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Autore: Koori_chan    23/07/2014    2 recensioni
[L’Ottobre del 1703 era uno dei più caldi che la gente di Londra ricordasse.
Per strada i bambini correvano scalzi schiamazzando senza ritegno, e sul mercato si vendeva ancora la frutta dell’estate; il sole, che già aveva incominciato la sua discesa verso l’orizzonte, illuminava i dock di un’atmosfera tranquilla, pacifica, quasi si fosse trattato di un sogno intrappolato sulla tela di un quadro.]
Quando un'amicizia sincera e più profonda dell'oceano porta due bambine a condividere un sogno, nulla può più fermare il destino che viene a plasmarsi per loro.
Eppure riuscirà Cristal Cooper, la figlia del fabbro, a tenere fede alla promessa fatta a Elizabeth Swann senza dover rinunciare all'amore?
Fino a dove è disposta a spingersi, a cosa è disposta a rinunciare?
Fino a che punto il giovane Tenente James Norrington obbedirà a quella legge che lui stesso rappresenta?
E in tutto ciò, che ruolo hanno Hector Barbossa e Jack Sparrow?
Beh, non vi resta che leggere per scoprirlo!
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Elizabeth Swann, Hector Barbossa, James Norrington, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Undicesimo~






In cinque lunghi mesi di navigazione avevano cambiato quattro navi, sette ciurme, e almeno dieci identità.
Cristal, finalmente libera come un gabbiano e padrona di un sogno che aveva inseguito per tutta l’infanzia, aveva scongiurato Jack affinchè le insegnasse tutti i segreti per governare al meglio un vascello: aveva imparato ad ascoltare i mormorii del sartiame e ad interpretare i fruscii delle vele, si era comprata una bussola tutta per sé, scettica com’era a riguardo di quel catorcio dal quale il pirata non si separava mai, ed era riuscita a mettere le mani su una bella spada leggera e maneggevole, perfetta per il suo stile di combattimento preciso e pulito.
All’inizio aveva faticato molto per mantenere la sua identità celata agli altri marinai, compito non facilitato dal comportamento di Jack, che spesso e volentieri sembrava dimenticare il fatto che se la ciurma avesse scoperto di avere una donna a bordo sarebbero sopraggiunti un’infinità di problemi. Era stato solo quando si era scoperto che il taciturno mozzo brasiliano raccattato a Fortaleza era in realtà una giovane schiava in fuga dalla sua piantagione che la figlia del fabbro si era sentita in dovere di rivelare il suo segreto.
Era stato strano, aveva visto gli sguardi dell’equipaggio cambiare natura, ma sua la mano sempre appoggiata sul pomo della spada e la costante supervisione di Jack avevano finito per garantirle una certa sicurezza, se non addirittura un flebile senso di rispetto.
Nel frattempo contava i giorni che la separavano dalla partenza, lo sguardo sempre rivolto alla scia schiumosa e guizzante della nave.
Aveva capito già dopo la prima settimana che scrutare l’orizzonte sarebbe stato inutile, ma la sua ingenua e caparbia speranza riusciva ancora, seppure a fatica, a tenere al guinzaglio l’amara rassegnazione che stava pian piano montandole nell’anima.
A volte le sembrava di scorgere in lontananza delle vele bianche, e allora il suo cuore sussultava, ma bastava una semplice occhiata attraverso la lente incrostata del cannocchiale per rendersi conto che si trattava di cauti mercantili e non dei centosei lucidi cannoni della Dauntless.
Si era accorta che il suo atteggiamento infastidiva parecchio il Capitano, ma proprio non riusciva a impedirsi, di tanto in tanto, di voltare il capo a poppa mentre le vele gonfie la sospingevano sempre più lontano da casa.
- Sai, Cristal – aveva esordito un pomeriggio in cui era particolarmente seccato, forse per via dell’aver esaurito il rum.
- La nostra ricerca sarebbe decisamente più fruttuosa se tu guardassi a prua, e non indietro! – aveva insinuato, stizzito.
La giovane aveva annuito, guardandosi bene dal confessargli il motivo della sua aria malinconica: già la riuscita della missione era appesa a un filo, se Jack avesse dovuto venire a sapere che uno dei più capaci Ufficiali di Marina dei Caraibi era sulle loro tracce… no, non voleva nemmeno pensare a come il pirata avrebbe potuto reagire…
Così si era vista costretta a lasciare momentaneamente da parte l’agrodolce ricordo del suo promesso sposo, riportando l’attenzione  sull’orizzonte che si apriva infinito di fronte a loro.
Si erano da poco lasciati alle spalle l’Arcipelago delle Malvine quando tre macchioline rosse avevano fatto la loro comparsa sulla sottile linea fra cielo e mare.
Era stato Hernan, un ragazzone assoldato all’ultimo approdo, a individuare la sagoma lontana delle vele, e Cristal aveva faticato a tenere fermo il cannocchiale, tanto le mani le tremavano dall’agitazione.
- Jack, sono loro… - aveva balbettato, improvvisamente consapevole di avere la vittoria a portata di mano.
- Che facciamo, ci prepariamo all’arrembaggio? – era stata poi la sua impaziente domanda.
- Cosa sai della Flotta del Serpente? – aveva replicato con uno dei suoi sguardi dannatamente incomprensibili.
La giovane aveva fatto spallucce e aveva sbuffato.
- A parte che sono Filippini? Direi niente… -
- Ecco, appunto. – e senza apportare ulteriori spiegazioni si era diretto sottocoperta, sbandando ogni tanto nel suo particolarissimo incedere.
Era riemerso poco dopo, l’alito che puzzava schifosamente di rum.
Si era guardato intorno con aria pensosa, poi, all'improvviso, aveva iniziato a sbraitare ordini alla ciurma, più serio che mai.
Cristal non aveva potuto trattenere un gigantesco sorriso, mentre un vento accattivante le sferzava le guance: se fossero riusciti a mantenere velocità costante, forse, entro il giorno successivo sarebbero riusciti a raggiungerli.
Ogni ombra di sorriso era però svanita completamente dalle labbra della ciurma quando, poco dopo mezzodì, una muraglia di spesse e minacciose nuvole nere aveva oscurato il sole.
- Capitano! Tempesta in arrivo! – aveva gridato qualcuno, mentre già le acque attorno alla chiglia si intorbidivano, irose e roboanti.
- No bene. – aveva borbottato Jack, mordicchiandosi un’unghia.
- Quanto tempo ci resta? – aveva chiesto Cristal.
Jack non aveva risposto, intento a rimuginare su chissà cosa, così era stato un vecchio marinaio che li seguiva fin da l’Avana a sputare la sentenza.
- Dieci minuti, forse un quarto d’ora… Siamo spacciati, Capitano! Capo Horn non perdona! – aveva piagnucolato per poi fare il segno della croce.
La figlia del fabbro aveva rivolto lo sguardo alla massa grigia all’interno della quale già baluginavano i flumini, poi aveva osservato le tre navi pirata svanire al suo interno.
Li avevano visti di sicuro, e avevano deciso di proseguire, nonostante tutto. Se i Filippini avessero dovuto superare la tempesta indenni e loro si fossero arresi non li avrebbero mai recuperati.
Era folle, ma giunti a quel punto era l’unica cosa da fare.
- Dobbiamo attraversarla! – si era ritrovata ad esclamare, quasi un ordine da tanto il suo tono era parso fermo e deciso.
Solamete quando si era accorta che anche Jack aveva pronunciato quelle stesse parole si era voltata di scatto in sua direzione.
Quello le aveva rivolto un ghigno divertito e aveva alzato appena il cappello in un gesto d’intesa.
- Dritti alla meta… -
Cristal aveva ricambiato il ghigno, elettrizzata da quel motto che il pirata soleva ripetere per spronarli alla ricerca.
- E conquista la preda! – aveva concluso lei, il vento che si alzava e le onde sempre più alte.
Era stata questione di attimi, poi l’inferno li aveva travolti.
Le raffiche di vento si erano fatte sempre più forti, sino a divenire un fischio continuo che stordiva i sensi e rendeva difficile persino restare in piedi.
La nave, sballottata senza ritegno dalla tempesta, gemeva il suo dolore resistendo stoicamente alla violenza delle onde, che si riversavano sul ponte con una potenza tale da far finire i marinai sdraiati al suolo e incapaci di rialzarsi.
- Capitano! Imbarchiamo acqua! – aveva gridato la giovane brasiliana, avvinghiata al sartiame per non precipitare in mare.
Jack, aggrappato al timone, aveva dato un’occhiata alle condizioni del ponte.
- Sei alle pompe, gli altri ai loro posti! – ma l’ordine si era perso nel boato dell’oceano, e i marinai si erano visti costretti a gridarselo a vicenda per riuscire a capire cosa dovessero fare.
- Jack! – aveva tentato di richiamarlo Cristal, ancora in piedi nonostante il rollio impazzito della fregata.
Nel mezzo della tempesta, la sua figura ritta e sicura spiccava e frastornava la vista: concentrata, ma non spaventata, sembrava essere la sola, fatta eccezione per il Capitano, a non soffrire le condizioni in cui versavano. Nei suoi occhi grigi baluginava, assieme ai fulmini schioccanti che si tuffavano nei marosi attorno a loro, una volontà che trascendeva l’umano. Sembrava quasi che a ogni folgore la ragazza guadagnasse stabilità e coraggio.
Condotta a braccetto dalla Morte, non si era mai sentita così viva.
- Jack, le vele non reggeranno oltre, la Maestra ci piega troppo! – aveva urlato raggiungendolo al timone.
Quello aveva annuito, grondante e con gli occhi puntati alla sua inutile bussola scassata.
- Filate le scotte! Liberate le vele! – aveva tuonato.
- Avete sentito? Celeri, uomini! Celeri, prima che l’Oceano ci ingoi! – gli aveva fatto eco la bionda, pronta ad affiancare la ciurma.
Jack l’aveva però trattenuta per un braccio, e la fanciulla aveva fatto giusto in tempo a vedere un marinaio liberare un lembo di vela dai suoi vincoli prima che la stoffa sibilante come una frusta gli schioccasse in faccia facendolo volare fuori bordo.
Quando tutte le vele erano state liberate e il vento se n’era appropriato, uno schianto aveva fatto tremare il ventre dell’imbarcazione e delle urla di terrore erano salite fin sul ponte.
Un cannone, come imbizzarrito, aveva preso a rotolare qua e là al ritmo delle onde, travolgendo tutto quello che trovava sulla sua strada, fossero casse di polvere da sparo o uomini.
I danni sottocoperta erano catastrofici, e la nave aveva preso ad imbarcare ancora più acqua di quanto già non facesse prima.
- Moriremo tutti! – aveva gridato qualcuno, mentre altri piangevano o vomitavano, o pregavano, o si gettavano a terra in attesa del loro destino.
Poi, esattamente com’era apparsa, la tempesta era sparita.
Le nuvole avevano preso a sfilacciarsi e le onde, prima furiose, si erano via via calmate fino a diventare morbide carezze sui fianchi lacerati della piccola fregata.
Erano salvi.
Capo Horn aveva concesso loro la grazia.
Una volta capito di essersi salvata, la ciurma era esplosa in un urlo di gioia, ma per Cristal la gioia era durata poco.
Avanzando a fatica verso una destinazione che solo Jack sembrava conoscere, l’acqua attorno a loro si aveva preso a farsi punteggiata di assi di legno e barili galleggianti di chissà cosa, lembi di vela e cordame aggrovigliato.
A dritta si scorgevano i flutti farsi schiumosi contro la parete rocciosa della scogliera che stavano costeggiando, a prua nemmeno l’ombra delle tre navi.
Era stato sul fare del tramonto che, ormai in condizioni pietose, erano riusciti a gettare l’ancora di fronte a un piccolo paese di pescatori, che li avevano accolti con parole amichevoli nella loro lingua sconosciuta.
E così, fra gesti e frasi smozzicate un po’ in Inglese e un po’ in Spagnolo, la figlia del fabbro aveva visto realizzarsi l’agghiacciante timore che le aveva appesantito il cuore per tutto il pomeriggio: le navi dalle vele triangolari avevano fatto naufragio, nessuno si era salvato.
Forse avrebbe dovuto gridare, piangere, strepitare, forse avrebbe dovuto ubriacarsi per dimenticare quella sconfitta, per dimenticare il fatto che si era giocata tutto e aveva fallito.
Forse avrebbe dovuto avere una di quelle reazioni, o forse avrebbe dovuto averle tutte assieme.
Invece no, il suo cuore era calmo e silenzioso come il mare in bonaccia.
Niente.
Non sentiva più niente.
Era andata sulla spiaggia, si era tolta gli stivali e aveva immerso i piedi nell’acqua, lo sguardo puntato alle stelle, poi era rimasta lì, un’ora, due, tutta la notte, finchè Jack non era andato a cercarla e, nel silenzio, l’aveva chiamata.
- Mi dispiace averti portato via tutto questo tempo… - aveva sussurrato senza nemmeno voltarsi a guardare il pirata.
Quello le aveva piazzato fra le mani una bottiglia di rum e lei, nonostante detestasse dal più profondo del cuore quella bevanda incendiaria, aveva bevuto.
Un gesto meccanico, disinteressato.
Non le interessava più di nulla, di nulla in assoluto.
Solo a quel punto si era accorta che Sparrow sembrava essere abbastanza impaziente di dirle qualcosa.
- Che c’è? – aveva domandato, decidendosi a guardarlo negli occhi.
Quello che vi aveva scorto l’aveva lasciata di stucco: era forse… speranza?
- Sono davvero rammaricato dall’increscioso svolgersi delle vicende e dal nefasto nonché luttuoso evento di oggi pomeriggio… - aveva incominciato, gesticolando lentamente, come se avesse cercato di aiutarsi con le mani ad amalgamare le sue parole.
- Ma? – lo aveva interrotto bruscamente la ragazza, troppo stanca per prestare attenzione ai suoi intricati giochi di parole.
Il pirata aveva ghignato appena, i denti d’oro a baluginare nella fioca luce della luna e la giovane si era chiesta con un guizzo d’odio cosa diamine ci trovasse di divertente in quella situazione sputata dall’nferno.
- Pare che Miss Marion Hawke abbia la pellaccia dura quasi quanto quella della figlia… - aveva cantilenato, sibillino.
- Cosa vuol dire? Mia madre è ancora viva? Parla o giuro che ti strappo la barba! – aveva esclamato improvvisamente lei, facendo fare un passo indietro all’interlocutore, che aveva portato istintivamente una mano al pizzetto.
- Beh, non credo siano molte le donne inglesi dagli occhi “color della tempesta” e munite di “collana del mare” che passano da queste parti… - aveva citato testualmente ciò che era riuscito a estorcere a un paesano, agganciando distrattamente la bussola alla cintura.
Non aveva quasi fatto in tempo a terminare la frase che il peso improvviso della bionda l’aveva fatto piombare in terra, l’acqua salata fino ai gomiti.
- Jack, ti adoro! – aveva esclamato Cristal, abbracciandolo con tutto l’affetto che ormai si era resa conto di provare per lui.
Era assurdo, ma in quei mesi di navigazione, fra le mille avventure che avevano vissuto insieme, sentiva di essersi affezionata a Sparrow come a un fratello: certo, a volte l’avrebbe ucciso, ma aveva imparato a interpretare i suoi modi bizzarri e fuori dagli schemi, e non avrebbe esitato un momento a mettere la sua vita nelle sue mani.
Spiazzato da quel gesto improvviso, il pirata le aveva battuto qualche amichevole pacca sulla schiena, ben attento a non incrociare il suo sguardo.
Non credeva nei miracoli, ma il fatto che la giovane non si fosse accorta di non avergli mai fatto parola della collana doveva senz’altro esserne uno…
Le ricerche erano così proseguite, sebbene a rilento, portandoli fin sulle coste dell’Africa e poi a Est, verso il Madagascar. Giunti sulla meravigliosa e selvaggia isola, tuttavia, erano stati costretti a tornare indietro fino alle Antille e poi in Spagna.
Altri sei mesi erano passati e, anche se con lentezza esasperante, lo squarcio nel cuore della giovane sembava essersi leggermente lenito, curato forse dal balsamo della speranza che le recavano le notizie riguardo a sua madre.
Era una notte calda e stellata e il Nausicaa, un piccolo brigantino sgraffignato a Cadice, veleggiava tranquillo verso le insidiose coste della Bretagna.
- In tutta onestà non la capisco. – sbottò la giovane dopo mezz’ora di agguerrito dibattito con Sparrow.
Quello alzò un sopracciglio, palesemente brillo dopo l’ennesima bottiglia di rum.
- Beh, la madre è la tua… - si difese, onde evitare che gli venissero chiesti ulteriori pareri in merito.
Scelta sbagliata: Cristal sbuffò e si appoggiò al parapetto, guardando con disinteresse la spuma delle onde che si infrangevano contro la chiglia.
- Appunto! Insomma, perché non se ne torna a Port Royal e fine della storia? Ormai è passato quasi un anno da quando siamo partiti, perché continua a girare in tondo senza una meta? –
Quella sua stessa frase le incupì lo sguardo.
Forse Marion non aveva alcuna intenzione di tornare a Port Royal. Forse non voleva ritrovare sua figlia.
Dopotutto era ancora giovane e bella, e la morte di Jim Cooper le offriva altre mille possibilità…
Scosse la testa, schifata di aver avuto un simile pensiero riguardo a sua madre.
No, Marion non avrebbe mai tradito la memoria di suo marito, e non avrebbe mai abbandonato lei, sua figlia.
Per nulla al mondo.
Poi, subdola come la paura di essere stata abbandonata, un’altra immagine si fece largo nella sua coscienza.
Un paio di settimane prima aveva compiuto diciassette anni, e il ricordo di come trascorreva il giorno del suo compleanno a casa le aveva colmato il cuore di malinconia.
Aveva atteso per tutta la vita di solcare i mari senza dover rendere conto a nessuno, ma adesso si rendeva conto di cosa sua madre intendesse con “sconfinata prigione”.
Nulla sapeva rinfacciare gli errori meglio dell’oceano, nessuna vastità sapeva essere così soffocante come l’orizzonte.
Sarebbe mai riuscita a ritrovare sua madre? Sarebbe mai stata capace di riportarla a casa, per condurre insieme una vita serena, nonostante tutto?
Quell’immagine ne evocò un’altra, un volto a cui aveva cercato di non pensare in quei lunghi mesi per mare.
Cosa avrebbe ritrovato, se fosse tornata a Port Royal?
Di certo non l’altare, questo ormai l’aveva capito.  Aveva fatto una scelta, e le conseguenze comportavano dover dire addio a quella vita che, per un secondo, aveva pensato di poter sfiorare con la punta delle dita.
Lo sapeva, lo sapeva fin dall’inizio, sapeva di star mentendo quando aveva sussurrato contro le sue labbra “questo non è un addio”.
James aveva troppo da perdere, non si sarebbe mai arrischiato a seguirla in quella folle ricerca, quell’assurda corsa contro il tempo.
Non l’avrebbe mai cercata, e non l’avrebbe nemmeno aspettata.
- Magari ha una meta ben precisa, ma è costretta a girare in tondo per raggiungerla. Magari sta facendo così apposta per far perdere le sue tracce... – la voce di Jack Sparrow la riportò alla realtà con uno strattone.
Scosse la testa e fece spallucce, voltando le spalle alla murata e puntellandosi sui gomiti.
- E a che pro? Sarebbe bastato raggiungere una qualsiasi base inglese e farsi scortare a Port Royal… Dopotutto il suo nome fa ancora un discreto effetto, dubito che le avrebbero fatto storie… - osservò, un po’ irritata dal non capire cosa diamine passasse per la testa di sua madre.
Fu a quel punto che accadde qualcosa di strano.
Sparrow, la sua inseparabile bottiglia di rum stretta in mano, le fece passare un braccio attorno alle spalle con aria comprensiva.
Fu questione di un secondo, ma Cristal sentì che in quel contatto c’era qualcosa che non quadrava; si irrigidì appena, le sopracciglia inarcate mentre si mordeva dubbiosa il labbro inferiore.
- Jack? – domandò, sulla difensiva.
- Stavo pensando… - esordì nel silenzio della notte.
- Capisco che tu ti senta confusa e addolorata, per non dire quasi tradita… Ma ormai è un anno che navighiamo insieme, io e te, Capitan Jack Sparrow e Cristal Cooper… E insomma… - continuò, stringendola sempre più a sé, tanto che la ragazza dovette trattenere il respiro, schifata dall’alito fetido dell’amico.
- Ma perché crogiolarsi nel dolore? Fa caldo… Ci sono le stelle… - argomentò, allusivo.
La bionda comprese dove voleva andare a parare e sussultò, spiazzata.
- Jack! Potresti essere mio padre! – esclamò, scostandosi e allontanandosi di qualche passo.
- Ma non lo sono! – cinguettò quello con aria accattivante, muovendosi barcollante sulla scia dei suoi passi.
Cristal scoppiò a ridere tetra e si appropriò della sua bottiglia.
- Sei ubriaco. Quante ne hai bevute oggi? – cercò di cambiare discorso.
Missione fallita, il pirata le strappò la bottiglia dalle mani e diede una generosa sorsata, svuotandola del tutto.
- Con questa… ho perso il conto! – esclamò, per poi ghignare ancora, un ghignetto infantile alimentato dall’alcool.
- E comunque non mi capacito di come tu possa resistere al mio innegabile fascino e… - ma la ragazza lo interruppe, improvvisamente nervosa.
- Puzzi. E mi dispiace, Sparrow, ma sei arrivato tardi. – sentenziò con un’amarezza nella voce che avrebbe quasi potuto far tornare sobrio il compagno.
Prese a misurare il ponte a grandi passi, finchè il suo incedere pesante e irato la condusse a prua.
Non sospirò nemmeno quando si accorse che Jack l’aveva seguita.
- Non riesci proprio a capire quando una persona ha piacere di starsene un po’ sola per conto suo, vero? – sbraitò senza tuttavia eccessiva cattiveria.
Sebbene quella non-proposta l’avesse offesa e assurdamente delusa non riusciva a rimanere arrabbiata con Jack per più di cinque minuti. Gli voleva bene, dopotutto, e quella era una debolezza a cui proprio non riusciva a rimediare.
- Chi è? – domandò lui, stranamente serio nonostante la sbronza.
- Chi è chi? – e questa volta fu lei a non capire, confusa da quella domanda.
- L’aitante individuo che ha stregato il tuo cuore di fanciulla, che domande! – la schernì, guadagnandosi un’occhiataccia da colei che l’aveva appena respinto dandogli nemmeno troppo velatamente del vecchio.
Cristal piantò i suoi occhi grigi in quelli scuri dell’amico per poi incrociare le braccia al petto.
- Una storia per una storia. Andata? –
Jack parve pensarci un po’ su, poi annuì e le strinse la mano.
- Andata! –
E fu così che si ritrovò, per la prima volta dopo un anno intero, a parlare della sua famiglia, di Elizabeth e Will, di Abraham, degli allenamenti di scherma con mamma e papà e dei giochi ai danni del povero Howard, di tutte le volte in cui avrebbe voluto strozzare Gillete e di quando, invece, sarebbe saltata al collo di Groves per ringraziarlo dei suoi tempestivi interventi.
E poi parlò di lui. Della prima volta, a Londra, delle litigate, delle passeggiate su al Forte, la pioggia, i fulmini quella sera al ballo, parlò della spedizione di Thompson, di quella volta che le aveva regalato un libro così, solo perché aveva scoperto che le avrebbe fatto piacere leggerlo, parlò di tutto, tutto quanto.
- Dovevamo sposarci. E invece guarda dove sono andata a finire… - commentò con amarezza, il riflesso delle stelle freddo e distante sulla superficie dell’acqua.
Jack tacque, e se non fosse stato per il tanfo di alcool che emanava ad ogni respiro, Cristal avrebe quasi potuto crederlo sobrio.
- Vi assomigliate molto… - borbottò, l’espressione persa in chissà quale ricordo.
- Chi? – domandò lei, improvvisamente curiosa.
- A chi assomiglio? – incalzò.
Il Capitano parve riscuotersi e rendersi conto all’improvviso delle sue parole. Le sorrise come se niente fosse, ma dopo undici mesi a stretto contatto ormai era evidente quando era  in imbarazzo, o quando si rendeva conto di aver parlato troppo.
- Beh, abbiamo detto una storia per una storia! Cosa vuoi sapere del sottoscritto? – domandò per sviare l’attenzione della compagna.
Cristal roteò gli occhi, era chiaro che per quella sera non gli avrebbe scucito una parola di più.
Poco male, avrebbe indagato in un secondo momento… Dopotutto c’era un’altra cosa che le premeva immensamente scoprire…
- Semplice, Jack! – esordì rizzando la schiena.
- Tutti i Capitani hanno una nave tutta per loro: Teach ha la Queen Anne’s Revenge, Ponce de Leon aveva la Santiago… - continuò, enumerando navi e Capitani aiutandosi con le dita.
Attese qualche secondo per aumentare la suspence della sua richiesta, poi parlò ancora.
- Voglio sapere la storia della tua nave, Jack. Dall’inizio alla fine. –
L’uomo le scoccò una lunga occhiata silente, quasi come se quella domanda si fosse avventurata ad esplorare ricordi che era meglio lasciare al loro posto, poi sbuffò e si sedette su una cassa, facendole segno di accomodarsi.
- Siediti, giovane Cooper… abbiamo tutta la notte, e questa è una storia lunga una vita… -
 













 
Brest era una città caotica e la gente sembrava saper comunicare soltanto tramite grida.
Forse era per via del fatto che erano approdati in giorno di mercato, forse era perché i Francesi hanno la tendenza a parlare a voce più alta del dovuto, quasi dovessero imporre le loro idee in qualsiasi frangente.
Il sole brillava alto nel cielo e per le strade si alzava il pungente odore di pesci e ostriche, contese da gabbiani e pescatori.
Le donne erano vestite in modo strano, con copricapi alti e candidi realizzati forse all’uncinetto, e parlavano fra di loro in una lingua tutta sussurri e schiocchi che Cristal non conosceva.
A volte la loro voce aveva i colori del laborioso ronzio delle api, altre volte sembrava più la carezza delicata dell’onda sulla sabbia.
Eppure, anche di fronte a tutte quelle novità, Cristal non poteva fare a meno di ritornare con il pensiero alla storia che le aveva raccontato Jack qualche notte prima.
Come poteva un uomo essere così tanto attaccato a una nave? E con quale crudeltà un altro uomo poteva averlo lasciato a crepare su un’isola deserta con la sola compagnia di una pistola scarica e del suo fallimento?
Per solidarietà a Jack, più che per altre ragioni, sentiva di detestare il suo ex primo ufficiale più di ogni altra persona al mondo.
Quale avidità poteva mai spingere una persona a comportarsi in un modo simile, a diventare un traditore?
Il tradimento, appunto, era un comportamento che Cristal non aveva mai compreso e che aveva sempre condannato.
Anche la vendetta era tuttavia da lei valutata allo stesso modo, e i propositi omicidi di Jack l’avevano lasciata con l’amaro in bocca.
Era davvero quella l’unica via?
Uccidere l’ammutinato gli avrebbe dato la garanzia di riavere indietro la sua nave?
Ovviamente no, o almeno, non così in fretta, ma quelle erano faccende nelle quali non aveva alcuna intenzione di immischiarsi: tutto ciò che doveva fare era concentrarsi e fare di tutto per trovare sua madre.
Una volta tratta in salvo, non ci sarebbero più stati invidie, vendette o tradimenti a cui pensare, non ci sarebbe più stato nulla. Avrebbero ricominciato tutto da capo, ed ogni cosa sarebbe pian piano tornata al suo posto, nonostante tutto.
Sperava che Jack non si fosse accorto delle sue preoccupazioni, ma l’uomo continuava a lanciarle occhiatine furtive sin da quando avevano messo piede a terra, quasi si fosse aspettato un ammutinamento anche da parte sua.
Avevano concesso alla ciurma un paio di giorni liberi, consapevoli che più della metà dei marinai sarebbero svaniti nel nulla al momento di salpare di nuovo.
Non che fosse un gran problema: se non fossero stati in grado di rimediare una nuova ciurma lì a Brest avrebbero sempre potuto veleggiare fino a Saint Malo, dove gentiluomini di ventura di ogni provenienza abbondavano e ingrassavano crogiolandosi nella loro pigrizia.
Cristal seguì Jack fin dentro una vecchia bettola che puzzava di vino scadente e acqua di mare, la luce del giorno che filtrava a fatica attraverso dei grandi finestroni incrostati di sale.
- Trova un posto a sedere, ordino io! – esclamò, marciando sicura verso il bancone.
Poggiò i gomiti sul ripiano di legno e richiamò l’attenzione del locandiere, per poi ordinare una birra e un doppio rum.
- La prima volta a Brest? La vostra mi sembra una faccia nuova! – sorrise l’omone nel versarle la pinta, l’Inglese un po’ zoppicante, ma pur sempre comprensibile.
Aveva i capelli chiari e un paio di limpidi occhi azzurri, troppo sinceri per il luogo in cui si trovava.
La ragazza annuì, gettando una vaga occhiata al locale.
- Sembra un posto trafficato, dovrete vederne un’infinità di facce, ogni giorno… - commentò con disinteresse simulato, giusto per saggiare la propensione dell’uomo alle chiacchiere.
Quello le poggiò il boccale sotto il naso e annuì con vigore, il viso rubizzo teso nell’ennesima espressione di allegria.
- Un’infinità, davvero… Ma i visi particolari me li ricordo, sì! Il vostro è un bel viso, uno di quelli che non si dimenticano! – scherzò senza malizia.
Cristal sorrise e chinò appena il capo, poi bevve un sorso di birra e riportò l’attenzione sull’oste.
- E per caso avete visto qualche viso simile al mio, di recente? – azzardò, con il solo risultato di interrompere il gesto dell’uomo, che stava preparando il doppio rum per Jack.
Si portò una mano al mento e accarezzò pensoso l’ispida barbetta rossiccia, gli occhi assottigliati in cerca di un ricordo.
- Magari con una bella collana a forma di… - ma prima di riuscire a terminare il suggerimento, una mano si arpionò al braccio della giovane, stringendogliela in una presa ferma e imperiosa.
Spaventata, si voltò con un sussulto fino a incrociare un paio di occhi così chiari da sembrare quasi bianchi, circondati da rughe sottili e profonde come larve incastrate nella ragnatela.
- Tais-toi, mioche, c’est pas bonne chose parler ainsi dans un lieu pareil! Spécialement s’il s’agit d’une fille. Spécialement s’il s’agit d’une fille à la recherche de quelque chose qu’elle connaît pas.1
Cristal rimase congelata, di fronte a lei, a guardarla dal basso della sua statura minuta, una vecchia dai capelli grigi e fini, i denti piccoli e appuntiti e le mani esili come ramoscelli e tuttavia vibranti della forza di un gigante.
- Ferme ta gueule e viens avec moi.2 – sibilò poi di fronte alla bocca spalancata della giovane.
- Madame, désolée, mais je suis avec…3- cercò di balbettare, salvo essere di nuovo interrotta, la presa più salda attorno al braccio tanto da farle male.
La vecchia levò gli occhi su Jack che, seduto al tavolo e avvicinato da una procace fanciulla, sembrava non badare a loro.
- Il saura où te chercher. Viens, Cristal Cooper, la marée va vite changer…4 -
Rivolse un cenno del capo all’uomo dietro al bancone e bisbiglio qualcosa al suo indirizzo in una lingua che Cristal non conosceva, poi sbirciò un po' intorno e, guardandosi bene dal mollare la presa, la trascinò verso una porta socchiusa.

























 
Note:


1Taci, ragazzina, non è bene parlare così in un luogo simile. Specialmente se si tratta di una ragazza. Specialmente se si tratta di una ragazza alla ricerca di qualcosa che non conosce.
2Chiudi la bocca e vieni con me.
3Signora, sono desolata, ma sono con...
4 Saprà dove cercarti. Vieni, Cristal Cooper, la marea cambierà presto...




Buonasera a tutti, miei audaci marinai!
Scusate la lentezza nell'aggiornare, ma in questi ultimi giorni sono stata fuori casa e ho avuto davvero poco tempo per scrivere il capitolo...
Ebbene, di questo capitolo, in realtà, non c'è un granché da dire, perchè si tratta di un odioso capitolo di transizione. xD
Ho voluto più che altro dare un'occhiata a come la nostra eroina(?) si sia acclimatata alla vita piratesca, anche se in realtà questo viaggo non si sta rivelando eccessivamente impegnativo.
Beh, almeno fino a Capo Horn.
Mi sono divertita molto a descrivere la scena della tempesta, e un po' meno a parlare del "dopo".
Insomma, le misteriose navi filippine sono colate a picco.
E Jim con loro.
So che in questo capitolo non si parla quasi niente dei sentimenti di Cristal a riguardo, ma è solo perchè questo avrà un discreto spazio nei prossimi capitoli, dove scopriremo qualcosa di nuovo e capiremo meglio cosa diamine è successo.
Per quanto riguarda lo strano comportamento di Jack a bordo del Nausicaa... Non preoccupatevi, non era serio.
Non potrebbe mai, il suo cuore appartiene già a un'altra lei~ xD
Ma il nostro Capitano si sta lasciando sfuggire un po' troppe mezze frasi, per i miei gusti...
E chi è questa vecchia inquietante che appare alla locanda a Brest? Com'è che conosce il nome della nostra pirata in erba?
Non disperate, presto sapremo tutto.... :D

Come sempre grazie mille a tutti voi che mi spronate ad andare avanti con questa storia, vi voglio immensamente bene! <3

Kisses,
Koori-chan
  
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