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Autore: Dean Lucas    29/06/2014    1 recensioni
Delphi è la prescelta, poiché sul suo corpo è inciso il futuro degli uomini.
Gavri’el è il prescelto, poiché è destinato a trovare il Bastone di Adamo.
Sargon è il prescelto, perché è l’erede del regno di Akkad.
Matunde è il prescelto, perché è il gigante nero dell’impero nubiano.
Babu non è un prescelto, è solo un nano impertinente e pavido.
Lei invece è la Sfinge, altera e bellissima, la creatura più preziosa dell’universo.
Sullo sfondo di un mondo antico e misterioso, oltre le porte del tempo, un viaggio e la lotta contro un male che affonda le proprie radici nella Genesi.
Un viaggio che ha come meta la salvezza dei Figli dell’Uomo.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lance insanguinate

 
 
Tempio di Delphi, Antica Grecia.



L'accadico venne condotto all’interno dell'adyton, la camera sacra del tempio di Delphi.
Creata in corrispondenza della preesistente cavità naturale, consisteva in una cella sotterranea dove il supplice avrebbe potuto consultare la vergine e ottenere il suo vaticinio.
Seduta sull’alto tripode e avvolta in un mantello scarlatto, Delphi inspirava i fumi che promanavano dalla fenditura nella roccia.
Non aprì gli occhi quando udì i passi dell’uomo avvicinarsi. Non urlò per avvertire i custodi del tempio. Non denunciò l’empia profanazione, ma accolse Sargon con un sorriso.
L’accadico lasciò che i polmoni si colmassero dei fumi dell’oracolo e si chinò su di lei per congiungere le labbra alle sue.
Delphi finse di ribellarsi, non desiderando altro che le mani di Sargon l’avvolgessero completamente. Un secondo bacio, assai meno casto, vinse ogni sua resistenza. Ogni cosa si ridusse al bisogno di essere amata.
 Nessun uomo l’aveva mai toccata in quel modo, Delphi non riusciva a pensare, non riusciva a respirare. Si lasciò sfuggire un gemito.
Poi accadde qualcosa.
Il suo corpo s’irrigidì.
Il fuoco che le incendiava la pelle mutò in un brivido gelido.
La mente fu travolta da una pioggia di schegge luminose. Frammenti del passato e del futuro si agitarono e si mescolarono con tale violenza nei suoi pensieri da paralizzarla dal terrore. Con un grido disperato respinse l’amante dal corpo, fissandolo con occhi vitrei.
Alcune gocce di sangue scuro e denso le scivolarono dal naso.
«Per gli dèi, Delphi, cosa ti prende?»
Lei guardò Sargon senza vederlo, la visione le fluttuava ancora davanti agli occhi, come fosse reale, palpabile, tangibile.
Una percezione sfuggente di lei, dell’amante, di armati del tempio, di grida, di lance insanguinate…
E poi, sempre più velocemente.
Una barca che prendeva il largo, il sacro omphalos, un colossale monumento che oscurava il sole, foglie di palme in fiamme riflesse sull’acqua immota, incredibili occhi di cielo che la fissavano dal basso iniettati di paura, e altri occhi, completamente, mostruosamente bui...
Le immagini si riversarono dentro di lei come in un vortice, sempre più confuse.
Un deserto di sabbia nera, un lago di tenebra, e ancora gli stessi occhi cupi che la fissavano e diventavano più grandi, smisurati, fino a occupare tutta la mente, finché non furono più occhi ma due crateri bui, il baratro gemello di un vulcano.
L’oscurità fu strappata all’improvviso da un’esplosione di luce, più accecante del sole, più terrificante dell’abisso. Ogni cosa, ogni forma, ogni colore implose su se stesso e si annullò all’interno di una lama di luce. Fu la notte. Desolata e gelida, infinita e priva di vita. Non restò che il vuoto e il silenzio. E la morte che ammantava ogni cosa.
La disperazione l’avvolse come un sudario e pianse, travolta dal dolore.
Sargon le afferrò le spalle e la scosse con forza. Delphi si destò di soprassalto, boccheggiando. «Sanno tutto! Sanno di noi!» gridò. «Presto, dobbiamo fuggire! Stanno per entrare, li ho visti!»
«Non ho paura di combattere, donna.»
«Non capisci, sono in molti e tu sei disarmato!»
«Che vengano! Ishtar mi protegge e io proteggerò te.»
Delphi cercò freneticamente le parole per convincere l’accadico, ma già i primi passi echeggiavano in fondo alla stretta scalinata che conduceva al sacrario.
Vide Sargon nascondersi dietro la parete rocciosa a lato dell’ingresso. Si guardò attorno. La roccia nera scolpita dai bassorilievi l’avvolgeva in un abbraccio soffocante e opprimente.
I custodi del tempio avevano già imboccato l’unica via d’uscita disponibile. Non c’era speranza di fuga.
Erano vicini. I rumori sulle scale cessarono all’improvviso e calò il silenzio. Delphi se ne stette lì, immobile, ad aspettare che sbucassero dalle tenebre.
 
***
 
La punta bronzea di una lancia emerse dall’entrata dell’adyton. La luce mossa delle torce ne proiettò l’ombra sottile sulla superficie irregolare della pietra.
Sargon la osservò crescere e allungarsi.
Erano arrivati, ma quanti erano?
Il guerriero di Akkad desiderò poter stringere l’elsa di una spada, ma nessun supplice poteva varcare quella soglia armato: per non destare sospetti tra i custodi e i pellegrini era stato costretto a nascondere le armi lontano dal tempio.
Sargon maledisse il dio Marduk e si appiattì ancora di più alla parete, i muscoli tesi, pronti ad agire. L’attesa era insostenibile. Con la coda dell’occhio scorse Delphi, seduta sul bacile del tripode, assorta in una silenziosa preghiera. Forse il suo dio l’avrebbe ascoltata.
Aveva detto alla donna che Ishtar lo avrebbe protetto, perché le aveva mentito?
Da quando aveva lasciato la sua terra al di là dei monti Zagros, la dea non gli aveva più parlato, nemmeno un segno era più giunto da lei. La Divina Ishtar, la Signora della Luce Risplendente, sapeva che era divenuto un reietto, un codardo. Che aveva perso ogni cosa, persino l’onore. Da allora, aveva cercato la morte in molte battaglie per riparare il suo debito, eppure era sempre sopravvissuto. Finché un giorno, tra quelle stesse mura, aveva conosciuto Delphi.
Era così grato a quella donna che non osava neppure domandarle perché rischiava la vita per lui. Temeva la risposta, poiché avrebbe soltanto provato che era indegno di lei. Ne aveva la certezza, come era certo che quel giorno l’avrebbe difesa, con ogni mezzo, a costo della vita.
Udì il calpestio di altri passi provenire dalla sommità dei gradini. Comprese che gli armati si stavano accalcando all’ingresso dell’adyton.
Una voce spezzò il silenzio. «Siete in pericolo, sacerdotessa, tutto il nostro ordine è in pericolo! Dov’è lo straniero? Dove si nasconde?»
Sargon si voltò: Delphi era immobile, paralizzata dalla paura. La voce incerta e tremante della donna vibrò nella cavità. «Andate via, chi cercate non è più qui! Vi prego, andate via!»
«Quell’uomo è un impostore, una minaccia per il nostro ordine, non proteggetelo» le intimò la voce. «I Maestri del tempio mostreranno clemenza se vi pentirete, dopotutto voi siete la prescelta degli dèi.»
«I Maestri del tempio mi hanno imprigionata in questa grotta, soltanto perché potessero arricchirsi con le offerte dei supplici!» strillò Delphi. «Sono loro ad aver tradito gli dèi, non io!»
L’accadico vide il braccio del custode emergere dal buio, la sua ombra strisciò oltre la soglia dell’adyton. Avanzava con cautela, con lentezza esasperata, era così vicino...
Sargon reagì in un lampo. La mano si serrò intorno al polso dell’uomo, mentre l’altra, con uno strappo violento, s’impossessò della lancia. Un grido di stupore echeggiò tra le pareti di roccia. Un istante dopo, l’accadico uscì allo scoperto, roteò l’arma, e la sprofondò nel ventre del nemico.
Quando la ritrasse, l’uomo crollò a terra, subito sostituito dal custode alle spalle. Il soldato si lanciò immediatamente oltre la strettoia, Sargon ne deviò facilmente l’attacco con la parte alta dell’arma, e con un unico movimento fluido, trasformò la parata in un fendente. L’uomo dilatò gli occhi e stramazzò al suolo.
Un altro custode ne prese il posto e Sargon lo trafisse al petto, senza nemmeno dargli il tempo di attaccare. L’uomo non cadde, dalle labbra gorgoglianti affiorò invece un sorriso maligno. Il soldato afferrò con entrambe le mani l’asta che sporgeva dal torace e con un grido disumano la spezzò.
Senza più armi per respingere gli assalitori, Sargon indietreggiò, mentre i custodi del tempio si riversavano dentro l’adyton.
Il panico gli artigliò il cuore. Cercò di calmare il respiro, si guardò attorno: quattro uomini lo circondavano, le punte delle lance erano rivolte su di lui da ogni direzione.
Erano in troppi. Non aveva un’arma. Come poteva difendere Delphi? Cosa poteva fare? Non ebbe la possibilità di stabilirlo.
 
***
  
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