(Ron Weasley)
I
preferred
it before, we should ring dad more
Lost
our house, hold me
close
I
stopped by, just to wash my
clothes
***
I know
it's me that's supposed
to love you
And when I'm home you know I
got you
Is
there somebody who can love
you?
Per Risa
Ron Weasley non aveva mai
pensato, nemmeno per un secondo, di poter essere
la prima scelta di qualcuno. E se lo avesse fatto, probabilmente, ci
avrebbe
girato intorno come un cane che si morde la coda, ci avrebbe pensato
profondamente, tanto che nella sua testa le parole non avrebbero avuto
né senso
né logica.
«Perché
questo è un po' così per tutti, si diceva Ron,
che quando vuoi
nascondere qualcosa, parli come un fiume in piena, diventi paranoico,
pensi
troppo, insomma. Finché non ti fai male ed è
finita. Quindi pensare a volte è
stupido e dannoso.»
Insomma, Ron Weasley
cercava di spegnere quella strana sensazione allo stomaco
e quella tristezza patologica immaginando di essere felice
così, a Hogwarts;
che i suoi discorsi mai detti, ancora intrappolati nelle congetture del
suo
cervello, fossero troppo per un ragazzo che sta cercando la sua strada.
Avrebbe
dovuto affrontarli, ovviamente, ma così sarebbe caduto il
castello di bicchieri
su cui aveva costruito le sue certezze, l'amicizia con Harry e
Hermione, la
bolla in cui viveva. Quel patetico teatrino in cui si esibiva ogni
giorno.
Quelle luci fredde che lo colpivano sul palcoscenico ogni giorno: oh,
sì, Ron
Weasley non aveva mai avuto la "paura da palcoscenico", guardare le
persone in faccia non lo spaventava, e quelle luci fredde gli rendevano
tutto
ancora più chiaro. Aveva sempre potuto vedere oltre quelle
strane proiezioni,
quelle infelici trasposizioni di vita quotidiana. Era tutta una bugia, lui,
loro, Hogwarts, loro, lui, lei, ancora Harry, tutto, lui.
E allora Ron fingeva,
ma non avrebbe mai potuto immaginare della finzione
altrui.
E allora indossava una
maschera, - "meglio che fingere, no? Questo è un
modo di fingere diverso" - ma non avrebbe mai immaginato delle maschere
altrui. Tutti quanti, nessuno escluso, avevano commiserato Harry, lo
avevano guardato
con occhi compassionevoli, lo avevano ammirato. Insomma, Harry era un
motivo in
più per il Mondo Magico, quel
povero ragazzino martoriato.
Questo aveva
squarciato ogni cellula e ogni organo vitale di Ron fin
dall'inizio, ma, in qualche modo, lui era ancora sano, camminava,
parlava,
pensava, andava a braccetto con Harry, aveva iniziato ad amare Hermione
in un
modo che lei non avrebbe mai capito, in un modo in cui lei non avrebbe
mai
amato. Lei non glielo avrebbe mai reso, mai.
Lei che lo guardava
con aria più sorpresa che affascinata quando una delle sue
risposte precedevano le sue, quando cacciava qualcosa che lei non
avrebbe mai
immaginato potesse uscire dalla bocca di Ron.
Questo
è amore?
«Che
c'è, Hermione, sono troppo stupido per te?»
Aveva percorso i
corridoi di Hogwarts ogni giorno, insieme a loro, e ogni
santissima volta la sensazione di poter guardare la sua vita dall'alto,
di
poter scorgere i fili bianchi del burattinaio lo contorceva dentro. La
sensazione di non aver nulla in pugno, la sensazione di essere
predestinato a
trascorrere la sua esistenza con loro gli provocò dei conati
di vomito. Non
perché non volesse, ma perché sapeva che nessuno
avrebbe mai notato i
sentimenti di Ron Weasley, il coraggio di Ron Weasley, l'orgoglio di
Ron
Weasley, finché avrebbe camminato in mezzo a loro, oscurato,
eclissato, in un
modo che lo distruggeva da sempre.
Invisibile.
Silente l'aveva
capito, ma in fin dei conti era stato Silente uno dei tanti
a muovere i fili della sua vita. E Ron, questo, l'aveva sempre odiato.
Si era
chiesto come avessero fatto Harry e Hermione, così
stranamente intelligenti e
ammirati fino allo sfinimento, ad accettare una passività
del genere.
Ma anche lui lo aveva
fatto, anche lui non aveva reagito. Era uguale a loro.
Schifosamente uguale a loro.
Ora schifosamente
felice, dopo la Guerra. Ma finalmente era riuscito a
sciogliere i pianti di Hermione, ad abbracciare sinceramente Harry,
senza
bugie, dopo avergli vomitato addosso la verità.
Schifosamente quello
di prima.
Non
cambierà mai nulla. Non ti muovere, Ron.
*****
Note dell'autrice:
Come
sempre è un piacere pubblicare qui, e ringrazio chiunque sia
riuscito ad arrivare vivo alle note.
Credo sia passato un anno e più dall'ultimo aggiornamento.
In ogni caso,
dedico questo stralcio di vita a Risa,
lei sa benissimo perché. Grazie per le
belle cose che mi stai dicendo ultimamente, non sai come mi hanno resa
felice.
Grazie davvero. E non te la dedico per questo, ma perché,
perché l'ho fatto e
basta. Non c'è nulla da spiegare. Certe cose si fanno
perché le sentiamo
dentro, no?
^_^
Okay, chiudo questa parentesi fluff, e non voglio spiegare nulla della
flash
perché credo che tutto sia più che chiaro, non
c'è nulla da aggiungere, nulla
da spiegare. Questo è Ron e basta. La sua essenza. Almeno
dal mio punto di
vista. Credo sia chiarissimo.
Le strofe della canzone appartengono alla canzone "Is there somebody
who
can watch you" dei "The 1975", uno dei miei gruppi preferiti. In
qualche modo le strofe sono dedicate a Ron. L'uso dello
"schifosamente" è ovviamente di Vasco Brondi, e la canzone
è
"Questo scontro tranquillo". «Ma ci sarò io,
arriverò felice da fare
schifo e libererò tutti i tuoi pianti trattenuti.»
Vi lancio
un
salutone,
Stateless