Problemi
di memoria
Kaito spalancò la finestra, lasciando
entrare il calore del sole di luglio nella sua camera. Si fermò per un attimo a
guardare fuori: in quei momenti sembrava che gli ultimi mesi fossero stati solo
un sogno e che la sua vita non fosse affatto cambiata. Poi però gli bastava
buttare un occhio alla sua camera per rendersi conto che le cose non stavano
affatto come un anno prima: un baule aperto con tutto l’armamentario magico
sparso sul pavimento, i regali di compleanno dei suoi amici di Hogwarts ben
nascosti, i compiti di Storia della Magia sulla scrivania scritti su pergamena… tutte cose che poco avevano a che fare con uno
studente del liceo.
Kaito, però, non si pentiva di nulla
dell’anno passato. Salvo forse…
«KAITO!!!»
Salvo lei.
«SCENDO!!!»
Kaito si precipitò sulle scale, preoccupandosi
di chiudere bene la porta della camera. Non era il caso che Aoko notasse il
caos che andava ben oltre quello di un classico adolescente.
«Ciao!»
«Ciao! Come va?»
«Tutto bene… e
tu?»
Discorsi normali, che però a Kaito erano
mancati da morire nei mesi precedenti.
Aoko sorrise: «Tutto ok! Senti, avrei
bisogno di un favore…»
Kaito si scostò: «Se posso aiutarti,
volentieri! Entra!»
La ragazza si avviò a passo sicuro verso il
salotto. Avevano la casa tutta per loro e nessuno li avrebbe disturbat…
Le ultime parole famose vennero interrotte
dal campanello.
Kaito sospirò: «Scusa un attimo… ARRIVO!!!»
Il ragazzo si avviò scocciato alla porta e
l’aprì di scatto.
«Akako?»
«Ciao, Kaito…»
Il prestigiatore la guardò sconvolto: «Akako, che ci fai qua? Cioè, voglio dire, non sei mai
venuta a casa mia…»
La strega lo guardò con sguardo
ammaliatore: «E oggi ho deciso di farti un’improvvisata. Posso entrare?»
Kaito si sentì improvvisamente in
imbarazzo: «Ecco… io…»
Aoko fece improvvisamente capolino dal
salotto: «Chi è?»
Akako sorrise: «Oh, ci sei anche tu?»
La ragazza la salutò, ma la strega la
ignorò: «Non eri prevista, ma così sarà anche più divertente…»
Kaito non capì di che stesse parlando, fino
a che non la vide sollevare una bacchetta.
«No, Akako!
Fermati, che fai?»
«Oblivion Absonum!»
Kaito e Aoko rimasero per qualche secondo
confusi, poi si ripresero.
«Che… che ha
detto?»
Kaito si morse un labbro. L’ultima cosa che
avrebbe voluto che accadesse era un incantesimo in presenza di Aoko.
«Akako, cosa ci
hai fatto?»
La ragazza sorrise: «E perché togliervi il
divertimento di scoprirlo da soli?»
Aoko non ci stava capendo niente, mentre il
cervello di Kaito aveva ingranato la quarta. Oblivion…
cos’era l’Oblivion? Gli suonava familiare…
se lo capiva sarebbe già a buon punto, avrebbe potuto salire di sopra, prendere
il libro e cercare un contro incantesimo.
Akako li guardò divertita: «Vediamo se capirete
cosa vi ho fatto… in ogni caso vi toccherà uscire, Aoko e Kaito, dalla porta per potermi interrogare più a fondo…
sempre che ci riusciate… au
revoir!»
E mentre la strega richiuse l’uscio alle
sue spalle, Kaito rimase sconvolto e immobile.
«Come… come ha
fatto?»
Aoko lo guardò preoccupata: «A fare cosa?»
Il ragazzo la guardò sconvolto: «A… a uscire di qua!»
«Eh?»
«Non so… ha usato… com’era quella parola strana, Aoko? Porta?»
La ragazza rimase un po’ sovrappensiero:
«Ora ce mi ci fai pensare… non lo so più neanche io!
Ma quando me lo hai chiesto prima… lo sapevo…»
Kaito respirò profondamente: «Ok… ragioniamo. In qualche modo deve essere uscita di qui,
no? Non ha attraversato la parete come Ruf…»
Aoko lo guardò di storto: «Come chi?»
Kaito sbiancò: «Niente!»
Faccia
da poker, continuò a
ripetersi mentalmente Kaito, aveva bisogno della sua faccia da poker. Aveva
perso un attimo la calma perché terrorizzato dall’idea che Akako
potesse aver davvero pronunciato un incantesimo di fronte ad Aoko, ma andare
fuori di testa non avrebbe risolto il problema. Doveva riflettere
razionalmente.
Doveva esserci un modo per uscire dalla
casa. L’aveva sempre fatto. E se ora non sapeva più come fare, c’era
sicuramente lo zampino di Akako.
«Ok, piano B! Scavalchiamo una finestra!»
«Come dei ladri?»
«È casa mia, se mi dicono qualcosa mostro
le chiavi!»
«Le chiavi della finestra?»
«Ma certo che no! Quelle del… del… dove le usavo queste
chiavi?»
Aoko sospirò: «Sei strano oggi, Kaito.»
Kaito le fece una smorfia mentre con un
gesto atletico scavalcava la finestra: «E tu lo sei sempre, Aoko!»
Lei rispose qualcosa, ma il ragazzo non
l’ascoltò. Controllò di avere in tasca sia qualche attrezzo da Kaito Kid che,
soprattutto, la bacchetta. Avrebbe preferito non usarla, ma se c’era di mezzo
la magia, era meglio averla con sé.
Aoko gli mise una mano sulla spalla e il
ragazzo sussultò. Solo a quel punto si rese pienamente conto di avere un altro
problema, molto più grande dei precedenti. Come avrebbe dovuto contrastare una
magia con una babbana al suo fianco senza passare
noie legali? E non con una babbana qualunque, ma con
la figlia dell’ispettore Nakamori!
«Che strada
prendiamo?»
Il ragazzo la guardò un po’ confuso: «Eh?
Puoi ripetere?»
Aoko gli restituì lo sguardo stranito:
«Cos’è che dovrei fare?»
Il prestigiatore la guardò preoccupata:
«Ok, qui qualcosa decisamente non va. Ti ho solo chiesto di ripetere la frase
che mi hai appena detto.»
Aoko continuò a guardarlo come se avesse
appena parlato in aramaico e al ragazzo sorse il dubbio di aver usato
involontariamente in inglese: «In che lingua ti sto parlando?»
«Giapponese… perché?»
«Bene, se mi capisci allora perché non puoi
dirmi di nuovo quel che hai detto prima?»
La ragazza respirò sollevata: «Ah, era
quello che mi dicevi! Ti ho chiesto che strada dobbiamo prendere per arrivare
da Akako.»
Kaito si grattò una guancia: «Allora mi sa
che è il mio giapponese ad essere arrugginito… non ho
capito una parola… str…
com’era?»
Aoko sbottò: «Da che parte andiamo?»
«Ah! A sinistra, Akako
abita di là!»
Kaito s’avviò mordendosi un labbro. Perché
improvvisamente non riuscivano più a capirsi? Forse l’incantesimo di Akako influenzava la comunicazione…
Akako era effettivamente vicino a casa sua, ma
iniziò ad allontanarsi come se niente fosse. Kaito e Aoko le andarono dietro.
«Attento, Kaito, il semaforo è
rosso!»
Il ragazzo mise un piede sulle strisce:
«Cos’è che è rosso?»
«Attento!»
Aoko lo afferrò per un braccio e lo
trascinò sul marciapiede appena prima che venisse investito. Kaito guardò
l’auto stupito: «Stupido automobilista! Se vedi un pedone che attraversa
fermati, no?»
«Veramente sei tu in torto…
il semaforo era rosso.»
«Il che? L’unica cosa rossa che vedo è la
lucina di quel coso… cos’è, un albero di Natale? A luglio?»
Aoko scosse la testa: «No, aspetta… i semafori li hanno anche in Inghilterra, non puoi
esserti scordato anche questo!»
Kaito rimase sovrappensiero. Scordare… dimenticare…
«A meno che non conosciate
un incantesimo per dimenticare quella schifezza di libro…»
«Ci sarebbe l’Oblivion, ma…»
Il prestigiatore si sbatté una mano sulla
fronte. Ecco cos’era, un incantesimo di memoria! Fred e George gliene avevano
parlato e probabilmente era quello che Allock aveva lanciato contro lui, Harry
e Ron nella Camera, ma Akako aveva aggiunto una
parola che probabilmente aveva cambiato qualcosa. In fondo lui e Aoko non
avevano scordato tutto, solo qualcosa… una sorta di
amnesia selettiva… ma doveva pur esserci un criterio
per scegliere cosa dimenticare, non poteva essere del tutto casuale…
anche se fino a quel momento sembravano aver scordato le cose più assurde…
Kaito si sedette su una panchina: «Ok, Aoko, siediti e ragioniamo.»
La ragazza rimase in piedi, mordendosi un
labbro.
«Cosa c’è?»
Aoko deglutì rumorosamente: «Io… non ci riesco.»
«A fare cosa?»
«Non… non riesco
a sedermi. Non… non ricordo più come si fa.»
Kaito sembrò illuminarsi: «Allora ho
capito! Forse ci sono!»
La ragazza lo guardò perplessa: «Non so
cosa tu abbia capito… ma dovrò stare in piedi tutta
la vita?»
Con nonchalance Kaito le fece una mossa di
karate e la costrinse a piegare le ginocchia e a mettersi seduta, senza
smettere di ragionare ad alta voce: «Dimentichiamo parole comunissime
apparentemente a caso, ma c’è una logica. Non scordiamo quasi mai la stessa cosa… ricapitoliamo: quali parole secondo te avrei
dimenticato?»
«Strada e semaforo…»
«Che sono due parole comuni che prima
conoscevo, giusto?»
«Giusto.»
«Sicura?»
«Ma certo che sì, le conoscono persino i
bambini dell’asilo!»
«E tu hai scordato ripetere e sedersi… ed eri in grado di farlo…
fino a che non te l’ho chiesto esplicitamente.»
Aoko sbuffò: «Vuoi dire che scordiamo il
significato di ogni parola che sentiamo?»
Kaito continuò il suo ragionamento, con un
piglio quasi da detective: «Eh no, a quest’ora avremmo perso metà del
vocabolario e non riusciremmo a comunicare! C’è ancora qualcosa…
qualcosa che mi sfugge…»
La ragazza ci pensò un po’ su, poi di
decise a fare la domanda che la tormentava da un po’: «Ma cos’è poi che ci
avrebbe fatto Akako? Cioè, anche se tu avessi ragione… come?
Come può costringerci a dimenticare?»
Eccola, la domanda che Kaito temeva più di
tutte.
«Credo che sia una qualche forma d’ipnosi… »
«E allora raggiungiamola e facciamoci disipnotizzare, no?»
Kaito armeggiò in tasca con la sua
bacchetta: «Non credo che sia così facile, Aoko… Akako è testarda, lo sai.»
«Chi?»
Kaito sbiancò: «Non ti ricordi più di lei… e l’hai nominata dieci secondi fa…»
Cosa aveva pronunciato di particolare negli
ultimi dieci secondi? Quale parola aveva ripetuto più volte?
E la risposta gli arrivò improvvisa come un
ceffone in pieno viso.
«I nomi… sono i
nostri nomi! Scordiamo quello che sentiamo subito dopo i nostri nomi! Ho
nominato Akako subito dopo averti chiamato! E
probabilmente anche prima…»
Aoko s’illuminò: «Quindi se nessuno
pronuncia i nostri nomi siamo a posto, no?»
Kaito sorrise: «Basterà fare un po’ di
attenzione. Ma intanto dobbiamo recuperare ciò che abbiamo perso…
su, andiamo!»
Il sorriso della ragazza divenne una
smorfia imbarazzata: «Ci sarebbe solo un problemino…
come faccio ad alzarmi?»
Kaito si paralizzò: «Oh, giusto… se non sai come sederti, immagino che non sai
neanche alzarti… ok, adesso ti tiro su io e…»
«KAITO!!!»
Aoko lo tirò per un braccio, giusto in
tempo per evitare di essere investito da una bicicletta che passava sul
marciapiede.
Il ragazzo gli gridò dietro: «PIRATA DELLA
STRADA! LE BICI DEVONO ANDARE SULLA CARREGGIATA!!!»
Aoko, invece, rimase immobile, con le mani
sulla bocca.
«Cosa… oh,
giusto. Hai detto il mio nome.»
La ragazza lo guardò con occhi sbarrati, ma
Kaito cercò di sorriderle per rassicurarla.
«Non è una tragedia! Avanti, dì una parola
qualunque, magari una poco usata, così ci togliamo il pensiero.»
Aoko lo guardò preoccupata, poi sorrise
tristemente. Aveva in mente la parola perfetta per non rallentarlo ulteriormente,
anche se le sarebbe costato molto pronunciarla.
Kaito l’incalzò: «Avanti, coraggio! Dì
qualcosa!»
«Aoko…»
Un sussurro. Un lieve sussurro che giunse a
malapena alle orecchie del ragazzo, giusto quel tanto che bastava. Per una
frazione di secondo, Kaito rimase stupito, imbambolato. Se avesse avuto più
tempo, probabilmente le avrebbe urlato che era una stupida. Ma l’incantesimo,
implacabile e beffardo, non gli diede il tempo di realizzare tutte le
implicazioni di quella parola e in meno di un secondo si ritrovò a fissare una
ragazza sconosciuta, seduta su una panchina, che lo guardava con aria
malinconica.
«Che…»
Che ci faceva lì? Non doveva perdere tempo,
doveva raggiungere Akako e farsi dare il contro
incantesimo! Fece per voltarsi e andarsene, ma la ragazza gli afferrò un
braccio.
Kaito la fissò arrabbiato: «Scusa, ma,
davvero, ho fretta! Se devi farmi sondaggi o pubblicità, io…»
«Quando hai finito, tornerai a prendermi,
vero?»
«Eh?»
«Quando questa storia sarà finita e
ricorderai tutto, verrai a prendermi. Io ti aspetterò qui.»
Kaito cercò di divincolarsi: «Ma chi ti
conosce! Lasciami, per favore che devo…»
«PROMETTIMELO!»
Il ragazzo sussultò. Non aveva idea di chi
fosse quella ragazza così determinata e insistente, però qualcosa non quadrava.
Lei sapeva che stava perdendo la
memoria. E se si fosse davvero scordato di lei come di tutto il resto? Non
poteva saperlo e non poteva perdere tempo prezioso per scoprirlo.
«D’accordo. Tornerò.»
La ragazza annuì: «Io sarò qui ad
attenderti. Buona fortuna.»
Kaito riuscì finalmente a divincolarsi
dalla presa e iniziò a correre verso casa di Akako.
Non sapendo neanche lui il motivo, si voltò ancora una volta a fissare la
ragazza seduta sulla panca.
«Non muoverti, che poi torno!»
Lei sorrise e lo salutò con la mano da
lontano, poi l’abbassò sospirando.
«E dove vuoi che vada, Kaito…
non posso neanche alzarmi! E non so nemmeno più chi dobbiamo cercare, sarei
stata solo un peso… è giusto così…»
Ma non riusciva a togliersi dalla mente lo
sguardo di Kaito, che la fissava come se non l’avesse mai vista prima, mentre un
groppo alla gola le annunciava che stava per scoppiare a piangere contro la sua
volontà. E mentre affondava il volto in un fazzoletto per riprendersi, nella
sua tasca, nascosto alla vista, qualcosa s’illuminò per un istante, per poi
tornare normale.
Poteva solo pregare che Kaito tornasse
presto a riprenderla.
Il prestigiatore correva, bacchetta alla
mano, pronto a tutto. Non pensava più alla ragazza senza nome seduta ad
attenderlo su una panchina, tutte le sue preoccupazioni erano per la strega e
per il suo beffardo e implacabile incantesimo. Non poteva scordare tutta la sua
vita solo per un suo stupido dispetto!
«Kaito…»
Il ragazzo si voltò. Akako
era dietro di lui, con quell’atteggiamento sensuale e beffardo che
probabilmente avrebbe dovuto renderla affascinante, ma in quel momento gli
pareva soltanto tremendamente odioso.
La strega sorrise: «La bacchetta non ti servirà, e tu lo sai. Non puoi opporti a me con
quella, non sai quasi neanche come si usa.»
Kaito la guardò stranito: «Come si usa cosa? »
«Appunto. Raggiungimi sulla cima della
Tokyo Tower. Lì ti dirò ciò che vuoi sapere.»
Akako girò su se stessa e scomparve. Kaito si
precipitò sul punto del marciapiede dove fino a un istante prima la strega lo
aveva beffeggiato, ma non trovò nulla, nulla di apparentemente magico o che
avesse a che fare con la prestidigitazione.
Il ragazzo alzò lo sguardo al monumento
rosso, dall’altra parte della città: «La Tokyo Tower,
eh? Cosa avrai in mente, Akako?»
Solo a quel punto si rese conto di avere in
mano un bastoncino bianco. Non capendo perché lo avesse raccolto, lo lanciò per
terra e andò a prendere il pullman che lo avrebbe condotto alla sua meta.
La Tokyo Tower
era deserta. Opera di Akako, senza alcun dubbio.
Aveva tutta l’aria di essere una trappola, ma non aveva scelta. Controllò di
avere in tasca un po’ dell’armamentario di Kid e salì sull’ascensore.
All’ultimo piano raggiungibile l’attendeva la strega, vestita come al suo
solito, di nero con un mantello rosso.
«Ti aspettavo, Kaito.»
Il ragazzo la fissò, serissimo: «Anch’io ti
aspettavo, Akako. Piantiamola qui, il gioco è bello
finché dura poco. Anche i trucchi di un prestigiatore non durano mai a lungo.»
La ragazza lo guardò beffarda: «La prestidigitazione, dici? Cosa potrà mai
contro di me?»
Kaito le restituì il sorriso beffardo:
«Magari questo!»
Fu un attimo. Il ragazzo estrasse la
pistola spara carte di Kaito Kid e lanciò un paio di colpi; quasi
contemporaneamente Akako prese la bacchetta e disse
qualcosa che il ragazzo non capì. Seppe solo che la pistola gli volò via dalle
mani, giù dalla torre, irraggiungibile.
«E così hai capito il trucco, eh? Ti senti
tanto furbo, tanto intelligente, mio prestigiatore da quattro soldi? Peccato
che ti conosca un pochino, Kaito, e so che non sei affatto stupido…
Accio tappi! »
«NO!»
Kaito non poté fare nulla per impedire al
cotone che aveva nelle orecchie di volare nelle mani di Akako.
«… sei solo un po’ ingenuo. Pietrificus Totalus!»
Il ragazzo non riuscì più a muovere un
muscolo. Era in balia di quella strega.
Akako iniziò a girargli attorno: «Hai letto il
labiale senza ascoltare, per essere immune al mio incantesimo…
bella mossa, ma inutile. Ora sei mio, Kaito,
e né trucchi, Kaito, né magia alcuna, Kaito, né acrobazie alla
Kid ti potranno salvare… oh, giusto, ma tu sai chi
sia, Kaito, Kid? »
Akako fissò soddisfatta gli occhi sbarrati di
Kaito. Ormai non era che un bambolotto alla sua mercé. Sciolse l’incantesimo e
lo guardò soddisfatta alzarsi barcollando.
«Ora sei mio.»
Il ragazzo si allontanò, confuso. Si avvicinò
alla ringhiera e la strinse con forza. Akako non
avrebbe saputo dire cosa gli passasse per la testa in quel momento, se la
vedesse come un essere umano o come una dea, ma gli si avvicinò.
Kaito, dopo un attimo di titubanza, si
voltò verso di lei: «Fammi capire bene… tu mi hai
cancellato tutta la memoria… in cambio di cosa?»
«Di te.»
«Capisco… ma vedi… avrai cancellato i miei ricordi e le mie abilità…»
Akako non capiva dove volesse andare a parare.
Kaito sorrise un po’ tristemente: «… ma non
il mio orgoglio.»
«NOOO!!!»
Fu un istante, forse anche meno. Il ragazzo
scavalcò la ringhiera e si lanciò nel vuoto. Akako si
sporse subito dopo. No, non avrebbe mai pensato che quel pazzo, folle ragazzo,
pur di non cedere al suo ricatto, si sarebbe lanciato nel vuoto. Poteva, doveva
ancora salvarlo! Ma dove…
In un attimo Akako
si ritrovò ammanettata alla ringhiera.
«Eh?»
«E ora vediamo di finire i giochi.»
La ragazza si voltò sconvolta: «Kaito?»
Sì, era proprio lui, lì, di fronte a lei.
«Ma come…»
Il ragazzo la zittì infervorato: «No, come lo dico io! Come si scioglie questa maledetta magia? Come? Non posso lasciare ancora per molto Aoko su quella panchina
da sola e spaventata…»
Akako sorrise tristemente: «Sì è già sciolta… durava solo un paio d’ore…»
Kaito la guardò sorpreso: «Eh?»
La ragazza sospirò, sfinita: «Volevo farti
bere un filtro d’amore prima di quel limite… ma a
quanto pare non ho fatto in tempo… vai, Kaito, per
oggi basta così. Mi arrendo, sono stanca.»
Il ragazzo la fissò severamente: «Bene.
Spero che non farai più giochi così pericolosi. Ci abbiamo quasi rimesso la
pelle.»
Kaito fece per allontanarsi, ma Akako lo fermò ancora una volta: «A proposito, come hai
fatto a salvarti da quella caduta?»
«Eh? Ma non sei stata tu?»
«No… pensavo che
con qualche trucco…»
Kaito scosse la testa: «Non avevo con me
tutta quella attrezzatura. E con la magia non avrei saputo come fare… oh cavolo! La bacchetta! L’ho lanciata in giro quando
non sapevo cosa fosse!»
Akako alzò la sua: «Accio bacchetta di Kaito!»
In un attimo un bastoncino bianco arrivò
nelle mani della strega, che lo lanciò al ragazzo.
«Grazie!»
Akako ridacchiò: «Hai ancora il coraggio di
ringraziarmi?»
Kaito mise in tasca la bacchetta e si avviò
verso l’ascensore: «Sono pur sempre un gentiluomo… e
tu non sei poi così cattiva.»
Akako, rimasta sola, si accasciò sul pavimento.
Con un colpo di bacchetta, si liberò dalle manette e si massaggiò il polso.
Maledetto Kaito, l’aveva sconfitta su tutta la linea. Come poteva non piacerle
un ragazzo così?
Ma un dubbio le era rimasto. Osservò ancora
una volta giù. Come aveva fatto a salvarsi?
Kaito corse per le strade di Tokyo.
Dov’era, dove…
Eccola, finalmente. Aoko era lì, seduta
sulla stessa panchina dove l’aveva lasciata, che lo salutava con la mano. Il
ragazzo corse verso di lei, pronto ad alzarla di peso, ma lei, con grazia, lo
fece da sola.
«Aoko! Sei…»
La ragazza annuì: «Anche tu.»
Kaito tirò un profondo sorriso di sollievo.
Era finita.
Solo quando furono di nuovo a casa di Kaito,
davanti a una tazza di tè i due ragazzi iniziarono finalmente a rilassarsi.
«Scusa, ma tu non eri venuta per chiedermi
un favore?»
Aoko si sbatté una mano sulla fronte:
«Giusto! Volevo chiederti se mi potevi prestare una foto!»
«Una foto?»
«Sì, mia cugina non crede che ho conosciuto
il famoso prestigiatore Toichi Kuroba, ma non trovo
più la foto che avevamo scattato insieme a tuo padre quand’eravamo piccoli…»
Kaito sorrise: «Nessun problema, te la
prendo subito!»
«Grazie, sei molto gentile!»
«Figurati, per così poco.»
Il prestigiatore accompagnò l’amica nel
salotto e prese un album di fotografie, estraendone una.
«È questa che volevi, no?»
Aoko s’illuminò: «Grazie mille, te la
riporterò al più presto.»
Kaito sorrise e l’accompagnò alla porta.
Poi, prima di riporre l’album al suo posto, quasi senza accorgersene iniziò a
sfogliarlo. Quel giorno i ricordi avevano proprio deciso di tormentarlo, eh?
Una pagina dopo l’altra, mentre la
nostalgia per un attimo lo assaliva, Kaito divorava le immagini con gli occhi.
Fino a circa metà album.
«Ma… e questa?»
Buongiorno a tutti!
Cominciamo con un paio di
note a questo capitolo: la trama è liberamente tratta dalla storia “Zio
Paperone in: Un problema di memoria” di Don Rosa, dove Amelia lancia questo
incantesimo su Paperone e Paperino, con effetti tragicomici, che in parte ho
ripetuto, e da cui in parte mi sono discostata. Avete notato che c’è un
apparente errore? C’era anche nell’originale, ma vedrete che qui le cose non
sono come sembrano...
Detto questo, mi spargo il
capo di cenere e mi scuso con darkroxas92, autore del bigliettino dello scorso
capitolo, che non ho citato. E vi annuncio che finalmente sono in vacanza anch’io
e che avrò più tempo per scrivere (per la vostra disperazione o gioia, a voi la
scelta). E che sto mettendo le mani anche su altri progettini
lasciati in sospeso da fin troppo tempo...
Dunque, ringrazio ancora Bumbix, Giorgia_Weasley,
darkroxas92 e i nuovi arrivati zeze3000 e Cicci12 per le recensioni.
Prossimo capitolo? Il ritorno
a Hogwarts, ovviamente! Ma filerà tutto liscio?
Alla prossima!
CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Hinata 92