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Autore: Lady Po    30/06/2014    13 recensioni
Tormentata per la fine della relazione con Joshua, Leila si ritrova a dover affrontare una nuova grande novità: trasferirsi nell'appartamento del migliore amico del padre, l'affascinante trentenne Seth Douglas, per l'intera estate. Potrà una vecchia cotta adolescenziale trasformarsi in qualcosa di più? L'unico modo per liberarsi di una tentazione è davvero cedervi? buona lettura!
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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                   Somebody that I used to know

                                                                               Epilogue
                                                                                 
                                                                                 Crash

                                

«Che cosa desideri?» chiede, studiando la mia espressione.
Ci penso su qualche istante. Di primo acchito risponderei: “Te. Non desidero altro che te”, ma rischierei di compromettere l’esito di questo incontro fortuito e non vale la pena sfidare il destino.
«Una fetta di torta al cioccolato andrà benissimo» mormoro, chiudendo il menù.
Gli sfugge un sorriso, il primo da quando abbiamo messo piede in questo posto.
Fortunatamente una cameriera dall’aria stanca e piuttosto malandata arriva con il bloc-notes in mano e interrompe il nostro formale interloquire.
Provo una strana sensazione di sollievo mentre quest’ultima annota diligentemente le nostre ordinazioni. La stessa sensazione si tramuta poi in disagio quando si allontana, lasciandoci nuovamente da soli.
Piuttosto banale, considerando il nostro trascorso.
«Perché passeggiavi da sola per le vie del centro? Alla tua età dovr…»
«Alla mia età dovrei uscire con le amiche. Giusto?» lo interrompo bruscamente.
«Esattamente» puntualizza lui.
«Non ho voglia di compagnia in questo periodo» preciso, risentita della sua tracotante saccenteria.
«Hai ottenuto il diploma da poco. Ti aspetta un nuovo mondo, Leila. Non lasciarti influenzare dagli errori del passato» sottolinea, lo sguardo imperscrutabile fisso su di me.
Non riesco a trattenere un risolino amaro; uno di quelli intrisi d’ironia latente.
Ho provato durante questi mesi a concentrarmi su qualcos’altro: il mio futuro accademico, i cambiamenti che esso comporterà, il trasferimento.
Eppure non è cambiato nulla.
Alcune persone semplicemente non si dimenticano. Ti accorgi che sono lì da tempo immemore. E non ha importanza se la loro presenza è al contempo fonte di gioia e dolore.
«Come procede la tua relazione con Victoria?» chiedo, cercando di riportare l'attenzione su di lui.
Se qualche mese addietro qualcuno mi avesse detto che sarei stata seduta in un piccolo bar del centro, disquisendo con Seth Douglas a proposito della sua vecchia fiamma tornata prepotentemente in auge, non avrei creduto a quello stolto.
«Non male» risponde, conciso e breve.
Seth non sa quante volte avrei voluto chiedergli della sua vita negli ultimi tre mesi. Da quando mio padre è ritornato in pianta stabile, non abbiamo avuto modo di restare da soli. I nostri incontri sono avvenuti sempre in presenza di altre persone, tra cui Victoria. Ho scoperto della loro relazione qualche settimana dopo il giorno del mio diploma. Ricordo ancora lo smarrimento dinanzi al fatto compiuto. Ricordo ancora le parole di mio padre: “Stasera abbiamo un’ospite in più.”
E ricordo perfettamente la voragine di emozioni contrastanti che la vista di loro due avvinghiati mi ha provocato.
«Verrà anche lei a quella festa ridicola?» domando, ingoiando il magone che stringe un nodo proprio in fondo alla gola.
«Partirai per l’Italia e l’unica cosa di cui t’importa è se Victoria presenzierà alla tua festa?» ribatte con tono di stupore, misto a una nota di risentimento.
«Volevo essere gentile» chiarisco, atona.
«Sì, la porterò con me. Ci tiene a salutarti prima della tua partenza e la festa indetta da tuo padre sembra essere l’occasione perfetta per accontentarla» conclude; fissando, al di là del vetro, i marciapiedi affollati.
Qualche minuto dopo, la cameriera deposita le nostre due fette di torta sul tavolo e il conto che Seth si affretta a saldare, lasciando poi una generosa mancia.
Così rimaniamo nuovamente da soli nell’assordante silenzio dei nostri sguardi persi nel vuoto.
Passa un minuto, o forse di più, prima di incrociare nuovamente le sue iridi blu cobalto.
«Hai mai più rivisto Liam e Jamie?» chiede senza mezzi termini.
«No» rispondo, sentendo le guance pizzicare.
Ed è una stilettata al cuore.
Il rigurgito di un passato troppo recente torna prepotentemente a galla. Non ho più rivisto Liam Cooper o Jamie Lynn da quel fatidico giorno.
Nei momenti migliori ho pensato persino di avere chiuso con loro. Ho smesso di avere gli incubi la notte e di rivedere la mia pseudo madre dietro ogni capigliatura di colore fulvo. Ma è bastato ascoltare i loro nomi per rivivere l’intensità di quei momenti. Ed ecco ritornare l’azzurro agghiacciante e prepotente di Liam Cooper, quel  suo sorriso malinconico farsi spazio nella mia mente e il suo profumo invadere nuovamente le mie narici, stordendomi.
«Perché mi chiedi di loro?» aggiungo, sbocconcellando la mia fetta di torta.
«Perché m’importa di te» ribatte, avvicinando con un gesto istintivo la sua mano alla mia. Per qualche secondo le nostre dita si sfiorano, portandomi alla mente ricordi bramati ma dolorosi.
«Permettimi di dissentire. Stai affermando il falso, zio Seth» asserisco di rimando, discostando la mano.
Trovo conferma del suo smarrimento nel lento mutare della sua espressione. Col passare dei secondi sul suo viso sono sempre più evidenti i segni del disappunto la cui matrice risiede proprio nell’irrazionale senso di protezione che ha sempre avuto nei miei confronti.
«Non dubitare mai del mio affetto, Leila. Non puoi immaginare quanto sia errata la tua convinzione» sibila, costringendomi ad abbassare lo sguardo.
Improvvisamente la fetta di torta al cioccolato sembra riscuotere tutta la mia attenzione. Prendo a mordicchiarla e apprezzarne il contenuto dolce e fragrante, come se non esistesse altro in quella stanza dalle pareti colorate.
«Bene. E’ ora di andare» affermo, scattando su come una molla dopo aver terminato il dolce.
Seth tace; sorride appena mentre depone la sua fetta di torta con ponderazione sul tavolo.
All’improvviso l’idea di separarmi da lui mi sembra così sbagliata. Resto immobile qualche secondo nell’attesa che le gambe decidano per me e si dirigano da sole verso l’uscita del locale. Ma Seth anticipa i miei gesti e, in un baleno, ci ritroviamo vicini: solo i nostri fiati a separarci. Il sole illumina il suo viso e ne risalta la carnagione chiara sulla quale giace un velo di barba. E gli occhi, quegli occhi blu cobalto scrutano i miei timidi e vagabondi.
Lentamente prende a carezzare il mio volto quasi non aspettasse altro.  Ed io mi perdo nell’abbacinante intensità di quel gesto che si moltiplica all’infinito nel rosseggiare delle mie gote. Immediatamente mi rendo conto che tutte le difese disposte con cura durante questi tre mesi, non erano altro che castelli di sabbia pronti a divenire schiuma di un’onda inebriante.
«Ti riaccompagno a casa» fiata, producendosi in una risatina nervosa.
«Non voglio andare a casa» ribatto prontamente con una certa determinazione.
In realtà, dietro quella facciata impertinente, si nasconde la sottile paura di perseverare lungo un terreno scosceso e scivoloso.
E se Seth non mi avesse mai voluto veramente?
Non mi accorgo delle sue mani sui miei fianchi fino a quando non premono per reclamare la mia attenzione.
«Leila, non posso rischiare di mandare tutto all’aria. Io e tuo padre abbiamo ritrovato il vecchio equilibrio e tu sei così giovane…»
Avverto dell’avversione per le sue parole sempre così sagge, riflessive e razionali.
«Seth non sono più una ragazzina» protesto, a muso duro.
Visibilmente teso, Seth tenta di ignorare le mie parole concentrando la sua attenzione altrove. Tuttavia la presa sui fianchi continua ad essere ferrea, esigente.
Non è mai stato bravo nel prendere le decisioni e per quanto mi sforzi di essere paziente con lui, alla fine mi ritrovo a detestarlo per la sua insicurezza.
«Io vado» mormoro stizzita, liberandomi dalla sua morsa e incamminandomi verso l’uscita del locale.
**
L’aria settembrina solleva delicatamente le balze di organza della mia gonna mentre osservo il cielo stellato dalla veranda della facoltosa residenza estiva dei miei nonni.
Ci venivo spesso da bambina e come una ladra sono sgattaiolata fin qui anche oggi.
Da sottinsù mi godo lo spettacolo offertami dai fuochi d’artificio che, come piccole lanterne cinesi, brillano qua e là nel cielo della mia amata New York.
Tra meno di una settimana lascerò questo posto e partirò alla volta dell’Italia per iniziare il mio primo anno accademico e permettere a mio padre di portare a termine il lavoro interrotto a causa mia.
Al piano di sotto è in corso la festa organizzata per la mia partenza. Visi sconosciuti si alternano a parenti ritrovati e amici di famiglia che stento a considerare tali. C’è anche Seth, in compagnia di Victoria.
Sulle prime ho cercato di ignorarli ma alla prima occasione sono corsa via da quella sala divenuta improvvisamente troppo piccola e asfissiante. Le luci basse hanno creato l’occasione giusta per allontanarmi in totale discrezione.
«Qualcosa ti turba Leila.»
In piedi davanti alla porta scorrevole della veranda, mio nonno Albert Bartholomew Roberts soggiunge con passo mitigato ma al contempo sicuro. Le sopracciglia corrugate e raggiunte sulla fronte gli donano un’aria severa, maggiormente rafforzata dal completo nero che indossa con estrema eleganza.
«Non capisco a cosa fai riferimento nonno» affermo, voltandomi nuovamente verso il giardino.
«La veranda. E’ sempre stato il tuo rifugio da piccola! Quando Ryan osava rimbrottarti fuggivi qui, nel silenzio della notte» ribatte, allungando le dita affusolate e sfiorandomi il braccio per permettermi di voltarmi e guardarlo negli occhi.
E’ sempre stato una persona perspicace; quel tipo di persona che scruta dentro. Non mi resta che assentire dunque, non potrei fare altrimenti.
«Già, hai ragione. Pensavo alla partenza per l’Italia. Ho paura di lasciare andare una persona a cui tengo molto ma che, a quanto pare, non ricambia le mie attenzioni» vuoto finalmente il sacco.
Mio nonno mi rivolge un sorriso di comprensione, poi sfiora dolcemente la mia guancia con una carezza.
«Problemi di cuore, lo sospettavo. Ahimè, la mente si lascia sempre abbindolare da quell’organo. Ascolta il tuo vecchio: non accontentarti di una persona qualsiasi. Abbi il coraggio di rischiare; corri da lui. Se dovesse rifiutare un fiore delicato come te, allora non ne valeva la pena!»
Vorrei annuire o abbracciarlo ma non riesco a far altro che abbassare lo sguardo e giocherellare con la collanina che ho al collo.
«Non è così semplice» sussurro, trattenendo le lacrime.
«Seth capirà» ribatte, spiazzandomi.
«Co-come fai ad esserne a conoscenza?» chiedo in preda all’agitazione.
«Mi è bastato vedervi stasera. Lui non ti stacca gli occhi di dosso nemmeno un secondo, nonostante abbia a fianco un’avvenente compagna» risponde, strizzando un occhio in segno d’intesa.
«Lo dirai a papà? Andrà su tutte le furie ed io…»
«No, mia cara. Ryan a volte può essere veramente insopportabile e non ci tengo ad essere etichettato come una spia. Lo farete voi, quando sarete pronti ad affrontarlo.»
Tiro un respiro di sollievo, e senza pensarci due volte l’abbraccio come non facevo ormai da anni.
«Grazie nonno» dico tutto ad un fiato.
«Dovere, mia cara. E ora corri da lui; io terrò d’occhio molto volentieri la bionda.»
                                                                **
Cammino a passo svelto; un sorriso sul volto e i capelli, prima finemente acconciati, scompigliati per l’agitazione del momento. Prima di varcare la soglia della saletta, respiro a fondo e abbasso lo sguardo sulle mie mani: tremano visibilmente.
Un leggero velo di sudore imperla la mia fronte quando abbasso la maniglia della porta e mi appresto ad affrontare quella che si preannuncia essere una follia.
Mi faccio spazio tra la calca di persone e finalmente, qualche metro più avanti, lo vedo. Sorseggia un cocktail dall'aspetto vagamente esotico e ride, mostrando così, allo sparuto gruppo d’interlocutori, la sua dentatura perfetta. Al suo fianco, fasciata nell'immancabile tubino nero, Victoria sfoggia la sua avvenente bellezza calamitando l'attenzione degli uomini presenti.
Di colpo mi sento come un pesce fuor d'acqua che annaspa, cercando la sua direzione. Chiudo gli occhi e inspiro profondamente. "Puoi farcela" penso tra me. E con passo lieve e cadenzato mi avvicino a lui.

ANGOLO AUTRICE:
Strano da dire ma non trovo le parole per ringraziare ogni singola persona che ancora segue questa storia. Comincio scusandomi per avere abbandonato così la storia ma come ben sapete, dietro ogni autore, c’è innanzitutto una persona con gioie, dolori, necessità e problemi. Tralasciando un periodaccio che ho vissuto e che non interessa più di tanto a voi lettori, ho voluto dare un finale aperto a “Somebody that I used to know” perché ho tutte le intenzioni di scrivere un sequel che sia più maturo e curato.
Un nuovo punto di partenza per me e per la storia che in qualche modo è diventata la “mia creatura”.
La canzone che dà il titolo al capitolo è “Crash” degli “You and me at six”.
Ps: non ricordo più come utilizzare l'editor di efp. Perdonate, dunque,se il capitolo presenta discordanze di stile rispetto agli altri capitoli.
Spero di ritrovarvi tutte.
Con affetto,
Lady Po.

   
 
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