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Autore: heydrarry    04/07/2014    3 recensioni
 Al ballo scolastico c’è chi si annoia, chi fa scherzi e chi viene corteggiato. Ma Teri, Ria, Eles e Mel non avrebbero mai immaginato che sarebbero state inseguite da un mostro.
Le quattro ragazze si ritrovano in un nuovo mondo, con creature mitologiche e ragazzi provenienti dal futuro a cui si uniranno per evitare l’ennesima guerra tra gli dei dell’Olimpo.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'T.R.E.M'
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Capitolo 24

 

RIA

 

 

Dopo che ebbi lanciato la dracma nell’arcobaleno, il viso di Rosalie comparve nell’iPhone.
«Rosalie!» la chiamò Teri, sorridente. Aveva ancora la treccia che la vampira le aveva fatto.
Rosalie si guardò intorno, poi finalmente ci vide.
«Hey, ma che cos’è?» chiese.
«È un messaggio Iride» spiegò Mel.
«Wow. Fingerò di aver sapere esattamente ciò di cui state parlando. Ad ogni modo, come state, ragazze? Siete praticamente sparite dopo la battaglia».
«Chi è?» chiese una voce accanto a Rosalie.
«Sono le semidee»
«Oh, ciao!» Esme comparve nell’iPhone.
«Ciao Esme!» rispondemmo all’unisono. Era praticamente una videochiamata e la ritenevo una grandissima figata.
«Qui stiamo tutti bene, a parte qualche licantropo che è stato ferito. Carlisle lo sta curando, ma sono certa che vi porti i suoi saluti. E voi?»
«Salutacelo anche tu» disse Eles. «Noi stiamo abbastanza bene. Finnick, Johanna e Katniss sono tornati nel futuro e Niall è fuori pericolo».
Esme e Rosalie sorrisero.
«E i ragazzi che vi aspettavano sono stati felici di vedervi?» chiese Rosalie.
Le mie compagne arrossirono, e anch’io mi sorpresi a pensare ad un ragazzo del Campo in particolare, ma scacciai immediatamente quel pensiero. Non potevo seriamente pensare ai ragazzi, non a tredici anni. E poi era più facile fare scherzi che provare a conquistare un ragazzo.
«Sì, è stato molto felice di riabbracciarmi» rispose Teri.
«Solo riabbracciarti?» domandò ancora Esme, facendo un sorrisetto. Teri rise, ma non arrossì. Forse ci stava facendo la pelle a quelle allusioni.

«Esme, saranno fatti loro!» replicò Rosalie, ridendo.
«Volevamo ringraziarvi per averci accolte» dissi, prima che la connessione decidesse di andare a farsi un giro. «E dite ad Edward che mi sbagliavo su Victoria. Una donna capace di fare ciò che ha fatto a quei neonati, togliendo loro la possibilità di vivere una vita felice, è davvero crudele e merita ciò che le è successo».
«Come fate a sapere che è morta?» chiese Esme.
«Oh, io certe cose le sento» spiegò Teri. Infatti era stata proprio lei a dirci che la sua morte si era completata. Nonostante fosse figlia di Persefone aveva tutti i poteri di un figlio di Ade, mentre i poteri di sua madre erano limitati a far sbocciare dei fiori. Mel aveva detto che non ci sarebbe mai arrivata attraverso i libri.
«Bella come sta?» domandò la figlia di Persefone.
«Un po’ preoccupata per il licantropo, ma sta bene. Supererà anche questo» rispose Esme.
Alzai lo sguardo verso il cielo e vidi che il sole era arrivato all’orizzonte.
«Dobbiamo andare» intervenni, sentendo un nodo serrarmi la gola. Il braccialetto rosso vino che Rose mi aveva regalato quella sera di una settimana fa o poco più sembrava essersi fatto più pesante. Adesso era un po’ scolorito per via dell’acqua e del sudore, ma non l’avrei mai buttato.
Esme e Rosalie sembrarono capire all’istante.
«Ci dispiace» dissero. «Avremmo dovuto essere più veloci.»
«Non è dipeso da voi» replicai. «Ma da quei bastardi spuntati all’ultimo minuto»
Esme sorrise. «Hanno avuto ciò che si meritano, Ria.»
«Lo so» borbottai. Ma non mi avevano restituito Rose.
«Buona fortuna per la vostra vita, ragazze, Alice ci ha detto che ne avrete bisogno».
Mel fece per chiedere che cosa intendesse ma il messaggio Iride si chiuse.
Ci scambiammo degli sguardi interrogativi.
«Bé, la vita di noi semidee è fatta così» dissi. «Prima ci rassegniamo e meglio è». Era probabile che non sarei arrivata nemmeno ai diciott’anni. Morire, però, non mi sarebbe dispiaciuto perché, in fin dei conti, avevo portato già a termine un’impresa. Ma veder morire le mie amiche...quello sarebbe stato difficile da sopportare e non mi ero ancora rassegnata all’idea. Mi impedii di pensare ad altro.
«Sarà meglio andare» disse Eles, dando un’occhiata al sole.
Ci avviammo, così, per l’anfiteatro.
Sentivo il cuore farsi sempre più pesante a ogni passo. Mi sembrava di respirare acido e non ossigeno. Avevo affrontato neonati, minacciato una vampira di ficcarle il coltello in un occhio, infilzato basilischi e combattuto una scrofa piuttosto arrabbiata. Ma quello sembrava impossibile da affrontare.
«Hey, ragazze! Aspettate!»
Mi voltai e vidi Arika che correva verso di noi. Vederla fu un sollievo.
Aspettai che ci raggiungesse e facemmo la strada con lei.
I suoi occhi blu mi rassicurarono con una sola occhiata.
Strinsi le mani in pugni e cercai di non tremare. Arika se ne accorse perché mi prese per mano e mi sorrise, cercando di infondermi coraggio.
Entrammo nell’anfiteatro quasi vuoto. Due stendardi, uno rosa con il simbolo della colomba e uno viola, con il simbolo di un calice di vino erano appoggiati alla parete. Ricacciai le lacrime e seguii Arika tra i posti. Ci sedemmo.
«Dì un po’» iniziò la figlia di Zeus. «Quanti mostri hai ucciso?». L’avrei quasi abbracciata. Arika mi capiva così bene che avrebbe potuto essere mia sorella.
«Bè, non quanti avrei voluto» risposi, accennando un sorriso.
«Ma è vero che i vampiri ti leggono nella mente? L’ho sentito dire da qualche figlio di Demetra mentre mi allenavo nell’arena».
«No»  risposi aggrottando la fronte. «Ma tutti possono brillare alla luce del sole».
«Forse sono discendenti di Trilli» disse Arika. Ridere mi fece bene, ma il peso che mi sentivo addosso e che mi impediva di respirare non si alleggerì.
«Abbiamo anche incontrato degli ibridi che si erano nutriti sia di sangue umano che di sangue divino. Erano qualcosa di disgustoso. ».
«Oh miei dei, e come li avete uccisi?»
«Non erano diversi dai soliti mostri, però uno stava per uccidere me. Il loro...come lo posso definire? Padrino, ecco, era riuscito ad evocarle dal futuro ma aveva fatto un mezzo disastro e le aveva nutrite con sangue umano e sangue divino per rinvigorirle. Erano davvero qualcosa di orrendo. Ho ucciso il tizio. Era un mostro crudele che si era nutrito anche lui di sangue umano e divino e quando l’ho ucciso sembrava essere morto da umano. Mi sono sentita in colpa, ma quando mi sono girata era sparito in una nuvola gialla».
Continuai a parlare con Arika delle tecniche che avevo usato per uccidere i basilischi e gli ibridi. Avevo capito che lei stava cercando di distrarmi in tutti i modi e lo apprezzavo. Mi accorsi che l’anfiteatro si stava riempiendo intorno a noi. Quando tutti i posti furono occupati, smisi di parlare e guardai verso lo stendardo viola. Mai la morte mi era sembrata reale come in quel momento, nemmeno quando avevo visto i corpi avevo capito l’effetto come la morte ha. Ora, ritratta nei volti dei mezzosangue, si riusciva facilmente a cogliere. In prima fila erano seduti i figli di Afrodite e i figli di Dioniso.
Piper e Lucy, un’altra figlia di Dioniso, si alzarono e si avvicinarono agli stendardi per poi appiccare il fuoco.
Tornarono al loro posto, senza versare una sola lacrima ma con lo sguardo distrutto.
I miei buoni propositi di apparire fredda e arrabbiata andarono a farsi benedire. Le lacrime scorrevano lungo le mie guance e un secondo dopo abbracciai Arika e singhiozzai sulla sua spalla. La figlia di Zeus mi abbracciò e mi accarezzò la schiena. Mi sentivo piccola e lagnona, ma mi beavo di quella sensazione. Avevo avuto sin troppe responsabilità in quella settimana.
«Vuoi andar via?» chiese Arika, sottovoce.
Scossi la testa e mi asciugai le lacrime con le mani.
In lontananza scorsi Teri e Leo seduti vicini, con le mani intrecciate. Lei aveva il volto rigato di lacrime, ma non singhiozzava.
Gli stendardi bruciavano lentamente, ma nessuno diceva una parola e io sapevo perché. Non c’erano parole sufficienti a descrivere la crudeltà di ciò che era successo. Erano giovani e buone, ma per le Parche non era abbastanza. Tutto questo era scontato, ma non per questo riuscii a farmene una ragione.
Quando il fuoco fu spento, Eles si alzò in piedi.
«Non è una tradizione greca» disse. «Ma ce l’hanno insegnato i guerrieri dal futuro. Significa grazie, significa ammirazione, significa addio a qualcuno che ami» ripeté le stesse parole di Katniss.
Si portò le dita centrali della mano sinistra alle labbra e poi lanciò il braccio in aria, indirizzandolo agli stendardi.
I Mezzosangue sembrarono un po’ sbigottiti, ma poi imitarono Eles.
Quel gesto riassumeva tutte le parole.

Uscire dall’anfiteatro fu un sollievo. Il sole era ormai tramontato e i semidei si affrettavano a raggiungere i tavoli per la cena. Anche i gemelli Ripton sembravano un po’ giù di corda. Meglio così. Non avevo voglia di pensare a come vendicarmi. Mi sorpresi a guardare Daniel un po’ troppo a lungo.
«Sai, Ria» disse Arika, facendomi distogliere lo sguardo dal figlio di Ares. «Credo che tu gli piaccia».
«Di cosa stai parlando?» risposi troppo in fretta per apparire sincera. Ringraziai l’oscurità del crepuscolo che nascondeva le mie guance che si tingevano di rosso. Come faceva Teri a controllare il rossore? Ah no, giusto. Nemmeno lei ci riusciva così bene.
«Figlia di Nemesi, non stai parlando con un’idiota!» esclamò Arika, ridendo e scompigliandomi i capelli.
«Sono piccola per pensare ai ragazzi» replicai, fingendo indifferenza.
«Tra tre mesi compirai quattordici anni»
«Non sono mica così grande»
«Sono tutte scuse, le tue! Vieni qui!»
Mi spinse a terra e cominciò a farmi il solletico sulla pancia.
Cominciai a ridere a crepapelle.
«Ba-ba-sta!» riuscii a dire, tra le risate. Dimenarmi era inutile, Arika era troppo alta e troppo forte per me.

Quando si interruppe mi facevano male le guance per le risate.
«Hai scoperto il mio punto debole» dissi, alzandomi in piedi.
«Non è mica il solletico il tuo punto debole» replicò, guardandomi con i suoi enormi occhi blu.
«E quale sarebbe?»
«Daniel» rispose, imitando una vocina stridula che non assomigliava affatto alla mia.
«Oh, andiamo!»
«Ragazze, scusate il disturbo, avete per caso visto Teri?» chiese Leo, interrompendoci.
«Era con te» replicai.
«Lo so, ma all’uscita dall’anfiteatro l’ho persa di vista e non la vedo»
«Starà con Nico e Gregor» ipotizzò Arika. Leo sembrò essersi convinto e andò a cercare i fratelli della sua ragazza.
Raggiungemmo i tavoli per la cena. Feci per sedermi, ma la Crepuscolare di cui non ricordavo il nome, si avvicinò al mio tavolo.
«Scusami, Ria, immagino tu preferisca stare da sola, ma vorrei farti una domanda».
«Dimmi pure». Mi sentii in imbarazzo visto che lei sapeva il mio nome e io non ricordavo nemmeno la lettera iniziale del suo.
«Hai visto Ludkar e Kolor? Non li vedo da un po’ in giro».
«No, mi dispiace Thara» risposi. Una lampadina si era accesa mentre parlavo e mi ricordai il suo nome.
«Oh, d’accordo. Grazie lo stesso». Thara si allontanò delusa dal mio tavolo e passò al successivo, chiedendo dei due Nocturni. Teri e i Nocturni. C’era qualcosa che non quadrava.
Mi ero appena seduta quando un uccellaccio volò sul falò. Stringeva qualcosa negli artigli, ma non riuscii a capire cosa fosse. Forse un topo morto. Stavo per alzarmi per bruciare una parte del cibo nel falò in onore di mia madre, quando la cornacchia lasciò ciò che teneva stretto proprio ai miei piedi. Poi volò via.
Lasciai la presa sul piatto che si ruppe in mille pezzi nell’erba.
Tutti smisero di mangiare e calò un silenzio tombale.
L’uccellaccio aveva lasciato una treccia nera tagliata e bagnata.
«Ma quella è...» disse Mel, alzandosi in piedi e raggiungendomi.
Riuscii solo ad annuire. Mi inginocchiai e allungai una mano tremante verso i capelli tagliati. Strinsi le dita intorno alla treccia e poi ritrassi la mano. La treccia era impregnata di sangue.
Mi sembrò di essere ancora in quella radura, a Forks, quando avevo accarezzato i capelli di Rose per l’ultima volta e mi ero ritrovata le dita insanguinate. Non riuscii nemmeno a piangere. Urlai, inorridita. Eles mi prese per mano e mi fece rialzare. Se non ci fosse stata lei sarei caduta.
«Maledetti! Maledetti! Questo è il ringraziamento dopo ciò che Ade ha fatto per loro!» sbraitò Nico, prendendo la spada nera dalla cintura e puntandola verso Nate.
Il povero umano indietreggiò, alzando le mani.
«Io non ne so...»
Ma Percy e Annabeth afferrarono Nico per le braccia e lo allontanarono dal mortale, cercando di farlo ragionare.
Nico per tutta risposta conficcò la spada nel terreno e si buttò per terra, coprendosi il viso con le mani.
Gregor era rimasto fermo al suo tavolo e fissava un punto nel vuoto.
Alcuni figli di Apollo si avvicinarono a lui e lo portarono via.
«Oh miei dei» disse Eles. «È sotto shock».
La cornacchia tornò sul falò e lasciò cadere un altro oggetto ai piedi di Leo. Una collana nera con quattro perle dorate.
Il figlio di Efesto cadde sulle ginocchia davanti a quel laccetto. Lo prese con le mani tremanti, sporcandosele di sangue. Si portò al cuore il laccetto, mentre lacrime salate gli rigavano il volto e urlò il nome di lei, squarciando la notte.

Spazio autrice

Okaaay! Questo è il finale, e, ovviamente, scriverò il continuo (che è già mezzo pronto). Credo che lo pubblicherò verso Ottobre/Novembre.
Spero vi sia piaciuta, e delle recensioni non sarebbero assolutamente schifate, anzi.
Un bacio e ci sentiamo presto!

   
 
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