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Autore: Dicembre    06/09/2008    7 recensioni
Nyven è uno schiavo, nato in catene non ha mai vissuto una vita diversa, per lui un padrone vale l'altro. Quando viene venduto al Crocevia, non può immaginare chi sia il suo nuovo padrone, nè chi viva alla sua corte. Si accorge però subito che il luogo dov'è stato portato è completamente diverso da tutto ciò che ha visto e da tutto ciò che ha vissuto. Irìyas l'ha acquistato per i suoi capelli, cremisi ed indomabili, che hanno una proprietà indispensabile di cui neanche un mago della sua potenza può fare a meno. Specialmente quando il mago si ritrova ad affrontare il Fuoco Eterno, scagliatogli contro da un suo vecchio amico e si ritrova legato ad una promessa fatta ad un drago per cui farebbe di tutto. Nyven è intrappolato in quest'intreccio di tradimento e di fedeltà e ne rimane inevitabilmente affascinato. Ma c’è un fondo cremisi, un’anima dedita al fuoco nel ragazzo, che nessuno sa spiegare , ma che tutti temono. E’ innata, sconosciuta ed indomabile.
Il mago però non può lasciarlo libero, e Nyven non conosce cosa giace nel suo animo. La matassa è stata srotolata troppo tempo prima perché ora si possa tornare indietro. Il Re, il cavaliere e amico del mago, il traditore… Tutti vogliono qualcosa, mentre il Regno rischia di ardere in eterno.
Genere: Romantico, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti! Dopo un bel po' di pausa, rieccomi qui con un nuovo capitolo! La pausa è stata dovuta alle vacanze, non me ne vogliate, suvvia XD Ero in altri lidi, in altre terre, lontano dal mondo e da internet (oltre che lontano da Milano!), perciò impossibilitata ad aggiornare. Ora, purtroppo, sono molto di fretta. Vorrei rispondere ad ognuno degli stupendi commenti che mi avete lasciato - come faccio di solito - ma ho un aereo che mi aspetta e se non aggiorno subito rischio di fare passare ancora troppo tempo. Scusatemi! Prometto che dal prossimo capitolo riprendo il commento "personale" (che preferisco, decisamente). Colgo però l'occasione per abbracciare forte e ringraziare i nuovi recensori, Namida e AliDiPiume. Leggere di riuscire a coinvolgere così tanto come mi dite, mi dà un'enorme carica! E per salutare le vecchie conoscenze, silencio, Yukochan, Bloodytwilight, BeautifulKirja, Manny_chan, Aphrodite ed EmoAlex. Siccome non ho tempo, e mi dispiace davvero, vi offro del buon vino francese che mi ha appena regalato mia nonna. Vi lascio con il calice e il capitolo, con la promessa di riapparire con la mia solita frequenza (Ahimè, le vacanze sono finite ;_;). Vado, l'aereo mi attende (sembro Grace Kelly XD). Bacioni

 

 

 

Capitolo Ventidue

 

 

Tagorn distava solo tre settimane di cammino serrato da Adiisia, eppure il paesaggio in cui la città era immerso era completamente diverso. I grandi laghi, il sole che tingeva di arancio le loro acque, il tepore del clima donavano a quei luoghi un'aura di quiete e di bellezza che il freddo di Adiisia, inevitabilmente, non permetteva. Era una città ammantata di ghiaccio e cristallo, altera e lontana, a lei i suoi abitanti si erano adattati, a lei e alle sue regole ferree. Al calar del sole, quando la notte scendeva improvvisamente sulle case dai tetti a punta, nessuno poteva essere sorpreso lontano dal suo focolare. Solo i koob potevano resistere al freddo per un po' oltre il tramonto: la loro pelle era spessa e i loro peli folti. Ma dopo poco dovevano, anche loro, correre nelle proprie abitazioni e ripararsi dal vento e dalla neve che, inevitabilmente, diventavano i padroni della notte. La città, quindi, s'era in parte sviluppata sotto terra, per permettere che la vita continuasse anche dopo il tramonto. La maggior parte delle taverne avevano un accesso sotterraneo, così come le case della popolazione.

 

Irìyas non veniva ad Adiisia da molto. La prima volta se la ricordava bene: era ancora all'Accademia e con lui c'erano sia Sideas che Hago. La città gli era apparsa maestosa e spaventosa allo stesso tempo. Il cielo era terso come in quel momento, e si era chiesto com'era possibile che al calar del sole quello stesso cielo diventasse minaccioso e carico di neve.

Anche lì, come allora, il cielo era azzurro e l'aria era fresca. Di minaccioso, in Adiisia, Irìyas non trovava nulla.

"Non è più qui?" gli chiese Sideas, ma Irìyas scosse la testa.

"Non se n'è andato"

"Ma hai detto che non c'è più"

Il mago annuì, il ragazzo non si trovava da nessuna parte. Che la Bianca fosse una maga così potente da ingannare Irìyas e poi celargli il suo schiavo? Sapeva che non era quella la soluzione.

“Proviamo a seguirne le tracce, sono sicuro che si trovi ancora in città. Solo non mi spiego dove sia e chi lo nasconda”. Mossero i primi passi e la neve sotto i loro piedi crepitò, rotta dal peso delle loro scarpe. Le pellicce che portavano li coprivano completamente, lasciando libero solo il viso. Un koob attraversò la strada e li guardò: avevano l’aspetto di forestieri, inevitabilmente avrebbero attratto l’attenzione.

Camminarono un po’, in silenzio, attenti a qualunque rumore che potesse suggerire loro dove fosse Nyven. Dopo un po’ Irìyas si fermò di fronte ad una taverna e l’osservò. L’insegna era il legno ed era appesa ad una struttura di ferro. La Luna Azzurra.

“E’ un nome piuttosto malinconico, se pensi che quassù la Luna Azzurra si vede solo per pochi giorni d’estate”

Sideas annuì: “Persino la Luna Rossa si vede poco e sfumata, coperta com’è dalle nubi notturne della città.” Poi si girò verso il mago “Nyven è stato qui?”

“Forse. C’è qualcosa… Un’aura, ma potrei sbagliarmi. E’ molto flebile”

La porta di legno della taverna s’aprì d’improvviso e un uomo ubriaco ne uscì barcollando.

“Vado a casa” disse rivolto a qualcuno all’interno “Sta per calare la notte”, ma non riuscì a mettere un piede dopo l’altro, cadde a terra a faccia in giù.

“Come mai non c’è la neve?” chiese l’ubriaco non capendo esattamente cosa fosse successo: “Dove l’avete messa?”

 “Nessuna l’ha messa da nessuna parte, Grole!” un uomo con un grembiule si avvicinò all’ubriaco, aiutandolo a mettersi in piedi, “sei tu che hai bevuto troppo”

Sideas si guardò intorno: Grole aveva ragione, invece. Tutt’intorno alla taverna la neve pareva essere scomparsa, come fosse stata sciolta. Ma l’oste era troppo impegnato a sollevare il suo cliente da terra e a riportarlo dentro alla taverna, per osservare il terreno sotto di lui.

Irìyas e Sideas seguirono l’uomo all’interno della locanda che era gremita di persone. C’era un camino enorme sulla parete opposta all’entrata e numerosissimi bracieri lungo tutte le pareti. Al bancone centrale molti erano indaffarati a farsi versare nuovamente da bere. Le voci degli avventori si mischiavano, alcuni in fondo alla sala ridevano, altri parlavano a voce molto alta, sembrava quasi litigassero. Nessuno parve accorgersi dei due forestieri appena entrati e Irìyas ebbe un attimo di tempo per capire che cosa, in quella taverna, gli sussurrasse il nome di Nyven.

Fu solo un istante, però, perché d’improvviso, quasi uscito dal nulla, si parò loro di fronte un ragazzo dai capelli blu. Estrasse una spada da sotto il mantello, con la quale mirò senza esitazione il petto di Sideas. Sarebbe stato fin troppo sprovveduto, il cavaliere, se davvero si fosse fatto sorprendere così, ma la stanza era troppo piena di gente per arrischiarsi ad estrarre la Spada dei Principi. Sideas evitò il fendente ed estrasse il piccolo pugnale che teneva nella manica, per impedire che quel ragazzo dai capelli blu lo colpisse. Nuovamente, infatti, lo straniero gli fu addosso. Nella locanda era improvvisamente calato il silenzio, solo una voce, forse quella dell’oste, continuava a supplicare di smettere, inascoltata. Ma Sideas non faceva nulla, solo evitava i colpi di qualcuno che voleva la sua vita senza un apparente motivo. Si stancò di giocare: quando si rese conto che di fianco a lui non c’era più nessuno da proteggere attaccò lui il ragazzo, per immobilizzarlo. Schivò la mano dello straniero e ne afferrò il polso, stringendolo in una presa che non l’aveva mai tradito in battaglia. Ma il polso svanì, un istante, il tempo per permettere al ragazzo di liberarsi dalla presa di Sideas e sorridere beffardo. Fra le ciocche blu che gli coprivano parzialmente il viso Sideas notò, solo in quel momento, gli occhi dello straniero, che brillavano di luce azzurrina. Un abitante della Citta Nascosta. Il cavaliere capì che erano inutili i tentativi di immobilizzazione con lui. Estrasse la Spada, sfilandola dal fodero sulla schiena. Se un abitante della Città Nascosta lo attaccava lì, di fronte a tantissima gente, in una città così lontana dalla propria, era perché aveva capito chi era lui. Tanto valeva dargliene conferma impugnando la spada sua di diritto. Lo straniero la vide. Una consapevolezza passò in quelle iridi luminescenti, qualcosa che Sideas non riuscì a decifrare. Non ne ebbe il tempo. Ma non era importante: in quel frangente avrebbe dovuto mettere fine a quell’inutile scena. La Lavica sull’elsa emise un bagliore rosso e sinistro. Lo straniero perse lievemente l’equilibrio e appoggiò una mano su uno dei tavoli dietro di lui. La lama della spada trafisse i suoi vestiti, dalla spalla fino alla cinta e si conficcò nel legno del tavolo. Lo straniero non riuscì ad evitarlo e si ritrovò bloccato contro il tavolo, senza però avere nessuna ferita sul corpo, con i vestiti inchiodati al legno.

Guardò Sideas e poi la spada, ma non osò toccarla perché conosceva benissimo le proprietà dell’arma che aveva vicino. Poi si strinse nelle spalle e scoppiò a ridere, battuto.

“Certo che ti piace rischiare” un uomo vicino al bancone parlò.

Il ragazzo dai capelli blu lo guardò con sufficienza: “Il potere centrale non mi è mai piaciuto” Scosse i ciuffi di capelli e li spostò lievemente dagli occhi le cui iridi, ora, non brillavano più. I lineamenti del suo viso erano delicati, ma gli zigomi alti e il mento affilato gli davano un’aria belligerante e lievemente sfacciata.

Sideas sfilò la spada dal tavolo e la ripose nel suo fodero: “Se avessi la grazia di spiegarmi che cosa vuoi da me…”

“Niente” disse il ragazzo con l’aria di chi dice una cosa ovvia. “Solo, non mi piaci per niente. E soprattutto, non mi piace chi rappresenti”

Sideas alzò le sopracciglia, non disse nulla. Era su un terreno fragile. Il ragazzo di fronte a lui era un abitante della Città Nascosta, città stato al confine sud del Regno. Prima dell’arrivo dei Venti, faceva anche lei parte del Regno, dopo di allora, invece, si era considerata una città autonoma. Tuttavia, sebbene quest’autonomia durasse ormai da alcuni secoli, non esisteva niente di ufficiale che la sancisse. Perciò, nei registi ufficiali, la Città Nascosta rientrava ancora sotto la legislazione del Re.

Non gli piaceva chi Sideas rappresentava e lì, all’estremo nord del Regno, non aveva timore a dirlo così palesemente, dato che gli stessi Territori del Nord, da tempo, consideravano il potere centrale come un potere inutile, e perfino avversario.  E Sideas ne era il principale rappresentante.

Sospirò, aspettando che il ragazzo si spiegasse meglio: probabilmente la sua presenza lì era stata scambiata per un ordine del Re di sondare gli umori del Nord.

“Del resto” continuò lo straniero “Non mi aspettavo certo di cogliere il Capo delle Guardie impreparato ad un attacco così triviale” si sedette sul tavolo, a gambe incrociate. Era alto e slanciato, si mosse con movimenti estremamente fluidi.

“Il tuo nome?”
”A’ece’nar ge Tiada-na Yssal-na” A’ece’nar secondo-genito di Dama Tiada e Signor Yssal. Il figlio del reggente della Città Nascosta.

“Inutile che chieda a te chi sia, dato che il tuo nome è ben noto in queste terre e oltre i confini.”

“E cosa ci fa il figlio di Dama Tiada in queste gelide lande?” la domanda di Sideas era retorica, A’ece’nar non gliel’avrebbe mai detto.

Difatti il ragazzo sorrise, e fu Sideas a riprendere la parola: “Non siamo qui per attaccar briga” nel suo tono c’era leggero scherno “Ma siamo alla ricerca di una persona che il mio compagno di viaggi è sicuro sia passata di qua”

“E chi sarebbe questa persona, signori?” chiese l’oste.

“Un ragazzo dai capelli rossi, vestito con vesti troppo leggere per Adiisia. Uno schiavo, probabilmente in catene”

“Il ragazzo della staccionata!” disse A’ece’nar.

“L’hai visto?” gli chiese Sideas.

“E l’ho anche liberato” annuì lo straniero “Era legato qui fuori, ad una staccionata, con catene alle braccia e al collo. Nessun uomo dovrebbe essere messo in catene”

“E dov’è ora?”

“Non ne ho idea. L’ho liberato e gli ho consigliato di andarsene e di trovare riparo per la notte.”

“C’erano tre uomini che si sono accorti di quello che hai fatto” aggiunse un uomo vicino a A’ece’nar, che aveva già parlato in precedenza “e che si sono messi a inseguirlo. Forse l’hanno preso e ucciso”

“Non è morto, né è stato catturato” disse Irìyas.

“E tu com…” ma poi l’uomo si zittì, avendo visto gli ornamenti all’orecchio del mago, che ne indicavano il rango.

“Il nostro capitano si accompagna a gente importante” lo schernì A’ece’nar.

Il tono del ragazzo era irritante, ma Sideas non si lasciò trarre in inganno.

“L’hai liberato tu?” gli chiese il mago.

Lui annuì e Irìyas allungò la mano verso lo straniero dai capelli blu. Inspirò a lungo, poi sorrise:

“E’ ancora in città.” Sideas annuì e appoggiò due Auri sul bancone dell’Oste. Sorrise fra sé e sé, ricordando l’ultima volta che era stato in una taverna: anche in quell’occasione aveva dovuto pagare il proprietario per  la sua discrezione e per l’utilizzo della sua Spada.

Poi ci fu un attimo in cui sia lui, sia Irìyas non sentirono più nulla.

Solo A’ece’nar sembrò accorgersi che qualcosa di diverso stava riempiendo l’aria. Nessun altro, all’interno della taverna, si accorse di nulla e i liquori del Nord fecero il resto per riportare allegria in quello stanzone.

Uscirono tutti e tre, di corsa.

“Cos’è stato?” chiese lo straniero.

C’era il forte richiamo di fuoco, quasi fosse stata l’esplosione silenziosa di un incendio. I lapilli invisibili permeavano l’aria e bruciavano sulla pelle delle uniche persone che si erano accorte che qualcosa o qualcuno in città era in grado di bruciarne le fondamenta.

“E’ Nyven” disse Irìyas, sgranando gli occhi.

“Chi è Nyven?” chiese A’ece’nar che non conosceva il nome del ragazzo.

“Chi è Nyven?” chiese Sideas, che non sapeva chi potesse dominare il fuoco a tal punto da incendiare l’aria.

Irìyas scosse la testa: non aveva risposte.

 

 

La notte calava ormai. Il Tempio d’Avorio scoccò l’ultima campana, dal suono più acuto ed intenso delle altre, pochi minuti e il sole sarebbe scomparso del tutto. Il cielo era per metà tinto d’azzurro e giallo: l’alone di luce che il sole riusciva ad emanare sembrava poca cosa confronto al resto del cielo che inevitabilmente si colorava di blu notte.

Nyven ancora dormiva, sotto l’albero, rannicchiato in posizione fetale, nel vano tentativo di scaldarsi dall’aria sempre più gelida.

Una mano lo scosse.

“Ehi…”

Nyven non si mosse. La mano pelosa provò di nuovo a scuoterlo, poi iniziò a picchiettarlo sulla testa.

“Ehi! Vuoi morire, vuoi?”

Nyven cercò di dire qualcosa, ma aveva tutta la bocca impastata.

“Se rimani qui, se, il freddo della notte ti gelerà il sangue, il”

“Lè?”

“Sei fortunato, sei. Se non ti avessi svegliato, se, ti ritrovavo domani mattina ghiacciato, ti”

“Dove mi trovo?”

“Ad Adiisia, ad” Lè aveva il tono di chi sta parlando con uno stupido e ha fretta di andare.

“Vogliamo sbrigarci, vogliamo? Altrimenti ti lascio qui, altrimenti”

“Dove…?” La mente di Nyven era ancora confusa, non ricordava perché si trovasse lì, si guardò intorno, ma non vide niente. C’era però un intenso odore di sangue lì vicino. Ma, ugualmente, quel bosco sembrava quieto.

“Allora!” La voce d Lè lo riportò alla realtà “Hai un posto dove stare, hai?”

“Io?”

“E con chi altro potrei parlare, e?” Lè era davvero convinto di avere davanti uno stupido.

“Ah beh…” Nyven scosse la testa, svegliandosi definitivamente “No, non ho nessun posto dove stare”

“Dei soldi, dei?”

“Mi hanno portato qui per vendermi”

Lè annuì: “L’avevo immaginato, l’avevo” Poi iniziò a camminare.

“Mi lasci qui?”

“Vieni, vieni” Lè scosse la mano velocemente e facendogli segno di seguirlo “Ti faccio dormire nel corridoio, ti.”

Nel corridoio? Nyven avrebbe voluto chiedere spiegazioni, ma un brivido gelido gli percorse la schiena e guardò il cielo. La notte non permetteva più nessuna domanda. Si affrettò a seguire Lè.

  
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