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Autore: Raika    19/07/2014    0 recensioni
Gli opposti si attraggono e quando un demone e un agnello si incontrano la scintilla è inevitabile.
"Nei momenti critici il bene ha qualcuno dalla sua parte. Il male no."
E se il destino concedesse ad un demone l'aiuto di un agnello?
Bene e Male.. Demone e Agnello.. Destino e Scelta..
Il suo nome è Charlotte Hellenton e questa è la sua storia..
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Jin Kazama, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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La Famiglia Kazama

Livello di sicurezza 6.
Accesso Negato.
Charlotte sbuffò innervosita.
Detestava quel dannato livello di sicurezza e ancora di più non potervi accedere.
Indispettita fissò lo schermo del computer, dove le parole “Jun Kazama” si stagliavano a caratteri cubitali, come a deridere il suo misero account non autorizzato e sempre più irritata chiuse il portatile, sbattendolo con poca cura.
Aveva i nervi a fior di pelle, non solo aveva scoperto che, senza alcun motivo logico, nei database della compagnia c’erano file su Jin e tutta la sua famiglia, ma adesso che voleva consultarli non poteva farlo perché nel suo stupido account non era previsto l’accesso al livello sei.
Il miagolio di Ra irritò ulteriormente la ragazza, la quale cercò di ignorarlo. Quel gatto era stata una condanna, più ci pensava più si convinceva dell’errore fatto nel portarlo a casa.
« Ra sta un po’ zitto!» esclamò esasperata Charlie.
Doveva riflettere e l’insistente ed esasperante miagolio non l’aiutava affatto.
Il micio la fissò offeso e per vendetta saltò sulla libreria facendo cadere tutto ciò che c’era sopra.
« Ra!» urlò Charlotte scattando in piedi, mentre l’animale si sistemò soddisfatto in cima al mobile. « Stupido gatto!»
Imprecando silenziosamente riunì i vari libri e oggetti a terra e tra di essi trovò qualcosa che le diede un’idea su come trovare le informazioni che le servivano.
« Per questa volta ti è andata bene» disse a mo’ di minaccia alzando gli occhi verso il micio, per poi recuperare il suo cellulare.
Ci mise un po’ prima di comporre il numero desiderato, infondo era da molto tempo che non lo faceva e dal modo in cui si erano conclusi i loro rapporti non era molto sicura di volerlo sentire nuovamente. Però che altra scelta aveva? Se davvero voleva qualche informazione su Jun Kazama l’unica cosa da fare, sorvolando l’improponibile opzione di domandare al figlio, era chiedere aiuto a Jimmy Fong.
Charlie sospirò e lentamente compose il numero.
Il cellulare all’altro capo squillò per molto tempo, anche più del dovuto probabilmente, e quando la giovane si convinse che nessuno ormai le avrebbe risposto, una calda voce che fin troppo bene conosceva disse « Pronto.»
« Ciao Jimmy, sono Charlie.»
Per diversi attimi il ragazzo all’altro capo del telefono rimase in silenzio, poi dopo quella che alla giovane sembrò un’eternità, rispose « Charlotte.»
« Come stai?»
« Che ti serve?» chiese lui di rimando.
« Perché pensi che mi serva qualcosa?» domandò ferita lei, davvero credeva che lo avrebbe chiamato soltanto per necessita? Anche se effettivamente era per il suo aiuto che lo aveva cercato, questo non significava certo che si ricordava di lui soltanto nel momento del bisogno.
« Andiamo Charlie» disse Jim e alla ragazza sembrò quasi di sentirlo sorridere. « Sono passati quattro anni dall’ultima volta.»
« Lo so,  mi dispiace.. Io ho..»
« Risparmiami patetiche scuse come: “ho avuto da fare” o “sono stata impegnata”.»
« Mi dispiace, scusami.»
Jimmy sospirò, dispiaceva anche a lui.
« Dai Charlie, che ti serve?»
« Lavori ancora per l’Interpool?»
« Si..»
« Puoi procurarmi informazioni su Jun Kazama?»
« Si, certo. Per quando ti servono?»
« Il prima possibile.»
« Okay, ti farò sapere in questi giorni.»
« Grazie Jim.»
« Di niente.»
Per alcuni attimi nessuno dei due parlò, incapaci di aggiungere altro o semplicemente attaccare, poi rassegnatosi il ragazzo concluse « Ci sentiamo presto.»
« Si. Ciao Jim.»
« Ciao Charlotte.»

Come Jimmy le aveva promesso, nel giro di pochi giorni trovò le informazioni richieste e in un caldo pomeriggio Charlie si trovò seduta nello stesso caffè in cui più di quattro anni prima aveva incontrato la giovane recluta Jimmy Fong.

Era un assolato pomeriggio di inizio autunno e Charlotte, al limite della sua pausa pomeridiana stava tornando verso il suo istituto, per affrontare l’interminabile lezione di economia aziendale, la quale, data la vivace tonalità funebre della docente, richiedeva una dose doppia di caffè per essere superata.
La ragazza camminava con deliberata lentezza, pensando ad almeno un centinaio di modi in cui avrebbe preferito passare quel pomeriggio, ma a cui doveva rinunciare per quella noiosa lezione.
Charlie detestava profondamente economia aziendale e non solo perché la vivacità della professoressa era pari a quella di un bradipo in fin di vita, ma perché per due lunghissime ore avrebbe dovuto affrontare noiosissimi calcoli di bilanci e leggi giuridiche in chiave economica, che ad una sedicenne interessavano ben poco.
“Stupido Teorema della Ragnatela” pensò la giovane, immaginando il tono strascicato con cui la sua professoressa l’avrebbe pronunciato.
Facendo una smorfia al solo pensiero la ragazza guardò l’orologio, aveva ancora tre minuti per arrivare in orario e.. Bum!
« Brucia! Brucia! Brucia!» imprecò Charlotte gettando a terra il bicchiere che, prima che finisse sulla sua camicetta, conteneva il suo caffè.
« Oh Dio! Scusami! Scusami tanto! Io andavo di fretta e non ti ho vista, scusami davvero. Stai bene?» chiese qualcuno mettendole una mano sulla spalla.
Charlie alzò lo sguardo incontrando il volto di un giovane ragazzo dai gentili occhi celesti, il quale le sorrise dispiaciuto.
« Scusami davvero. Ti sei fatta male?»
Lei scosse la testa, ma quando il ragazzo abbassò lo sguardo sulla camicetta macchiata esclamò « Mi dispiace tantissimo, è rovinata.»
« Non fa niente, posso sempre lavarla.»
Lui annuì, poi togliendosi la sciarpa aggiunse « Prendi questa, puoi nascondere la macchi almeno.»
« Grazie» rispose Charlie permettendogli mettergliela.
« Perfetto» disse soddisfatto. « Adesso scusa, ma devo scappare sono in tremendo ritardo.»
« Si, anche io» annuì la giovane. « Ehi aspetta, ma come farò a restituirtela?»
Il giovane fece spallucce. « Credo proprio che dovremo rivederci.»
Charlotte sorrise. « Si, penso anche io. Domani?»
« Qui?»
« Si.»
« Allora a domani.. Scusa, ma non ho afferrato il tuo nome.»  
« Charlotte..»
« Io sono Jimmy.
»

« Sei in anticipo» disse una calda voce riportandola al presente. « Di nuovo.»
« No, sei tu che sei in ritardo anche questa volta.»
I loro occhi si incontrarono e un sorriso malinconico si aprì sulle loro labbra: si erano detti le stesse frasi di all’ora.
Per alcuni attimi nessuno dei due parlò, scrutandosi a vicenda: lui portava i capelli più corti, il suo fisico era più tonico e al suo anulare sinistro stava una fedina; lei aveva i capelli più lunghi, il suo volto si era affinato e il suo stile nel vestire era diventato più elegante, ma i suoi occhi non erano cambiati, oggi come all’ora erano di una luminosità disarmante.
« Jim io..» iniziò a dire Charlie, venendo però interrotta da un cenno del ragazzo: non era lì per rivangare sul passato.
« Lascia stare..»
« No invece, io ti devo delle scuse.»
« Charlie sono passati quattro anni ormai..»
« E’ proprio per questo che te le devo.. Io.. Avrei voluto richiamarti Jim, davvero. Non hai idea di quanto avrei voluto farlo, ma avevo paura del tuo giudizio, di quello che avresti pensato di me..»
Jimmy sospirò, sapeva che era una pessima idea rincontrarla, ma non era mai stato capace di dirle di no, anche se quello significava riaprire vecchie ferite.
« Avevo diciassette anni, Jim. Ero una ragazzina.. Avevo paura che se ti avessi detto che mio padre era uno degli uomini che disprezzavi tanto, avresti odiato anche me.. Io.. Adesso mi rendo conto quanto sono stata stupida, ma all’ora mi sembrava giusto così..»
« Charlie» le disse lui allungando una mano per sfiorare quella di lei. « L’ho superata orami.»
La giovane annuì sorridendo tristemente, mentre Jim abbassò lo sguardo.
In realtà lui non aveva mai superato davvero tutta quella storia, la verità era che non si era mai perdonato per non averla mai più ricercata, per non averle detto che infondo non gli importava niente di chi fosse suo padre, la verità era che tutt’ora si pentiva di non averla riportata indietro quando ne aveva avuto l’occasione. Ma questo non poteva dirglielo, questo lei non l’avrebbe mai saputo, perché quattro anni erano molti e troppe cose orami erano cambiate, loro erano cambiati.
Il silenzio cadde su di loro e nessuno dei due trovò niente da dire per interromperlo: troppi ricordi aleggiavano tra di loro, troppe frasi non dette gli separava, troppi rimorsi gli corrodeva e troppi rimpianti gli agognava.
Soltanto quando la cameriera venne a prendere le ordinazioni e tornò con due caffè, si decisero a parlare.
« Ciò che mi hai chiesto» disse Jimmy porgendole una busta.
La ragazza sorrise aprendola ed estraendo un fascicolo interamente dedicato a Jun Kazama.
« Grazie, Jim.»
L’agente Fong la osservò leggere attentamente le informazioni che lui le aveva consegnato e un insensata angoscia lo pervase: non era stato per niente facile arrivare a quel file, aveva dovuto accedere a database secretati e a livelli di sicurezza estremamente alti.
« Charlie» chiese improvvisamente. « In che guaio ti stai cacciando questa volta?»
Charlotte alzò appena lo sguardo dal fascicolo e inarcando un sopracciglio rispose « In nessun guaio.»
Lui alzò gli occhi al cielo.
« Charlie sai dove ho preso quel fascicolo?»
La ragazza fece spallucce e Jim continuò « Era nei database dell’Interpool, ma è stato preso hackerando i sistemi della Mishima Zaibatsu. Hai idea di cosa significa?»
« Che se i Mishima se ne accorgono siete nei guai?»
« Che ti stai cacciando in qualcosa di molto pericoloso, tutto ciò che ha a che vedere con quella famiglia porta solo guai.»
« Hai sempre avuto la tendenza a vedere le cose peggiori di quello che realmente sono, Jim.» rispose lei con fina noncuranza.
Jimmy alzò gli occhi al cielo esasperato, poi esclamò « Charlie sono serio!»
Lei fece spallucce, sapeva benissimo che mettersi sulla strada dei Mishima non era raccomandabile, ma non le interessava. Al ragazzo invece bastò guardarla negli occhi per capire che avrebbe comunque continuato quel percorso, pericoli o meno e questo non poteva permetterlo.
« Perché non mi ascolti mai?! Perché devi essere così maledettamente testarda!» esclamò il ragazzo sbattendo le mani di fronte a sé. « E’ stato un errore portarti quel fascicolo, forza dammelo.»
Charlotte sussultò, stringendo a sé i fogli. « No.»
« Charlie dammi il dossier.»
« Non lo farò.»
« Non costringermi a denunciarti all’Interpool.»
« Fallo pure, ma cosa pensi diranno i tuoi superiori quando gli dirò che sei stato tu a consegnarmelo?» rispose la Hellenton.
Per diversi attimi nessuno dei due parlò, gli occhi fissi in quelli dell’altro, sfidandosi con lo sguardo, entrambi forti delle loro convinzioni, entrambi decisi a non cedere.
Sembrò passare un’eternità senza che nessuno battesse ciglio, poi a rompere quel silenzio carico di tensione fu il cellulare di Jim.
« Fong» rispose il ragazzo, senza staccare gli occhi da Charlie.
Charlotte osservò il giovane annuire alle parole del suo interlocutore misterioso e rispondere di tanto in tanto con informazioni del tutto irrilevanti per lei, fino a che la chiamata non si concluse.
« Si, tra un attimo sono da te» rispose Jim buttando giù.
« Lavoro?» domandò lei.
Il ragazzo annuì, poi sospirando sconfitto aggiunse « Charlie, ti prego, in qualsiasi cosa tu ti stia buttando, ti scongiuro, lascia perdere.»
« Non posso Jim.»
« Perché?» chiese esasperato lui.
Perché?
Forse perché quella donna di cui lui gli aveva dato informazioni le appariva continuamente in sogno? Perché lei le chiedeva continuamente di proteggere suo figlio? Perché non aveva la più pallida idea da cosa dovesse proteggerlo? Perché tutta quella situazione stava rischiando di mandarla fuori di testa e l’unico modo per capirci qualcosa era conoscerla meglio?
« Perché devo.»
Jimmy scosse la testa afflitto. Sapeva fin dall’inizio che incontrarla di nuovo sarebbe stata una pessima idea, che farlo avrebbe riaperto vecchie ferite e vecchi legami, ma non immaginava quanto ancora forte potesse essere ciò che lo legava a lei.
« Ti prego, promettimi che starai attenta» chiese alla fine, sfiorandole la mano.
« Te lo prometto. Fidati di me.»
Per l’ennesima volta i loro sguardi si incrociarono, dicendo per loro tutto ciò che non riuscivano a parole.
« Fidati di me» insistette lei, sorridendo.
Jim scosse la testa. « So già che me ne pentirò.»
E con quel sorriso ancora impresso nella mente Jimmy Fong uscì dal locale.
« Alla buon ora!» esclamò il suo collega una volta che lui salì in auto. « Ce ne hai messo di tempo, che accidenti stavi facendo là dentro?»
« Niente» tagliò corto il ragazzo.
Lei Wulong lavorava fianco a fianco con lui da diversi anni ormai e aveva imparato a conoscere così bene il suo collega che bastava un semplice sguardo per capire come stava e in quel momento Jimmy Fong non stava affatto bene.
« E’ tutto okay?»
« Si, grazie.»
« Sicuro?»
« Si. Parti.»
Lei annuì, sapeva che il suo amico si sarebbe aperto non appena si fosse sentito pronto, anche se non immaginava che lo avrebbe fatto così presto: infondo era pur sempre Jim.
« Lei, posso chiederti un favore? Un favore da amico.»
« Certo» rispose il detective, confuso.
« Potresti tenere d’occhio una persona per me?»
« Sicuramente» rispose il poliziotto, poi incuriosito aggiunse « Posso chiedere perché non te ne occupi tu?»
Jimmy non era mai stato il tipo che scaricava i suoi problemi agli altri, quando c’era qualcosa di cui occuparsi, volente o nolente, lo faceva e basta.
« Perché sono troppo coinvolto. Allora, puoi farlo?»
« Si, certo. Dimmi il nome.»
Jim sospirò.
« Charlotte Hellenton.»

Esattamente come Jimmy Fong poco prima, anche Charlotte lasciò il locale per salire sulla sua auto e partire per qualche angolo del paese.
Come aveva letto nel fascicolo la famiglia Kazama era proprietaria di un dojo ad un paio d’ore d’auto da lì e la ragazza, pur constatando che lo avrebbe raggiunto in molto meno tempo se avesse aspettato il giorno successivo e fosse partita da casa sua, diede ordine a Ricardo di mettersi in viaggio.
Per tutto il tragitto Charlie lesse e rilesse il dossier fino ad impararlo quasi a memoria, scoprì così, che Jun Kazama nacque in un piccolo villaggio immerso nella natura e che proprio grazie alle sue origini entrò nella Polizia Ambientale; partecipò al secondo Iron Fist Tournament, dove conobbe Kazuya Mishima, dal quale ebbe un figlio. Scomparve in circostanze misteriose quindici anni dopo e da allora non si avevano più sue notizie.
Il fascicolo custodito alla Mishima Zaibatsu però, oltre a racchiudere informazioni sul passato della ragazza faceva anche riferimento ad alcune strane capacità che lei sembrava avere. Erano tutte informazioni appena accennate, niente di particolarmente approfondito, ma il solo fatto che ci fossero fecero supporre a Charlotte che fossero vere.
Raggiunsero il dojo nel tempo prestabilito e quando Charlie scese dall’auto, aiutata dal suo autista personale il caldo asfissiante l’accolse, facendole rimpiangere di  non aver rimandato la visita ad un orario più fresco.
« Grazie Ricardo. Va pure, ti chiamerò quando sarò pronta.»
L’uomo annuì e salendo in automobile ripartì.
Una volta rimasta sola Charlotte si guardò intorno: si trovava in una piccola e tranquilla cittadina, piuttosto carina tutto sommato, molto diversa dalle caotiche metropoli che era abituata a frequentare, ma a suo modo affascinante. Di fronte a lei si estendeva una maestosa struttura in stile giapponese che si rivelò essere il dojo della famiglia Kazama.
Senza pensare minimamente a come si sarebbe presentata, né a come avrebbe spiegato le sue bizzarre richieste Charlie entrò nella struttura dove venne accolta da un’atmosfera di calma e tranquillità.
Calma e tranquillità che però vennero rotte pochi secondi dopo da tre uomini, tutti elegantemente vestiti,  che trafelati se la stavano dando letteralmente a gambe.
« Ma che accidenti..?»
« E questo è tutto!» esclamò poi una voce femminile proveniente dalla stanza adiacente, seguita dalla comparsa di un quarto uomo, anch’egli elegantemente imbellettato, letteralmente lanciato nell’atrio. « E non azzardatevi a tornare!»
Il malcapitato si alzò frettolosamente in piedi e senza neanche recuperare le sue cose corse a rotta di collo verso l’uscita.
Charlotte osservò la scena a bocca aperta e con cautela raggiunse l’entrata che conduceva alla seconda sala.
La porta la condusse in un’enorme stanza colma di attrezzi da allenamento, all’interno della quale due giovani ragazze stavano parlando tra loro.
« Sai forse hai un pochino esagerato Asuka» disse una giovane dai lunghi codini neri.
« Esagerato un corno! E’ stato il minimo!» esordì l’altra come una furia.
Charlotte si schiarì la voce ed esitante chiese « E’ permesso?»
Immediatamente le due figure si voltarono verso di lei, lasciandola di stucco: per un attimo ebbe come l’impressione di trovarsi di fronte Jun Kazama.
« Chi accidenti è lei? Cosa vuole?» esclamò quella che doveva chiamarsi Asuka. « Se è qui per acquistare la struttura ho già spiegato ai suoi colleghi che non sono interessata!»
« No, no, non sono qui per questo» rispose Charlie, immaginando che lei si riferisse ai tizi in giacca e cravatta che aveva visto scappare appena arrivata. « Sto cercando il signor Kazama.»
Asuka incrociò le braccia al petto squadrando Charlie, poi rispose « Non c’è.»
« Capisco. Sa dove posso trovarlo? O quando?»
« E’ in ospedale.»
« Mi dispiace molto, io non..»
« Ma per qualsiasi cosa può rivolgersi a me, sono sua figlia» disse la ragazza.
« Si, grazie» rispose la Hellenton osservando il suo volto, era incredibile quanto fosse simile a Jun.
Asuka ricambiò il suo sguardo inarcando un sopracciglio perplessa, poi facendo spallucce si voltò verso la compagna dicendo « Dove eravamo rimaste?»
« Al compito di economia di domani e che devo dare da mangiare a Panda.»
« Si giusto il compito..» sbuffò Asuka. « Ma quel panda non si stanca mai di mangiare?»
« Tu che dici?» rispose la ragazza coi codini andando a recuperare la sua borsa. « Forza andiamo che dobbiamo studiare.»
« Non me lo ricordare.. Devo assolutamente farlo bene quel test.»
« A chi lo dici! L’anno scorso sono riuscita a raggiungere la media minima per un soffio.»
Charlotte osservò le due ragazze allontanarsi verso un’uscita secondaria, senza degnarla di uno sguardo, quasi come non esistesse e senza sapere che fare si chiarì la voce per richiamare la loro attenzione.
Entrambe si voltarono verso di lei e Asuka, inarcando un sopracciglio, chiese « Si?»
« Mi dispiace disturbarvi, ma vorrei parlare con il signor Kazama di una questione che a me preme molto e..»
« Le ho già detto che mio padre è in ospedale e al momento non può ricevere visite» la interruppe la giovane.
« Capisco, magari allora potrei parlarne con lei.»
Asuka inarcò le sopracciglia osservandola infastidita, quella tipa era davvero insistente, ed annuendo la invitò a seguirla.
Charlotte seguì le due ragazze verso l’uscita posteriore della struttura che le condusse in un modesto giardino, dove vennero accolte da un enorme panda dai bracciali colorati.
« Si sieda pure» disse la Kazama indicando un piccolo tavolo situato sotto un gazebo.
« Grazie, ma mi dia del tu, siamo quasi coetanee» rispose Charlie accomodandosi.
« Lo stesso vale per te» annuì lei.  
« Ti ringrazio molto.»
Un silenzio imbarazzante cadde tra di loro e venne interrotto soltanto alcuni minuti dopo dall’animale che con un sonoro sbadiglio richiamò la loro attenzione.
« Accidenti Panda, arrivo!» esclamò la giovane con i codini. « Scusate.»
Charlotte osservò la mora allontanarsi con un ramo di bambù in mano, sotto lo sguardo di Asuka, che sempre più perplessa la scrutava. La Kazama, infatti, più guardava quella bella e raffinata ragazza meno riusciva ad immaginare cosa potesse volere da suo padre, cosa mai poteva fare lei per una tipa i quali vestiti probabilmente costavano quanto la struttura del suo dojo? Insomma, quella biondina non aveva certo l’aspetto di una interessata alle arti marziali, quindi che diavolo poteva volere da suo padre?
« Non per passare per quella scorbutica, ma possiamo arrivare direttamente al dunque?» chiese Asuka.
« Hai perfettamente ragione e ti chiedo scusa per essermi dilungata così inutilmente» rispose Charlie, sconcertando ancora di più la sua ascoltatrice. « Vorrei che mi parlassi di tua zia, Jun Kazama.»
A quelle parole la giovane con i codini si voltò di scatto, mentre l’altra facendo spallucce rispose « E morta diversi anni fa, o se vogliamo attenerci alla versione di mio padre è misteriosamente scomparsa e prima o poi tornerà. Ma secondo me è semplicemente morta.»
Charlotte fu palesemente delusa da quella risposta sommaria, si era aspettata qualcosa di più, così senza darsi per vinta aggiunse « Si, sono a conoscenza del suo decesso, però quello che intendevo era se potresti raccontarmi qualcosa di lei, sai passioni, aspirazioni, qualche dote particolare..»
Asuka rifletté un attimo, poi scuotendo la testa rispose « Non so, non l’ho mai conosciuta e mio padre non parla mai di lei. Tutto ciò che so, dipartita a parte, è che ha un figlio, magari puoi chiedere a lui.»
« Si.. Magri farò così..»
La Kazama osservò il volto deluso della sua ospite, poi facendo spallucce si alzò facendole così capire che era giunto il momento di andarsene. Charlotte la imitò ringraziandola per il suo aiuto e porgendole la mano, che l’altra strinse, ma non appena le due furono in contatto tutto intorno alla Hellenton  iniziò a vorticare e il buio l‘avvolse.

Charlie aprì gli occhi.
Tutto intorno a lei regnava un calma sconcertante.
Alzò il volto cercando di capire dove si trovasse, ma ciò che le saltò subito agli occhi fu una figura.
Jun Kazama.
Jun si voltò verso di lei, facendole cenno di avvicinarsi.
Senza sapere come Charlie fu al suo fianco. La donna le sorrise, ma non fu un sorriso normale, avevano un che di inquietante quelle labbra incurvate.
Lentamente l’espressione della donna cambiò, assumendo una smorfia di malvagia soddisfazione.
Intorno a loro tutto si fece scuro e Jun abbassa il volto.
Un violaceo liquido viscoso l’avvolse e quando nuovamente alzò il viso esso era completamente mutato: i capelli erano diventati neri come la notte, il suo sorriso maligno ed i suoi occhi, prima di un castano caloroso, adesso erano di un giallo d’orato inquietante.
Charlotte avrebbe voluto fuggire, ma i suoi muscoli le impedivano di muoversi.
La nuova Jun allungò un braccio verso di lei e quello strano liquido iniziò ad avvolgerla.
Charlie chiuse gli occhi, incapace di lottare.
Sentì il freddo penetrarle dentro, soffocando quel calore naturale presente dentro di sé. Sentì il terrore sparire lentamente, lasciando il posto a qualcosa di diverso e di spaventosamente sbagliato,
Qualcosa le impose di aprire gli occhi e di fronte a lei Jun la guardò soddisfatta.
Si fissarono per alcuni attimi, poi la donna di fronte a lei mutò mostrandole una giovane dai crudeli occhi gialli.
Charlie gridò.
Quello era il suo riflesso.



 


 



 
 


 
   
 
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