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Autore: OfeliaMontgomery    09/07/2014    1 recensioni
Agnes Lowery nel 1635 venne trasformata in un vampiro. Per quasi un anno devastò la piccola cittadina in cui viveva, uccidendo uomini e donne per poi bruciarne il corpo. In quel anno incontrò Henry Whitebroke - un vampiro - che la portò sulla retta via, insegnandole a non uccidere le persone.
Dopo otto anni di viaggi insieme ad Henry incontrò per puro caso Johanna, una neo vampira, spaventata da ogni cosa, persino di se stessa.
Agnes iniziò ad instaurare un'amicizia con Johanna fino a diventare come due sorelle. Ma ben presto la loro tranquillità venne spezzata dall'arrivo dei cacciatori di vampiri.
Cosa succederà a Agnes, Johanna e Henry? Riusciranno a scappare?
Genere: Dark, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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– Non potete costringermi a stare rinchiusa in casa! – sbraitò Johanna contro a suo marito.
Erano passati appena due giorni e già avevano litigato ben quattro volte con questa cinque. La prima fu la sera del loro matrimonio, lui voleva prendersi la sua verginità invece lei non voleva, vinse Johanna. La seconda volta fu il giorno dopo, Victor voleva che Johanna mangiasse il pesce, ma a lei non piaceva, vinse ancora lei. La terza volta per la posizione nel letto matrimoniale, vinse lui. La quarta e quinta volta  perché Johanna voleva uscire di casa ma Victor glielo impediva e questa era ancora in atto.
– Sì, voi siete mia. Non voglio che altri uomini vi guardino – urlò Victor sbattendo anche le mani sul tavolo, facendo muovere il bicchiere che c’era appoggiato.
Johanna lo guardò malissimo – Voi non potete decidere per me. Questo matrimonio è solo una maledizione, solo questo – esclamò poi girando i tacchi, uscì dal salotto.
Johanna non aveva intenzione di rimare in quel posto ancora per molto, era stanca. Era lì solamente da due giorni eppure sembravano secoli. Non poteva fare niente. Non poteva uscire, non poteva leggere, non poteva ricevere ospiti, non poteva nemmeno vedere la sua famiglia. Era in gabbia, in un prigione costruita da Victor. L’unica via di fuga era la porta della cucina che dava sul giardino dietro alla villa, ma era sempre piena di cuochi e cameriere, quindi era impossibile oltrepassarlo se non alla notte. Ed era quello che avrebbe fatto Johanna quella sera.
Stava già preparando la sua valigia per poter scappare quella sera. Non voleva sprecare nemmeno un altro minuto in quel posto. Se dovesse rimanere ancora lì diventerebbe pazza.
Era un posto da pazzi; le persone sembravano morti che camminavano, erano pallidi e con occhiaie sotto agli occhi e quelle che avevano non erano normali. Johanna sapeva com’erano le occhiaie normali perché l’aveva visto su suo padre e su se stessa quando sua madre le disse che doveva sposarsi e lei per protesta non dormì per due giorni.
Le occhiaie e la pelle pallida che aveva il personale dei Ratliff era inspiegabile. Avevano gli occhi contornati di blu e la pelle in certi punti lasciava intravedere persino le vene, poi sembrava che non dormissero mai e che non prendessero nemmeno un po’ di sole da quando erano nati. Johanna era pallida, si, ma perché sua madre le aveva imposto niente sole per tenere una tonalità della pelle chiarissima.
Sembrava che non mangiassero neanche, Johanna non gli aveva mai visti bere o mangiare qualcosa. E poi era terrorizzata da quelle persone. La notte precedente stava camminando per i corridoi della villa in cerca della cucina, quando si imbatté in un cameriera, si spaventò tantissimo perché oltre a sembrare un morto, aveva tutto il grembiule sporco di sangue. Si scusò poi di corsa tornò in camera e si nascose sotto alle coperte con il cuore che batteva all’impazzita.
Johanna corse nella camera da letto, si chiuse la porta alle spalle e correndo verso il baule che si trovava infondo al letto, iniziò a tirare fuori qualche vestito che poteva portarsi dietro.
Di colpo bussarono alla porta, – Signora Ratliff, suo marito vorrebbe la sua presenza a pranzo – parlò da fuori una cameriera dalla voce metallica, come il resto del personale d’altronde.
Johanna sbuffò – Gli dica che non ci penso nemmeno – gridai, infilando in una sacca un vestito viola.
La cameriera bussò ancora – Signora, suo marito la desidera – disse insistente. Johanna gonfiò le guance poi camminando velocemente, andò ad aprire la porta – Gli dica di pagarsi una prostituta se desidera avere qualcuno – disse secca poi la richiuse, ma la cameriere fu più veloce ed entrò nella stanza.
– Signora deve venire – disse guardandola di sottecchi.
Johanna sbuffò scuotendo la testa – Perché? Io non ho fame, lo capisci? – domandò furiosa.
La cameriera la prese per un braccio e la trascinò fuori dalla stanza. Fuori ad aspettarle c’era Victor che la incenerì con lo sguardo.
– Tu vieni a pranzo con me – disse prendendola per un polso e stringendoglielo fortemente, facendola gemere dal dolore.
– Lasciami, mi fai male – strillava Johanna mentre veniva trascinata nella sala da pranzo, dove ad aspettarli c’era la famiglia di lei.
Johanna appena li vide spalancò gli occhi – Vi prego portatemi via da qui. Questi sono pazzi, ma li avete visti? – domandò indicando la cameriera alle sue spalle.
La madre se ne stava ferma a fissarla mentre con una mano si faceva aria con il ventaglio. Johanna avrebbe voluto spaccarglielo in testa quel ventaglio, magari ragionava un po’.
– Tesoro non dire idiozie, sono persone così deliziose – disse la madre con la sua solita voce stridula.
Lauren e Louise guardavano il duca Ratliff con devozione e un po’ di malizia e Johanna si chiese perché, perché aveva due sorelle così stupide. Quello che il duca mostrava era tutta finzione, niente era vero e Johanna lo aveva capito vivendo con lui solamente da due giorni.
Era pazzo e sadico e chissà cos’altro. Lei era una sua preda e non l’avrebbe lasciata andare tanto facilmente.
– Non è vero! E’ pazzo, sono pazzi – urlò Johanna muovendo la braccia nell’aria.
Victor gli mise una mano intorno alla vita e gli sussurrò di calmarsi, cosa che Johanna non fece, si alterò ancora di più.
– Non dirmi di calmarmi pazzo, sadico e chissà cos’altro. Cosa vuoi farmi? Uccidermi e poi farmi a pezzi? – sbraitò Johanna guardando malissimo suo marito.
– Johanna! – strillò con voce acuta la madre. Si alzò addirittura in piedi, quindi significava che era davvero arrabbiata.
– Siediti immediatamente – le ordinò la madre, indicando la poltrona al fianco delle sue sorelle.
Sbuffando, andò a sedersi. Victor la seguì a ruota, si sedette sul bracciolo della poltrona poi incrociò le gambe, portandosi una mano sotto al mento.
– Mio padre vi sta tenendo al sicuro, ha messo molte guardie intorno alla vostra villa – Victor incominciò a parlare con la sua voce melodiosa tanto quanto irritante.
La madre di Johanna così come il padre, lo ringraziarono infinitamente e si scusarono anche per il comportamento della figlia.
– Non è nulla. Penso sia normale, vive qui solamente da due giorni. Non sarà abituata a vivere da qualcun altro – disse Victor accarezzando una guancia a Johanna.
Johanna fece spallucce e allontanò il viso dalla mano del marito – Io non voglio vivere qui. Voglio tornare a casa mia – disse seria.
Il padre di Johanna si alzò in piedi e puntò un dito contro la figlia – Tu non tornerai a casa. Sei sposata e hai dei doveri da compiere. Il primo è sicuramente dare un primogenito a tuo marito – urlò, facendola spaventare.
Johanna si alzò di scatto dalla poltrona e guardò malissimo il padre – Io non darò la mia purezza ad una persona che non conosco e che non voglio conoscere – sbraitò furiosa contro la sua famiglia.
Lauren portando da parte i suoi lunghi capelli castani, fece gli occhi dolci a Victor – Come puoi essere così ingrata? Hai un uomo meraviglioso al tuo fianco – esordì con voce bassa, spostando lo sguardo su Johanna.
Johanna la intimò con lo sguardo a stare zitta – Allora perché non l’hai sposato tu? Uh? – domandò alzando le sopracciglia.
– Basta Johanna! E’ tuo marito e questa è la tua casa – disse seria la madre continuando a sventolare il suo ventaglio. Johanna sospirò rassegnata.
 
 ~
 
Johanna stava leggendo un libro in camera sua, la poltrona in cui stava era puntata verso il letto e ogni tanto alzava la testa per controllare se Victor stesse dormendo o la stesse controllando.
Johanna diede un’altra e poté constatare che Victor stava dormendo; appoggiò il libro sul tavolo al fianco della poltrona e prendendo da dietro essa la sua sacca, uscì dalla stanza con in mano una candela.
Camminava lentamente e cercava di fare il minor rumore possibile, aveva paura, paura di poter svegliare qualcuno del personale. Non voleva che costui o costei corresse da Victor per dirgli che stava scappando.
Johanna teneva la candela davanti al suo viso, per riuscire a vedere meglio il corridoio per nulla illuminato. Il respiro stava iniziando ad accelerare e il cuore le batteva fortissimo. Senza neanche accorgersene, iniziò a tremare per l’ansia. Le gambe iniziarono a diventare molli,  ma Johanna cercò di farsi comunque forza per raggiungere la cucina.
Quando fu davanti alla porta della cucina, controllò che alle sue spalle non ci fosse nessuno e con la luce della candela controllò che non ci fosse nessuno nemmeno all’interno.
Aprendo pian piano la porta di legno, entrò nella cucina. Quando vide la porta che portava alla sua libertà, i suoi occhi iniziarono a brillare per felicità. Fece un passo in avanti e il pavimento legnoso scricchiolò un po’. Johanna trattenne il respiro e pregò che nessuno l’avesse seguita. Fece altri passi, cercando di far scricchiolare il minor possibile il pavimento. Arrivò davanti alla porta per la sua libertà e girando il pomello, l’aprì. Una ventata di aria gelida la colpì in pieno, ma questo non la fermò. Johanna uscì da lì con la sua sacca sulle spalle.
Quella notte faceva davvero freddo. L’aria gelida passava nelle fessure del vestito di Johanna, facendola rabbrividire. Johanna continuava a camminare, non si era nemmeno fermata a guardare la casa, nessun addio, nessun arrivederci.
Ad ogni respiro una nuvola di vapore le si formava davanti al viso. La ragazza si strinse di più nel suo vestito e nel suo scialle, fin troppo leggero per quella notte.
Camminava velocemente per le strade di una Londra illuminata dai lampioni e piena di ubriaconi e prostitute. Non sapeva nemmeno dove andare, la sua famiglia era stata chiara: non la rivolevano a casa. Dove sarebbe andata? Da chi? Dalla sua adorata amica Sophia? E se anche lei non ne voleva sapere niente di lei?
– Guardate una ragazzina. Ragazzina ti vuoi divertire con noi? – parlò un uomo basso e grasso che teneva in mano una brocca di birra. Era ubriaco e si stava avvicinando velocemente verso di lei.
– No, grazie – disse spaventata Johanna, accelerando il passo.
Quel uomo rise e iniziò a seguirla – Forza ragazzina vieni con me, ti posso pagare bene – disse singhiozzando.
Johanna stava trattenendo a stento le lacrime, – Non sono una prostituta e lasciatemi in pace – parlò veloce poi svoltò in un vicolo e si ritrovò faccia a faccia con l’unica persona che non avrebbe mai voluto rivedere: Victor.

 
  
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