Grazie delle recensioni, ed ecco il secondo capitolo… Spero che vi piaccia e, mi raccomando, fatemi
sapere che ne pensate! Buona lettura! Kisses, Sara
Five Ways To say “I
love you”
Lupin&Tonks
La teiera annunciò strepitando di aver portato a termine
la bollitura del tè.
“Maledetti incantesimi domestici!” pensò tra sé “Mai che
me ne riuscisse uno! Se mi vedesse mia madre, a scaldare l’acqua con una
teiera!”
Con la massima attenzione, prese la teiera dal manico,
senza premettere alcuna protezione tra questo e la sua mano. Il che,
naturalmente, le provocò una bella scottatura, nonché un urlo spacca timpani e,
come ultima conseguenza, la trasformazione della sua cucina in un piccolo
laghetto artificiale.
-Accidenti!- sbottò, per poi correre ad infilare la mano
sotto l’acqua fredda. Per fortuna, non inciampò sull’acqua che continuava ad
infiltrarsi dappertutto. In quel preciso istante suonarono il campanello.
“Cosa? E’ già arrivato? Ma non possono essere già le cinque!” La puntualità non
era mai stata il suo forte.
L’aspetto di Ninfadora Tonks in quel momento non doveva
essere dei migliori. I suoi capelli, di un insolito biondo cenere, non volevano
saperne di stare in ordine. La mano era arrossata ed era costretta a tenerla in
un fazzoletto con del ghiaccio. Il vestito, leggermente bagnato di acqua
bollente, si era intiepidito e ora le stava assai poco elegantemente attaccato
al corpo. Così non ci fu da stupirsi che la prima espressione che attraversò il
viso di un pensieroso Remus Lupin non appena lei aprì la porta fu di sorpresa.
-Ciao, Ninfadora.- Portava una bella scatole che suppose
potesse contenere dei dolci. Chissà, magari era passato da Mielandia!
–Vieni, Remus… Scusa ma ho avuto un piccolo
incidente…-
Non potè fare a meno di notare
che lui aveva assunto un cipiglio che definire sarcastico sarebbe stato un
eufemismo. Ma comunque, ignorandolo, lo invitò ad entrare.
-Ti ho portato dei dolci. Credo che potremmo mangiarli con
il tè. Sai, sono passato da Mielandia.-
“Se ci fosse, il tè” si disse tra sé, un po’ triste. Poi
ripensò al motivo della sua visita, e questo le fece tornare il sorriso.
-Scusa se te lo chiedo… Ma cos’è
successo qui dentro? Un attacco di mangiamorte
avrebbe provocato meno danni!-
Resistendo alla provocazione, spiegò per bene la dinamica
dell’accaduto. Remus a stento riusciva a contenere le
risate.
Quell’ultima settimana era stata speciale, per entrambi.
Dopo un primo periodo di dubbi e ripensamenti, finalmente erano riusciti a
stare insieme per ciò che erano in realtà. Però sentiva che da parte sua c’era ancora
qualche reticenza. E quella visita, lo sapeva, avrebbe chiarito tutto tra loro.
Ciò significava anche che forse avrebbe dovuto accettare che la loro storia si
chiudesse prima ancora di iniziare.
In pochi secondi, Remus mise
tutto in ordine. Certo, pensare che a lui gli incantesimi domestici riuscivano
assai meglio la faceva sentire in imbarazzo, ma quando vide la sua cucina
tornare a risplendere… ehm, tornare ad essere quasi
accettabile in termini di pulizia non potè fare a
meno di rallegrarsene. Del resto, era un’auror molto
impegnata e richiesta, lei. Perché sprecare il tempo a pulire una cucina o
anche solo ad imparare il semplice incantesimo per farlo?
Remus fu
veloce anche nel fare il tè, mentre lei, sempre più in imbarazzo, si era
appropriata del vassoio di dolci di Milelandia e,
arroccata sul divano, ne gustava i sapori strani e deliziosi.
-Qvuesti docci sono dabbero bvuoni!- disse tra un boccone e l’altro.
-Come hai detto?- rispose Remus
dalla cucina.
Lei deglutì. –Questi dolci sono
davvero buoni.-
In quel momento, lui entrò nel salotto, facendo
galleggiare davanti a sé il vassoio dove aveva disposto ordinatamente il te, le
tazze, lo zucchero e, notò lei con una strana sensazione di piacere, anche due
piattini, uno con del miele, e uno zeppo di panna.
-E non avevo ancora visto il tè! Cos’, hai fatto un corso
specializzato da cuoco in questi due giorni?-
Lui sorrise lievemente, poi si sedette e le servì il tè.
Un minuto dopo aveva assunto l’espressione più seria possibile.
-Sai bene perché sono qui. Anche se è l’ultima cosa che
vorrei, sai anche cosa sto per fare. Non è così?-
Lei si rabbuiò, rimanendo con un pasticcino mezzo
inzuppato nel tè, e con un’aria davvero stupida.
-Mi dispiace, ma per quanto questa settimana sia stata
meravigliosa, io non posso farlo. Vicino a te mi sento completo, ma non potrei
vivere sapendo di averti condannata ad un’esistenza come la mia, da reietta. –
Qualcosa di molto simile alla pura rabbia attraversò tutto
il suo corpo, facendola improvvisamente sentire potente. Avrebbe potuto
facilmente scagliare quella stupida tazzina e quel pasticcino in testa all’uomo
cocciuto che le sedeva davanti.
-Sai, Remus, credo di averlo
sentito già a sufficienza, questo discorso. Inutile dirti che non sono d’accordo.
Mi spiace solo che tu continui a non capire il mio punto di vista.-
Il viso dell’uomo fu attraversato da un lampo di stupore.
Cosa si aspettava, che lei accettasse il suo bel discorsetto e rinunciasse a
lui senza neanche provare a lottare? Non aveva capito nulla.
-Ninfadora,
credo che sia tu piuttosto a non capirmi. Sai cosa vuol dire essere un lupo
mannaro? No. Tu non capisci che vuol dire essere diversi, additati, temuti… spesso non sono considerato neanche un uomo. Credi
che sarebbe facile essere mia moglie? Che potresti farlo allegramente, e che
magari le tue maggiori preoccupazioni sarebbero i guai combinati in cucina e
gli incantesimi domestici? Credimi, sarebbe molto diverso. Dovresti cercare
dentro di te continuamente il motivo che ti spinge a sacrificare la tua vita
per una persona come me. E io non voglio questo. Voglio vederti felice.-
La sua voce non si era alzata, né incollerita. Parlava con
una semplice venatura di tristezza e di accettazione. E fu proprio quest’ultima,
l’accettazione, il rassegnarsi dell’uomo che portò la giovane ad arrabbiarsi
ancor di più.
-IO, non capisco? Credi che io non capisca che vuol dire
essere diversi! A quanto pare hai scordato che di solito me ne vado in giro con
i capelli rosa acceso, oppure pensi che mi diverta a farmi notare da tutti? Io
ho dovuto imparare ad accettare quello che ero, e posso accettare quello che
sei! Non mi importa che il mio naso, i miei capelli, la mia bocca non abbiano
una forma stabile: come potrebbe mai importarmi di quello che direbbero le
persone di noi?-
Lui poggiò con delicatezza la tazzina sul tavolo, poi la
guardò per alcuni istanti. Era uno sguardo profondo, che le trasmise tutta la
paura e la voglia di sfida che Remus stava provando
in quel momento.
-Perché? Perché vuoi rinunciare a vivere una vita serena? Perché
vuoi rifiutare quello che hai e perché… Diamine, perchè hai
maledettamente ragione?-
Senza lasciare che la sua mente captasse il significato
dell’ultima affermazione di lui, la ragazza si era alzata in piedi, spinta dall’ira
e, contemporaneamente, presa dal forte desiderio di picchiarlo e stringerlo a sé.
-Perché ti amo, Remus! E’ così
difficile da capire, per te?-
Sentì appena le lacrime che le solcavano il volto, mentre
vide che lui si era alzato, e un attimo dopo la stringeva in un abraccio
mozzafiato.
-Lo capisco. Si, lo capisco perché lo sento anch’io.-
Le accarezzò delicatamente i capelli che nella furia erano
diventati di un rosso molto acceso, al confronto del quale quello di casa Weasley sarebbe parso un pallido arancione.
-Mi sono chiesto a lungo cosa potesse farmi stare così in
pena. Ti volevo ben, certo, e per questo ho subito pensato che non potevo
permetterti di essere innamorata di me. Ma c’era una parte del mio cuore, la
parte più egoista, che ti reclamava tutta per sé. E in quel caso non c’entrava
niente il volersi bene. Pensavo che ti avrei avuta ad ogni costo, e al diavolo
le difficoltà. Perché sarei stato accanto a te. E questa parte, molto piccola,
è riuscita ad avere la meglio su tutto il resto. Ma sono una persona troppo
razionale, per fare quello che mi dice il cuore. Così ho cercato di impedirtelo
fino alla fine. Ma non ci riesco più. Chi l’avrebbe mai detto che mi sarei
innamorato di una ragazza pasticciona e coraggiosa come te?-
Lei, che aveva trattenuto il respiro mentre lui parlava,
tirò un sospirò di sollievo e sorrise felice.
-Sarò sempre felice di esserti accanto, e non ti farò
rimpiangere la tua scelta. E sarò eternamente orgogliosa della persona che
sei.- disse piano, appena prima che lui la incatenasse in un bacio pieno di
quelle promesse di fedeltà reciproca, di tutto il loro coraggio, della loro
gioia e della loro voglia di sfidare il mondo ma, soprattutto, pieno di molto
amore.