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Autore: Bloomsbury    19/07/2014    10 recensioni
[Storia in revisione] Capitoli revisionati: 14/35.
Jay era un ragazzo come tanti, con qualcosa in più o in meno degli altri, un ragazzo normale, un ragazzo omosessuale: particolare insignificante per ogni persona di buon senso.
Si vergognava di tante cose, tranne che di questo.
Jay bramava la luce, la libertà.
Fece la scelta sbagliata nel contesto meno appropriato e quel particolare insignificante diventò la spada che lo uccise, la macchia scura che lo inghiottì.
«Mio figlio è morto il giorno stesso in cui ha tradito la natura che gli ho donato con orgoglio.»
«La natura che mi hai donato è quella che ti ho confessato…»
«È una natura che mi fa ribrezzo!»
Così comincia la storia di Jay Hahn, fatta di dolori, di abbandoni, di amore, di amicizia, di segreti, di bugie, di tempesta.
E le tempeste intrappolano nel proprio occhio ogni cosa, risputandoti fuori lacerato, diverso, un mostro.
Jay uscirà ed entrerà da quelle raffiche di vento, diventerà lui stesso la tempesta e annienterà ogni cosa al suo passaggio.
Compreso se stesso.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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"Your heart's a mess
You won't admit to it
It makes no sense
But I'm desperate to connect
And you can't live like this."

Hearts a Mess- Gotye 


 
 


25. Hearts A Mess
 
 
Gli occhi di Izaya, quella mattina, avevano qualcosa di diverso, come se avessero visto un segreto, qualcosa che non era dato vedere a nessuno. Jay sondò il suo sguardo per qualche istante prima di lasciarlo andare. Lo abbracciava reggendosi dalle sue spalle, sfiorando con le dita dei piedi il pavimento mentre l’altro gli cingeva la vita, sollevandolo leggermente.
«Tornerai presto?»
«Prima di quanto credi.» rispose Izaya, baciandogli la spalla «Robert mi ha prestato la sua auto, ci metterò meno del solito.»
«Maledetto il giorno in cui hai accettato di seguire quel caso. Ogni settimana ti portano via da me.» protestò stringendolo di più, fino a mozzargli il fiato.
«Jay, mi stai soffocando.» ansimò Izaya, cercando di fargli allentare la presa.
«Scusa. Vai, non ti tratterrò!» promise senza mettere in pratica la sua parola.
Continuò a stringerlo sempre più forte, fino a far ridere Izaya, intrappolato nelle sue braccia «Ti stai contraddicendo. Non puoi dire: Vai! E poi non mi lasci andare.»
«Vai, vai, vai…» urlò Jay legandolo di più a sé, stringendo gli occhi più forte che poteva.
«Vuoi che usi la forza?» chiese accarezzandogli i capelli mentre il viso del ragazzo, affondato nella spalla di Izaya, sorrideva della sua stessa mancanza di forza d’animo.
«Tu non saresti mai in grado di usare la forza con me.»
«Ne sei certo?» non si diede neanche il tempo di finire la frase che già aveva letteralmente lanciato il corpo esile di Jay sul divano, facendolo ridere tra le proteste: «Sei un animale!»
Izaya, dopo essersi avvicinato a lui, stando attento a non farsi imprigionare di nuovo, lo baciò teneramente solleticandogli il viso con la barba folta «Torno presto.»
«Ok.» mormorò.
 
Non era mai tornato.
 



Jay fissò indeciso i vestitini da bambina che aveva nelle mani, aggrottando le sopracciglia perplesso.
Nina, la figlia di Lizzie e Robert, avrebbe compiuto il suo primo anno di età quella sera e, dopo due mesi, l’avrebbe rivista.
Da quando era nata l’aveva vista solo cinque volte contro i trecentosessantacinque giorni che aveva immaginato il giorno in cui Lizzie aveva annunciato a tutti di essere incinta.
Quel giorno aveva vagato con i pensieri, aveva sognato di poter diventare il suo punto di riferimento, il suo zio preferito ma, in tutti quei sogni, non si era mai immaginato senza Izaya.
Per togliersi quel pensiero dalla testa, finalmente scelse il vestito bianco adornato da piccole violette dipinte a mano, non era sicuro della decisione presa, ma avrebbe scelto qualsiasi cosa pur di sbrigarsi e togliersi da quella situazione.
Jay aveva smesso di andare all’università come aveva interrotto quasi totalmente il rapporto con Lizzie e Robert. Non aveva mai parlato con loro di Brad né del suo nuovo stile di vita.
Agli occhi di molti poteva sembrare un semplice arrivista e approfittatore che viveva con i soldi di un uomo ricco e ingenuo, per altri era semplicemente una puttana.
Inizialmente aveva accettato un aiuto senza assicurare il suo corpo a Brad, poi il rapporto diventò sempre più complesso, fino a che Jay non divenne altro che una delle tante proprietà di quell’uomo.
Brad, dal canto suo, credeva di aver instaurato un reale rapporto di coppia, tralasciando il particolare che spesso, senza alcun consenso, si prendeva il lusso di decidere della vita di Jay facendogli perdere ogni possibile occasione lavorativa trovando scuse e argomentazioni del tutto giustificate, anche se supportate da una buona dose di informazioni sbagliate e falsità.
Avevano raggiunto un equilibrio, secondo Brad.
Lui pagava qualsiasi spesa, facendogli anche dei regali e Jay non faceva altro che accontentarlo, non senza protestare.
 
«Scordatelo. Non ti porto al compleanno di Nina.» decise categoricamente mentre ripiegava il vestitino per poi riporlo nella busta firmata.
«Ma dai. Stiamo insieme, Jay. Dovrai presentarmi a loro prima o poi» contestò Brad seduto al centro del letto sfatto che odorava ancora dei loro corpi.
«Ancora ti illudi di essere il mio fidanzato? Io sono il tuo giocattolino e tu lo stronzo che si diverte a giocarci.» disse con freddezza, mentre sceglieva i vestiti da mettere per la festa tra le camicie firmate, i vestiti pregiati e i tessuti ricchi di alta sartoria.
Sceglieva con cura il suo vestiario, trattava con riguardo gli oggetti che lo tenevano in ostaggio, esaminava attentamente le cose con le quali era stato comprato.
«Non essere così cinico. Se dici così sembra quasi che tu stia con me solo per i soldi.»
«Non c’è un motivo diverso, attualmente. Tu mi assicuri il benessere ed io ti accontento, ma non ti illudere: ti sto solo usando per poi mollarti senza pietà una volta trovato un modo per mettere in ordine la mia vita.» disse con distacco, abbottonando una delle tante camicie cucite su misura da un prestigioso sarto di Savile Row.
Brad, dopo aver terminato la solita risatina sommessa, lo raggiunse trascinandosi sul letto per poi afferrarlo dalla mano per avvicinarlo.
Jay lasciò fare senza protestare.
«Quando smetterai di rifiutarmi?» chiese l’uomo cingendolo tra le braccia, insinuando le mani sotto la camicia ancora sbottonata.
«Quando smetterò di essere così mediocre.»
«Allora: mai!» sussurrò baciandogli le labbra inermi «Ti sei affidato a me proprio perché lo sei. Hai solo me, Jay. Tu non sei niente, non sei nessuno, sei un ragazzino squallido e mi fai quasi pena, per questo ho deciso di prendermi cura di te.»
«Sai perché ti odio, Brad?» chiese avvolgendogli le spalle con le braccia «Perché hai sempre ragione» concluse baciandolo avidamente come se volesse tappargli la bocca prima che potesse infierire.
Come era arrivato a quel punto non lo sapeva neanche lui, l’unica cosa chiara era che, ormai, si era lasciato manipolare cadendo in un circolo vizioso dal quale difficilmente sarebbe uscito.
Stare con Brad significava accontentarlo e concedergli il lusso di fare tutto quello che lui voleva, in cambio avrebbe avuto il tempo di riprendersi, di trovare il modo di ricominciare da zero, di tenere la casa che era stata di Izaya.
Se nei primi tempi aveva categoricamente rifiutato di diventare l’oggetto sessuale di Brad in cambio di soldi, adesso lo era in piena regola.
Si era messo nelle mani di uomo che, lentamente, senza neanche farsene accorgere, aveva preso possesso della sua vita, condizionandolo, manovrandolo e la cosa che, più di tutto, accresceva la frustrazione del ragazzo era proprio il fatto che se ne fosse reso conto, e aveva lasciato fare senza opporsi.

***
 
«Dì grazie a zio Jay!» esclamò Lizzie, reggendo sulle gambe la piccola che, con occhi perplessi, scrutava il ragazzo seduto difronte a lei.
«Non sembra contenta, forse avrebbe preferito un giocattolo.» asserì Jay, soffiando il fumo dell’ultimo tiro di sigaretta.
«Certo che è contenta! Non lo vedi il suo sguardo colmo di giubilo?» ironizzò Robert poggiato alla porta della cucina mentre osservava in disparte la scena.
Jay rise, mentre Lizzie cercava in ogni modo di giustificare il comportamento sarcastico di Robert.
«Lizzie, tranquilla. Non mi sono offeso. Le ho preso un vestitino perché i giochi non piacciono a me, senza pensare che, invece, avrebbero sicuramente fatto piacere a lei.»
«È un bellissimo vestito.» a quel punto Robert decise di collaborare e di togliersi dal viso l’espressione beffarda che aveva avuto per tutta la cena.
Mentre Nina stendeva le braccia per aggrapparsi a Jay, l’atmosfera si cristallizzò.
Forse tutti in quella stanza pensarono a come sarebbe stato se ci fosse stato ancora Izaya; molto probabilmente avrebbe adorato quella bambina, conoscendolo.
Non appena aveva saputo che sarebbe nata, un sorriso gli aveva illuminato la faccia tanto da attirarsi ogni tipo di battuta. Robert aveva detto che, in fondo, anche Izaya possedeva un cuore tenero, Lizzie l’aveva additato, dicendogli che sarebbe stata ora di togliersi dal viso l’espressione da strafottente in favore di qualcosa di più dolce ed amichevole; Jay, invece, lo aveva adorato, riconoscendo quell’amore che lui comprendeva meglio di chiunque altro. Un amore che solo in pochi avevano avuto il privilegio di conoscere interamente.
Ma Izaya non c’era e gli occhi allegri di Nina erano gli unici a non avere alcuna ombra di nostalgia o dolore.
Jay rimirò la pelle candida e profumata di quel piccolo miracolo posato senza alcun peso sulle sue gambe e sorrise debolmente, indeciso se quella vista così dolce e spensierata facesse più male che bene.
Sospirò impercettibilmente, stanco di non riuscire a trovare conforto in niente e, come al solito, si rese gelido, tanto che la bambina si voltò nuovamente verso sua madre, chiedendole con gli occhi di poter ritornare da lei.
Guardando con distacco la scena del ricongiungimento tra figlia e mamma che non ricordava neanche più di aver vissuto in prima persona da bambino, si poggiò svogliatamente allo schienale del divano, accendendosi un’altra sigaretta.
«Di cosa ti occupi di preciso, Jay?» chiese a bruciapelo Robert, osservando le iniziali del ragazzo ricamate a metà busto sulla camicia.
«Lavoro per un agente di commercio. Diciamo che sto imparando qualcosa da lui.»
«Ottimo! Quindi ti sei rimesso in pista!» esclamò Robert nascondendo una punta di dubbio.
«Più o meno.»
Il fatto che Jay avesse sussurrato le ultime parole senza troppa convinzione, sviando lo sguardo pur di sfuggire ad ulteriori domande, avvalorò di poco le impressioni che Robert aveva formulato dentro di sé.
Il Jay che aveva davanti non era quello che aveva conosciuto anni fa, lo sapeva bene; in quel mese in cui l’aveva ospitato a casa sua dopo la morte di Izaya aveva imparato a interpretarlo e a decifrare ogni sua sfumatura.
Il ragazzo che aveva davanti era ormai un uomo e certamente la morte del suo compagno lo aveva reso ancora più adulto, ma i tentativi di rendersi criptico in qualche modo fallirono, perché Robert sentiva che c’era qualcosa che non andava ma, conoscendolo, sapeva che se avesse chiesto in modo troppo diretto avrebbe solo ottenuto risposte evasive e, certamente, un conseguente congedo che avrebbe avuto in pieno il sapore di un’autentica fuga.
Rimasero in silenzio ancora un po’, concentrandosi su Nina che a poco a poco, stretta alla sua nuova bambola, chiuse gli occhi per poi adagiarsi lentamente sul seno della madre.
Lizzie, dopo averle dato un bacio sulla fronte, accarezzandole le gote rosse e paffute, si alzò stringendo la bambina: «La porto a letto. Jay, vieni con me?»
La guardò smarrito, incerto sulla riposta da darle, ma dopo pochi secondi si alzò senza parlare, solo accennando un sorriso, e la seguì nella stanza accanto dove una luce fioca color ambra sfiorava i contorni di ogni cosa, compresi i loro corpi.
Guardò con curiosità i gesti dolci e materni che Lizzie compiva silenziosamente, curando con amore la sua bambina e si ricordò di quando, quella stessa donna, l’aveva accolto nel suo bar, trattandolo come fosse suo figlio, con una dolcezza che non ricordava di aver mai visto neanche negli occhi di sua madre.
Un frammento di ricordo squarciò per un attimo il ghiaccio che aveva permesso di rafforzarsi intorno al suo cuore, ma fece di tutto pur di non cedere.
Chiuse la porta della stanza alle sue spalle dopo aver fatto uscire Lizzie e raccogliendo i piatti sul tavolo e gli ultimi resti della cena, cercò Robert senza successo.
La cosa lo rincuorò, perché ormai vedeva Robert come un nemico dal quale doversi difendere.
Aveva timore di lui, provava imbarazzo ogni volta che i suoi occhi indagatori cercavano di capire, di afferrare qualsiasi particolare che potesse svelargli il perché di tante cose, prima cosa fra tutte: la scomparsa quasi totale di Jay dalla loro vita.
«Pensavo fosse una festa. Come mai eravamo solo noi?» chiese il ragazzo affiancandosi a Lizzie intenta a sciacquare i piatti in cucina.
«La festa sarà domani al parco giochi. La mia vicina ha due gemelli dell’età di Nina e ha organizzato questa piccola festa per bambini. Saremo mamme e tanti marmocchi chiassosi. Ho voluto organizzare questa cena di compleanno per invitarti. Per farti vedere la bambina.»
«Hai avuto… un pensiero gentile.» rispose sfiorato da quel piccolo senso di colpa che, normalmente, metteva a tacere ogni volta che non rispondeva alle chiamate di Lizzie.
«Non posso pensare che la mia bambina cresca senza conoscerti.» infierì ancora la ragazza, provocando un sospiro afflitto di Jay che, allontanandosi da lei, cercò forzatamente di trovare qualsiasi altra cosa sul quale spostare l’attenzione.
Vide il vecchio jukebox all’angolo e si voltò verso Lizzie, indicandolo ma, prima che potesse parlare, si ritrovò davanti gli occhi in lacrime della ragazza che, in silenzio, lo scrutava alle sue spalle.
Jay estese il suo sguardo altrove pur di non guardarla, tamburellando le dita sul tavolo, mordendosi le labbra per non permettere alle prima parole di uscire incautamente.
«Tu mi manchi.» mormorò lei, pregando di sentire una risposta rassicurante, tipica del suo vecchio amico.
«Non ne hai ragione. Sono qui.» minimizzò avvicinandosi alla finestra, dandole le spalle.
«Capisco che molte cose siano cambiate e che, quindi, il nostro rapporto non possa essere più come quello di una volta ma… sei tu ad essere cambiato. Una volta avresti fatto i salti mortali pur di rimanermi accanto, pur di far parte della vita della bambina, adesso sei distante. Non sorridi più, non mi guardi più con tenerezza. Ricordo ancora quando ebbi minacce d’aborto, tu mi stesti accanto, mettendo da parte i tuoi impegni, prendendoti cura di me. Adesso sei un groviglio di sentimenti incomprensibili e non mi permetti di avvicinarmi a te. Io ti ho amato, Jay. Ti ho amato come amica, ti ho amato come madre e ti amo ancora ma non so più cosa devo fare. Speravo che questa serata potesse essere…»
«Non si possono raccogliere e mettere insieme cocci di un qualcosa che si è rotto.»
«Ma tra noi non si è mai rotto niente…»
«Io sì. Io mi sono fatto in mille pezzi. E sto cercando di rimetterli insieme ma devo farlo da solo.» rispose monocorde.
«Perché non mi guardi quando parli? Da cosa vuoi nasconderti?» chiese avvicinandosi a lui, posandogli una mano sulle spalle che, puntualmente, si scrollò di dosso allontanandosi. «Non mi permetti neanche di toccarti.» affermò sicura, con la mano ancora sospesa a mezz’aria, impossibilitata a posarsi dove avrebbe voluto.
Con i gomiti poggiati al davanzale, Jay guardava distrattamente i passanti in strada, desiderando di mischiarsi a loro. Si sentiva come un leone in gabbia; se avesse avuto la certezza di non ferire Lizzie sarebbe scappato da quella casa, dalle domande, dalle pressioni. Scelse di rimanere, lei meritava qualche spiegazione in più, nonostante non potesse dargliene delle dettagliate: «Sono cambiato, sono diverso.» sussurrò stanco, come se stesse prendendo coscienza della cosa solo in quel momento. A forza di rendersi totalmente indifferente a se stesso aveva quasi dimenticato chi era stato in passato, ma Lizzie non l’aveva dimenticato, così si accostò al muro in silenzio, in attesa di spiegazioni.
«Quando mi chiami non mi nego perché non sei importante o perché io non provi dei sentimenti per te. Tu sei e sarai per sempre l’unica donna che io abbia mai amato, a mio modo. Ma sono diverso e…» si fermò per un istante e si voltò, dando finalmente le spalle alla finestra e non a lei «Lizzie, il mio cambiamento è così insopportabile anche per me che non mi sento più di meritare la tua presenza. Sono così patetico e disgustoso da sentirmi completamente fuori luogo quando sto con te. Una volta ero un ragazzo capace di godere delle tue risate, dei tuoi abbracci, adesso quelle stesse cose mi fanno sentire vuoto dentro.» concluse digrignando i denti, combattuto tra l’indignazione e la resa.
«Non posso più correre dietro la tua ombra, non perché io non lo voglia, ma perché desidero davvero riuscire a trovare un modo per tirarti fuori dal grigiore nel quale ti sei chiuso; correrti dietro non è la soluzione. Ciò che posso fare è dirti che io sono sempre Lizzie, sempre la solita e che ci tengo a te.» riuscì a sfiorargli il mento senza essere respinta e con dolcezza gli spostò la ciocca di capelli che aveva avuto per tutto il tempo davanti agli occhi e azzardò: «Vorrei che tutto potesse ritornare come una volta.».
Rimasero a guardarsi occhi negli occhi in silenzio mentre Lizzie gli stringeva il viso, costringendolo a non spostare lo sguardo da lei.
Voleva svegliarlo, convincerlo che avrebbero potuto ricostruire ciò che la morte di Izaya aveva distrutto, così sorrise impercettibilmente per incoraggiarlo e per fargli capire che non era solo, non lo era mai stato.
Lo scatto repentino di Jay, però, fece crollare ogni speranza: ancora una volta si era sottratto alle sue mani, alle sue parole; Lizzie sentì di non essere davvero più in grado di consolarlo.
 «Non lo capisci che non è possibile? Ormai siamo due persone con due vite diverse, con esigenze agli antipodi e poi… come si può tornare ad essere come una volta adesso che Izaya non c’è più? Come puoi pretendere questo da me?» chiese senza l’ombra di una lacrima, ma solo con enorme rabbia negli occhi.
«Non lo so. Non ti sto dicendo che dobbiamo farlo, ti sto chiedendo di provarci…»
«Non posso.» la interruppe categorico, tagliando l’aria con un gesto della mano per poi ricominciare a parlare come un fiume in piena, ma colmo di rassegnazione: «La morte di Izaya non è l’unica ragione. Il fatto che lui sia morto ha dato solo il via ad un qualcosa che non riesco più a fermare. Mi sento così indifferente nei confronti di tutto e di tutti, nei confronti di me stesso. Non riesco più a sentire niente, io vorrei provare qualcosa ma non sento niente.» rimarcò con malessere, come se quel niente lo stesse consumando dentro. «Non c’è sorriso, non c’è abbraccio che io riesca a vedere e ad apprezzare. Non esiste persona che riesca a farmi sentire felice solo perché c’è. Non mi importa più di niente e il non riuscire a spiegarlo mi fa chiudere ancora di più in me, perché io lo spiego ma tutti rispondono: “È impossibile. Nessuno riesce a diventare così insensibile, sono solo le circostanze!”. No, cazzo!» urlò, stavolta con lo sguardo colmo di lacrime di rabbia. Si costrinse nuovamente all’aridità, davanti ad una Lizzie travolta dalle sue parole impietose. Jay si asciugò le lacrime come fossero qualcosa dal quale doversi liberare in fretta e, concludendo il suo sfogo, si arrese: «Ad un certo punto ho deciso che mi faceva tutto troppo male e qualcosa in me è scattato: non ho provato più dolore, ma ho sacrificato tutto il resto. C’è una piccola parte di me, del vecchio Jay, che ogni tanto esce fuori ma non è abbastanza forte per imporsi ed io non ho nessuna intenzione di permetterglielo. Se continuare a sopravvivere significa perdere gli amici, l’umanità e i ricordi allora rinuncio a tutto. Voglio sopravvivere, vivere non mi interessa, non fa più per me. Ma tranquilla: Sto bene!».
Se il silenzio avesse avuto un peso probabilmente Lizzie e Jay sarebbero rimasti schiacciati a morte. Non c’era più nulla da dire…
 
Era uscito di casa in silenzio dopo averla baciata sulle labbra, come era solito fare. Non si dissero “addio”, ma mollarono entrambi la presa. Si arresero, nessuno riuscì a convincere l’altro e per non dover pentirsi di aver forzato la mano chiusero il discorso.

***
 
Jay non provava più niente: non sentiva traboccare il cuore di felicità alla sola vista della bambina, non si sentiva più leggero con il sorriso di Lizzie, non riusciva a rassicurarsi con la presenza di Robert e non provava più dolore.
L’unico sentimento che riusciva a farlo sentire ancora in vita era la rabbia, ed il solo capace di scatenargliela era Brad.




Angolo Autrice.
Ciao! Questo capitolo è un po' più lunghetto rispetto agli ultimi postati, questo perché era importante chiarire i rapporti che ormai si sono instaurati tra Jay e il resto dei personaggi. Nel prossimo capitolo ci sarà un risvolto particolare e dal prossimo ancora... (minispoiler)... qualcuno si rifarà vivo. Dai, già so a chi sta pensando, non fate i finti tonti. Per le fan sfegatate di un tizio in particolare il capitolo 27 sarà importante :P
Voglio ringraziare tutti quelli che mi leggono e mi commentano. Bijouttina che nello scorso capitolo ha tirato fuori le unghie alle grande, Babbo Aven che amo per il suo buon cuore che, a volte, gli fa vedere le cose migliori di quello che sono, Elsker che mi scrive sempre cose che mi fanno commuovere, Ghost che amo enormamente, Ally_M che sta all'inizio, quindi, finché vede questo angolo autrice magari sono già morta (:O vi immaginate se schiatto prima di finire la storia?? O_O).
Ringrazio Ladywolf la mia dorata fonte di risate, ispirazione e un sacco di altre cose, Emide mia che mi manca T_T, Moloko che legge e lo so, Oxymoros che legge e lo so, Mrs Burro che legge e lo so e tutti quelli che leggono ed io lo so.
Ringrazio WarHamster che è meravigliosa e punto.
Grazie a DarkViolet92 per le sue recensioni che sembrano tanto riflessioni.
Grazie a tutti quelli che leggono in silenzio e quindi tutti quelli che hanno messo la storia nelle Preferite/Ricordate/Seguite.
Grazie di cuore a tutti.
Bloomsbury

p.s. questo capitolo è stato scritto con amore, ma quanta sofferenza -.- Quindi mi scuso se ci dovessero essere refusi.
   
 
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