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Autore: Lacus Clyne    04/07/2014    1 recensioni
"Cominciò con un incubo. Un incubo tornato dalle profondità dell’anima in cui avevo cercato di relegarlo innumerevoli volte, da quando ne ho memoria." Per Aurore Kensington i sogni si trasformano in incubi sin da quando era una bambina. Sempre lo stesso incubo, sempre la voce gentile del fratello Evan a ridestarla. Finchè un giorno l'incubo cambia forma, diventando reale. Aurore è costretta a fare i conti con un mondo improvvisamente sconosciuto in cui la realtà che le sembrava di conoscere si rivela essere una menzogna. Maschere, silenzi, un mistero dopo l'altro, fino al momento in cui il suo adorato fratello Evan e la loro mamma scompaiono nel nulla...
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buongiorno gente! :) Al volo, aggiorno con l'ultima parte di questo capitolo, che spero vi piaccia! Come anticipato, è l'ultimo ambientato a Neo Esperia... ç__ç<3 Aaaaw, mi mancano già tutti! Scusate il ritardo nell'aggiornamento, ma questa settimana è alquanto impegnativa e causa laboratori oggi e domani e mio compleanno domenica, ne ho approfittato solo oggi! Un'annotazione sullo scorso e sulla scelta di far tornare Evan: effettivamente avevo detto che in originale sarebbe morto e rimasto tale, ma poi ho pensato "Cavoli, questo poverino ha sofferto per una vita intera, attendendo il momento in cui ritrovare la sua Arabella e non è giusto che non possa aver diritto alla sua felicità.", e così eccolo qui! Non so se avete condiviso questa decisione, ma mi è sembrata la più giusta per lui, vista la situazione... e poi ultimamente le coppie che mi piacciono scoppiano perché qualcuno muore (vedisi Euphie e Suzaku o Dan e Mai... ç___ç) e visto che potevo decidere io, almeno nel caso di Evan e Arabella ho potuto realizzare un sogno! :) 

Detto ciò, buona lettura e un grazie di cuore al mio Oscuro preferito che mi ha fatta felice col traguardo delle 200 recensioni! <3 E spero di risentire presto anche Severus e Red!! Ragazze, mi mancate!! 

Alla prossima settimana con: Ritorno a casa!

Aurore: è ufficiale!!

Damien: ... casa. Alleluja.

Almeno voi non dovete aspettare il 19 per tornarci.. ç_ç

Bye bye!!!! :D

 

 

 

 

 

 

 

Descrivere l’espressione dei miei amici e, soprattutto, di mia madre nel vedere Evan, era praticamente un’impresa disperata. Shock, in primis. Qualcosa di simile allo sconvolgimento sul volto del professor Warren quando aveva visto il volto di mio padre, che credeva fosse morto da anni ormai. Nelle cripte del palazzo imperiale, riparati dal mondo in festa, tutti fissavano Evan, che del canto suo, si limitava a stringere la mano di Arabella e a osservare in silenzio.

- T-Tu… signorino!

Esclamò la mamma, ignorando i commenti che erano sorti dal gruppo Ruben, Blaez, Rose e Leandrus, agitando a mezz’aria la mano e avvicinandosi. Sorrisi nel vedere la commozione nei suoi occhi, a dispetto della voce salda nel prepararsi a rimproverarlo in maniera esemplare. Del canto mio, avevo in mente qualche suggerimento, ma ero così felice del fatto che finalmente il Thurs avesse compiuto quel miracolo in cui tanto speravamo, che decisi di soprassedere, almeno per il momento. Avrei trovato diversi modi per fargli pagare tutto il dolore che mi aveva causato una volta tornati a casa. Amber, abbracciata a Shemar, aveva incontrato gli occhi emozionati di mia sorella, che a sua volta, le aveva finalmente sorriso dal profondo.

- Mi dispiace avervi fatto preoccupare tanto. A dire il vero, non mi aspettavo che le cose potessero andare in questo modo. Sarebbe dovuto finire tutto, con me.

Disse Evan, portando la mano libera sul petto e stringendo il Thurs. Il suo sguardo passò velocemente su tutti, per poi soffermarsi su quello di papà, che annuì.

- Non sapevamo se l’effetto sarebbe stato garantito… è stato un tentativo che ha avuto esito positivo.

Spiegò. Evan fu d’accordo.

- Ad ogni modo, per questo mondo, Evandrus Delacroix è morto.

Aggiunse il professor Warren, incrociando le braccia e sottintendendo il futuro stesso di Evan.

- Lo so. Damien me l’ha fatto presente dopo che mi sono risvegliato.

Ammise.

Guardai Damien, che si limitò a fare spallucce.

- P-Però tu come stai, Evan?

Domandò Violet, preoccupata. Effettivamente, era la sola cosa che non gli avevamo ancora chiesto. Evan sorrise alla mia migliore amica, poi sospirò.

- Sembra che il mio cuore si sia rigenerato, in qualche modo. Sento nuova energia scorrermi dentro. Per il momento, è tutto a posto.

- Che significa “per il momento”?

Feci eco io.

Fu Blaez a rispondermi, prima che Evan potesse parlare.

- Il Thurs ha effetto in questo mondo. Non sappiamo se varcata la Porta di Pietra l’effetto verrà mantenuto. Dopotutto, l’ametista aveva perso il suo potere quando fuggiste. Non è così, Lady Cerulea?

Quella rivelazione inaspettata mi mise in allerta, provocando una reazione simile un po’ in tutti. La mamma ne sembrò particolarmente turbata, riportando alla mente quel momento.

- E’ così… per sedici anni l’ametista non ha brillato… lontana dal suo mondo ha perso totalmente i suoi poteri…

- D-Dunque questo vuol dire che se il Thurs non funziona nel nostro mondo… Evan rischia di morire di nuovo?!

Domandai, impaziente. Arabella strinse più forte la mano di Evan, che mi fissò senza rispondere. Evidentemente, nemmeno lui sapeva cosa poteva accadere.

- E varrebbe lo stesso per Lord Valdes, quindi?

Aggiunse Livia, perplessa. Ci voltammo verso di lei, incerti.

- D-Deve esserci un modo!

Esclamai, terrorizzata a quella nuova, inquietante possibilità. Avevo ritrovato la mia famiglia e non volevo perderla ancora una volta.

- Forse… c’è una soluzione.

Disse Rose, poggiando il ventaglio cremisi sulle labbra e inarcando il sopracciglio perfetto. La guardammo, in attesa. La Lady del rubino fece spallucce.

- Potreste restare qui e ovviare al problema.

Restare a Neo Esperia? Non avevo ancora preso in considerazione concretamente quell’idea. La mia vita era sempre stata nel mio mondo e lì desideravo far ritorno. Questo valeva anche per Damien, per Violet, per Jamie. Una volta salvati i nostri cari, saremmo tornati a casa senza problemi. Ma ora il rischio che Evan e papà potessero perdere la vita una volta varcata la soglia di quella casa che tanto bramavamo era da tenere in considerazione. Vivere a Neo Esperia. Che sarebbe stato dei miei progetti? Violet e io programmavamo di diplomarci e di frequentare lo stesso college. Damien doveva ritrovare sua madre. E questo avrebbe in ogni caso significato la nostra separazione, almeno momentaneamente. E cosa sarebbe stato di Evan, che non poteva più mostrare in pubblico il suo volto ormai? Non avrebbe più potuto vivere in ogni caso. Certo, ero più che sicura che Arabella avrebbe accettato anche qualcosa del genere pur di stargli accanto, ma il prezzo da pagare era alto, in ogni caso. Poi mi ritrovai a guardare i miei genitori. La mamma, che tanto aveva sofferto in tutti quegli anni, come avrebbe potuto accettare di correre il rischio di perdere nuovamente la persona che amava e suo figlio? E cosa sarebbe stato di Victor Kensington, l’uomo che l’aveva aiutata? Da qualunque ottica la si guardava, avremmo perso qualcosa di importante. Nel silenzio, fu Leandrus a farsi avanti.

- A me sembra che vi stiate fasciando tutti la testa prima di esservela rotta. L’ametista non funzionava perché era una Pièce. Il Thurs, da che ne sappiamo, è qualcosa di diverso. Se la memoria non mi inganna, mentre cercavamo tra gli antichi manoscritti custoditi dai Delacroix, avevo letto che il Thurs non è stato creato per mantenere l’equilibrio geomagnetico di questo mondo… era una pietra taumaturgica, presumibilmente utilizzata dai primi abitanti, che col tempo è stata considerata una protezione per l’anima del Despota. Mi sembra di capire che il suo potere non sia legato alla sopravvivenza di questo mondo come per l’ametista, ma alla rigenerazione umana. Dunque se ha funzionato su Lord Valdes in un mondo diverso, considerando che è qui vivo e vegeto e senza quella pietra, perché non dovrebbe funzionare su… su di lui?

Domandò, indicando Evan. Notai che aveva avuto qualche esitazione nel nominarlo. E nonostante non avessi capito granché della sua strana spiegazione, mi parve abbastanza sicuro nell’argomentarla.

- In altre parole… pensi che dal momento che il cuore di Kensington ha ripreso a battere, batterà anche nel nostro mondo?

Chiese Damien.

Leandrus annuì, piuttosto convinto.

- Poi se crepa di nuovo pazienza. Intanto uno ci prova.

- Leandrus!

Lo riprendemmo all’unisono io, Amber e Violet. Rose ridacchiò.

- Beh? Insomma, sempre a prendervela con me…

Protestò, imbronciandosi.

- In fondo non ha tutti i torti…

Rispose Evan, a sorpresa.

- Che vuoi dire?

Domandai.

- Se non proviamo non lo sapremo mai, dopotutto. E poi, ho promesso ad Arabella che avrebbe visto il nostro mondo… inaspettatamente, sembra che possa mantenere quella promessa e fare in modo che sia così.

Disse, rivolgendole uno sguardo colmo di dolcezza. Che strano vederlo così. Dovevo abituarmi a vedere Evan innamorato. Era qualcosa di troppo inaspettato, dal momento che non era mai accaduto prima. Arabella sorrise. Al contrario, la mamma emise qualche colpettino di tosse, richiamandoci.

- Se pensi di farlo subito, ragazzino, sappi che ti sbagli di grosso. Per prima cosa, quando torneremo a casa, tu prenderai il diploma. Poi cercherai lavoro, a meno che tu non abbia per caso deciso di frequentare il college e una volta che avrai espiato il dolore che hai inflitto a tua madre con il tuo comportamento sconsiderato, allora forse avrai un viaggio premio.

Il gelo calò immediatamente nella cripta. Le facce dei miei amici erano tutte un programma. Persino il professor Warren e papà erano senza parole. Evan deglutì.

- Ah… a questo proposito… d-dal momento che Arabella e io non abbiamo lo stesso sang-- 

Nostra madre sorrise sorniona. Mio fratello fece un paio di passi indietro, nello stupore generale. Quando la mamma sorrideva in quel modo, non c’era possibilità di appello per nessuno, compreso il Despota.

- M-Mamma?

- Ecco, appunto. Che ti piaccia o no, Evan Kensington, sei mio figlio. E la prossima volta che ti viene in mente di far avverare una profezia, almeno abbi la compiacenza di avvertire questa sciocca che ti vuole un bene dell’anima…

La sua voce si incrinò a quelle ultime parole. Alla fine, tirò a sé Evan e lo abbracciò forte. Era quasi piccola, tra le braccia incredule di mio fratello, che rimase inebetito al sol sentire quanto la mamma lo amasse.

- Mamma… scusami… mi dispiace tanto…

Mormorò poi, ricambiando il suo abbraccio. Quel gesto ci colpì tutti. Livia, in particolare, cercò la vicinanza di Rose, che le accarezzò la testa teneramente.

- Lo so… non fare mai più niente di stupido…

Sussurrò la mamma. Guardai Damien, trovando il suo sguardo complice nel ricordare ciò che ci eravamo promessi. Chissà se il nostro giuramento avrebbe avuto valore anche una volta tornati a casa. Gli sorrisi. Lui mi rivolse la sua comprensione. E poi guardai papà e Arabella.

- Scusate, ma ora come risolviamo la questione?

Domandai. Effettivamente Evan aveva sollevato un problema importante. E dal momento che l’incesto era tabù, come giustificare il tutto? Cercammo di nuovo risposta in Leandrus che alzò gli occhi al cielo.

- Mi avete scambiato per un’opera omnia, voi?

Amber si mise a ridere, poi si fece avanti.

- Risolviamo una cosa per volta, che ne dite?

Poi raggiunse Evan, che sciolse momentaneamente l’abbraccio della mamma. Entrambi si guardarono. Il passato e il futuro l’uno di fronte all’altra. C’era solennità in quel momento, tanto che tutti rimanemmo in silenzio.

- Grazie per ciò che hai fatto per noi, Evan.

Disse infine Amber, con confidenza.

- Mi rivolgo a te come il fratello maggiore della nostra cara Aurore, che ci ha dato la forza di reagire e cambiare una volta per sempre il destino del nostro mondo in rovina. Ti prego, non lasciare andare più la sua mano. Aurore è forte, splendente, ma ha bisogno anche di te. Hai dato tanto a questo mondo, hai fatto in modo che un’antica profezia si avverasse, ponendo fine a un dominio di sangue e di oscurità. Ora, fa’ in modo che anche per Aurore l’oscurità abbia termine, una volta per tutte.

Sussultai sinceramente colpita da quelle parole d’affetto e di stima. Amber aveva visto il mio lato più triste, quando avevo pianto, tanto, per la morte di Evan. E meglio di tutti, conosceva il mio tormento. Evan annuì, poi si inchinò.

- Vostra Maestà. Grazie per esservi presa cura di mia sorella. Questo vostro desiderio lo accolgo come mio.

Disse. Arrossii, stupita di quanto Evan sapesse essere così formale.

- Grazie, Evan Kensington… sappi che la casata Trenchard-Lambert ti sarà sempre grata e a te tributa la sua nascita.

Evan assentì, poi alzò lo sguardo, vedendo Shemar che aveva affiancato Amber. Erano meravigliosi, nelle loro tenute imperiali. Fu il primo atto della nuova casata, sebbene nel segreto di una cripta che aveva rivisto finalmente la vita.

L’indomani, mentre per la popolazione di Neo Esperia la festa continuava, Amber ci chiese di attendere ancora un altro giorno prima di ripartire. C’era qualcosa nel tono con cui aveva avanzato quella richiesta che mi aveva insospettita. E quando ne compresi la ragione, fui più che felice di averla accettata. Micheu, che non vedevo da un po’, ci aveva raggiunti a palazzo, portando con sé i nostri grifoni. Non vedevamo Harundia e Hibernia da quand’eravamo stati a Boer e fu bello poterli riabbracciare un’ultima volta. Eravamo stati insieme per poco, certo, ma dopotutto, ci eravamo affezionati a quelle creature un po’ minacciose che tanto ci avevano aiutati. Damien aveva persino superato la paura e con suo grande orgoglio, aveva potuto volare assieme a Jamie, che finalmente tornò a sorridere, almeno per un po’. Il professor Warren, che li guardava da terra, aveva un’aria rilassata e tranquilla.

- Spero che si sia reso conto che separarli è stato inutile, professore...

Osservai, accarezzando il manto piumato del mio Harundia, che gradì il trattamento. I miei genitori, che si stavano occupando di Lughoir in quel momento, ci raggiunsero. Avevo scoperto che Estellise, purtroppo, era morta pochi anni dopo la fuga di mia madre e questo l’aveva addolorata molto. Al contrario, Lughoir era sopravvissuto allo stato brado, combattente com’era, al pari di papà. Il professor Warren, intanto, continuava a guardare il suo figliastro e il figlio legittimo.

- Ho capito molte cose, Aurore. E anche per me è tempo di espiare. Ciò che ho fatto, nel corso di tutti questi anni, è stato cercare di ottenere il potere che bramavo e che non mi era concesso. Non dico che mi sia pentito di tutte le mie scelte, ma quello che è accaduto mi è servito a farmi capire cosa conta davvero. Damien e Jamie, per quanto possa suonare incredibile detto da me, sono la sola cosa che mi sarebbe bastata, se soltanto non fossi stato così accecato dai miei obiettivi.

Guardai quell’uomo. Rispetto a papà, appariva più anziano, nonostante in realtà non fosse che più grande di pochi anni. Mio padre, raggiungendoci, alzò gli occhi d’ametista al cielo.

- Cosa farai ora, Lionhart? Verrai con noi?

Il professore sorrise, seguendo con lo sguardo il volo di Hibernia.

- No. No, Greal. Ho tante cose da farmi perdonare e non solo dai miei figli. E ho una condanna da scontare. L’Imperatrice chiederà un processo per l’eccidio dei Delacroix. So bene che in condizioni normali mi dovrebbe essere tributata la pena di morte, ma spero di poter espiare quella pena vivendo. Dopotutto, vedere i fantasmi di chi ho ucciso senza pietà ogni singolo giorno è già un incentivo a tentare la strada della redenzione.

- Ma così abbandonerà di nuovo i suoi figli!

Protestai. Harundia scalpitò.

- Se non sapessi che Damien è un ragazzo in gamba, non lo farei. Ma i miei figli hanno smesso da molto tempo di avere bisogno di me.

- Non funziona così! Si lava la coscienza e basta! Dovrebbe pensare anche a loro!

La mamma mi posò la mano sulla spalla, fermandomi. Mi voltai a guardarla, notando la sua espressione seria.

- Aurore. Prima o poi viene per tutti il momento di volare con le proprie ali. Quelle di Damien sono forti abbastanza per sostenere Jamie. E per raggiungere Grace. Ho fatto del male anche a lei e non sono ancora degno di tornare a chiedere perdono. Né a lei, né ai ragazzi.

Continuò il professore, poi ci guardò.

- Ma un giorno, forse, ci sarà speranza anche per me.

Sospirai, sconsolata, pensando a come l’avrebbero presa i ragazzi. Papà ricambiò il suo sguardo, invece.

- I tuoi figli saranno in buone mani, Lionhart.

Disse. Il professor Warren annuì. Poco dopo, anche Micheu tornò, insieme ad Amber e Shemar. Le guardie che presidiavano il cortile interno del palazzo imperiale si inchinarono al loro passaggio.

- Allora, Aurore! Vuoi lasciare Harundia a terra ancora per molto?

Chiese Amber, con un sorrisetto divertito sul viso, quando ci raggiunse.

- Così facendo le ali si indeboliscono, sai?

Mi fece notare Shemar, accarezzando a sua volta il piumaggio del mio grifone, che rispose con un mugolio sordo. Lughoir protestò per la mancanza di attenzione, invece. Amber si mise a ridere, accontentandolo.

- Lo faccio subito!

Esclamai.

- E i vostri grifoni, invece?

Domandò la mamma.

- Ho portato fuori Varon questa mattina presto. Mentre Ellayne, il grifone di Amber, è a riposo in questo periodo.

Spiegò Shemar.

- A riposo? Perché?

Domandai, salendo in groppa. Harundia si preparò alla partenza. Shemar sorrise.

- E’ incinta.

- E-Eh?!

Non feci in tempo a rispondere decentemente perché mi ritrovai a tirare un po’ troppo forte le briglie e fui sollevata in aria dal possente battito d’ali di Harundia.

- Shemar, prima o poi mi farai venire un accidente!

Protestai a voce alta, suscitando le risate dei presenti, mentre il mio grifone, per l’ultima volta insieme a me, si librava nell’aria meravigliosa di quella luminosa, ultima giornata nel mondo di Neo Esperia. E mentre raggiungevo Damien e Jamie, intravidi, nascosti dalle tende nella stanza che Amber aveva riservato ad Arabella, mia sorella ed Evan che ci osservavano. Feci segno di saluto con la mano, notando che Arabella aveva fatto altrettanto.

- Però… certo che se quei due pensano di darsi alla pazza gioia sarà meglio che mi trasferisca da Violet per un po’…

Mormorai.

- Ti trasferisci da Hammond?

La voce di Damien mi fece trasalire. Tirai le briglie di Harundia con più forza, tanto che Hibernia dovette scostarsi per evitare di esser colpito dalla sue zampe scalpitanti. Jamie si mise a ridere.

- Sembri preoccupata, Aurore!

Imbarazzata più che mai, scossi la testa.

- No, no! Cioè… solo un po’…

- Perché?

Domandò Damien, accigliandosi. Dio, odiavo quando mi rivolgeva quell’espressione da “voglio-saperlo-a-tutti-i-costi”. Spronai Harundia, passando loro davanti.

- Perché state per essere battuti in un’ufficiale gara di volo!

Esclamai, incitando il mio grifone che si dette immediatamente al volo accelerato. Sentii Damien protestare, poi fece lo stesso con Hibernia, chiedendo a Jamie di mantenersi saldamente. Risi come non mai, provando l’ebbrezza del vento mattutino sulla mia pelle, felice di aver potuto volare, libera come soltanto in poche occasioni mi era capitato. E compresi la gioia di mia madre, quando mia coetanea, solcava i cieli di Chalange in groppa alla sua fidata Estellise. Libertà e pace. Le sensazioni che provavo. Le stesse che finalmente, anche quel mondo aveva potuto ottenere.

 

Quella notte, ci ritrovammo davanti alla Porta di Pietra che era stata costruita fuori dalla capitale. La stessa che aveva visto il drammatico epilogo del tentativo di fuga dei miei genitori. C’eravamo tutti, ormai pronti a dire addio a quel mondo che era stato la nostra casa, per tanto tempo. Opportunamente nascosti dai nostri mantelli, scortati dalla guardia di Ruben, mentre in città i festeggiamenti continuavano ancora, eravamo giunti al portale seguendo una via isolata che a detta di Angus ci avrebbe evitato problemi, considerando la presenza di Evan. Avevamo già salutato gli anziani, che per ovvi motivi, non erano venuti con noi. Angus ci aveva raccomandato di riguardarci e di ricordare sempre che eravamo stati in grado di cambiare il destino di un mondo, dunque nessun ostacolo sarebbe stato insormontabile. Avevo abbracciato forte quel vecchietto che tanto ci aveva aiutati e che mi aveva aperto gli occhi sulla mia famiglia. E infine l’anziano Lord Vanbrugh aveva stretto le mani dei miei genitori, chiedendo ancora una volta perdono per aver contribuito alla loro separazione. Ma insieme, entrambi avevano risposto che se non fosse stato per lui, niente di tutto ciò che era accaduto negli anni a seguire sarebbe potuto accadere. Angus aveva protetto la nuova generazione e soltanto grazie a lui i giovani avevano potuto indagare e scoprire la verità. Avevamo salutato anche Lady Octavia, che avrebbe fatto ritorno a Shelton il giorno seguente. Nel congedarci, ci aveva chiesto di poter pregare per la mia famiglia, affinché finalmente potesse godere di quella protezione che per lungo tempo aveva perso. E nel baciare Arabella ed Evan aveva sorriso, dicendo loro che erano stati i figli del destino e che avrebbero avuto tanta felicità, per aver fatto in modo che una coppia ingiustamente separata per tanto tempo si fosse finalmente potuta ritrovare. Poi salutammo Lord Oliphant, che si offrì di occuparsi ancora di Livia, almeno fino a che non fosse stata in grado di cavarsela con le sue forze. La Lady del lapislazzuli distolse lo sguardo, quando facemmo notare che era la più forte tra tutte noi.

- Non dire cose scontate, Aurore.

Protestò, imbronciandosi.

- E’ la verità.

Confermai. Lei mi rivolse uno sguardo tagliente, poi guardò Jamie per un istante e arrossì. Stupita, mi ritrovai a cercare l’aiuto di Damien, che fece spallucce. Era triste, tuttavia, vedere che non si erano ancora chiariti. Jamie, accanto al fratello, sospirò, poi raggiunse Livia. Noialtri ci limitammo a guardarli.

- J-Jamie?

La voce di Livia era piuttosto timida.

Jamie Warren sorrise, come solo lui sapeva fare, e strinse forte a sé la sua fidanzatina.

- Ti voglio bene, Livia… e tornerò, te lo prometto. Ma tu, intanto… non dimenticarti di me.

Livia arrossì ancor di più di quanto già avesse fatto fino a quel momento, irrigidendosi.

- C-Che stai dicendo tutto d’un tratto, Jamie?!

Domandò, guardandolo in tralice. E quando Jamie sciolse l’abbraccio, notammo che gli occhi della nostra piccola amica si erano fatti più lucidi.

- S-Smettila di dire cose del genere! Come se io potessi dimenticarti! Io non… io non ti dimenticherò! Piuttosto tu… attento a te, Jamie, perché troverò il modo di sapere se ti stai comportando bene o meno e se farai il furbo, allora verrò e t-- 

Tale e quale al fratello maggiore, Jamie impedì a Livia di proseguire nella sua minaccia, baciandola sulla guancia. Quel gesto ci stupì e ci fu anche qualche fischio di comprensione dalle parti dei ragazzi di Ruben, subito smorzato da un’occhiataccia letale di Damien.

- J-Jamie!!

Livia posò la mano sulla guancia, imbarazzata. Jamie invece le rivolse un largo sorriso.

- Beh, io ti aspetto, allora.

Disse.

Quelle parole mi fecero pensare a Damien e pensai a quando sarebbe toccato a noi separarci.

- Ok, dal momento che siamo in tema di separazioni… tocca a me.

Si fece avanti Ruben, che gesticolò con aria impaziente. Violet, accanto a Rose, strinse il vestito con le mani, mentre la Lady del rubino, accorgendosene, aprì il ventaglio davanti al viso.

- Comportati bene, fratellino. E tieni alto l’onore dei Cartwright anche nel mondo della luce.

Disse, compiaciuta.

Ruben annuì, prima di darle un bacio sulla guancia.

- E tu fai lo stesso qui. Dopotutto, ora il casato è ufficialmente nelle tue mani.

Le ricordò. Rose fu d’accordo e Ruben si rivolse alla sua squadra.

- So che ci siamo già salutati come si deve, ma ci tengo a ringraziarvi un’ultima volta, amici miei. E anche Zarvos… non smetterò mai di pensarvi, ragazzi. Siete stati i migliori compagni che avessi mai potuto desiderare. Mi avete appoggiato anche in questa decisione e ve ne sarò per sempre grato.

Osservai Violet, che sorrise appena. Eyde, Einer e Gourias fecero un ultimo inchino al loro ex signore.

- Oh, suvvia, non ci siamo mai formalizzati noi! Anzi, quando vorrete venire a trovarci, sapete dove trovar-- 

Ruben si interruppe, guardando Violet con aria confusa.

- Dov’è che andrò a vivere io?

All’espressione stupita della mia amica, fecero da contorno quelle della maggior parte di noi. Blaez sospirò bonariamente.

- Povero Ruben, comincia bene la tua avventura nel mondo della luce, eh?

Commentò, meritandosi in risposta un’occhiataccia. Einer, sollevatosi, si mise a ridere, poi battè un buffetto sulla spalla del duca di Rhatos.

- Ohi ohi, badate bene, Lord, Ruben è pur sempre un maestro nel cavarsela da solo in situazioni disperate.

- Questo non mi aiuta particolarmente, Einer…

Bofonchiò il Lord del rubino. Ma fu Violet a rassicurarli.

- Non preoccupatevi, amici, Ruben è già stato a casa mia.

- C-Che?

Mi intromisi, stupita. La mia migliore amica annuì, sorridendo.

- Beh, da qualche parte doveva pur stare quando è venuto per la prima volta nel nostro mondo…

- E come l’hai giustificato?

Domandò incuriosita la mamma.

- Semplice. Studente straniero facente parte di un progetto scolastico internazionale!

- S-Sì, ma Ruben non sembra affatto uno studente straniero… e con l’età non si può barare…

Contestai, guardando in realtà Evan che a rifletterci, aveva già compiuto vent’anni. Quella nuova situazione mi fece riflettere sulle novità a cui avrei dovuto abituarmi. Mio fratello, comunque, si limitò a un cenno del capo.

- Beh, basta che abbia un posto dove stare…

Aggiunse alla fine la mamma, nonostante la sua perdurante perplessità genitoriale.

- Comunque, grazie di tutto, amici miei! Ah, occhio all’alimentazione di Valls… E tu, Blaez, prenditi cura della mia sorellina.

Concluse Ruben, aggiungendo un lieve sottotono di minaccia nella seconda richiesta. Blaez sogghignò.

- Non preoccuparti, amorevole fratello maggiore.

- Eh? Non era Rose la più grande?

Domandai ancora. Dannazione, stavo scoprendo tanti gossip solo in quel momento? Rose chiuse il ventaglio, ma fu Amber a rispondere.

- No, Ruben è il primogenito, anche se Rose ha ereditato il rubino.

- Ma anche Ruben è il Lord del rubino…

- Solo perché glielo concedevo.

Spiegò Rose, divertita. Ruben la guardò accigliato.

- Va bene,  non ricominciate a discutere, eh?

Intervenne Shemar, sorridendo.

Quanto mi sarebbero mancati tutti quanti… e pensare che Shemar era stato il primo a parlarmi dell’Underworld e della Croix du Lac. Mi ero affezionata così tanto anche a lui, a cui, oltretutto, dovevo anche la vita. Mi feci avanti, per salutare sia lui che Amber. Oramai, erano ufficialmente i capostipiti della nuova generazione al potere, ma in quel momento, erano soltanto i miei due cari amici a cui dovevo la svolta più importante di tutta la mia intera esistenza. Era stato grazie all’interessamento di Amber se Shemar era venuto a cercarmi e grazie a lui ero sopravvissuta abbastanza per riuscire a scoprire la verità sulla mia storia. Eppure, in quel momento, erano solo i miei cari amici. Li abbracciai entrambi forte, mentre la tristezza all’idea di non vederli più mi attanagliava il cuore. Diversamente dai ragazzi di Ruben, a loro non sarebbe stato possibile lasciare Neo Esperia e dunque, non avrebbero avuto l’occasione di vedere il mio mondo, almeno Amber. Mi sarebbe piaciuto poter fare da Cicerone per una volta e mostrare loro le bellezze di Darlington. Ero più che certa che alla mia amica sarebbero piaciute. E forse, sarei anche riuscita a convincere Shemar a mangiare un trancio di pizza e un sandwich.

- Mi raccomando, non cacciarti nei guai, Aurore.

Mi redarguì Shemar, affettuosamente. Annuii, sorridendo.

- E ricorda sempre che potrai venire a trovarci quando lo desideri. Sei la benvenuta, così come la tua famiglia e i tuoi amici.

Disse Amber, sorridendo a sua volta, con la dolcezza della sorella maggiore.

- Va bene! Grazie, Amber!

Esclamai, felice. Anche i miei genitori e Arabella annuirono.

- E voi due fatevi sentire, in qualche modo!

Dissi loro. Entrambi furono d’accordo.

Alla fine, dopo aver sciolto l’abbraccio, ci ritrovammo a congedarci ufficialmente. Salutai Hiram e Milene e quest’ultima mi regalò un ciondolo a forma di cerchietto, delle stesse dimensioni della mia ametista. L’originale ormai era perduto, così com’era accaduto per quelli in possesso delle mie amiche. Guardai stupita Milene, non me l’aspettavo. Lei mi rivolse uno sguardo dolce color nocciola.

- Il cerchio si chiude, e tutto torna… mi avete ricordato cosa significhi essere fratelli… parte di un tutt’uno…

- Grazie, Milene…

Sussurrai commossa, stringendo quel ciondolo. La abbracciai, e poi guardai Hiram, che sorrise appena, rivolgendomi un inchino.

- Abbiate cura di voi, ragazzi…

- Anche voi, Lady Aurore.

Dissero entrambi.

Persino Leandrus, che era stato un po’ in disparte, fino a quel momento, ci salutò a modo suo, avvisandoci che prima o poi sarebbe venuto a trovarci per scoprire le altre diavolerie che a quanto pareva, lo avevano incuriosito non poco.

Anche la mamma si ritrovò a salutare Alizea. Aveva insistito molto perché stavolta venisse con noi, ma la sua balia fu irremovibile persino allora. Oltretutto, aveva trovato in Sybille un’ottima partner e insieme avrebbero servito la nuova corte.

- E comunque, Celia, siete grande abbastanza per non aver più bisogno di me. E siete una mamma meravigliosa, visti i figli che avete tirato su.

Disse, affettuosamente e con orgoglio. Quelle parole commossero la mamma, che non riuscì a trattenere le lacrime. Poi, si strinsero in un abbraccio esclusivo.

- Tu sei stata come una mamma per me… è solo grazie a te se ci sono riuscita… Alizea, grazie… grazie davvero! Ti voglio bene… e mi mancherai tanto…

Era la prima volta che sia io, che anche Evan e Arabella, vedevamo la mamma sfogarsi così. Dopotutto, aveva perso sua madre Amaryllis troppo presto e a tutti gli effetti, era stata Alizea a crescerla, con amore, con confidenza e anche con autorevolezza, in un certo senso. Ed erano proprio queste le caratteristiche più importanti riflesse anche nel rapporto con me e mio fratello. Guardai Evan, mentre Alizea accarezzava teneramente la mamma e si dava alle raccomandazioni. Lui ricambiò il mio sguardo in silenzio, sorridendo con comprensione. E lo stesso fece papà, che si trovò a congedarsi dal professor Warren. Anche per la famiglia di Damien la separazione fu particolare. Dopotutto, non si poteva dire che avessero già intrapreso un percorso di recupero. Tuttavia, da quando il professore aveva gettato la spugna, comprendendo finalmente le sue colpe, anche Damien si era reso conto che andargli contro non avrebbe sortito effetti producenti. E d’altro canto, sapeva bene che avrebbe dovuto pagare per quelle stesse colpe. Jamie invece, strinse forte il padre, che sembrò sinceramente stupito di quella reazione. Dapprima esitante, dopo aver sentito il figlio pronunciare il nome “papà”, lo abbracciò, chiedendogli scusa. In realtà, Lionhart Warrenheim sapeva fin troppo bene che non sarebbero bastate semplici scuse per tutto ciò che era accaduto, ma mi piaceva pensare che sarebbe stato il primo passo nella costruzione di un rapporto non più basato sulle menzogne, ma sul riconoscimento delle proprie responsabilità. Quando si congedò da Damien, tendendogli la mano, vidi un uomo emotivamente scosso e un giovane che stava imparando che la forza veniva anche dall’essere in grado di perdonare. Damien guardò la mano del padre, poi lo guardò in viso. Aveva un’espressione seria e composta, ma sapevo che dentro si agitavano i dubbi e le incertezze. Alla fine, forte della presenza di Jamie, si decise a stringere quella ritrovata alleanza.

- Limerick, Damien. Grace vive lì, in questo periodo. Troverai un duplicato dei documenti che la riguardano nella cassetta di sicurezza, in banca. Le chiavi d’accesso sono le date di nascita tua e di Jamie. Non ho fatto in tempo a distruggere anche quelli.

Disse. Damien e Jamie ne rimasero stupiti.

- Limerick…

Fece eco Damien, poi guardò Jamie, sorridendo.

- La mamma è lì!

Esclamò il fratellino, ricambiando quell’identico sorriso. Poi entrambi si rivolsero ancora al padre.

- Grazie.

Sapevo che quella parola era stata difficile da pronunciare per Damien, ma per la prima volta, notai sincera gratitudine verso l’uomo che in fin dei conti, l’aveva riconosciuto come proprio figlio. Il professore annuì.

- Siate felici, ragazzi.

Concluse, scostandosi, non prima di aver scompigliato affettuosamente i capelli d’ebano di Jamie, che protestò.

- E’ ora di andare.

Ci fece notare poi papà, richiamando la nostra attenzione. E così, il momento di andare era ufficialmente arrivato. I ragazzi si fecero indietro, mentre noi, appartenenti al mondo della luce e future reclute, ci avvicinammo alla Porta di Pietra. A sorpresa, fu Evan a farsi avanti per primo. In realtà, senza l’ametista, mi chiedevo come sarebbe stato possibile farla aprire. Sapevamo che era la Croix du Lac a concedere il passaggio e che le gemme a loro volta erano in grado di aprire il portale. Evan strinse il Thurs, prendendo fiato. Deglutii al pensiero che sarebbe stata la prova del nove, sia per lui che per papà e mi avvicinai a loro. Papà mi posò la mano in testa, accarezzandomi i capelli e rivolgendomi uno sguardo deciso che mi fece passare la paura. Evan, sostenuto dalla mamma e da Arabella, posò la mano libera sul portale. E ricordai che mi aveva spiegato che in quanto appartenente alla famiglia Delacroix poteva aprirlo a piacimento. Quante cose sarebbero state diverse se solo l’avesse scoperto prima. Eppure, in quel momento, eravamo tutti lì, pronti ad assistere ancora una volta a quello spettacolo.

- Raido Sowilo.

Disse.

Viaggio... sole… l’accesso al mondo della luce. La Porta di Pietra, con nostra meraviglia, si aprì lentamente davanti ai nostri occhi.  E quando finalmente fu del tutto aperta, ci voltammo verso i nostri amici, che commossi e in attesa al pari di noi, ci congedarono in quella notte che presto avrebbe avuto termine.

- Arrivederci, amici miei! A presto!

Esclamai, prima di varcare, finalmente con le mani strette a quelle di mia madre e di mio padre, la soglia che separava i due mondi che avrebbero per sempre ospitato le due metà del mio cuore. Feci appena in tempo a sentire le voci dei ragazzi mischiarsi e confondersi a quelle della natura, per poi scomparire nell’oscurità che oramai non temevo più. E dopo un tempo indefinibile, dopo che anche il portale del mio mondo si fu aperto, mettemmo piede, dopo tanto tempo, nei sotterranei dello Stonedoor. La luce fioca e intermittente delle lampadine appese malamente al muro bastava a rischiarare a malapena quella sala in cui credevo che Evan fosse morto. L’odore di polvere e stantio era disgustoso, ma quantomeno eravamo tornati. Chi più chi meno, tutti ci guardammo intorno. Papà e Arabella erano per ovvi motivi i più perplessi.

- Ehm… non è tutto così, fuori è meglio…

Li rassicurai.

- Posso confermare.

Intervenne la mamma, sorridendo.

Arabella sbattè le palpebre, mentre papà aggrottò le sopracciglia, guardando i solchi nel pavimento e nelle mura, segno dello scontro avvenuto con le guardie imperiali la notte in cui aveva finto la sua morte.

- Ah, quella… è opera mia.

Disse Evan, l’immagine della verecondia.

Damien e Ruben lo guardarono increduli. Io sospirai, poi mi ricordai che eravamo finalmente a casa e per di più, sia lui che papà stavano bene.

- A questo proposito, Evan…

Mio fratello si voltò a guardarmi, così come gli altri. Il braccialetto al mio polso tintinnò non appena sollevai il pugno a mezz’aria. Damien sogghignò. Arabella, al contrario, sembrava preoccupata, tanto che Violet dovette darle qualche pacca sulla spalla per tranquillizzarla del fatto che non aveva di che temere. Non ancora, almeno. Mi avvicinai a Evan con un broncio che avrebbe fatto invidia persino a Livia. Jamie si mise a ridere. Papà guardava perplesso la mamma, invece.

- Tu… maledetto fratello buono solo a farmi venire un colpo… se pensi di cavartela con così poco sappi che ti sbagli di grosso!

- Di che stai parlando, Aurore?

Affilai lo sguardo.

- Ti ricordo che hai un bel po’ di cose da farti perdonare! Prima di tutte l’avermi ingannata e l’avermi fatto credere di essere morto, poi di essere un bastardo manipolatore con complesso di superiorità che ha sterminato non so quanta gente e infine un fratello stronzo che ha deciso di sua volontà di sacrificare la sua stessa vita nonostante sapesse di non poter fare cosa peggiore per ferirmi! E sappi, Evan, che non ti basteranno delle scuse! Non ho nessuna intenzione di lasciar correre tutto sol perché ora sei qui! Mi hai fatto male… non immagini quanto! Quindi… tanto per cominciare, riprenditi questo e non toglierlo mai più, così ricorderai che significa avere qualcuno che ti ama al punto tale da rischiare tutto pur di ritrovarti!

Tolsi il braccialetto, per la prima volta da tanto tempo e lo tesi davanti a lui. Evan ne sembrò toccato particolarmente, tanto che lo vidi esitare, forse per cercare le parole giuste, forse perché non sapeva come reagire nel modo migliore. O forse, semplicemente considerando la sua difensiva, si aspettava un pugno in faccia. Del canto mio, cercai di mostrarmi assolutamente risoluta nonostante sentissi che se avessi continuato sarei scoppiata a piangere. Alla fine, riprese il braccialetto. Nell’istante in cui le nostre dita si sfiorarono, percepii calore. Solitamente, le dita di mio fratello erano più fredde, ma stavolta, erano calde, forse proprio per l’effetto del Thurs.

- So che le scuse non bastano, Aurore… e so che ho tanto su cui lavorare, anch’io… ma grazie per averlo custodito, sorellina.

- E non chiamarmi così solo per fare il ruffiano! Giusto perché tu lo sappia, ho gettato nel fuoco la tua collezione di Assassin’s Creed!

Protestai, arrossendo per l’imbarazzo. Non volevo che mi facesse sentire piccola e indifesa, soprattutto davanti a Damien. Evan, tuttavia, non dette segni di squilibrio mentale o di turbamento nel sentire della dipartita dei suoi giochi preferiti. Solo un piccolo fremito tra le sopracciglia. Evidentemente, aveva superato la fase games-addicted. Damien ridacchiò.

- Quand’è che l’avresti fatto?

- Non ti riguarda!

Gli rivolsi un’occhiataccia, poi vidi che Evan si era risistemato il bracciale al polso. Sorrisi rincuorata, nel vederlo di nuovo addosso al legittimo proprietario. E quando mi accarezzò la testa, i miei propositi di vendetta si assopirono, almeno momentaneamente, lasciando il posto alla mia commozione.

- Che ne dite se andiamo?

Propose poi Violet, notando che Ruben guardava verso le scale. Annuimmo, quando proprio quest’ultimo ci fermò.

- C’è qualcuno.

Quelle parole ci fecero balzare praticamente sull’attenti. Papà, Evan, Damien e lo stesso Ruben ci passarono davanti, pronti all’azione. Era strano vederli tutti e quattro così. Avrebbero fatto invidia persino ai moschettieri. Effettivamente, prestando orecchio, sentimmo dei passi lungo le scale. Strinsi a me Jamie, mentre Violet e Arabella fissavano la luce che si muoveva in alto e in basso in lontananza. La mamma cercò di orientare una delle lampadine appese al muro verso la fonte luminosa.

- Sta’ ferma, Celia. Me ne occupo io.

Ordinò papà.

- … Celia?

Una voce maschile, un po’ distorta dall’eco, fece capolino dal buio delle scale.

- Questa voce…

La mamma si fermò, perplessa.

E quando finalmente la persona che aveva parlato si affacciò, facendo luce sul nostro gruppetto pronto all’attacco, scoprimmo un distinto signore sulla sessantina abbondantemente passata, in giacca leggera scura e con un gilet bordeaux a bottoni. Era piuttosto alto, con folti e ordinati capelli ingrigiti, occhi verdazzurro e i lineamenti resi più accentuati dallo stupore e dalla tensione. Raccolse un orologio da taschino e controllò l’ora, poi mormorò qualcosa sottovoce e infine ci guardò.

- Oh, grazie al cielo!

Esclamò, in perfetto accento britannico.

- Chi siete? Mettete giù quell’arma!

Disse papà, guardingo.

L’uomo ci sorrise, mentre la mamma rassicurò papà e tutti noi, facendosi avanti.

- Sta’ tranquillo, Greal… è tutto a posto. Questo signore è Victor, l’uomo a cui devo la vita. Il mio secondo padre.

Sorrise, raggiante e commossa. Sconcertata, cercai prima lo sguardo di Evan, che sembrava praticamente più stupito di me, poi mi ritrovai a guardare Victor Kensington, che sorrise cortese.

E così, eravamo ufficialmente tornati a casa.

  
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