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Autore: sorita    21/07/2014    5 recensioni
-Mamma, siamo arrivati?
La bella ragazza abbassò lo sguardo, guardandolo teneramente e accennando ad un sorriso.
Lasciò per un attimo la valigia e lo prese in braccio, stampandogli un bel bacio sulla guancia e sistemandogli i capelli.
-Si, tesoro mio. Siamo a casa.
Forgive me for What I've done....
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sora Takenouchi, Taichi Yagami/Tai Kamiya | Coppie: Sora/Tai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Taichi era andato a fare spesa quel giorno.
Yuuko gli commissionò un pò di giri, così che potesse anche distrarsi.
Il giovane Yagami non si rifiutò.
Purtroppo , però, girava da quasi un’ora dentro al supermercato, come se non avesse una meta.
Aveva troppi pensieri in testa e ,ogni volta che si svegliava e tornava alla realtà, si trovava davanti al compartimento sbagliato.
Non era proprio giornata.
Perchè era così difficile?
Per quanto si sforzasse, per quanto avesse cercato di impedirlo, inevitabilmente il suo pensiero andava su di lei e su quel bel bambino.
Ogni volta le appariva nella mente la sua nuova figura, l’immagine di una Sora più adulta, bellissima e sorridente, l’immagine che lui sei anni prima si era sempre sognato di avere al suo fianco in un futuro.
Ma stava sbagliando, il suo pensiero ogni volta la elogiava.
Non doveva.
Lei ora aveva un bambino.
Lei ora era di un altro.
Lei lo aveva tradito ma, ancor prima, abbandonato.
Quante volte si chiese il perchè?
Quante volte si chiese se avesse mai fatto qualcosa di storto in tutto il tempo della loro relazione?
Si ricordò che era stato delle giornate intere ad esaminare tutta la sua vita, per cercare di scoprire quale fosse il tassello che non doveva essere inserito, ma non trovò mai nulla.
Era stato davvero male, era arrivato al punto di mollare tutto, di cercarla in ogni parte del mondo solo per chiederle “perchè?”.
Poi, la famiglia e gli amici lo avevano convinto a guardare avanti, a non sprecare tutto il suo tempo per quella ragazza, poichè la vita è da sempre un percorso tortuoso e lui ne doveva uscire vincitore.
E per far ciò, doveva dimenticarla.
Cercò di vivere non pensando a lei o, precisamente, facendo finta di non pensarci più.
In realtà, lui non era mai riuscito a dimenticarla.
Non c’era mai stato verso.
Ogni volta che andava a trovare Toshiko, poi, inevitabilmente passava davanti alla sua camera dove si poteva ben vedere sopra al comodino di Sora ancora il quadro con la foto che ritraeva loro due, felici.
Rendendosi conto che era di nuovo caduto in quel vortice di pensieri, Taichi scosse la testa e decise di fare, una volta per tutte, la spesa.
Doveva prendere due buste di latte, così andò spedito verso la meta.
Le prese e stava per avviarsi nel prossimo compartimento, quando intravide, con la coda dell’occhio, un bambino dalla chioma folta che cercava di prendere una confezione di yogurt.
Lo scaffale era troppo alto per lui, così il piccolo cercava di allungarsi stando sulle punte e tendendo in alto le braccia.
Taichi sorrise a quella buffa scena, così si avvicinò e prese la confezione di yogurt a cui stava puntando, per poi porgergliela.
Quando il bimbo si voltò, in un primo momento era confuso, poi sorrise ringraziando subito per l’aiuto.
Ma la scena si congelò.
Taichi sgranò inevitabilmente gli occhi e non sentì più battere il suo cuore.
Era il bambino di quasi due giorni prima, il suo sorriso lo poteva riconoscere lontano un miglio.
Non era quello che lo sconvolgeva, ma la sua chioma, incontrastata, senza un verso, ribelle e dorata.
Lo sguardo del bambino si tramutò dopo aver osservato bene il ragazzo che aveva davanti a sè.
Cominciò a grattarsi la testa, guardandolo curioso.
Da un primo congelamento iniziale, Taichi sentì ribollire il sangue e la testa rimbombare.
Si, non vi era dubbio sul sorriso e su quei delicati lineamenti, ma per il resto, poteva davvero affermare di essere di fronte alla sua copia.
 
-Shinichi, dove sei fin..
 
Le parole di Sora le morirono in bocca quando  vide girarsi contemporaneamente suo figlio e lui, la sua copia.
Dall’altra parte, Taichi si sentì sprofondare ancora di più alla vista della ragazza dagli occhi ramati, dai capelli ancora una volta raccolti in quell’elegante treccia, da quel corpo esile ma coperto da un vestito corto fino alle ginocchia, stretto in vita e di color rosa pallido, delicato quanto lei.
Ci fu un attimo in cui entrambi credettero che fosse solamente un sogno, non poteva essere, non stava accadendo davvero.
 
-Mamma... ho trovato finalmente qualcuno che ha i miei stessi capelli!- esclamò innocentemente il bambino, indicando la chioma di Taichi.
 
Gli occhi della bella ragazza si fecero lucidi, ma il castano notò subito che trattenne il tutto per poi avvicinarsi al bambino.
Lo prese per mano e, cercando di sembrare tranquilla, gli disse:
 
-Ora andiamo, si è fatto tardi, ci torneremo dopo pranzo al supermercato.
 
Ovviamente, il piccolo Shinichi si lamentò, non poteva capire la situazione.
Nell’istante in cui cominciarono a camminare verso l’uscita, Sora non riuscì ad evitare di guardarlo un’altra volta e lui era li, con gli occhi puntati su di lei e ancora evidentemente sconvolto.
Accelerò il passo, perchè non era cosi che doveva andare, no, nel modo più assoluto.
Aveva chiesto a tal proposito a sua madre di organizzarle un incontro con tutti loro, così che poteva anche prepararsi psicologicamente.
Ma questo incontro era stato davvero inaspettato.
Uscì velocemente da quel luogo, per poi avviarsi verso il parco posto davanti al supermercato.
Shinichi ancora si lamentava, come avrebbe fatto qualsiasi bambino normale, ma Sora non riusciva a sentirlo per quanto il cuore le batteva all’impazzata.
Quella scena, non l’avrebbe mai dimenticata.
Il suo amato figlio davanti a lui, come aveva sempre sognato.
Sentì le lacrime rigarle il viso e cominciò ad insultarsi da sola, non doveva farsi vedere così dal suo bambino.
Sentì una mano ferma, forte e decisa afferrare il suo esile braccio.
A quel tocco, sgranò di più gli occhi e il suo cuore si fermò.
 
-Sora...
 
Non appena sentì la sua voce pronunciare ancora una volta il suo nome, lasciò la mano di Shinichi per mettersela davanti alla bocca.
La sua dolce voce.
Quanto le era mancata.
Ma non era quello il momento per pensare a certe cose.
La situazione era tragica, sopratutto sbagliata.
Si voltò, con gli occhi che le tremavano, come il resto del suo corpo e lo vide di nuovo lì, davanti a lei.
Il suo sguardo era un misto tra la decisione , la rabbia e l’ansia.
Aveva anche il fiatone, aveva corso per raggiungerla.
 
-Mamma che succede?
 
La voce del figlio era sempre una sveglia.
Fece scivolare la presa di Taichi, delicatamente, e ,guardando Shinichi, gli ordinò:
 
-Tesoro, mi dai cinque minuti? La mamma deve parlare con questo ragazzo...puoi andare a giocare proprio lì, dove ti posso vedere.
 
Sora aveva capito che non poteva fuggire, ma di certo voleva evitare un’eventuale discussione col giovane Yagami proprio di fronte alla sua creatura.
Per fortuna che il parco davanti al supermercato era munito di un piccolo parco giochi, con tanto di scivolo e altalene.
Shinichi, dopo una prima esitazione, obbedì: non era la prima volta che la mamma gli ordinava una cosa del genere e  ormai aveva capito che quando faceva così era perchè doveva discutere di cose da adulti.
Quando fu abbastanza lontano, Sora si voltò verso il bel ragazzo dalla chioma castana, ma non riuscì a guardarlo in faccia.
Infatti, abbassò subito lo sguardo e trattenne le lacrime che con insistenza cercavano di salirle fino agli occhi.
Poteva ancora sentire benissimo l’affanno di Taichi e aveva capito che non era solo per la corsa, ma anche per l’agitazione.
Stettero un altro minuto in silenzio, la ragazza sentiva sempre più pesare la sua testa, ma non riusciva davvero ad alzarla.
Proprio nel momento in cui sentì innalzarsi un pò di vento, il giovane cominciò a parlare:
 
-Dimmi che non è come penso.
 
Il cuore di Sora cominciò a battere di nuovo, ma stavolta così forte che la mandò in panico.         
 
-Dimmi che è solo frutto della mia immaginazione!- continuò ancora più agitato e con una voce che era tra lo struggente e l’arrabbiato.
 
La Takenouchi pose entrambe le  mani sopra al petto, il cuore le faceva davvero male e ,inevitabilmente, non riuscì a trattenere qualche lacrima.
Taichi notò la sua esitazione, e ciò aggravava solo il suo pensiero.
 
-Quanti anni ha quel bambino?!!- chiese supplichevole.
 
Quella domanda, combinata a quel tono, scatenò un inferno dentro la ragazza.
Il suo Yagami aveva tutto il diritto di avere una risposta.
Si ricordò della sua promessa, di essere forte, di essere coraggiosa e di dire la verità.
In fondo, lei era tornata per quello.
Tolse le mani dal sopra al petto e alzò finalmente lo sguardo per incrociare di nuovo quegli occhi nocciola che amava tanto.
Taichi notò da subito lo sconvolgimento di lei, ma stavolta non si doveva assolutamente far commuovere, perciò non cambiò minimamente la sua espressione seria.
 
-5 anni e tre mesi.
 
Ci fu di nuovo un attimo di silenzio in cui Sora capì che il ragazzo stava facendo due conti.
E comprese anche quando arrivò alla conclusione del suo ragionamento, le sue espressioni erano un libro aperto per lei.
Vide che cercò di riprendere fiato e di trovare le parole giuste, ma era evidente che era in piena ansia.
 
-Sono esattamente sei anni o poco più che te ne sei andata via...- disse tutt’un fiato.-... noi...stavamo ancora...
 
-...si, noi stavamo ancora insieme..- concluse la sua frase cercando di non far caso alle lacrime che le solcavano il viso, una conferma ancora più evidente di quello che stava pensando Taichi.
 
-..non può essere...tu me lo avresti detto..- disse con un filo di voce.
 
-Io credo, che la sua figura parli da sola... ti assomiglia così tanto...- sussurrò per poi scoppiare in un pianto quasi isterico che cercò di soffocare tappandosi la bocca.
 
Se prima Taichi pensava di aver toccato il fondo, ora era convinto che si sbagliava.
Guardò in direzione di Shinichi e non c’era proprio alcun dubbio, era davvero lui da bambino.
Qualche minuto prima, quando si erano incrociati dentro al supermercato, uno di fronte all’altro, in un primo momento il giovane Yagami pensò di essere davanti ad uno specchio.
Quella chioma ribelle, poi.
Stavolta anche il prescelto del coraggio non riuscì a trattenere le lacrime, ma il sentimento che ardeva dentro di lui era totalmente diverso da quello di Sora.
Rabbia e delusione.
La riprese per un braccio, stavolta afferrandolo in maniera nervosa e, stringendo i denti , le chiese con altrettanta agitazione:
 
-Come hai potuto farmi questo? COME?! Perchè hai nascosto mio figlio?!! Davvero mi conosci così poco?!!
 
La bella Takenouchi cercò di sciogliere la presa del suo amato, ma era davvero salda.
Era consapevole che tra tuttw lw discussione cheavrebbe dovuto affrontare, quella con lui sarebbe stata la più tragica.
Ma non era assolutamente prevedibile tutta la sofferenza che le stava opprimendo il cuore e l’anima.
Neanche le parole riuscivano ad arrivarle in bocca, era come se il fiato le fosse svanito.
 
-Parla! Vedi di darmi una spiegazione sensata a tutto questo! Per quale diavolo di motivo l’hai fatto?! Pensavi che non fossi all’altezza? Che non lo avrei accettato? Che fossi troppo giovane e stupido per fare il padre?
 
Cominciò quasi ad urlare, ormai la rabbia aveva preso il sopravvento e, vedendola esitare, cominciò a scuoterla.
Voleva una risposta, dopo tutti quegli anni di silenzio la pretendeva.
Era anche questo il motivo per cui, dal supermercato, aveva deciso di rincorrerla.
Basta esitazioni o sconvolgimenti, c’era il bisogno di comunicazione.
 
-Come diavolo hai potuto rovinarmi la vita così?! Cosa mai ti ho fatto di male??? C’è stato qualcosa che ho fatto e non me ne sono reso conto? Ma cosa? Non riesco a capire cosa ti ha spinto a lasciarmi qui, da solo! Pensavi che non avessi le caratteristiche per fare il padre??! Che ero troppo infantile?! Hai preferito andare non so dove pur di stare lontano da me! Mi hai fatto morire! Sei anni fa sono morto e ho vissuto fino ad ora assecondando passivamente i tempi e gli avvenimenti! Non hai idea di cosa mi hai fatto!
 
Sora voleva reagire, ma come sempre lui aveva questo effetto devastante su di lei.
Sentirlo dire certe cose, che era stato male per lei, che era morto per le sue gesta, le faceva salire addirittura la nausea, era anche lei delusa da sè stessa.
Fino a quel momento non aveva avuto dubbi, aveva fatto la scelta migliore.
Ma ora, ora che sentiva tutte quelle parole, il dubbio aveva iniziato a scavarle la testa e il cuore.
Solo lui poteva abbattere il suo equilibrio e le sue idee, era sempre stato così.
Sentì ancora scuotersi e la mano di Taichi stringerla ancora più forte, tanto da farle male.
Voleva una risposta e lei stava facendo la figura della sciocca e della codarda.
Prese fiato, ma non riuscì a fermare le lacrime.
 
-Volevo solo farti ottenere ciò che meritavi.
 
Sentì la presa del ragazzo farsi più debole.
Gli aveva risposto con una frase secca e diretta, e con un tono abbastanza deciso, ma non era finita lì.
 
-Ho avuto la certezza di essere incinta lo stesso giorno in cui ti avevano accetto all’università di Tokyo. Il fatto che avremo avuto un bambino, avrebbe complicato tutto e tu, inevitabilmente, avresti rinunciato agli studi, a quell’università a cui ambivi. Avresti rinunciato a ciò che sei oggi e, pur di rendere felice me e il bambino, ti saresti sacrificato. E questo lo sai anche tu, lo avresti fatto. Se me ne sono andata, era solo perchè volevo il meglio per te, ti meritavi davvero tutto l’oro di questo mondo, ma non puoi nascondere che, se mai sarei rimasta al tuo fianco, avrei distrutto in parte la tua vita. Come quella delle nostre famiglie,  che a questi incidenti erano chiaramente contrarie! Sono stata molto combattuta, ma qualunque scelta avessi preso, sarei stata comunque un’egoista! Perchè dovevo trascinare anche a te in una simile situazione? Perchè? Ho sempre voluto il meglio per te... e prima che tu me lo chieda, il fatto di ritornare qui e presentarti tuo figlio era pianificato fin dall’inizio! Non te lo avrei mai nascosto!
 
Taichi non era confuso, aveva capito tutto per filo e per segno.
Doveva aspettarselo da lei, che cercava di agire sempre per il bene del mondo, lei che si preoccupava anche per le persone che non conosceva, lei, il buonismo fatto a persona.
Tutto quel discorso, invece di calmarlo, lo fece infuriare ancora di più:
 
-Credi che ora ti ringrazi? Ti sei sacrificata per la patria, è questo che stai cercando di dire? Credi che ora, siccome ho preso la famosa laurea in ingegneria meccanica nella prestigiosa università di Tokyo, io sia felice? COSA DIAVOLO MI IMPORTA DI QUEL CHE SONO APPARENTEMENTE ORA? Mi sono impegnato per entrare in quella stupida facoltà solo per te! Solo per vedere quanto potevi essere fiera di me! Solo questo mi rendeva felice! Credimi Sora, così hai solo distrutto la mia vita! Se davvero era alla mia felicità che puntavi, bè sei andata totalmente verso il lato opposto! Credi che la felicità si ottenga con un buon lavoro? La vita è fatta di problemi, ma se due persone si amano questi vengono affrontati insieme! Facendo qualche sacrificio per parte ma raggiungendo insieme la felicità e l’equilibrio! Io sarei stato felice con un lavoro più umile ma... con la mia famiglia al mio fianco! Ora guardami, sono una sagoma vuota! Volevi vedere questo?!
 
A parole era inutile, Taichi aveva ragione, ma lei voleva con tutta se stessa giurargli di aver fatto ciò tutto in buona fede, perchè lo amava davvero tanto.
La sua spiegazione ,in confronto alla controrisposta del ragazzo, era quasi zero.
Era vero, la felicità non dipende da un lavoro.
La felicità dipende dalle persone.
Quella che ai tempi era apparsa come la scelta migliore, ora, davanti a lui, era apparsa come quella peggiore e insensata.
 
-L’unica spiegazione, l’unica vera spiegazione a tutta questa tua pazzia è che non mi hai mai conosciuto davvero, per non parlare del tuo sentimento verso di me... se mi avessi davvero amato non te ne saresti andata, non avresti mai portato via mio figlio! Mi fai davvero venire la nausea.
 
Voleva dirgliene tante altre di cose, come il fatto che lei aveva dato troppe cose per scontato.
Chi mai avrebbe detto che, una volta tornata ad Odaiba, avrebbe trovato un Taichi ancora solo e senza un’altra partner?
Chi mai avrebbe detto che lui avrebbe accettato il bambino?
Quello che però il giovane Yagami non sapeva era che Sora aveva calcolato anche questo.
La zia Harumi si sentiva con Toshiko, una volta ogni due o tre mesi.
Da sempre la zia di Sora, quando la chiamava, chiedeva le novità su tutte le persone che conosceva, compresa la famiglia Yagami.
Harumi aveva conosciuto la migliore amica della sorella, Yuuko, la madre di Taichi e Hikari, quando ancora erano piccole e ci era andata sempre d’accordo.
Per questo non era mai sospetta quando chiedeva anche di lei e la sua famiglia, fin da quando era fuggita la donna chiedeva informazioni su ogni persona li ad Odaiba.
Se Sora avesse saputo che Taichi si era rifatto una nuova vita, non sarebbe mai andata li per distruggerla.
Ma aveva promesso alla zia che, se così non fosse stato, sarebbe dovuta andare.
Harumi sperava nella seconda possibilità, anche perchè non accettava il fatto di tenere nascosto a quel bravo ragazzo dalla folta chioma che aveva un figlio.
Ma Sora questo non riuscì a dirlo, già aveva fatto molto con quel discorso, alla fine non le importava cosa pensasse di lei, l’unica cosa che voleva era presentargli suo figlio.
 
-Io volevo presentartelo, se tu sei d’accordo.
 
Il totale cambiamento di discorso lo spiazzò.
Sora voleva anche nascondere il dolore di tutte quelle sue supposizioni fatte, quelle si che le avevano fatto male, ma non perse tempo e mirò subito all’obiettivo principale.
Anche perchè, se conosceva bene suo figlio, tra qualche minuto sarebbe corso di nuovo da lei e non poteva farsi vedere discutere con colui che doveva presentargli.
Tanto ormai era così, la vita della giovane dai capelli ramati era legata al bambino.
Dopo quella chiacchierata con Taichi, aveva capito che ormai lui non poteva più fidarsi di lei, che aveva una brutta opinione sul suo conto, palesemente irreversibile.
Dunque, perchè perdere tempo?
Doveva finalmente far chiarezza nella vita di suo figlio.
Dall’altra parte, Taichi rimase immobile.
Vide la bella giovane asciugarsi le lacrime e cercare di mandar via il rossore dagli occhi, cosa che ormai aveva capito facesse prima di guardare suo figlio.
Infine si sentì osservare da quei stupendi occhi miele, che aveva amato alla follia.
 
-Te lo chiedo per sapere cosa fare quando lui ora ci raggiungerà.- concluse con voce stanca.
 
Sora sapeva che era azzardata come cosa e che il ragazzo poteva non sentirsela al momento di conoscere il figlio.
Era normale se Taichi voleva del tempo, anche per assestare il colpo.
Insomma, aveva scoperto solo da una decina di minuti di avere un bambino!
Ma fu l’unica cosa che Sora pensò di dire, dettata dalla fretta: Shinichi stava per raggiungerli e doveva far capire in quelche modo che dovevano sospendere quella discussione.
Era convinta che il ragazzo di fronte a lei avrebbe rinunciato all’impresa, invece disse:
 
-Hai aspettato sei anni, se mi rifiutassi c’è il rischio che me lo presenterai tra altri sei.
 
Rispose in maniera acida, con tutto l’odio che stava provando verso di lei in quel momento.
Come aveva potuto? Questa domanda gli rimbombava in testa ogni secondo.
Sora, dall’altra parte, rimase ancora più spiazzata dalla risposta: così facendo era come se lo accettasse come figlio.
Ma non volle montarsi la testa, perchè, come previsto il piccolo angioletto corse verso di lei:
 
-Mamma!! Mamma!! Hai fatto?! Sento troppo caldo per giocare!!!! –esclamò con innocenza.
 
Dopo essersi scambiata un altro sguardo con il ragazzo davanti, si voltò verso di lui, per poi chinarsi e sorridergli dolcemente.
 
-Certo, tesoro, ma prima di tornare a casa vorrei presentarti una persona.
 
Taichi sentiva il cuore scalpitare.
Non sapeva perchè, non credeva che gli potesse fare quell’effetto.
Aveva appena scoperto di essere suo padre, non avrebbe dovuto sentire quell’attrazione così forte da subito.
Però gli ritornava in mente la scena del supermercato e il piccolo che innocentemente notava la somiglianza delle loro pettinature.
Era stata un’esplosione di emozioni.
Pensò che forse centrò anche il fatto che, fin da quando stava con Sora, aveva da sempre desiderato di creare, in un futuro, una famiglia con lei, e suo figlio lo aveva proprio immaginato così.
 
-Lo sai perchè siamo tornati in Giappone, no?- le chiese con dolcezza la giovane mamma, mentre gli toglieva quell’ammasso di capelli da davanti il viso.
Taichi non potè far altro che assistere alla scena e vedere come Sora lo avrebbe presentato a lui, era davvero curioso di assistere a come avrebbe risolto questa situazione.
 
-Si, mamma! Siamo tornati per conoscere finalmente i miei nonni, i miei zii e, sopratutto, il mio papà!
 
La risposta vivace della creatura, fece intuire al giovane Yagami che Sora gli aveva già detto tutto prima del loro arrivo nella loro terra.
Se lo doveva aspettare : la ragazza sosteneva di aver da sempre pianificato un ritorno e l’incontro tra il figlio e suo padre, e ,osservando le risposte del piccolo, notò che non mentiva affatto.
 
-Ok, bravo.- gli disse dandogli un bacio in fronte.- Allora, secondo te, chi potrebbe essere questa persona di fronte a noi?- chiese un pò con voce tremante, senza distogliere lo sguardo da Shinichi.
Il bambino si grattò la folta chioma, per qualche secondo, poi rispose:
 
-Ha i miei stessi capelli, mamma! Però li ha di un altro colore! Posso sapere come si chiama?
 
La domanda la rivolse direttamente a lui, al bel ragazzo dagli occhi nocciola, tanto da farlo un pò intimorire.
Ma cercò di non esitare troppo, e, con un pò di coraggio e imbarazzo, rispose:
 
-Taichi.
 
Vide il viso del bambino illuminarsi con un sorriso stupendo, che aveva ripreso totalmente dalla madre.
Il bimbo si buttò tra le braccia di Sora, ridendo e saltellando:
 
-Taichi fa rima con Shinichi! Mi avevi detto che avevi scelto il mio nome apposta, mamma! Un nome che fa rima con quello del mio papà! E poi ha la mia chioma!La mia stessa chioma! Mamma, è lui il mio papà!? Ti prego!!
 
La giovane Takenouchi cercò di risponderli ma le risultò difficile perchè il piccolo, per la felicità, la stava già riempiendo di baci e bracci, facendole quasi perdere l’equilibrio.
Taichi, che stava assistendo alla scena, era ancora più scosso.
Solo ora che il bambino glielo aveva fatto notare, studiò l’assonanza dei nomi.
L’aveva davvero scelto apposta?
Finalmente, la ragazza dagli occhi miele lo calmò:
 
-Prova a chiederglielo, che dici?
 
A quelle parole, il piccolo si fermò e spostò lo sguardo verso l’adulto che aveva davanti.
Si avvicinò e si piazzò a poca distanza da lui, alzando la sua buffa testolina e cercando di guardarlo in faccia.
Gli puntò il dito contro e, con l’innocenza di qualsiasi bambino, chiese:
 
-Sei tu il mio papà?
 
Quel bambino era davvero dolce e buffo, fu quello che pensò Taichi osservandolo così da vicino.
Anche Sora sparì in quell’istante dalla scena che gli si piazzava davanti.
Sentì le mani tremare, il cuore fremere e un magone alla gola.
Si inginocchiò improvvisamente a terra, per poi abbracciarlo e stringerlo a lui.
Gli cominciò a scendere qualche lacrima.
Come aveva potuto Sora nascondergli una creatura del genere? Come aveva potuto minimamente pensare che quel bambino gli avrebbe complicato la vita?
La gioia che provò nel sentirsi ricambiato in quel caloroso e piccolo abbraccio che il bimbo gli diede dopo la sua conferma, era indescrivibile.
Sora, che era poco distante, li vide distaccarsi un poco da quel gesto struggente.
Li vide ridere insieme non appena toccarono l’uno la chioma dell’altro.
Era questo ciò che voleva vedere, ciò che aveva desiderato con tutta se stessa.
Ora poteva anche rimanere da sola, essere odiata e disprezzata.
Ma era riuscita nel suo intento, il suo bambino era felice.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Nello stesso giorno, Sora e Taichi decisero di affrettare ciò che La Takenouchi aveva pianificato, ossia l’incontro con la famiglia Yagami e i loro amici.
Era arrivato il momento di far sapere a tutti la verità.
Ciò non stava a significare nulla, però.
Il giovane dagli occhi nocciola non l’avrebbe mai perdonata e quella decisione era stata presa con poche parole e con freddezza, sopratutto da parte sua.
L’attenzione del ragazzo era sempre puntata sul bambino, l’aveva guardata fin troppo.
Non le voleva più dare una certa importanza, non dopo tutto quello che aveva fatto.
A casa Yagami vi erano tutti, anche Toshiko che era stata appunto chiamata dalla figlia.
Ormai si trovavano tutti e tre li, davanti alla porta del nuovo appartamento dei genitori di Taichi.
Prima, infatti, abitavano nello stesso palazzo di Toshiko, poi in quegli anni, dopo la morte del loro nonno, la famiglia Yagami si trasferi nel suo appartamento, molto più grande e centrale del precedente, vendendo così la vecchia abitazione.
Sora era davvero tesa, aveva una nausea forte per l’agitazione.
Ma ormai lo scoglio più grande l’aveva superato, ora poteva affrontare tutto.
Il problema è che lì sarebbe stata soggetta a molti più sguardi curiosi, sprezzanti e sarebbe stata una contro tutti.
Senza neanche chiederle se fosse pronta, il neopapà aprì la porta.
L’entrata si affacciava subito al grande salone della casa, che conteneva anche la cucina e la sala da pranzo.
Trovarono tutti seduti lì, chi sul divano, chi sulle sedie della cucina e c’era chi stava in piedi.
Nessuno era assente.
Si erano immaginati tutti il motivo di quella riunione, che centrasse Sora, ma rimasero tutti sbalorditi e a bocca aperta quando videro entrare i tre insieme: Taichi teneva per mano il bambino, mentre la ragazza se ne stava più indietro e nascosta.
Yuuko si mise una mano davanti alla bocca, in evidente orlo di un pianto; Susumo, che era al suo fianco e in piedi dietro al divano, l’abbracciò da dietro ma non spostò lo sguardo dalla scena; Hikari, seduta sul divano al fianco del suo ragazzo Takeru, si impallidì e stritolò involontariamente la sua mano.
Yamato, seduto al fianco del fratello, cercò di non cambiare la sua espressione che di solito rimaneva impassibile, ma si notò lontano un miglio lo sgranarsi dei suoi occhi limpidi e azzurri.
Koushirou e Joe si alzarono dalle sedie della cucina, in contemporanea con Mimi ,che fu l’unica a posare poi lo sguardo sull’amica in secondo piano.
Toshiko seguiva la scena con la coda degli occhi e in silenzio, come se si vergognasse di tutto ciò che stava accadendo.
Taichi notò che nessuno riusciva a rompere il silenzio, ed era anche normale.
Ma ciò mise a disagio il piccolo, che cominciò a tirare il braccio del padre verso l’entrata, e a voltarsi verso la madre, chiamandola con un filo di voce, un pò imbarazzato.
Sora cercò di sorridergli ma era davvero difficile.
Così il bambino cercò di avvicinarsi a lei, ma la presa del papà era solida.
Si voltò verso di lui, per poi dirgli:
 
-Papà lasciami, voglio andare dalla mamma.
 
A quella innocente frase, Yuuko si sentì quasi svenire.
Hikari si alzò agitata dal divano, guardando prima il fratello e poi Sora.
Yamato aveva l’attenzione puntata sul piccolo, copia identica di Taichi.
Non l’avevano notato quel giorno a causa del codino che portava.
Ma ora che i suoi capelli erano sciolti e liberi non vi era alcun dubbio.
Susumo si voltò verso Toshiko, che era l’unica a stare ancora abbastanza calma:
 
-Non dirmelo, non può essere.
 
Ma sembrava stare in un’altra dimensione e rimase in silenzio.
Taichi vide lo sconvolgimento e l’agitazione accendersi in quel salone.
Shinichi ormai era tra le braccia della madre, in evidente disagio, così dovette richiamare l’ordine:
 
-Vi abbiamo fatti riunire tutti per un motivo.- cominciò in maniera diretta.- Volevamo presentarvi Shinichi.
 
Cercò di parlare al plurale, ma capirono tutti che era molto forzata la cosa, come intuirono che il perchè risiedeva proprio nel non far sentire a disagio il bambino.
Il giovane Yagami lanciò un’occhiata fredda a Sora, che capì che doveva far scendere dalle sue braccia il loro bambino.
Gli diede un bacio in fronte e, con tutta la dolcezza che aveva, gli disse:
 
-Rifacciamo il gioco di prima, dentro questa stanza ci sono tutte quelle persone di cui ti avevo parlato e che ti volevo far conoscere una volta arrivati quì. Per questo, non sentirti a disagio, tesoro mio. Fammi vedere quanto sei bravo. Inizia col presentarti.
 
Era incredibile come obbediva ciecamente alla madre.
Dopo averle sorriso, avanzò fino al fianco del padre, il quale gli scompigliò un pò i capelli, facendolo ridere.
Poi, guardò tutti i presenti della sala e, con coraggio ,disse:
 
-Sono Shinichi Takenouchi e ho 5 anni!
 
Taichi fece caso al cognome, ovviamente, non sapendo la sua esistenza, non aveva neanche potuto fare il riconoscimento del figlio, affidandogli così il proprio cognome.
 
-Come è successo a me proprio oggi.- iniziò a dire il giovane castano guardando tutti i presenti.- è importante che anche voi conosciate la verità che Sora ci ha nascosto.
 
Vide sua madre piangere silenziosamente, così come la sua amata sorella.
Tutti gli altri rimasero pallidi e in trepidante attesa di sentire effettivamente ciò che stavano pensando.
 
-Shinichi è il figlio di Sora, il figlio che ha concepito con me ma di cui io non ero a conoscenza.
 
Solo allora Yamato cominciò a guardare la sua ex amica, non riuscendo a capire il perchè di tutto quello.
Tutti loro sapevano ai tempi che la loro relazione andava a gonfie vele, per questo non riuscivano a capire perchè.
Ma Sora era diventata improvvisamente impassibile, le parole gelide del padre di suo figlio l’avevano colpita di nuovo.
Nessuno in sala riusciva ancora ad aprire bocca, così Taichi dovette avanzare di nuovo e, rivolgendosi al piccolo, gli disse sorridendogli:
 
-Hai conosciuto la nonna Toshiko, vero?
 
-Si si! E quella laggiù è l’altra nonna??- chiese mettendosi un dito sopra alle labbra e guardando curioso il papà.
 
Rise e cominciò a farlo camminare verso i suoi genitori:
 
-Si, lei è la nonna Yuuko e lui il nonno Susumo.
 
Al dolce sorriso del bambino, Yuuko iniziò ancora di più a piangere ma cercò comunque di parlargli, salutandolo come meglio poteva.
Anche Susumo cercò di togliere lo stupore e l’imbarazzo, insomma, non potevano mettere a disagio il bambino.
Koushirou, Joe e Mimi si trovavano li, vicino a loro e a quella scena di presentazione.
Sora non si era mossa dall’entrata, neanche di un solo millimetro e assisteva a tutto ciò cercando di evitare lo sguardo di Yamato, di Hikari e di Mimi.
Quest’ultima spostava i suoi occhi cenere da Taichi a lei e viceversa.
Sentiva il cuore correrle all’impazzata ma allo stesso tempo, un’angoscia e un’agonia che la massacravano dentro.
Arrivò il loro turno di presentazione e la Tachikawa se ne accorse solo quando sentì il suo nome pronunciato dal suo amico.
Si voltò e vide quella piccola e bella creatura sorridere al ragazzo occhialuto e al compagno dai capelli rossi.
Cercò anche lei di sorridere al bambino, cercando di soffocare quella malinconia che sentiva addosso.
Aveva addirittura cominciato a respirare a fatica e a pizzicarle gli occhi, quando poi si vide Shinichi andarle incontro ridendo e dicendo:
 
-Tu sei la zia Mimi!La mamma mi ha detto tante cose! Mi ha detto che eri bellissima!
 
Non sapeva se fosse stato per il nomignolo “zia” che gli aveva dato, o per il comlimento indiretto della sua migliore amica, fatto sta che le lacrime cominciarono finalmente a scendere copiose e a rigarle le guancie.
Alzò la testa e la puntò verso Sora, la quale sorrideva debolmente alla scena del suo bambino.
Mimi non resistette, non le importava nulla.
Superò velocemente il divano, per poi aumentare ancora il passo e fiondarsi su di lei.
L’abbracciò così stretta a sè per farle capire quanto le fosse mancata e attaccò in un pianto isterico e disperato.
Non riusciva neanche a prendere fiato.
Sora in un primo momento se ne stupì, era stata l’unica ad avvicinarsi e ad abbracciarla, nessuno l’aveva neanche salutata.
E invece lei, la sua migliore amica, nonostante tutto, era lì, tra le sue braccia, contro tutti anche lei.
La Takenouchi nascose il viso, chinando la testa e appoggiandola sulla sua forte spalla, ma non aveva neanche la forza di alzare le braccia e ricambiare il gesto affettuoso.
Era stanca, distrutta.
Mimi piangeva  senza alcun pudore, percependo ogni secondo la sofferenza dell’amica.
Shinichi era il figlio di Taichi e lei aveva portato questo fardello da sola.
La conosceva fin troppo bene, non sapeva il perchè del suo gesto, ma sicuramente la motivazione che l’aveva spinta a farlo doveva essere più che valida.
E la cosa che la distruggeva, era che aveva deciso di fare tutto ciò da sola.
Chissà quanto aveva sofferto!
Mimi non volle neanche immaginarlo, ora lei era finalmente lì e mai e poi mai l’avrebbe lasciata andare.
Sora era più di un’amica, era una sorella e un pezzo del suo cuore.
Anche se aveva compiuto un gesto che per tutti era palesemente sbagliato, lei non le sarebbe mai andata contro.
Sora non avrebbe mai fatto del male a qualcuno, sopratutto a Taichi, per questo si convinse che la soluzione che aveva scelto, doveva essere la migliore tra tante altre peggiori.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il giorno dopo, Sora si trovava a casa con suo figlio Shinichi.
Cercava di giocare assieme a lui e in quel momento avevano appena acceso la televisione.
Erano quasi le cinque di pomeriggio e stavano trasmettendo i cartoni che piacevano tanto al suo piccolo.
Fece finta di stare attenta al programma ma in realtà pensava a tutt’altro.
Se doveva fare un resoconto di tutto, bè alla fine aveva ottenuto quello che voleva, ossia l’accettazione di suo figlio da parte di tutti.
Il fatto che, a parte Mimi, nessuno le rivolse parola era tutto un altro conto.
I signori Yagami non le parlarono, ma non sembravano arrabbiati, ma molto imbarazzati, evidentemente non sapevano cosa dirle.
Nessuno le aveva posto qualche domanda, sul come e perchè.
Si aspettava quasi un terzo grado invece regnò l’indifferenza.
E, da una parte, l’odio.
Yamato era in prima fila su questo campo.
Quelle poche volte che aveva incrociato il suo sguardo di ghiaccio il giorno precedente, le aveva fatto capire quanto la disprezzasse per tutta quella situazione.
Il giovane Ishida parlava con gli occhi.
E poteva ben immaginare il perchè, era il migliore amico di Taichi, non l’avrebbe mai perdonata per un torto simile.
L’unica cosa che potè fare fu quella di rimanere in silenzio, ad assistere da lontano il suo bambino mentre faceva conoscenza con tutti loro.
Già, il suo bambino.
In realtà, durante quell’incontro, tutti lo trattavano come se fosse solo figlio di Taichi e non il suo.
Motivo in più per pensare quanto ce l’avessero tutti con lei.
Ma la cosa che le rimase ancora più impressa e che la ferì ancora una volta fu il comportamento di colui che ancora amava.
Dopo quella mattina non le rivolse più parola, e solo pochi ma freddi sguardi.
Le fece capire di star lontana da lui, di non rivolgergli altre parole, di aver sentito abbastanza da lei da poter decidere di non parlarle più.
Quel giorno non si fece nè vedere nè sentire.
Eppure pensava che volesse vedere il figlio, ma non lasciò detto niente neanche a Toshiko.
Ah, poi, sua madre.
Neanche lei le rivolgeva attenzioni, anche quando erano in cucina a pranzare o cenare, se doveva aprir bocca parlava solo con suo nipote.
Infondo era stata chiara anche lei, poteva restare lì in quella casa momentaneamente, ma era stata esplicita sul fatto che la sua presenza non era gradita.
Ebbene, era sola, come aveva immaginato.
Chissà quella povera Mimi cosa avrebbe dovuto passare solo per il fatto di averla abbracciata, Yamato sicuramente non gliela avrebbe fatta passar liscia.
Cominciò a squillare il suo telefono, non capiva chi potesse essere.
Forse sua madre Toshiko, era l’unica, assieme ad Harumi, ad avere ora quel suo numero nuovo.
Rispose, non muovendosi dal divano.
 
-Sono io.
 
Quasi che le cadde il telefono non appena riconobbe la voce.
Sicuramente aveva preso il numero dalla madre.
Si alzò dal divano, facendo cenno a Shinichi che sarebbe tornata dopo la telefonata.
Corse in cucina ma per quando chiuse la porta, sentì lui continuare a parlarle:
 
-Sono stato dal Notaio oggi, perchè ho intenzione di riconoscere mio figlio e dargli il mio cognome.
 
Sora cadde a terra, tremando, senza fiato e non trovando le parole da dirgli.
Poteva solo farlo continuare.
 
-Si farà la procedura standard, test del DNA e così via, servirà anche una tua firma, mi hai capito?
 
Lei annuì, ma ovviamente si rese conto che non la poteva vedere, quindi gli rispose con quel poco fiato che aveva.
Insomma, il fatto che lui volesse riconoscere il figlio era davvero una bella cosa, ma aveva paura che volesse far altro... e se glielo voleva portar via?
No, Taichi non era così meschino. Non poteva farlo.
 
-Da domani verrò a prenderlo ogni mattina, credo che io ne abbia diritto. Ci serve tempo per conoscerci, il tempo che tu ci hai gentilmente tolto, anche se non servirà a recuperare molto tutto il periodo che ha passato senza di me.
 
Sora sgranò gli occhi, si stava agitando, le andava bene il fatto che si dovevano vedere ogni tanto, ma detto così sembrava che glielo volesse portar via le giornate intere.
Shinichi era la sua vita, in quel modo sarebbe rimasta davvero completamente sola.
 
-D-dalla mattina fino a che ora?- riuscì a domandare.
 
-Sicuramente fino al pomeriggio, direi che sono libero di decidere anche questo o no?
 
Cosa poteva rispondergli? Aveva ragione, ma lei si sentiva sprofondare.
Ma d’altronde cosa importava? Ora doveva pagare ogni singolo torto che aveva fatto.
 
-Ok, va bene.
 
La loro conversazione era conclusa, l’aveva capito.
 
-Ah, un’altra cosa, non farti trovare davanti a me quando vengo a prendere Shinichi, non voglio neanche scorgerti.
 
Questa frase, piena di odio e risentimento, la pronunciò molto chiaramente prima di riagganciare.
Era l’ennesima volta che Sora scoppiava a piangere in sole ventiquattro ore.
Vederlo così disprezzante nei suoi confronti faceva davvero male.
Da lui aveva sempre ricevuto il meglio, l’aveva sempre trattata con riguardo.
Ma ora le cose erano cambiate.
E il fatto che sapeva che Taichi era un ragazzo davvero buono aggravava la sua posizione.
Doveva averlo ferito davvero molto.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Come annunciato, la mattina seguente Sora stava aiutando il figlio a prepararsi.
Faceva caldo, quell’estate era iniziata presto, così vestì suo figlio con tshirt e pantaloncini corti.
Shinichi era davvero felice.
Non appena la giovane gli disse che il papà sarebbe passato a prenderlo, si esaltò talmente tanto che poi era diventata un’impresa anche vestirlo.
E lei, nel frattempo, aveva un altro magone alla gola.
Non doveva farsi neanche vedere ai suoi occhi, ma ,così facendo, il bambino le stava complicando le cose.
Erano in ritardo con la preparazione, si era anche dilungato nel fare colazione.
A volte era davvero intrattabile!
E infatti, ben presto arrivò al suo udito il suono della porta.
Si irrigidì e andò un pò in panico.
In quel momento si trovava proprio in salone e aveva appena finito di allacciare le scarpe al bimbo.
Si alzò, guardando la madre che era sbucata fuori dal bagno.
Bastò uno sguardo per capire che doveva essere lei, Toshiko, ad aprire la porta.
Ma in quell’istante Sora stava andando in direzione della cucina, che si affacciava proprio sul salone, quindi pensò di cambiare rotta e andare verso la camera.
Lo sguardo era ben saldo sul pavimento, e sentì il rossore formarsi sulle sue guance, ma non proprio per l’imbarazzo, più che altro per l’agitazione.
Sentì la porta aprirsi e suo figlio salutare con entusiasmo il padre.
Eccolo, era entrato.
Sentiva lui rispondergli con altrettanta felicità.
Ormai si era salvata, era quasi entrata in camera sua, la cui porta, però, era ben visibile anche dall’entrata poichè era proprio in fondo al corridoio che divideva salone e camere da letto.
 
-Mamma!! Ma non vieni con noi??
 
L’esclamazione del bambino le fece prendere un altro colpo.
L’innocenza dei bambini ti metteva sempre nei guai.
Non poteva voltare le spalle a suo figlio, Shinichi ci sarebbe rimasto troppo male.
Era colpa sua che non si era spiegata abbastanza bene e non gli aveva detto esplicitamente che sarebbe uscito solo col padre.
Si dannò mille volte in un secondo per tutto quello, Taichi era stato chiaro nel fatto che non si doveva far vedere.
Ma ora che doveva fare?
In tutti quegli istanti persi a pensare, non si accorse che il figlio era già arrivato da lei.
Solo quando si sentì tirare la maglia se ne rese conto.
E li poteva solo voltarsi, pensando che tanto oramai la situazione era quella, peggio di così non poteva andare.
Lo guardò sorridendo e anche un pò imbarazzata.
Si chinò verso di lui, accarezzandogli le guancie.
 
-No, la mamma non può, tesoro... Lo sai, devo cercare un lavoro e fare tante altre cose...
 
Vide la delusione invadere il viso dolce del suo bambino, ma Sora continuò a sorridergli e a dirgli che comunque si sarebbero rivisti la sera.
Non riuscì ad evitare di guardare sullo sfondo Taichi, che in un primo momento aveva seguito la scena con la coda dell’occhio, poi, quando si accorse dello sguardo di Sora, si voltò infastidito, mettendosi a parlare con Toshiko.
Pensò che ormai tutta quell’ostilità le aveva polverizzato il cuore, così si sbrigò ad incitare il figlio ad andarsene per poi finalmente riuscirci.
E non appena si allontanò, Sora si rifugiò dentro la sua camera, chiudendo la porta alle sue spalle.
Era lì che doveva stare per far star bene tutti loro, lì ,dove nessuno poteva vederla.
 
 
 
 
 
 
 
Passarono così due settimane e si era arrivati ormai a fine Giugno.
Erano stati dei giorni difficili per Sora.
Si era data alla ricerca disperata di un lavoro.
Il problema in tutto ciò risiedeva nel trovare un posto raggiungibile attraverso i mezzi pubblici, poichè non aveva la macchina, e che , allo stesso tempo, le permettesse di lavorare part time o, comunque, di gestire da sola le ore di lavoro.
Non voleva assolutamente trascurare Shinichi.
A Settembre lo avrebbe mandato alla scuola materna, ma solo per metà giornata.
Ne aveva parlato anche con Taichi, ovviamente non direttamente, ma tramite Toshiko.
Ebbene, per tutti quei giorni, il giovane Yagami l’aveva sempre evitata, come le aveva promesso.
Per iniziativa di tutti i familiari, lei ovviamente esclusa, si era arrivati ad organizzare pranzi o cene di famiglia come i vecchi tempi, con Yuuko, Susumo, la signora Takenouchi ed Hikari.
Tutto questo per far integrare ancora di più il piccolo Shinichi.
Anche i nonni volevano recuperare il tempo perduto col nipote, e decisero, assieme al padre, che quella era una delle soluzioni migliori.
E lì veniva il bello.
Venivano spesso fatti a casa Takenouchi, ma ,durante tutte quelle ore, nessuno dava la minima attenzione a Sora, la quale rimaneva in silenzio tutto il tempo.
Toshiko la metteva ogni volta a lavare i piatti e a pulire poi la cucina, mentre tutti loro giocavano con Shinichi davanti ai suoi occhi.
Una volta finito a fare il suo dovere, la bella ragazza se ne tornava in camera, oppure si sedeva in cucina, lontano da tutti gli altri.
Taichi era riuscito ad isolarla anche in situazioni in cui poteva essere davvero difficile non rivolgersi la parola.
In realtà, Yuuko e Susumo la salutavano con educazione, e a volte le mandavano dei sorrisi.
I signori Yagami erano stati da sempre molto affettuosi nei suoi confronti e ,a volte, si notava la loro difficoltà nel cercare l’indifferenza.
Un altro palese segno che Taichi aveva parlato anche con loro.
Per carità, aveva da sempre compreso le sue ragioni, gli aveva nascosto un figlio, lo aveva abbandonato e aveva fatto sparire le sue tracce.
Da quello che aveva capito, anche parlando un pò con Mimi, la situazione agli inizi era davvero tragica, gli aveva arrecato davvero un grande dolore che si era riversato su ogni piano della sua vita.
Per questo, un comportamento del genere, che poteva essere visto da altri come esagerato, a lei stessa appariva normale.
Anche tutta quella indifferenza, se la meritava.
In quei giorni Sora aveva visto Mimi, l’unica persona con cui aveva avuto un dialogo vero e proprio lì ad Odaiba.
L’aveva vista un pomeriggio, dopo un colloquio di lavoro andato male.
Era davvero difficile trovare qualcuno che le venisse incontro per gli orari.
Inutile dire che, non appena si incontrarono, scoppiarono di nuovo in lacrime.
Stavolta erano sole e potevano dar sfogo a tutto ciò che avevano dentro.
Sora le chiese scusa un milione di volte, ma le spiegò che ai tempi aveva deciso di tener nascosta la cosa anche a lei, perchè sapeva come era fatta.
Mimi, essendo anche cara amica di Taichi, non avrebbe retto tutta quella situazione e quelle menzogne che avrebbe dovuto poi dire ma, sopratutto, non avrebbe retto gli eventuali insulti sulla reputazione dell’amica.
Per questo, la Takenouchi era convinta che la fanciulla avrebbe detto tutto.
La bella ragazza dai capelli lunghi e color cenere comprese ogni suo motivo ma, una domanda che le uscì spontanea fu:
 
-Ma tu, lo ami ancora?
 
E a quella domanda, con gli occhi lucidi, rispose decisa:
 
-Non ho mai smesso di amarlo, neanche ora.
 
Mimi la incitò a parlare con Taichi, le disse che non poteva andare avanti così, che non poteva vivere come un fantasma, ma Sora era davvero cocciuta.
Voleva rispettare la decisione del bel ragazzo castano, avrebbe fatto qualsiasi cosa dettata da lui, questo perchè ricordava per filo e per segno il discorso che fece quel giorno davanti al supermercato.
Lui aveva ragione, e anche il suo silenzio e la sua solitudine era un modo per espiare ciò che aveva fatto.
Parlare quel pomeriggio con la sua migliore amica, era stato davvero gratificante.
Sora era riuscita a tirarsi su moralmente e aveva ancora più forza di andare avanti nonostante la situazione.
Quella ragazza aveva davvero un cuore d’oro, e la giovane Takenouchi glielo disse almeno un centinaio di volte.
Era l’unica che aveva violato la legge del silenzio nei suoi confronti, era da sempre stata una pazza e una ribelle e anche quel suo comportamento ne era una prova.
Quel giorno, erano tutti a pranzo in casa Takenouchi.
Era un Giovedì ed erano tutti a tavola a mangiare.
Sora non spostava il suo sguardo miele dal piatto o, al massimo, dava attenzione a suo  figlio che era al suo fianco.
Dall’altra parte sedeva Toshiko, come se volesse creare una barriera tra lei e i signori Yagami.
Invece, vicino a Shinichi sedeva Taichi e poi Hikari.
Il tavolo era tondo, dunque se Sora avesse alzato lo sguardo avrebbe incontrato lo sguardoi di colei che un tempo chiamava sorella.
In quei giorni, quando pranzavano o cenavano assieme, gli argomenti trattati a tavola erano per la maggior parte concentrati sulla giornata di Shinichi, per renderlo così partecipe.
Quella volta, invece, emerse finalmente qualcosa su Taichi e sul suo lavoro.
In quel periodo non stava lavorando ma, da quello che aveva potuto capire, anche lui, come aveva fatto lei, aveva lavorato durante il periodo dell’università proprio sul suo campo di studi, attraverso tirocini  e cose simili, ed ora gli avevano proprosto un lavoro davvero importante nella stessa azienda per cui aveva svolto piccoli lavori negli anni precedenti.
Solo che lo avrebbero assunto nei mesi successivi, massimo Settembre poichè Taichi avrebbe rimpiazzato il posto di un dipendente che stava, per l’appunto, andando in pensione.
Per il momento, però, lui aveva messo un bel pò di soldi da parte, grazie a dei lavori extra e ai lavori estivi che aveva fatto fino a quel periodo.
Ed era solo così che Sora poteva scoprire delle cose su di lui, con questi “magnifici” pranzi.
Iniziò a pensare, cominciando a giocare involontariamente col cibo che aveva sul piatto attraverso la forchetta.
La persona che amava aveva un lavoro e lei no.
L’ultima cosa che avrebbe voluto era che iniziasse a pagare tutto lui ciò che riguardava Shinichi.
Al massimo gli avrebbe concesso di fare a metà.
I costi per la scuola materna, gli eventuali vestiti, tutto ciò che poteva servire a loro figlio lo dovevano pagare insieme e su questo Sora non voleva discutere.
Doveva assolutamente sbrigarsi a trovare questo impiego, a garantire il futuro del piccolo e non tanto per lei.
Se proprio non avrebbe trovato nulla, allora poteva pensare alla remota possibilità di un lavoro fulltime, ma quella era l’ultima spiaggia.
Non sarebbe rimasta lì a guardare suo figlio cresere con i soldi altrui, mai.
Mentre la bella fanciulla dai capelli ramati era immersa nei suoi pensieri, suo figlio cominciò ad osservarla per bene fino a che non notò il piatto ancora intatto, mentre tutti loro avevano già finito.
 
-Mamma, ma non ti piace?Perchè non mangi?
 
Al suo richiamo Sora si risvegliò, guardandolo in viso: aveva quella dolce espressione preoccupata che la faceva sempre sciogliere.
Notò che fissava la sua pietanza e, dopo averla osservata anche lei, prestò di nuovo attenzione a Shinichi.
Gli sorrise debolmente, per poi dargli un dolce bacio sulla fronte e infine alzarsi dal tavolo e andarsene verso la sua camera.
Ovviamente, il piccolo la voleva seguire ma Taichi fu rapido e lo fermò per un braccio:
 
-Shinichi, devi finire di mangiare, ora arriva la frutta.
 
Il piccolo prestò attenzione al padre, per poi guardare nella direzione dove era sparita la madre.
Tutti coloro che erano a tavola notarono la scena ma, per l’ennesima volta, fecero finta di niente e appoggiarono così il padre.
Ma si vedeva che il bel bambino dalla chioma dorata mandava giù a fatica quei bocconi, lanciando di continuo lo sguardo verso la camera di Sora.
 
Quest’ultima, appena entrò in camera, notò che sul suo telefono aveva una chiamata persa.
Leggendo il numero, si ricordò che poteva assomigliare vagamente ad un’azienda che aveva contattato, così non perse tempo.
 
-Salve, Sono Sora Takenouchi e ho trovato una chiamata persa su questo numero.
 
-Ah, si salve! Siamo l’azienda Tashibi. Volevamo dirle che abbiamo ricevuto il suo curriculum e lo abbiamo reputato interessante. E’ disposta a venire ad un colloquio domani mattina?
 
Sora prese velocemente l’agenda.
La mattina seguente aveva già un altro appuntamento, molto presto, in un altro ufficio che, se ben ricordava, era alquanto distante dalla Tashibi, così facendo due calcoli veloci sul tempo, rispose:
 
-Le va bene in tarda mattinata? Verso le 11?
 
-Certo, a quell’ora è perfetto! Allora a domani signorina Takenouchi.
 
-La ringrazio, a domani.
 
Bene, il giorno seguente aveva già due colloqui.
Sorrise, soddisfatta e speranzosa.
Sperava che almeno la sua ricerca andasse a buon fine.
Ma c’era una cosa che doveva risolvere, doveva dire a Taichi di venir a prendere loro figlio prima del solito, per appunto questi appuntamenti.
O meglio, doveva far riferire questa notizia visto che lui aveva costruito un muro invalicabile.
Stette altri minuti a leggere i nomi di tutte le aziende che aveva contattato, quali le avevano risposto e quali ancora no.
Ne aveva trovate davvero tante, in due settimane aveva fatto davvero un bel lavoro.
Poi, sua madre bussò alla porta, chiamandola:
 
-Dovresti venire a lavare i piatti.- disse inespressiva una volta affacciatasi nella sua camera.
 
Sora la guardò, e , prima di annuire, le disse:
 
-Quando puoi, potresti dire a Taichi di venire a prendere Shinichi alle otto e un quarto domani? Alle otto e mezza devo uscire di casa per dei colloqui.
 
Concluse il tutto, con un tono totalmente tranquillo.
Toshiko, all’inizio esitò, ma poi annuì.
Sora uscì dalla sua stanza qualche manciata dopo la signora Takenouchi, diretta subito alla postazione piatti.
Notò una cosa davvero strana, che in quel momento Taichi la guardava con la coda dell’occhio, per poi volgere la sua attenzione alla tv, al fianco di Shinichi.
Cercò di non dar peso alla cosa, poteva essere benissimo frutto della sua immaginazione e cominciò a fare il suo dovere.
Quello che non poteva notare dalla sua posizione, era il figlio che cercava di inquadrarla sempre.
Shinichi amava la madre e vederla non mangiare o essere semplicemente triste, rattristava anche lui e lo preoccupava.
E questo non sfuggi al padre, d’altronde tutti avevano notato che si era spento l’entusiasmo che lo caratterizzava.
Taichi spostò lo sguardo su Sora, che voltava a loro le spalle per lavare i piatti.
Era davvero incredibile.
Pensava che sarebbe scoppiata prima o poi invece se ne stava così, passiva e impassibile, estremamente servizievole con tutti.
Non si lamentava mai di nulla e non apriva mai bocca.
Il suo sguardo era sempre basso, o su Shinichi o puntato altrove, al di fuori di quelle stanze.
Si era reso conto di aver esagerato poco tempo prima nel dirle di sparire dalla sua vista, ma poi pensò che tanto non sarebbe riuscita a farlo.
E invece si stava comportando come lui le aveva implicitamente detto.
Come un fantasma.
Perchè alla fine le aveva detto proprio questo.
Che per lui era morta.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il mattino seguente, Taichi arrivò a casa Takenouchi prima rispetto agli altri giorni.
Toshiko gli aveva detto di presentarsi alle otto e un quarto ma, purtroppo, aveva incontrato un ingorgo per la strada e ora erano le otto e mezza.
Dentro di sè, in fondo, si stava sentendo un pò in colpa per quel ritardo.
Alla fine, da quanto aveva appreso, quell’anticipo era dovuto ad un colloquio di lavoro di Sora, quindi una buona motivazione.
Si stava accorgendo che ultimamente aveva cominciato a pensare di nuovo a lei e di preoccuparsi anche per queste cose banali.
Lui era fatto così, non era mai stato cattivo e le cose che stava facendo ora alla giovane madre non le aveva mai fatte in vita sua.
Neanche si immaginava che avrebbe potuto comportarsi così freddamente un giorno.
Ma la ferita che le aveva arrecato, aperta da sei anni a quella parte, e ampliata col suo ritorno, ancora faceva davvero male.
Voleva farle solamente capire quanto fosse brutta l’indifferenza.
Proprio quell’indifferenza che Sora era riuscita a mantenere per tutto quel tempo.
Invece lui non ce la stava facendo ed erano passate solo due settimane.
Era a questo che pensava quando vide aprire la porta di casa Takenouchi.
Entrò, salutando come sempre la padrona di casa, che gli sorrideva apertamente.
Si stava scusando per il ritardo quando poi vide sullo sfondo Shinichi che stava salutando Sora.
Rimase quasi folgorato nel vederla così: indossava una leggera e delicata camicietta bianca, leggermente trasparente e abbastanza aderente, abbinata con una gonna nera e stretta che le arrivava fino alle ginocchia.
Aveva i capelli raccolti con una pinza, pronti ad essere sciolti in seguito solo per i colloqui visto il caldo che faceva.
Le scarpe nere ,con un tacco non troppo alto, l’aiutavano comunque a slanciarsi, evidenziando ancora di più la sua snellezza.
Dopo aver dato un altro bacio al figlio si alzò, prendendo velocemente la borsa.
In quel momento Taichi notò anche il suo leggero trucco, che la rendeva ancora più bella e professionale.
Si accorse di essere rimasto alquanto scosso, ma quell’effetto glielo aveva sempre fatto, fin dai tempi in cui si accorse di avere una cotta per lei.
Dunque, cercò di scacciare via il tutto dalla sua testa, per concentrarsi sul saluto al figlio.
Non era riuscito neanche a pensare al fatto che Sora aveva infranto la sua regola, cosa che a quest’ultima non sfuggì per niente.
Purtroppo era tardi e non poteva fare altrimenti, doveva uscire per forza a quell’ora da casa per arrivare almeno con qualche minuto di anticipo al colloquio.
 
-Scusa, non volevo....ma è tardi...- si affrettò a dirgli una volta raggiunta la soglia della porta.
 
Solo in quel momento Taichi realizzò e la guardò una seconda volta, ma, per paura di ricevere uno sguardo freddo, Sora abbassò subito il capo e se ne andò via.
Il bel ragazzo castano si accorse di non essere riuscito a risponderle e quasi davvero si sentì in colpa per il suo ritardo.
Ma, nello stesso tempo, vederla lo aveva scombussolato abbastanza.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La mattinata proseguì come sempre.
Taichi aveva portato il figlio al parco e avevano giocato insieme a calcetto.
Shinichi era davvero portato, un piccolo campione.
Il giovane Yagami aveva per l’appunto pensato che sicuramente lo avrebbe inserito in una piccola squadra di calcio, come aveva fatto anche lui da piccolo.
Vedeva il suo bambino davvero entusiasta nel giocare con lui, e ancora più felice quando il padre gli faceva i complimenti.
Tanto che un giorno se ne uscì domandandogli come era nata la sua passione per il calcio.
Shinichi spiegò con altrettanto entusiasmo che la mamma gli aveva imparato a giocare un poco e gli aveva detto che poi suo padre lo avrebbe aiutato a diventare un vero campione.
Tutto si ricollegava sempre a lei.
Stando con il piccolo dalla testa folta, Taichi aveva appreso e scoperto molte cose della loro vita in California, e ,a volte, ne rimaneva davvero sorpreso.
Quello che emerse da tutti i suoi racconti fu che Sora aveva da sempre parlato di lui a suo figlio.
Shinichi, infatti, sembrava conoscesse il padre da una vita, sapeva tutto di lui.
I suoi piatti preferiti, gli hobby, gli sport, i suoi simpatici difetti,la giovane madre non aveva tralasciato nulla.
Ed emerse anche un altro fatto, che lei a Shinichi gli aveva detto che l’idea di andare in America era stata la sua.
Gli aveva detto che prima o poi gli avrebbe fatto conoscere il padre, che però lei li aveva separati per il bene di entrambi, per assicurare a tutti e due un glorioso futuro.
Gli aveva davvero raccontato tutto, aveva cercato di essere sempre sincera col figlio.
Taichi approfittò più volte di questi dialoghi per sapere anche cosa aveva fatto Sora tutto quel tempo, mentre lui cresceva giocando nella casa della zia Harumi e il famoso zio John.
E, con la sua solita sincerità, rispose apertamente anche a tutto ciò.
Sua madre studiava e lavorava tutto il giorno, ma spiegò che dedicava molte ore a lui.
Era la sua super mamma.
Al bambino non sfuggì di dire al padre anche che l’aveva vista spesso piangere, e lui puntualmente le chiedeva il perchè.
 
-Tante volte la mamma non mi rispondeva e si limitava a sorridermi! Ma poi altre mi diceva che era perchè gli mancavi tu, papà! E anche i nonni! E anche gli zii!
 
Lui raccontava tutto questo col sorriso e con entusiasmo, in realtà tutto ciò scombussolava dentro il povero Taichi.
Avevano sofferto entrambi, non c’erano dubbi.
Però ognuno aveva le sue ragioni, lei da una parte poteva essere giustificata ma dall’altra no.
 
-Insomma, cosa pensi di fare?
 
La domanda secca e diretta del suo migliore amico lo fece svegliare da tutti i suoi pensieri.
Guardò Shinichi che stava giocando con altri bambini a poca distanza da lui.
Non appena arrivò Yamato, padre e figlio smisero di giocare insieme e Taichi si sedette al suo fianco in una panchina.
Guardavano entrambi il bambino divertirsi e scherzare con gli altri, aveva davvero preso da entrambi i genitori.
 
-Non credo che potete continuare così, non per lui.
 
Il giovane Yagami si guardò le mani anche se in realtà pensava a tutt’altro.
 
-Lo so, Yamato.
 
-Per ora avete la scusa del lavoro, ma poi si accorgerà delle vostre divergenze, se non l’ha già fatto. Inizierà il solito confronto con gli altri bambini e le altre famiglie e si sentirà inevitabilmente solo... fidati, io ci sono passato..
 
Il ragazzo biondo gli era da sempre stato vicino.
Lo aveva ripreso nel momento in cui voleva rinunciare ad ogni cosa e partire in un viaggio di follia solo per cercare lei.
Grazie a Yamato, il ragazzo dagli occhi nocciola aveva evitato di fare molti sbagli dettati dal dolore.
Per questo, vedendo Taichi in quello stato, lui stesso non riusciva a perdonare Sora.
Neanche ora che aveva riportato suo figlio in Giappone, gli bastava un vago ricordo dell’amico totalmente distrutto a fargli tornare il disprezzo per lei.
Ma sapeva anche che non potevano continuare così, per il bene del bambino.
 
-Vedrò... la sua infelicità è l’ultima cosa che voglio. Sono disposto anche ad un dialogo con lei se questo lo rende felice. Lui non merita tutto questo, deve avere solo il meglio.
 
Annuì, non sapendo che altro aggiungere.
In effetti, aveva ancora tempo per pensare al da farsi, perciò perchè mettergli fretta?
Taichi era diventato davvero maturo, qualunque scelta avrebbe fatto, sicuramente sarebbe stata quella giusta.
Dopo un poco, Yamato se ne andò.
Ormai era mezzogiorno, quasi l’ora di pranzo.
Così il piccolo si avvicinò al padre, lamentandosi per la fame.
Sorrise a quel suo lamento, così propose subito di andare a mangiare in un locale poco distante.
Poi vide un attimo il bambino esitare, si ammutolì un poco.
Si buttò sulle gambe del padre e lo guardò con quei stupendi occhi color miele.
 
-Papà... può venire anche la mamma a pranzo?
 
Taichi sgranò gli occhi, abbastanza confuso e spiazzato.
Non si aspettava una domanda del genere.
Shinichi, vedendo il padre silenzioso, avanzò spiegazioni.
 
-La mamma mangia poco! Io la devo proteggere! La devo controllare, come lei fa con me! Ti prego, papà!
 
Il giovane cercò di assemblare il tutto, cercando di sembrare il più naturale possibile.
Lo aveva notato anche lui, non toccava mai cibo quando erano tutti insieme, ma sperava che al di fuori mangiasse.
La preghiera di suo figlio, però, lo scosse un poco, così si affrettò nel rispondergli:
 
-Tua madre adesso sta facendo dei colloqui, e io non so dove sia...
 
-L’ultimo colloquio della mattinata lo aveva alle undici e mezza alla Tashibi e mi ha detto che per mezzogiorno e qualcosa avrebbe finito!
 
Taichi scosse la testa, come se si volesse risvegliare:
 
-Ma come fai a sapere tutte queste cose?
 
-Me lo ha detto la mamma! Io ricordo sempre tutto quello che mi dice la mamma!
 
-E sai anche l’indirizzo?- chiese quasi divertito.
 
-Via Hokitawa, numero ventitre!
 
Incredibile, la memoria l’aveva presa proprio da lei.
Quel bambino, per avere solo cinque anni, era davvero troppo intelligente.
E lui lo adorava.
In quelle settimane si erano legati molto, quasi non sperava in un risultato del genere.
Ma doveva ammettere che se tutto andava per quel verso era merito anche di Sora, che lo aveva davvero preparato a quell’incontro.
E, sopratutto, era riuscita a creare questo amore platonico che Shinichi provava per il padre anche se non lo aveva mai conosciuto.
Si alzò in piedi, prendendolo poi agilmente in braccio.
In realtà, scherzosamente, lo prese a “sacco”, appoggiandolo su una sua spalla e facendolo stare a testa in giù.
Shinichi iniziò a ridere, gli piaceva tanto quando il padre ci giocava così.
 
-Come tu desideri, piccolo.- disse infine, dirigendosi verso la macchina.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Sora aveva appena finito di parlare col capo reparto.
La Tashibi era una grande azienda e ,per capirlo, bastava guardare la struttura su cui era posta.
Era un palazzo fatto di vetro e acciaio.
La “hall” era davvero lussuosa e la si poteva ammirare anche da fuori a causa della trasparenza della struttura.
Ed era proprio lì che Sora era attualmente.
Aveva appena finito il colloquio che sembrava essere andato benissimo.
Il capo reparto si dimostrava molto interessato a lei e al suo curriculum.
Avevano discusso anche delle ore, forse le sarebbe venuto incontro per un lavoro part time oppure nel gestire lei stessa le otto ore lavorative giornaliere che doveva fare.
Le stava dicendo che, se voleva, poteva fare orario continuato e lavorare dalle 7:00 alle 15:00 del pomeriggio.
Insomma, alla fine poteva andare, sembrava davvero perfetto.
C’era, in realtà, una cosa che non andava davvero bene per lei.
Ed era proprio lui, il suo capo.
Da quando si era presentata fino ad a quel momento, aveva cercato sempre un contatto con lei, le accarezzava la schiena, a volte accorciava troppo le distanze dei loro visi, per non parlare di quando le sfiorava i fianchi.
Era davvero imbarazzante.
E la cosa che l’agitava un poco era che lui le aveva detto che , se mai fosse stata presa, avrebbe lavorato al suo fianco, nella sua stessa stanza.
Cercò di chiuderla lì, salutandolo, ci avrebbe ragionato meglio a casa.
Si offrì di accompagnarla alla hall, cosa che Sora, dentro di lei, non gradì affatto, ma , per quanto era cortese, alla fine accettò.
Proprio in quell’istante, erano arrivati Taichi e suo figlio, che stavano per l’appunto ammirando lo splendore di quella struttura.
Nell’osservare quei vetri splendenti, Shinichi riuscì a scorgere la figura della madre, l’avrebbe riconosciuta anche lontana un miglio.
 
-Guarda papà! C’è la mamma! Siamo arrivati in tempo!
 
Ma quando Taichi alzò lo sguardo vide, affiancato al figlio, una certa scena.
Sembrava che quel signore non la volesse mandar via e vedeva quasi l’affanno della giovane nel staccarselo di dosso; era palese che se ne voleva andare, il ragazzo dalla folta chioma la conosceva fin troppo bene.
Sentì Shinichi parlargli ma non ascoltò neanche una parola perchè quello che vide lo fece abbastanza agitare: il signore le stava dando un abbraccio come segno di saluto, ma le sue mani scivolarono inevitabilmente sul lato B della ragazza.
Quest’ultima, in un primo momento, si irrigidì, poi, con la sua solita delicatezza, sciolse quelle sue sporche mani e si sbrigò a salutare il capo velocemente.
La scena venne notata anche dal piccolo, che si impietrì quanto il padre.
Avevano assunto entrambi la stessa espressione, abbastanza sconvolta, e si erano inizialmente ammutoliti.
Shinichi, poi, ebbe il coraggio di parlare, dettato dalla sua solita innocenza:
 
-Papà... ma quello lì ha toccato il sedere della mamma...
 
L’osservazione del piccolo era stata fatta con una calma apparente, non si scompose neanche un poco dalla sua posizione pietrificata, la stessa che aveva Taichi.
 
-Lo hai visto anche tu...-riuscì a rispondere senza muoversi.
 
Ci fu un altro attimo di silenzio, e ,nel mentr,e  Sora riuscì finalmente ad allontanarsi da quell’uomo.
 
-Papà, ma non si tocca il sedere della mamma!
 
Il figlio marcava ancora di più quell’atto che lo aveva fatto alquanto agitare, ma nello stesso tempo impietrire.
Non si rese conto neanche di parlare col figlio di quell’argomento, credeva che fosse addirittura la sua coscienza.
 
-Certo che non si tocca!
 
-Neanche tu ti permetti di farlo, papà! Perchè quello lì l’ha fatto?
 
Dopo qualche secondo, quando vide  Sora approssimarsi all’uscita della Tashibi, si rese conto dei discorsi allucinanti che stavano facendo.
Si voltò di scatto, guardando suo figlio dritto negli occhi: aveva un’espressione alquanto contrariata, anche più della sua.
 
-Ma davvero io e te stiamo parlando di certe cose??!!!- chiese alquanto agitato e diventando un pò rosso in viso, rendendosi conto del discorso appena fatto.
 
-Ma papà! La mamma non si tocca!!
 
Si chinò subito verso di lui, mettendogli le mani sulle spalle e appoggiando la sua fronte su quella del piccolo.
 
-Sono d’accordo, ma che rimanga tra noi ciò che abbiamo visto! Siamo intesi?!
 
-Ma perchè?!! Io non voglio mentire alla mamma! Io la devo proteggere!
 
-La metterai in imbarazzo! E’ questo che vuoi?! No di certo!
 
-Ho capito, ma non si fa!
 
-Ho capito anche io, ci pensa papà! Ma per favore, non dire nulla! Se no non ti aiuto a diventare un campione di calcio!
 
A quel ricatto, Shinichi fece subito cenno al padre che avrebbe mantenuto la bocca chiusa, e proprio per tempo, perchè Sora era appena uscita da quella struttura.
Si era fermata proprio davanti all’entrata, facendo un grande sospiro.
Taichi si alzò lentamente, non staccandole gli occhi di dosso.
La vide mettersi una mano in fronte, evidentemente stanca e stressata.
Stava proprio pensando che capitavano tutte a lei quando si sentì chiamare da una voce che conosceva fin troppo bene.
Si voltò prima dalla parte opposta e, non vedendo nessuno, puntò l’attenzione sull’altra.
Non fece in tempo a focalizzare la scena che Shinichi le saltò sopra, salutandola amorevolmente.
Sora era davvero confusa, cercava di ragionare ma il figlio le stava parlando alla velocità della luce.
Riuscì a pensare che il piccoletto non poteva essere lì da solo, così alzò lo sguardo e incrociò proprio lui, che stava camminando lentamente verso di loro, con le mani in tasca.
Sentì il cuore sobbalzare e cominciare a battere forte, ma sopratutto cominciò ad agitarsi, non sapendo cosa fare.
Insomma, la regola era di sparire dalla sua vista, non aveva assolutamente previsto situazioni del genere e non sapeva neanche come affrontarle.
Poi ,sopratutto, in quella mattinata era l’ultima cosa a cui pensava di imbattersi.
Abbassò lo sguardo, evidentemente in imbarazzo, e abbracciò il figlio, baciandolo teneramente:
 
-C-che sorpresa! Che ci fai quì?- riuscì a chiedere al piccolo.
 
-Siamo venuti a prenderti per andare a pranzo insieme!!!- esclamò il figlio allargando le braccia per poi gettarsi di nuovo su di lei.
 
A quella risposta, non riuscì ad evitare di guardare in viso Taichi, per capire se era vero, non ci poteva davvero credere.
Lui la stava tranquillamente fissando dritta nei suoi occhi mielati, annuendo poi con la testa.
Dopo essersi persa in quello sguardo nocciola, cercò di riprendersi e si rivolse ancora al figlio:
 
-Come mi hai trovata?Non mi dire che ieri hai memorizzato l’indirizzo.
 
Annuì, tutto contento e fiero:
 
-Io non dimentico mai dove va la mia mamma!
 
Era così dolce, lei lo amava con tutta sè stessa e non potè evitare di coccolarselo un pò per quello che aveva detto.
Ma aveva di fronte a sè l’altro uomo che amava, e ancora non credeva a tutto ciò, così cercò di chiedere conferma in un modo:
 
-Ma, ecco, non dovevate disturbarvi, sarei tornata a casa... noi possiamo vederci stasera, tesoro..- disse infine guardando il suo piccolo.
 
Ancor prima che quest’ultimo potesse lamentarsi, arrivò la risposta del padre:
 
-Shinichi ci tiene molto, abbiamo anche deciso dove andare, seguimi, la mia macchina è laggiù.
 
Era davvero convinta di aver capito male.
Quasi che si sarebbe aspettata un’altra risposta, che appoggiasse la sua idea, prendesse suo figlio e la lasciasse tornare a casa.
Invece parlò proprio come se ormai era tutto deciso, come se lei non avesse altra alternativa.
Quando lo vide avanzare e farle cenno di seguirlo, quasi che voleva svenire.
Ma si rese conto di star esagerando.
Lo stava facendo per Shinichi.
“ci tiene molto”.
Suo figlio sicuramente aveva chiesto di lei.
Non potè far altro che seguirlo ma dentro la sua testa iniziò quasi una battaglia per capire come doveva comportarsi.
Non aveva alcuna dritta.
Ma proprio in quel momento doveva capitare?
Era già confusa per tutto quello che era successo, non era pronta ad affrontare un enigmatico pranzo con lui.
Ma per il figlio, alla fine, avrebbe fatto questo ed altro.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Sora era ancora più stupita.
Taichi li aveva portati proprio lì, in un piccolo ristorante/pub dove andavano spesso quando stavano insieme.
Insomma, perchè?
Quel luogo era pieno di ricordi.
Mai avrebbe pensato che la potesse portare proprio lì.
Già si sentiva a disagio, in più lui rendeva ancora più enigmatica la situazione.
Ma dovette sospendere anche questo pensiero, poichè era arrivata l’ora di sedersi.
Gli riservarono un piccolo tavolo quadrato, accanto alla vetrata.
Shinichi si mise al fianco della madre, mentre Taichi di fronte a lei.
Quest’ultimo notò l’imbarazzo della bella ragazza, per non parlare del suo disagio.
Anche lui non si sentiva poi così sereno, ma cercò di dominarsi.
Sora si concentrò sul loro bambino, dicendogli di sedere composto e di non giocare come al suo solito con le posate.
Lo aiutarono a scegliere cosa mangiare, poi , di nuovo Taichi si rivolse a lei, stavolta facendo finta di leggere il menù:
 
-Prendi il solito?
 
Lei lo guardò abbastanza allibita, è vero, quando andavano lì prendevano sempre le stesse cose e la sua domanda le fece capire prima di tutto che quel locale non era cambiato in quegli anni, e seconda cosa che lui non aveva dimenticato per niente i suoi gusti.
Sentì di nuovo rimbombare il cuore, ma era inevitabile, ogni forma di contatto con lui la emozionava come la prima volta.
Si decise a rispondere con un semplice “si”, fino a che non arrivò la cameriera, una donna sulla quarantina che conosceva bene i due ragazzi.
Dalla faccia di Taichi, Sora potè intuire che non si aspettava di trovarsela proprio lì, e sembrò alquanto scocciato.
E come non dargli torto?
Appena riconobbe la giovane Takenouchi, cominciò subito a chiederle che fine avesse fatto, per poi chiedere ad entrambi come mai si trovassero di nuovo lì dopo tanto tempo.
E infine notò il bambino e la sua straordinaria somiglianza con entrambi.
E lì non si trattenne:
 
-Non ditemi che questo bellissimo fanciullo è vostro figlio! Non ci posso credere!
 
Sora rimase in silenzio, e ,per la prima volta ,guardò il giovane davanti a lei come se gli volesse chiedere un grande aiuto.
Il bello è che le rivolse lo stesso sguardo, entrambi non avevano intenzione di risponderle, quella donna era davvero una pettegola.
 
-Ma questa è davvero una splendida notizia! Ma è grande questo bambino! Possibile che non sapevamo niente?! Tua madre, Taichi, non mi ha detto nulla! Ma quanti anni ha?!!!
 
L’interessato cercò di deviare dicendole che era una storia lunga e che volevano ordinare e, dopo averlo fatto, la donna non si arrese e ,siccome vedeva l’impassibilità dei genitori, si rivolse direttamente al bambino:
 
-Allora, piccolo, quanti anni hai??!
 
I due ragazzi guardarono entrambi Shinichi, essendo certi che, per educazione, rispondesse alla signora.
Il piccolo, prima guardò i suoi genitori, poi pose di nuovo attenzione sulla donna.
Aveva notato che non avevano voglia di parlare con lei, così disse:
 
-Mia zia Harumi dice sempre: “chi si fa i fatti suoi, campa cent’anni! Chi si fa i fatti miei, va in ospedale!”
 
Sora sgranò gli occhi a quella risposta scortese e impallidì, chiedendosi quando mai sua zia avesse detto una cosa del genere a suo figlio.
Ma il suo stupore e la sua vergogna quasi fu soffocata dalla risata di colui che aveva di fronte.
Taichi era scoppiato a ridere per quella risposta pronta, che aveva totalmente spiazzato la cameriera.
La ragazza dai capelli ramati venne spontaneo guardarlo storto, con una palese espressione che voleva dire :” ma che stai facendo?!”.
Taichi, ricevendo il messaggio, si fermò, e cominciò a schiarirsi la voce.
Guardando il figlio, poi, disse:
 
-Shinichi, chiedi subito scusa! Non si risponde così.
 
Dopo aver obbedito, la donna si decise di continuare il suo lavoro.
Sora si mise di nuovo la mano in fronte, guardando il piccolo al suo fianco:
 
-Ma ti pare il modo? Quando sentirò Harumi gliene dirò di tutti i colori...
 
 -Ma mamma!
 
A Taichi veniva ancora da ridere, quanto era buffo! E sveglio!
A suo parere, aveva davvero fatto bene.
E poi, era riuscito nell’intento, ossia zittirla e mandarla via.
Doveva ammettere, però, che questa sfacciataggine l’aveva presa proprio da lui.
E fu quello che pensò anche Sora ma che non disse, ovviamente.
Arrivarono le pietanze, così iniziarono a mangiare.
Come al suo solito, la giovane mangiava lentamente, anche perchè le tornarono dei ragionamenti sul lavoro in testa.
Come se Taichi avesse intuito cosa stesse facendo, avanzò delle domande, anche per chiacchierare e per non creare una situazione di disagio col bambino.
 
-Allora... come è andata stamattina?
 
Inutile dire l’altro colpo che le venne non appena il castano le rivolse la domanda.
In tutto quel tempo, forse quello sarebbe stato il primo giorno in cui potevano avere una conversazione normale.
Notò che pure il figlio la guardava interessato, anche lui voleva sapere.
Si sentiva così al centro delle loro attenzioni e ciò non la faceva star bene, anzi, non era più abituata.
 
-Emh.. insomma.. ci sto lavorando.- cercò di chiuderla in maniera veloce, facendo finta di fare un boccone, in realtà neanche quel giorno aveva fame.
 
-Non è andata?- insistette Taichi, mentre faceva un sorso d’acqua.
 
Lei lo guardò, non riusciva a capire se fosse effettivamente interessato oppure lo faceva per alleviare la situazione.
Nel dubbio, cercò di non rimanere zitta:
 
-No cioè... in realtà molti cercano... solo che io cerco un lavoro part time o qualcuno che mi offra l’occasione di gestire le ore come voglio..
 
Notò il ragazzo fermarsi nel bere, stava ragionando.
Aveva capito che voleva lasciarsi il tempo da dedicare a Shinichi e questa cosa spiegò molto anche la lentezza delle sue ricerche.
Era difficile trovare qualcosa part-time.
 
-Il primo di stamattina...-continuò prestando attenzione al suo piatto-.. voleva che lavorassi tutto il giorno, dalle 8:30 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 18:30. Data la sua posizione, dovrei fare sempre pranzo fuori casa e tornerei la sera per cena.
Sora evitò di dire che uno dei suoi problemi nelle sue ricerche era anche la mancanza di un mezzo di trasporto, già le era pesato ammettere che cercava un lavoro part-time.
Taichi seguiva per filo per segno il suo discorso, come anche il bambino.
 
-L’ultimo ,alla Tashibi, anche mi vorrebbe full time, ma mi permette di gestire le ore e di fare un orario continuato per poter staccare alle 15:00. Però...
 
Sora si fermò, ripensando al probabile futuro capo reparto e alle sue manie da maniaco.
Lei non era di certo un tipo da riuscir a reggere tutti quei gesti, si sentiva a disagio con qualsiasi cosa.
 
-..però, ecco, devo vedere... finisco i colloqui e poi decido...
 
Fece intendere chiaramente che, se sarebbe stato necessario, avrebbe accettato anche tutto ciò.
La fanciulla non sapeva di essere stata vista dai suoi due ometti e che in realtà Taichi sapeva di quel capo schifoso che aveva osato sfiorarla.
Notò lo sguardo di Shinichi, evidente segno di incitazione verso il papà.
Dopo aver recepito il messaggio da parte del figlio, Taichi posò il bicchiere e disse deciso:
 
-Evita la Tashibi, troverai di meglio.
 
Lei alzò lo sguardo, davvero confusa:
 
-Perchè? La conosci?
 
A pensarci, quella cosa gli aveva dato davvero fastidio.
Se fosse stato più vicino, pensò che un pugno glielo avrebbe lanciato volentieri.
La sola immagine di quell’uomo che la sfiorava gli faceva bollire il sangue, per non parlare di un ipotetico pensiero di lei che lavora al fianco di un individuo del genere.
Nessuno doveva importunarla, nessuno si doveva permettere di sfiorarla.
 
-No...-disse infine deciso-...ma non sopporto il proprietario... lo prenderei a pugni.
 
Sora sgranò gli occhi, cercando di capire il perchè.
Possibile che l’avesse vista e avesse questa rabbia per lei?
No, non poteva essere. Di sicuro lo aveva conosciuto in altre occasioni, in fondo lui era entrato in contatto con numerose aziende.
 
-Neanche a me piace, mamma!
 
Entrambi i genitori si voltarono verso il loro bambino, che aveva la forchetta con tanto di boccone alzata in su.
 
-E poi quell’edificio ha troppi vetri! E se decidessero di farteli pulire? Non torneresti più a casa!
 
Sora non sapeva se ridere, ma quell’incertezza scomparve sentendo di nuovo Taichi immerso in una risata.
Risero insieme, per poi vedere il giovane Yagami dare il cinque al figlio, in segno di vittoria sulla questione.
La ragazza guardò allibita entrambi, sembravano davvero conoscersi da una vita.
Avevano un’affinità incredibile, e questo solo in due settimane.
Non poteva che esserne felice.
 
-E ora finisci di mangiare, Shinichi. Lo sai qual è la regola no?
 
La giovane dagli occhi miele era un pò confusa, se ne stavano inventando di tutti i colori.
 
-Certo papà, non ci si alza da tavola finchè i piatti non sono tutti puliti!
 
-Esatto.- confermò il padre per poi prestare attenzione alla bellissima ragazza che aveva davanti.- E se tua madre non si sbriga, credo che staremo qui fino all’ora di cena.
 
Il bambino rise e gli diede ragione.
Lei era ancora scossa da tutte le scene a cui stava assistendo.
Scene davvero belle, di complicità e affetto.
Si rese anche conto che vi era un messaggio nascosto da entrambi, quei due si erano coalizzati per farla finire di mangiare.
Fosse stata una situazione leggermente diversa, avrebbe risposto ad entrambi.
Ma ancora aveva paura a scherzare assieme a lui.
Non si sentiva assolutamente pronta a cercare di nuovo la complicità di un tempo.
 
 
 
 
 
 
 
NOTA DELL’AUTRICE
Ovviamente, i nomi delle aziende sono inventati, come anche quelli delle vie!
Volevo ringraziare chi mi sta seguendo e incitando, mi ha fatto davvero piacere leggere i vostri commenti! ( e ritrovare vecchi fan, davvero ne sono felice!)
Volevo chiedervi una cosa, vi sembrano troppo lunghi questi capitoli? Preferite che li spezzi in più parti la prossima volta?
A volte potrebbe risultare faticoso leggere una cosa così lunga, ditemi voi come preferite!
Con la speranza di ritrovarvi anche nei prossimi capitoli, vi saluto!
Alla prossima cari!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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