diretti verso la scuola, come ogni giorno.

Non devo lasciarmi andare…non posso permettergli di rovinarmi la vita…anche se…

“R-Ran-neechan..?”

…non posso credere che mi abbia fatto questo…

“Ran..?”

“Sì?” sussultò, rispondendo all’appello del bambino con un sorriso stentato. Lui la guardava con gli occhi azzurri improvvisamente seri e preoccupati. Cavoli…Conan doveva essersi accorto della sua espressione crucciata; a volte era davvero una seccatura che non gli sfuggisse proprio nulla.  

“……Sicura che vada tutto okay?”  domandò con voce flebile, i suoi occhi non lasciarono mai quelli di lei, quasi stesse cercando di leggerle dentro.

No piccolo…niente è okay…Shinichi mi ha lasciata sola…e io non sto per niente bene…vorrei tanto che fosse con me…

Si rabbuiò un momento, ma subito riprese a fingere: Conan si era preoccupato abbastanza la sera prima, doveva smetterla di scaricargli addosso tutti i suoi problemi. Sperava che almeno la sua esitazione fosse passata inosservata ai suoi occhi attenti.

“Certo!! Davvero, avrei dovuto aspettarmelo da Shinichi. Sono io quella che si è illusa…adesso l’ho capito. Lui è fatto così…un fissato per le indagini!”

“Sì ma…allora…è…è proprio vero che lo odi?” chiese con una vocetta piccola piccola. Ran inarcò le sopracciglia, guardandolo perplessa: non era il fatto che lui l’avesse udita a metterla a disagio, -anche se in fondo al cuore inspiegabilmente avrebbe voluto che non fosse così- ma piuttosto…la sua domanda…l’aveva messa in crisi. Non sapeva cosa rispondere esattamente, perché ancora non sapeva lei stessa se davvero lo odiasse o no.

L’ho detto in preda alla rabbia…ma…adesso…non so…se ne sarei in grado…

Conan continuava a fissarla, le sopracciglia inarcate, gli occhi blu che non smettevano di scrutarla attentamente, nemmeno quando batteva le palpebre.

Odiare Shinichi…forse potrei anche riuscirci se ci provassi…ma…è davvero questo che voglio?

Stavolta non riuscì a fingere, le parole sfuggirono alle sue labbra prima che potesse fermarle:

“Sinceramente, Conan, non lo so.”

Vide che lui stava per dire qualcosa, ma si bloccò quando tre voci chiamarono il suo nome. Internamente ne fu sollevata suo malgrado: Conan a volte riusciva davvero a metterla in difficoltà.  

Il bambino si voltò, distogliendo finalmente lo sguardo da lei, e vide Ayumi, Genta e Mitsuhiko che gli sorridevano e lo attorniavano, come al solito. Ran sorrise al quartetto:

“Ciao a tutti. Siete venuti incontro a Conan-kun?”

“Sì!!” rispose Ayumi con entusiasmo.

“L’altro ieri sei scappato via da scuola…vogliamo conoscere tutti i dettagli!” aggiunse Mitsuhiko rivolto all’amico, che sorrise in modo poco naturale.

“Beh, visto che stai con i tuoi amichetti, io posso andare! Ci vediamo dopo, okay?”

Sventolò la mano in segno di saluto e si allontanò, inspiegabilmente più tranquilla di non avere più gli occhi del bambino puntati nei propri.  

 

~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*

 

Conan sbadigliò, asciugandosi una lacrima che era sfuggita alle sue ciglia e ignorando completamente il foglio che aveva davanti e su cui i suoi compagni si stavano concentrando. Aveva altro a cui pensare: a prima vista, Ran sembrava aver dimenticato l’accaduto e ripreso la sua vita di sempre; ma lui sapeva che non era così. La conosceva troppo bene per credere alla sua recita, sapeva che stava ancora male per quello che era successo, ma che cercava in qualche modo di reagire, sia per se stessa che per gli altri. Ammirava questa sua forza…

Vorrei poter fare qualcosa per te…

Avrebbe potuto telefonarle; solo che…non era quello che lei si aspettava da lui. E se avesse peggiorato la situazione?

“Vorrei incontrarti. Voglio parlarti di persona, non attraverso il telefono.”

Era quello che lei gli aveva chiesto. Non si aspettava che abbandonasse il suo caso, non gli ordinava di tornare per sempre a Tokyo. L’unica cosa che voleva era parlare con lui…perché non riusciva ad accontentarla nemmeno per una cosa tanto semplice e banale?? Poteva capirla, se si sentiva ferita e abbandonata. Comunque, doveva cercare di fare qualcosa al più presto: se da una parte sentire dalle sue labbra che ancora non sapeva se lo odiasse o no l’aveva sollevato, dall’altro l’aveva messo in agitazione. Anche solo il fatto che lei stesse considerando questa possibilità lo faceva star male.  

Dunque, si disse, avrebbe dovuto al più presto farle capire quanto l’adorava. Così forse, forse lei lo avrebbe perdonato…

Sospirò, cercando di ignorare il nodo che premeva sul ventre e concentrandosi sul foglio: sottrazioni, divisioni a più cifre, moltiplicazioni…la lettura gli costò un ennesimo sbadiglio, mentre gli occhi si riducevano a due fessure.

Si accorse di stare sudando e cominciò a sventolarsi con un lato del foglio, sbuffando in modo da scompigliarsi la frangetta: faceva piuttosto caldo, lì dentro; capiva che era inverno, ma con le finestre chiuse e i termosifoni al massimo sembrava di stare in un forno.

“Maestra, si potrebbe aprire una finestra per favore?” chiese educatamente, alzando la mano. L’insegnante lo guardò perplessa, sbattendo un paio di volte le ciglia prima di rispondere:

“Mi dispiace Conan, ma non credo sia una buona idea. I riscaldamenti sono già bassi, se aprissi una finestra potreste prendervi un brutto raffreddore.” Gli sorrise e tornò alle sue carte.

Stavolta fu il suo turno di guardarla confuso.

BASSI!?

Posò prudentemente una mano sul termosifone più vicino e si accorse con stupore che l’insegnate aveva ragione. Dunque perché stava letteralmente grondando di sudore? Si asciugò la fronte con la mano, ancora un po’ perplesso, poi     

cominciò a scribacchiare qualche numero sul foglio qua e là, senza entusiasmo, finché una strana sensazione di freddo lo colse al lato. Improvvisamente, si sentì a disagio. O meglio…osservato. Voltò lentamente la testa, cercando di farlo sembrare un gesto casuale, e come previsto ritrovò la sua immagine riflessa in due profondi occhi azzurri, gelidi e imperscrutabili, come una superficie di cristallo. Lo guardavano, o meglio, lo scrutavano, senza neanche un remoto brillio di calore o di qualsiasi sentimento.

Ai Haibara.

La ‘frequentava ’ ormai da un bel po’, e si potrebbe pensare che a questo punto dovesse essere abituato ai suoi atteggiamenti, ai suoi modi. O almeno così avrebbe potuto pensare una persona che non aveva mai avuto a che fare con Ai Haibara; dubitava che una ragazza come lei si potesse veramente conoscere; nonostante avesse una certa esperienza in materia di misteri, lei restava perennemente una domanda a cui non sapeva dare risposta, una porta verso l’ignoto che avrebbe potuto portarlo dovunque. Quando si accorgeva che era in procinto di parlargli, subito i suoi sensi si attivavano, in allerta, pronti ad affrontare qualsiasi cosa. Sì perché qualsiasi cosa era l’espressione giusta per definire ciò che sarebbe potuto venir fuori dalla bocca della scienziata. Una minaccia, una raccomandazione, una dimostrazione di quel suo strano senso dell’umorismo? Chissà, magari nessuna delle tre. Non comprendere qualcosa l’aveva sempre infastidito, e lei non faceva eccezione, ma tutto sommato riusciva a sopportarlo bene. In fondo, per quanto strana, Ai era una persona, e non un caso; e lui era un detective, non uno psicologo.

Inoltre, a suo modo…era intrigante.

Si accorse di stare per arrossire e subito si diede uno scossone mentale. La biondina era attraente, non lo metteva in dubbio, ma decisamente non era il suo tipo. Stare insieme ad Ai non gli donava tutte le meravigliose sensazioni che gli dava la compagnia di Ran…spesso lo lasciava totalmente indifferente. Tuttavia, non poteva davvero paragonare i due rapporti: ciò che lo legava a Ran era un sentimento profondo, che era nato e cresciuto insieme a loro, evolvendosi man mano che diventavano adulti; un affetto speciale e particolare che si era tramutato in amore, del più sincero e leale.

Il legame che aveva con Ai…era basato sull’enorme debito che ognuno di loro aveva nei confronti dell’altro,

Sebbene il suo non sia nemmeno paragonabile al mio…

e allo stesso tempo sulla necessità l’uno dell’altra. Un gioco di equilibri che si sarebbe potuto spezzare in qualsiasi momento, di cui entrambi erano a conoscenza, ma che entrambi fingevano non esistesse.

Perdendosi in queste considerazioni non si rese conto di essere rimasto a fissarla imbambolato per più di due minuti. Improvvisamente sussultò e voltò di nuovo la testa, seccato da quella mancanza causata dalla mente intorpidita dalla noia e dal sonno, non prima però di essersi accorto dello strano sorriso che aveva increspato le labbra della biondina, in un misto di scherno e presunzione. Sbuffò, concentrandosi su quello sciocco compito di matematica e cercando di ignorare le occhiate e le risatine sotto i baffi della sua compagna di banco,  che gli fecero ardere fastidiosamente le guance dall’imbarazzo.

Di solito non riusciva a capirla, ma era abbastanza sicuro che questo non gliel’avrebbe fatto dimenticare presto.

 

 ~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*

 

“Ai…” Esordì, avvicinandosi a lei durante la ricreazione. La biondina alzò gli occhi dalla rivista scientifica che stava leggendo, sorridendo in modo poco rassicurante, mentre i tre bambini davanti a loro stavano decidendo la divisione in squadre per la partita di baseball. 

“Cosa posso fare per te, Conan-chan?” rispose con una voce dolce che non le si addiceva per niente. Conan sbuffò, infastidito dal nomignolo, mentre Ayumi puntava i suoi occhioni color nocciola su loro due, la fronte aggrottata.

“Devo parlarti. Da solo.” Sottolineò, a bassa voce, Ai annuì serenamente e si avviò verso il retro del cortile, mentre Conan lasciava andare l’ennesimo sbuffo scocciato e la seguiva.

“Conan-kun…la partita!” gridò Mitsuhiko alle sue spalle. Ayumi continuava a guardarlo, improvvisamente triste.

“Sì, adesso arrivo! Iniziate voi!” rispose, lanciando un’occhiata ai tre da sopra la spalla.

Hmph…tanto faccio sempre l’esterno…ovvero il raccattapalle…ma perché non possiamo giocare a calcio qualche volta?

Seguì la biondina finché non furono al riparo dalle innocenti piccole orecchie dei loro compagni di scuola; una volta lì si infilò le mani in tasca appoggiando la schiena al muro, mentre lei incrociava le braccia e lo osservava con uno dei suoi soliti sguardi ambigui.

“Come ti senti?”

Sarebbe potuto sembrare un tono casuale a chiunque, ma lui naturalmente non era chiunque: Ai lo stava guardando un po’ troppo attentamente, quasi volesse fargli un check-up completo con lo sguardo.

“Uff…bene, perché?” domandò incuriosito, dimentico del discorso che avrebbe voluto fare.

Ai si strinse nelle spalle. “Così, per fare conversazione.”

Oh certo…Ai Haibara che vuole fare conversazione…e domani io vado a segnarmi a una scuola di balletto…

“Avanti, dimmi perché non dovrei sentirmi bene!” replicò seccato.

“Dimmelo tu. Di che stai parlando?”

“Adesso non fare la finta tonta!”

“Va bene…ma solo se tu smetti di fissarmi imbambolato in classe, Kudo-chan.”

Era riuscita a farlo arrossire. Di più, sembrava che la sua faccia stesse andando a fuoco. E il sorrisetto che gli stava rivolgendo era decisamente troppo…dannata…

“Non montarti la testa.” Sbuffò, distogliendo lo sguardo e sentendola ghignare sommessamente, cosa tanto sorprendente quanto fastidiosa.

“Sicuro di non volere la mia foto?”

Sospirò frustrato, alzando gli occhi al cielo. Non riusciva proprio a vincere contro l’universo femminile, era sempre stato così.

“Allora? Come è andata ieri sera con Mouri?” chiese Ai indifferente, ma con una sfumatura divertita che non gli piacque affatto. Socchiuse gli occhi:

“Non preoccuparti…dimmi piuttosto, sei riuscita a scoprire cosa è andato storto con l’antidoto?”

Ai si strinse nelle spalle, passandosi una mano fra i capelli che, alla luce del sole, avevano dei riflessi stupendi color dell’oro. “È un farmaco sperimentale…è normale che spesso non funzioni.”

“Cosa c’entra, io non sono un esperto, ma credo che se tutti gli scienziati ragionassero così non si scoprirebbe più nulla.” Borbottò seccato. “Perché non ci riprovi?”

“Non è così semplice, Kudo. Credi davvero che starei ancora così se sapessi inventare l’antidoto al veleno? E poi, è troppo pericoloso. Non mi va di somministrarti qualcosa che potrebbe ucciderti.”

“Non ti sei fatta molti problemi di questo tipo quando hai inventato quel tuo stupido veleno che rovina la vita alla gente, mi pare!!” disse infuriato prima di potersi fermare. Non era tanto quello che stava dicendo a farlo arrabbiare, quanto il modo in cui lo diceva. Era totalmente fredda davanti a una situazione che per lui era così difficile…

Ma Ai Haibara sembrò colpita da queste sue ultime parole. Per un attimo fugace, gli sembrò di scorgere qualcosa di diverso nei suoi occhi gelidi, un qualcosa che somigliava innegabilmente a…senso di colpa. Sì, puro e semplice. Insieme ad una profonda stanchezza, come avesse vissuto quella situazione un milione di volte nella sua testa. Ma dopo quell’attimo lei tornò quella di sempre, e il suo tono di voce era distaccato quando parlò:

“Non ho rimpianti, Kudo. Mi avrebbero uccisa, se non l’avessi fatto. Dammi dell’ipocrita quanto vuoi, ma non credo che qualcuno potrebbe biasimarmi.” Gli si rivolse, le sopracciglia inarcate. “Quindi, a meno che tu non voglia minacciarmi di morte a tua volta, non credo che lo farò.”  Una brezza fresca scompigliò i capelli dell’uno e dell’altra. Conan rise amaramente.

“Beh, non penso che ne sarei in grado. Dunque non ho alcuna speranza di convincerti, eh?”

Stavolta lei sorrise, divertita. Lui la guardò perplesso per qualche minuto, prima che parlasse:

“Non lo so, Kudo. Dipende.”

“……e da che cosa?”

“Da te, da me…e da come andranno le cose con la cimice e la trasmittente che hai attaccato a Gin.”

“Ho capito…non vuoi rischiare che Shinichi Kudo si faccia vedere in giro adesso che sai che l’Organizzazione è da queste parti, non è così?” le chiese retoricamente, con il suo solito sorriso acuto.

“Sei stato uno sciocco a liberare Mouri usando la tua voce, Gin non è uno stupido. Farà due più due prima o poi.” Stavolta sembrava piuttosto preoccupata. Conan si pentì di averle raccontato la vicenda, ma non ne aveva potuto fare a meno. I congegni per seguire ventiquattr’ore su ventiquattro gli spostamenti del suo nemico erano a casa del professor Agasa, e dato che lei abitava lì sarebbe stato impossibile tenerglielo nascosto. Non voleva che stesse in apprensione: mesi prima le aveva promesso che avrebbe pensato lui all’Organizzazione, se fosse spuntata fuori.

Tutta la rabbia verso di lei venne accantonata in qualche meandro recondito del suo animo mentre le si avvicinava e le posava entrambe le mani sulle spalle. Ai sussultò lievemente:

“Sta tranquilla.” Le sussurrò con voce tiepida “Siamo noi a condurre il gioco, per ora; finché lo spieremo, Gin non potrà certo coglierci di sorpresa e metterci in pericolo. Vedrai che non appena scoprirò qualcosa di interessante, mi metterò subito in azione. Fidati di me.” Lei lo squadrò per un attimo, poi annuì. Non sembrava del tutto calma, ma aveva ripreso il suo atteggiamento indifferente, il che –almeno credeva- era un miglioramento. Se aveva la forza di indossare quella posa, non doveva essere così disperata…

“Oh, a proposito…” disse, mentre si incamminavano di nuovo verso il cortile “…non ho rimpianti per aver usato la mia voce quando ho salvato Ran. Come non ne ho per averla usata quando ho salvato te.” Le sorrise, cosa che sembrò colorare lievemente di rosa le sue guance, intanto che lo fissava a bocca aperta. 

“Conan! Ai! Dove eravate finiti!?” chiese Genta vedendoli tornare, uno strano sorrisetto, mentre un paio di loro compagni di classe ridacchiavano maliziosi. Conan sospirò clemente, ma vedendo l’aria afflitta di Ayumi non poté fare a meno di sentirsi un po’ in colpa. Di che cosa esattamente non ne aveva idea.

“Ayumi-kun…” esordì a bassa voce, avvicinandosi, in modo che gli altri non sentissero. Lei lo guardò con gli occhioni lucidi. “C-Conan…Ai-kun è la t-tua…amichetta preferita?” chiese con un fil di voce, sul punto delle lacrime. Conan sorrise allarmato: “Ma no cosa dici!! Ai e io siamo solo…ehm…” Ai lo guardò in tralice interessata. “…compagni di classe. Nient’altro.” Le rispose, gli occhi di lei sembrarono illuminarsi: “Davvero davvero?”

“Certo.” Il suo sorrise si fece più ampio, poi gli venne un’idea. “E ho un regalo per te.”

“Oooohh!! VERAMENTE??” la tristezza della bambina era completamente sparita.

Magari fosse così facile anche con Ran…

Conan tirò fuori dalla tasca la biglia di Masked Yaibar, perfettamente lucida e nuova, e gliela mostrò dal palmo della mano. “È tua, Ayumi. Prendila pure.”

“OOOOHH! È bellissima!!!” la piccola afferrò la pallina, squadrandola in ogni minimo particolare, gli occhi che brillavano entusiasti. Conan studiò la sua reazione: forse era così che avrebbe dovuto reagire anche lui, prese nota a mente.

“GRAZIE, Conan-kun!!” finita l’analisi del giocattolo l’attenzione della bambina era di nuovo su di lui. Prima che potesse fermarla, cogliendolo di sorpresa, Ayumi gli gettò le braccia al collo e lo strinse forte a sé, continuando a gridare i suoi ringraziamenti. Attraverso i capelli castani della bimba, Conan notò gli sguardi truci con cui Genta e Mitsuhiko lo stavano fulminando e le occhiate divertite di Ai Haibara. Udì uno dei bambini che avevano ridacchiato prima chiedere all’altro: “Ma Conan-kun, quante fidanzate ha?”

“D-Di niente Ayumi.” Balbettò cercando di sciogliersi dall’abbraccio. Con un po’ di pazienza ci riuscì, non prima però di aver ricevuto un bacio sulla guancia dalla sua piccola amica.

“Andiamo a giocare a baseball!” gridò Ayumi con tono argentino, dirigendosi verso la piazzola. Genta afferrò la mazza.

“Sì, giochiamo, Conan-kun.” Sibilò, mettendosi in posizione insieme a Mitsuhiko.

Deglutì rumorosamente prima di sistemarsi a sua volta.

Mi sa che dovrò prepararmi a schivare colpi… povero me…

“Auguri, Kudo.” mormorò Ai con una gioia immotivata, strizzandogli l’occhio mentre Ayumi non guardava. Lui sbuffò, infilandosi il guantone.

Donne…a volte sono proprio una maledizione…       

    

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Note dell’Autrice: e su questa nota di maschilismo si è concluso anche il capitolo diciassettesimo. Che ve ne pare?? È stato un pochino complicato scriverlo, ho avuto un calo di ispirazione…forse la mente è ottenebrata al pensiero dei compiti che sto totalmente ignorando.^^; La prima parte è piuttosto folle, me ne rendo conto. Non so cosa mi passava per la testa… O__O Comunque, nel complesso, è stato un chap calmo dal punto di vista degli avvenimenti, e un pochino più solare del precedente: troppa depressione stomaca, almeno a me. Nei prossimi capitoli succederanno un bel po’ di cosette…ho un paio di ideuzze niente male (almeno dal mio punto di vista. ^^;) ; rivedremo quei signori dell’Organizzazione, e ho in mente di re-infilarci la coppietta di Osaka…^^ L’unica mia preoccupazione è di commettere qualche errore nell’intreccio…spero di no!! ^^; Faccio del mio meglio per ricordare tutto, finora spero che la storia fili.

Beh, ringrazio come al solito tutti i miei lettori e quegli angeli che hanno commentato, siete grandi!

Mareviola: bene! Ma guarda che il mio non era un rimprovero, eh! Ci mancherebbe!!^^ Grazie per la recensione, la tua costanza è ammirevole!!

Ginny85: ciao Ginny! Anch’io sto bene, spero di non averti fatto aspettare troppo l’aggiornamento; come hai visto i miei protagonisti stanno un po’ meglio in questo capitolo…non tantissimo, certo, ma d’altronde è passata solo una notte! Per fortuna che nessuno dei due è il tipo che si piange addosso a lungo! ^__^ Come al solito, ti ringrazio tantissimo dei complimenti, quello che avete detto sia tu sia Sabry e Primechan mi ha colpita: anch’io mentre scrivo mi immedesimo nei personaggi, descrivo quelle situazioni immaginando di viverle io stessa, cercando di renderle così il più reali possibile, dunque sono felicissima che vi arrivino in questo modo. Hai ragione comunque, Conan è stato proprio un amore nello scorso capitolo! E anche in questo non scherza! ^//^ Ran…beh, è un po’ in crisi, come hai potuto vedere. Ma non preoccuparti: per quanto voglia tapparsi le orecchie, le parole di Conan le ha sentite eccome!

APTX4869: grazie dei complimenti…anch’io rosico un po’ che non ci siano molti episodi dedicati a Shinichi & Ran, anzi, direi che sono più unici che rari. Oooh! Davvero pensi che la mia ff potrebbe stare nel manga!? * __ * Ma sei adorabile!^^ Grazissime!! Il bacio che Ai ha dato a Conan è stata una mia follia lì per lì, un’idea che mi è venuta sul momento e che ho colto al volo. Per quanto riguarda un possibile bacio fra Shinichi e Ran…beh, non ti prometto niente ma…vedrò quello che posso fare!! Okay? ^ _ ~ Una curiosità: ma perché hai scelto come nick proprio il veleno che ha rovinato la vita a Shinichi??

Yuki: ciao! Eh sì, povera Ran…ma povero anche Shinichi, non pensi?^^; Dell’antidoto (e del veleno) se ne riparlerà in seguito, perciò è meglio se per il momento non strozzi Ai, può sempre servire. ^__^

Hoshi: davvero ti ho commossa?? Mi spiace di averti messo addosso l’angoscia, anche se sinceramente un po’ ne sono lusingata. Ho una vaga idea che non ti saresti fatta tutti gli scrupoli di Conan se Ai avesse chiesto a te se volevi minacciarla di morte, vero? ^ __ ~

Leo: grazie!^^ Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto e che sia arrivato abbastanza presto.

Sabry1611: ciao! Ti ringrazio tantissimo per i complimenti sia sullo stile che sulla storia; le recensioni mi aiutano sempre e mi fa piacere che tu abbia deciso di scriverne una!^^ Come ho gia detto a Ginny, sono molto contenta che riusciate ad immedesimarvi nella storia e spero tanto che continui ad essere sempre così! ^__^ Ancora tante grazie, spero di risentirti!

Primechan: oohh…anche tu ti sei commossa?? Anche se sembra crudele, devo dirlo: mi fa davvero piacere riuscire a farvi provare emozioni così forti! Spero solo che in futuro si tratti di qualcosa di un po’ più allegro.. ^^; ti ringrazio tantissimo per le lodi, comunque;  sei una fan delle coppie ‘classiche’ del manga, eh? Beh, ho l’intenzione di far comparire di nuovo Heiji e Kazuha nei prossimi capitoli, contenta? ^ __ ~ Glielo devo, dopo il modo brusco in cui li ho interrotti l’ultima volta. Ma guarda che Conan/Shinichi è proprio dolce di suo, anche se cerca di fare il duro!#^^# Grazie degli auguri, ormai il Natale è passato, ma spero comunque che tu l’abbia trascorso piacevolmente!

Vichan: ciao Vi! Grazie dei complimenti, sono contenta che tu abbia letto anche questa ff oltre che la mia one-shot…e che ti siano piaciute entrambe! Anch’io adoro sia il giallo che Conan. #^^# Ora le acque si sono un po’ calmate dal punto di vista del poliziesco, ma vedrai che il piccolo detective dovrà presto rimboccarsi le maniche! Heiji e Kazuha…li rivedremo di sicuro, appena scopro quando, come e perché ti avverto! No, scherzo, ho un bel piano in mente anche per loro due.

Okay, solite note: in questo chap c’è un piccolo riferimento al manga, il vol.24, il cui episodio corrispondente è apparso non molto tempo fa su Italia1. Per chi l’avesse perso o non lo ricordasse, succede che Ai, tornata momentaneamente grande, sta per essere uccisa da Gin, quando Conan interviene urlandole un messaggio con la sua voce adulta, attraverso il simulatore. Capite dunque a cosa si riferisce il piccolo detective quando si rivolge alla biondina verso la fine del capitolo…^^ “Masked Yaibar” è il cartone animato preferito di Ayumi, Genta e Mitsuhiko. Riferimenti a questo personaggio, anche minimi, compaiono piuttosto frequentemente nel manga, dunque è impossibile ricordarli tutti. Oh, quasi dimenticavo: anche il vol.1 per quanto riguarda il giorno al Tropical Land.

Questo è tutto gente. Nel prossimo capitolo ci saranno meno riflessioni e più azione, o almeno così vorrei.^^” Ora, se non vi dispiace troppo, mi farebbe piacere che commentaste.

 A presto

-Melany

  
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