Capitolo
2.
Terra
e Prigione
Era una triste mattina autunnale,
la pioggia
scendeva come un’ondata di frecce acuminate, portando con
sé tutto ciò che
incontrava sulla sua strada.
Palpabile è la
malinconia di quel triste paesaggio,
le foglie ingiallite cadendo formano un tappeto morbido e soffice, dai
colori
del fuoco, pronto ad essere malamente calpestato
dall’irruenta violenza del
freddo inverno ormai alle porte.
Una piccola costruzione si ergeva
al centro di una
radura del Bosco Sacro; un portone sprangato e una piccola finestrina
ne erano
le uniche decorazioni.
Spoglia e austera, era utilizzata
dagli abitanti del
villaggio come prigione e data l’assoluta
impossibilità di scappare da essa una
volta dentro, non v’erano guardie intorno, come del resto non
v’erano intorno
al pacifico villaggio.
Un timido raggio di sole
sbucò dalle nere nuvole, e,
attraverso la piccola finestrina, si posò impertinente sul
suo viso. La sua
pelle chiarissima, candida come la neve, sembrava risplendere
illuminata dal
sole; i lunghi capelli castani raccolti in una treccia ormai scomposta
scintillavano di riflessi ambrati sotto la luce, lunghe ciglia nere si
muovevano tremolanti assecondando un travagliato sogno mattutino.
Labbra carnose e rosee
s’incurvarono in una smorfia:
lentamente si stava svegliando.
Aveva smesso di piovere ormai, ma
l’aria era satura
di quell’odore di bosco dopo un temporale, odore di terra
bagnata misto a
quello delle foglie bagnate, che marciscono piano piano.
Un pettirosso, dall’alto
del suo nido sui rami di
una vecchia quercia, cominciò a cinguettare, rompendo il
silenzio che aleggiava
per il bosco.
Due grandi occhi si spalancarono
all’improvviso, e,
con gesti lenti e assonnati, la ragazza li stropicciò; i
suoi numerosi
bracciali tintinnarono, facendo così da sottofondo
all’allegro cantare
mattutino degli uccelli del bosco.
Si alzò
dal
letto lentamente ma con movenze feline, attenta a non far rumore
più del
dovuto; prese il secchio d’acqua gelida in un angolo della
sua cella e si avviò
con passo solenne verso la parte della stessa che fungeva da bagno. Le
sue mani
calde si immersero nel liquido, e i tatuaggi tribali a forma di piccole
foglie
e fiori sul dorso e sui palmi delle stesse risultarono ingranditi
dall’acqua;
si sciacquò il viso e si guardò in quello che
doveva essere un primitivo
specchio. Fece una smorfia alla vista dei suoi capelli così
conciati, poi si
mise a ridere, decidendo di riempire d’acqua quel buco che
fungeva da vasca.
Versò il contenuto del secchio nel piccolo buco e si
accucciò al suo interno,
dato che quella era la sola posizione in cui potesse entrarci; si
lavò
velocemente e, infreddolita, uscì e si coprì con
il panno di stoffa ruvida che
le era stato messo a disposizione.
Certo, per essere una prigioniera,
era trattata
alquanto bene. D’altra parte quel piccolo paesino non aveva
mai subito attacchi
né da parte dei ribelli né da parte degli
eserciti nemici, quindi era alquanto
impreparato in caso di prigionieri, e le
“prigioni”, se così si potevano
definire, erano state create per incarcerazioni a breve termine legate
a
crimini minori, quindi potevano anche essere definite accoglienti.
Sempre nei
limiti, ovviamente.
Asciugatasi, si vestì:
indossò una leggera veste
verde con un cordoncino ambrato legato in vita, ornato con filamenti
d’oro e
campanellini e due semplici scarpette color oro; ogni suo movimento era
musica,
a causa dei campanellini e dei numerosi bracciali, che circondavano
anche le
sottili caviglie.
Pettinò i lunghi capelli
castani, che le ricadevano
in morbidi boccoli lungo la schiena, e si sedette sul suo giaciglio di
paglia.
Un altro giorno sarebbe passato
così, nella noia più
assoluta.
L’unica cosa che le
rimaneva da fare, era riflettere
su dove il suo astuto piano aveva fallito.
*Inizio
Flashback*
Era arrivata
pochi giorni prima nella terra dell’Ovest, e certo non si
sarebbe aspettata di
trovare quello scompiglio in città.
Non era quella la terra dove
regnavano amore e
serenità?
Camminando tra le macerie del paese
e ascoltando i
discorsi dei feriti che venivano portati via dai guaritori e delle
guardie di
pattuglia, era venuta a conoscenza del fatto che nessun esercito nemico
né
l’esercito improvvisato dai ribelli era la causa di quelle
morti e di tutta
quella distruzione.
Camminava nell’ombra, il
volto abilmente celato dal
mantello. Non doveva assolutamente farsi riconoscere, non ora che era
appena
riuscita ad infiltrarsi nel territorio nemico.
Si diresse silenziosamente e
velocemente tra le
macerie di quello che doveva essere un negozio di una sarta; entrata
nell’edificio (o meglio, di ciò che ne restava),
si mise a frugare tra gli
abiti sporchi di polvere bianca qualche indumento che potesse andarle
bene.
Trovò una lunga tunica
sacerdotale, l’ideale per
nascondere bene le sue fattezze.
Si spogliò velocemente e
altrettanto velocemente
indossò la lunga veste azzurra con i bordi e rifiniture blu,
agganciò il
leggero mantello blu notte ai gancetti in oro sulle spalline della
veste e,
coprendosi il volto con il cappuccio, uscì
dall’edificio.
Nessuno poteva riconoscerla
finché copriva le
braccia e i capelli scuri.
Continuava a camminare agilmente
tra le macerie,
forse un po’ troppo agilmente, visto che delle guardie,
insospettite dal veloce
avanzare di quella strana sacerdotessa che non si fermava a controllare
la
situazione dei feriti che giacevano in terra gemendo per richiamare la
sua
intenzione, si mossero a gruppo verso di lei.
Non si aspettava un così
veloce interessamento da
parte delle guardie e, presa dal panico, cominciò a correre
verso la foresta.
Il piccolo drappello di guardie
pensando di trovarsi
di fronte un infiltrato, o peggio, uno degli organizzatori
dell’attacco al
villaggio, la seguirono fin dentro la piccola radura nel bosco.
Lei, perso il famoso sangue freddo
tanto decantato,
non trovò altra soluzione che fermarsi e affrontare le
guardie.
Poteva farcela…in fondo
loro erano solo una dozzina.
La ragazza si fermò di
colpo, e con uno scatto si
girò verso le guardie, che, colte alla sprovvista, si
fermarono e la guardarono
straniti.
Lei, sorrise impercettibilmente da
sotto il mantello
e, bisbigliò parole arcane di una lingua a loro sconosciuta.
Metà di loro, prima di
crollare a terra, ebbero una
chiara visione di ciò che li aspettava.
Buio…l’Oscurità
eterna.
I sopravvissuti non si persero
d’animo e, contando
sull’affaticamento momentaneo del loro avversario, le si
avventarono contro.
Con pochi balzi felini
riuscì a scansare alcune
lance lanciategli contro, che si incastrarono nella nuda terra, ma
perso
l’equilibrio, un’ultima lancia scagliata con forza
le trapassò il costato.
Crollò a terra, il
cappuccio del mantello si spostò
e scoprì lunghi boccoli castani e grandi occhi spalancati.
Occhi del color
dell’ematite.
Le guardie, vedendola,
rabbrividirono e portarono
via il suo corpo dal bosco.
*Fine
flashback*
* * *
Guardava l’acqua cristallina all’interno della coppa d’oro; questa era poggiata sul rudimentale tavolo della sua modesta casetta ai confini del bosco, appena fuori della città.
Un attimo, e l’acqua che
prima era immobile cominciò a muoversi prima in centri
concentrici, poi a
vorticare velocemente, il suo sguardo si fissò sul centro
del vortice, poi
diventò vacuo.
Una luce accecante eruppe
dalla casa, illuminando per qualche istante il buio bosco circostante.
Angolo dell’Autrice
(Ehm..ok, forse ‘autrice’ con la ‘a’ maiuscola è una cosa un po’ esagerata, oltre che poco calzante. Ma fa nulla, non fateci caso, in fondo sognare fa bene a tutti XD)
Ringrazio moltissimo BLU REI, che
ha avuto
non solo il coraggio di dire che questa ‘storiella’
le piace, ma anche di
metterla tra i preferiti!
*me commossa*
Spero di non averti deluso con
questo nuovo
capitolo, che poi non spiega nulla, ma in fondo è mia
intenzione cercare di
mantenere più ‘mistero’ possibile
intorno ai personaggi e a cosa li spingere le
azioni che poi compiono.
Ringrazio moltissimo anche tutte le
persone
che hanno letto e che non hanno commentato, o anche tutte le persone
che hanno
aperto la pagina e poi l’hanno subito richiusa!
In fondo, non mi sarei mai
aspettata di
leggere tutti quei numerini accanto al numero di volte che la mia,
ribadisco,
‘storiella’, è stata letta.
Grazie!
Se poi mi lasciaste un commentino
anche solo
per dirmi che non vi piace me sarebbe estremamente felice!
[Anche perché me molto
masochista e sadica]
Eccoci, lo sapevo, il mio
‘angolino’ è quasi
più lungo dell’intero capitolo…ok ok me
ne vado!