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Autore: Free air    29/08/2008    2 recensioni
Cinque modi per dire "ti amo"... Cinque one-shot, su cinque coppie diverse. Cinque dichiarazioni che la Rowling non ha mai descritto. Mi piace immaginarle così.
Genere: Romantico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Teddy Lupin, Victorie Weasley | Coppie: James/Lily, Remus/Ninfadora, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Grazie delle recensioni, ed ecco il secondo capitolo… Spero che vi piaccia e, mi raccomando, fatemi sapere che ne pensate! Buona lettura! Kisses, Sara

 

Five Ways To say “I love you”

Lupin&Tonks

La teiera annunciò strepitando di aver portato a termine la bollitura del tè.

“Maledetti incantesimi domestici!” pensò tra sé “Mai che me ne riuscisse uno! Se mi vedesse mia madre, a scaldare l’acqua con una teiera!”

Con la massima attenzione, prese la teiera dal manico, senza premettere alcuna protezione tra questo e la sua mano. Il che, naturalmente, le provocò una bella scottatura, nonché un urlo spacca timpani e, come ultima conseguenza, la trasformazione della sua cucina in un piccolo laghetto artificiale.

-Accidenti!- sbottò, per poi correre ad infilare la mano sotto l’acqua fredda. Per fortuna, non inciampò sull’acqua che continuava ad infiltrarsi dappertutto. In quel preciso istante suonarono il campanello. “Cosa? E’ già arrivato? Ma non possono essere già le cinque!” La puntualità non era mai stata il suo forte.

 

L’aspetto di Ninfadora Tonks in quel momento non doveva essere dei migliori. I suoi capelli, di un insolito biondo cenere, non volevano saperne di stare in ordine. La mano era arrossata ed era costretta a tenerla in un fazzoletto con del ghiaccio. Il vestito, leggermente bagnato di acqua bollente, si era intiepidito e ora le stava assai poco elegantemente attaccato al corpo. Così non ci fu da stupirsi che la prima espressione che attraversò il viso di un pensieroso Remus Lupin non appena lei aprì la porta fu di sorpresa.

-Ciao, Ninfadora.- Portava una bella scatole che suppose potesse contenere dei dolci. Chissà, magari era passato da Mielandia! –Vieni, Remus… Scusa ma ho avuto un piccolo incidente…-

Non potè fare a meno di notare che lui aveva assunto un cipiglio che definire sarcastico sarebbe stato un eufemismo. Ma comunque, ignorandolo, lo invitò ad entrare.

-Ti ho portato dei dolci. Credo che potremmo mangiarli con il tè. Sai, sono passato da Mielandia.-

“Se ci fosse, il tè” si disse tra sé, un po’ triste. Poi ripensò al motivo della sua visita, e questo le fece tornare il sorriso.

-Scusa se te lo chiedo… Ma cos’è successo qui dentro? Un attacco di mangiamorte avrebbe provocato meno danni!-

Resistendo alla provocazione, spiegò per bene la dinamica dell’accaduto. Remus a stento riusciva a contenere le risate.

Quell’ultima settimana era stata speciale, per entrambi. Dopo un primo periodo di dubbi e ripensamenti, finalmente erano riusciti a stare insieme per ciò che erano in realtà. Però sentiva che da parte sua c’era ancora qualche reticenza. E quella visita, lo sapeva, avrebbe chiarito tutto tra loro. Ciò significava anche che forse avrebbe dovuto accettare che la loro storia si chiudesse prima ancora di iniziare.

In pochi secondi, Remus mise tutto in ordine. Certo, pensare che a lui gli incantesimi domestici riuscivano assai meglio la faceva sentire in imbarazzo, ma quando vide la sua cucina tornare a risplendere… ehm, tornare ad essere quasi accettabile in termini di pulizia non potè fare a meno di rallegrarsene. Del resto, era un’auror molto impegnata e richiesta, lei. Perché sprecare il tempo a pulire una cucina o anche solo ad imparare il semplice incantesimo per farlo?

Remus fu veloce anche nel fare il tè, mentre lei, sempre più in imbarazzo, si era appropriata del vassoio di dolci di Milelandia e, arroccata sul divano, ne gustava i sapori strani e deliziosi.

-Qvuesti docci sono dabbero bvuoni!- disse tra un boccone e l’altro.

-Come hai detto?- rispose Remus dalla cucina.

Lei deglutì. –Questi dolci sono davvero buoni.-

In quel momento, lui entrò nel salotto, facendo galleggiare davanti a sé il vassoio dove aveva disposto ordinatamente il te, le tazze, lo zucchero e, notò lei con una strana sensazione di piacere, anche due piattini, uno con del miele, e uno zeppo di panna.

-E non avevo ancora visto il tè! Cos’, hai fatto un corso specializzato da cuoco in questi due giorni?-

Lui sorrise lievemente, poi si sedette e le servì il tè. Un minuto dopo aveva assunto l’espressione più seria possibile.

-Sai bene perché sono qui. Anche se è l’ultima cosa che vorrei, sai anche cosa sto per fare. Non è così?-

Lei si rabbuiò, rimanendo con un pasticcino mezzo inzuppato nel tè, e con un’aria davvero stupida.

-Mi dispiace, ma per quanto questa settimana sia stata meravigliosa, io non posso farlo. Vicino a te mi sento completo, ma non potrei vivere sapendo di averti condannata ad un’esistenza come la mia, da reietta. –

Qualcosa di molto simile alla pura rabbia attraversò tutto il suo corpo, facendola improvvisamente sentire potente. Avrebbe potuto facilmente scagliare quella stupida tazzina e quel pasticcino in testa all’uomo cocciuto che le sedeva davanti.

-Sai, Remus, credo di averlo sentito già a sufficienza, questo discorso. Inutile dirti che non sono d’accordo. Mi spiace solo che tu continui a non capire il mio punto di vista.-

Il viso dell’uomo fu attraversato da un lampo di stupore. Cosa si aspettava, che lei accettasse il suo bel discorsetto e rinunciasse a lui senza neanche provare a lottare? Non aveva capito nulla.

-Ninfadora, credo che sia tu piuttosto a non capirmi. Sai cosa vuol dire essere un lupo mannaro? No. Tu non capisci che vuol dire essere diversi, additati, temuti… spesso non sono considerato neanche un uomo. Credi che sarebbe facile essere mia moglie? Che potresti farlo allegramente, e che magari le tue maggiori preoccupazioni sarebbero i guai combinati in cucina e gli incantesimi domestici? Credimi, sarebbe molto diverso. Dovresti cercare dentro di te continuamente il motivo che ti spinge a sacrificare la tua vita per una persona come me. E io non voglio questo. Voglio vederti felice.-

La sua voce non si era alzata, né incollerita. Parlava con una semplice venatura di tristezza e di accettazione. E fu proprio quest’ultima, l’accettazione, il rassegnarsi dell’uomo che portò la giovane ad arrabbiarsi ancor di più.

-IO, non capisco? Credi che io non capisca che vuol dire essere diversi! A quanto pare hai scordato che di solito me ne vado in giro con i capelli rosa acceso, oppure pensi che mi diverta a farmi notare da tutti? Io ho dovuto imparare ad accettare quello che ero, e posso accettare quello che sei! Non mi importa che il mio naso, i miei capelli, la mia bocca non abbiano una forma stabile: come potrebbe mai importarmi di quello che direbbero le persone di noi?-

Lui poggiò con delicatezza la tazzina sul tavolo, poi la guardò per alcuni istanti. Era uno sguardo profondo, che le trasmise tutta la paura e la voglia di sfida che Remus stava provando in quel momento.

-Perché? Perché vuoi rinunciare a vivere una vita serena? Perché vuoi rifiutare  quello che hai e perché… Diamine, perchè hai maledettamente ragione?-

Senza lasciare che la sua mente captasse il significato dell’ultima affermazione di lui, la ragazza si era alzata in piedi, spinta dall’ira e, contemporaneamente, presa dal forte desiderio di picchiarlo e stringerlo a sé.

-Perché ti amo, Remus! E’ così difficile da capire, per te?-

Sentì appena le lacrime che le solcavano il volto, mentre vide che lui si era alzato, e un attimo dopo la stringeva in un abraccio mozzafiato.

-Lo capisco. Si, lo capisco perché lo sento anch’io.-

Le accarezzò delicatamente i capelli che nella furia erano diventati di un rosso molto acceso, al confronto del quale quello di casa Weasley sarebbe parso un pallido arancione.

-Mi sono chiesto a lungo cosa potesse farmi stare così in pena. Ti volevo ben, certo, e per questo ho subito pensato che non potevo permetterti di essere innamorata di me. Ma c’era una parte del mio cuore, la parte più egoista, che ti reclamava tutta per sé. E in quel caso non c’entrava niente il volersi bene. Pensavo che ti avrei avuta ad ogni costo, e al diavolo le difficoltà. Perché sarei stato accanto a te. E questa parte, molto piccola, è riuscita ad avere la meglio su tutto il resto. Ma sono una persona troppo razionale, per fare quello che mi dice il cuore. Così ho cercato di impedirtelo fino alla fine. Ma non ci riesco più. Chi l’avrebbe mai detto che mi sarei innamorato di una ragazza pasticciona e coraggiosa come te?-

Lei, che aveva trattenuto il respiro mentre lui parlava, tirò un sospirò di sollievo e sorrise felice.

-Sarò sempre felice di esserti accanto, e non ti farò rimpiangere la tua scelta. E sarò eternamente orgogliosa della persona che sei.- disse piano, appena prima che lui la incatenasse in un bacio pieno di quelle promesse di fedeltà reciproca, di tutto il loro coraggio, della loro gioia e della loro voglia di sfidare il mondo ma, soprattutto, pieno di molto amore.

  
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