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Simone
entrò di corsa in infermeria, seguita da due paramedici.
Tomi si era addormentato affianco al gemello.
“Tomi…sono
la mamma. Spostati, così questi signori possono
portare Bill in ospedale”disse la donna, sforzandosi di non
piangere.
Tom
si svegliò di soprassalto, sperando che fosse tutto un
incubo. Bill però era ancora in quel dannato letto. I
paramedici lo caricarono
su una barella.
“Mami,
andiamo anche noi”disse il ragazzino.
“No
Tomi. La preside vuole parlare con te”
“Io
gli ho promesso che non lo avrei più
lasciato”disse, cercando
di seguire i due uomini.
“Ora
tuo fratello è al sicuro”disse la donna,
stringendo una
spalla del figlio.
Tomi
si divincolò dalla stretta della madre.
“Con
la preside ci parlerò domani. Ora Bill ha bisogno di
me!”esclamò.
Simone
annuì.
“Va
bene, andiamo”disse.
Dopo
una decina di minuti raggiunsero l’ospedale.
Bill
venne portato a fare alcune radiografie per controllare che
non avesse costole rotte.
Il
dottore parlò francamente alla donna, cercando di non farsi
sentire da Tom.
“Suo
figlio ha rischiato grosso. Se quei quattro fossero riusciti
a colpirlo nei punti giusti, probabilmente sarebbe rimasto in coma.
È un
ragazzino molto fortunato”disse.
Tom,
che stupido non era, aveva ascoltato la conversazione. Corse
fino alla camera di suo fratello, dove oltre a Bill c’era
un’altra ragazzina,
più piccola di loro due.
Aveva
i polsi legati alle sbarre del letto e fissava il soffitto
con sguardo vacuo.
Non
appena sentì dei passi, voltò il capo e
guardò Tom con i suoi
profondi occhi neri.
“Chi
sei?”gli chiese con voce velata.
“Mi
chiamo Tom. Sono suo fratello”disse, indicando Bill che
riposava sereno, imbottito di antidolorifici.
“Perché
sei legata così?”le chiese, in modo innocente.
“Ho
provato a suicidarmi…”rispose lei, con altrettanta
semplicità.
Il
ragazzo notò in quel momento le profonde ferite che la
ragazzina aveva ai polsi.
“Come?”.
“Beh…quando
nessuno ti vuole bene, alla fine ti viene spontaneo
chiederti cosa sei qui a fare…”disse lei, senza
smettere di guardarlo.
“Come
ti chiami?”.
“Marion,
piacere”
“Non
vieni alla mia stessa scuola, però”
“Una
volta ci venivo, solo che a nessuno importava che io ci
fossi o no. Alla fine ho smesso di frequentare”
“Quanti
anni hai?”
“Dodici.
Dovrei essere in prima”rispose, sorridendogli appena.
“Tom,
perché tuo fratello è qui? I dottori hanno detto
che è
ridotto male”.
“Anche
lui non si trova bene a scuola”
“Perché?
Non mi sembra strano”disse, tentando di alzarsi per
osservare meglio il suo compagno di stanza.
“A
lui piace truccarsi e mettersi lo smalto”rispose Tom.
“Beh,
io non ci trovo nulla di scandaloso”
“Tu,
perché non vieni più a scuola?”
“Hai
presente quando tutti ti prendono per il culo perché sei
grassa? No, tu sei uno stecchino…beh non ho mai avuto una
vita normale, solo
perché non sono anoressica come le mie compagne di
classe”.
“Ah,
capisco. Scusami, ma tu avresti buttato via la tua vita per
degli idioti?”.
Marion
rise amaramente.
“Tom,
tu non sai in che razza d’inferno ho vissuto. Nessuno mi
è
mai stato accanto quando quei bulli mi sfottevano davanti a tutti o mi
picchiavano. Non è la prima volta che finisco in ospedale. I
colpi allo stomaco
possono essere mortali, ma me la sono sempre cavata”.
Bill
si mosse lentamente nel letto e Tom fu subito al suo fianco.
Il
ragazzino aprì gli occhi, entrambi tumefatti per i lividi.
“Tomi…”disse
in un sussurro.
“Billie”
“Sei
arrivato…”
“Certo.
Non ti avrei mai lasciato solo…”
“Dove
sono gli altri?”chiese, provando a guardarsi intorno.
“Non
ti muovere. Ora sei in ospedale”
“Perché?”
“Quel
bastardo di Lucas ti ha ridotto male, ma ora è tutto
finito”.
Bill
si aggrappò con forza alla maglia del fratello e pianse.
“Tomi…ho
avuto tanta paura”
“Anche
io…avevo paura che potessi morire…ma ora nessuno
potrà più
toccarti. Staremo insieme per sempre e nessuno si avvicinerà
più a te. Ci sono
io a proteggerti kleiner bruder”
“Danke
Tomi…”.
Marion
chiuse gli occhi e sentì una lacrima sfuggirle lungo la
guancia.
“Anche
io vorrei un fratello…”disse a bassa voce.
In
quel momento arrivò l’infermiera.
“Tesoro,
è ora di andare a casa. L’orario di visita
è
terminato”disse, sorridendo a Tom.
“No.
Io non lascerò mio fratello”.
“Mi
dispiace, ma non puoi restare qui. Il regolamento lo vieta”.
“Io
e Bill non possiamo stare lontani. Lui ha bisogno di me”.
“Bill
ha bisogno di riposare tanto. Domattina potrai certamente
tornare a trovarlo e resterai qui fino a sera, ma il dottore potrebbe
arrabbiarsi parecchio se ti vedesse scorrazzare per
l’ospedale a quest’ora”.
Tom
incollò i suoi occhi a quelli identici del gemello.
“Vai
Tomi. Io starò bene e poi non sarò solo”
Il
rasta si tolse la felpa e la porse al fratello.
“Tienila.
Così ti ricorderai di me e saprai che sono al tuo
fianco”.
L’infermiera
sorrise, poi accompagnò Tom da Simone.
—–
“Sei
fortunato ad avere un fratello come lui”disse Marion, una
volta sola con Bill.
“Già.
Tom mi ha sempre protetto…se vuoi potrà aiutare
anche
te”disse il ragazzino, mettendosi a sedere e provando un
dolore terribile al
costato.
“Hai
un paio di costole incrinate, io ti consiglierei di stare
fermo”disse la morettina.
“Senti,
Marion, quando ti faranno uscire?”
“Non
lo so…dipende da quanto mi tengono legata al
letto”.
Bill
le mostrò uno sguardo interrogativo che la fece sorridere.
“Beh,
se mi tengono legata fino a venerdì, vuol dire che per
lunedì posso tornare a scuola, ma se mi slegano prima,
può darsi che passo il
week-end a casa”
“Capisco…beh
al massimo ci vediamo a scuola”
“Non
credo che tornerò a scuola…”
“Perché?”
“Bill…io
non ho nessuno che mi possa salvare da quelli lì. Da
quei mostri che fanno di tutto per abbattere la tua autostima e la tua
personalità. Io sono sempre stata sola e stai pur certo che
una volta uscita di
qui avrò solo due possibili destinazioni”
“Quali?”
“Trovarmi
di nuovo qui, di nuovo legata perché qualcuno mi ha
trovato prima che fosse impossibile tornare indietro,
oppure…”non terminò la
frase.
Bill
si alzò dal suo letto, incurante del dolore e delle ferite,
quindi si avvicinò alla ragazzina e
l’abbracciò.
“No,
ora ci sono qui io e nessuno potrà più
permetterti di
buttare via la tua splendida vita”disse.
Marion
cominciò a piangere. Mai nessuno era stato così
gentile e
comprensivo nei suoi confronti.