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Autore: Koori_chan    28/07/2014    3 recensioni
[L’Ottobre del 1703 era uno dei più caldi che la gente di Londra ricordasse.
Per strada i bambini correvano scalzi schiamazzando senza ritegno, e sul mercato si vendeva ancora la frutta dell’estate; il sole, che già aveva incominciato la sua discesa verso l’orizzonte, illuminava i dock di un’atmosfera tranquilla, pacifica, quasi si fosse trattato di un sogno intrappolato sulla tela di un quadro.]
Quando un'amicizia sincera e più profonda dell'oceano porta due bambine a condividere un sogno, nulla può più fermare il destino che viene a plasmarsi per loro.
Eppure riuscirà Cristal Cooper, la figlia del fabbro, a tenere fede alla promessa fatta a Elizabeth Swann senza dover rinunciare all'amore?
Fino a dove è disposta a spingersi, a cosa è disposta a rinunciare?
Fino a che punto il giovane Tenente James Norrington obbedirà a quella legge che lui stesso rappresenta?
E in tutto ciò, che ruolo hanno Hector Barbossa e Jack Sparrow?
Beh, non vi resta che leggere per scoprirlo!
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Elizabeth Swann, Hector Barbossa, James Norrington, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Dodicesimo~




La stanza era buia e pregna di un odore dolciastro e pesante; dalle fessure nelle imposte serrate filtravano sottili fili di luce e pulviscolo danzante.
Mobilia di ogni genere occupava ogni centimetro quadrato in un’accozzaglia di stili diversi: vi era un paravento orientale, un grosso comò alla francese e decine di mensole dalle quali pendevano gli oggetti più strani e disparati. In un angolo, a terra, cinque statue di legno scuro si ergevano come steli: erano figure umane, i lobi spropositatamente lunghi e le labbra carnose, forse venivano dall’Africa…
La vecchia trascinò Cristal fino a una poltrona consunta dall’uso e la fece sedere con un gesto brusco, dirigendosi poi alle finestre per aprire le imposte e permettere alla luce di scaldare la stanzetta.
La ragazza gettò un’occhiata fuori, il mare luccicava sotto il sole cocente del mezzogiorno, il Nausicaa rollava pigramente nella rada assieme alle altre imbarcazioni; un filo di fumo le solleticò le narici, lo stesso odore che aveva percepito entrando nel vano stracolmo di oggetti.
- Spero che l’incenso non ti dia fastidio, è un’abitudine a cui non ho mai saputo rinunciare… - disse finalmente la vecchia in un Inglese perfetto e senza accento.
- Chi siete? – domandò Cristal sulla difensiva.
Era da considerarsi un nemico o un alleato? Perché l’aveva portata via, trascinandola senza riguardo su per le scale fino a quel luogo strano, come uscito da un sogno, o dal ricordo di un sogno? Come faceva a conoscere il suo nome?
Si prese qualche secondo per studiarla meglio.
Indossava un vestito scarlatto e stracciato, al di sotto del quale spuntava un’ampia gonna bianca. Sulle spalle aveva uno scialle verde e logoro annodato alla bell’e meglio e al collo portava una miriade di ciondoli e catenine: fra i quarzi, le conchiglie e i denti di animale, Cristal riconobbe la croce di Santa Brigida, intrecciata con steli di giunco e fili di paglia.
- In Bretagna mi conoscono come Bleizenn Gwrac’h1, ma tu puoi chiamarmi solo Bleizenn, se vuoi. – le concesse.
- Non fare quella faccia, ragazzina, non ho intenzione di farti del male… - aggiunse nel notare il viso pallido di Cristal e i suoi occhi sgranati.
- Come fate a conoscere il mio nome? – si azzardò quindi a chiedere, i pugni stretti per via della tensione.
La vecchia rise mettendo in mostra i denti appuntiti come quelli di un lupo.
- Ti stupiresti nello scoprire quante cose so di te. Io ti ho vista. Sapevo che saresti arrivata… - fece, misteriosa.
- Siete una veggente? – incalzò la giovane, ancora a disagio.
Bleizenn mosse qualche passo all’interno della stanza, spostando alcuni degli oggettini sulle mensole, i capelli grigi che le ondeggiavano sulle spalle.
- Ufficialmente sono erborista e levatrice… - incominciò, nella voce chiaro come il sole ciò che non aveva ancora pronunciato.
- E non ufficialmente? – la incalzò Cristal per averne la conferma.
La donna voltò lentamente il capo in sua direzione, poi prese la collana di conchiglie fra le dita e la agitò appena sotto al naso dell’ospite.
- Sacerdotessa dell’Antica Religione, voce terrena della Regina Ahès guardiana dei Mari. E’ stata lei ad avvvisarmi della tua venuta. –
Cristal non poté impedirsi di spalancare nuovamente la bocca di stupore. Conosceva la Leggenda di Ahès, la principessa di Ys, la Città nelle Acque che, sedotta ed ingannata dal Demonio, gli aveva offerto le chiavi delle dighe in modo che egli potesse inabissare Ys e tutti i suoi abitanti.
- Regina? Credevo che il trono fosse di suo padre… - fece, cercando di ricordare ciò che sua madre le raccontava da bambina.
Bleizenn scosse la testa con rabbia, gli occhi chiari intrisi di veleno.
- Gradlon ha abbandonato la sua città, ha preferito il lusso offertogli dalla Chiesa all’onore e alla famiglia. Ahès è rimasta ed è affondata con Ys, è lei la vera e sola Regina. – spiegò rancorosa.
Uno strano silenzio calò nella stanzetta, un silenzio carico di ricordi che si insinuò sotto la pelle della figlia del fabbro come sale nelle ferite.
Faceva male, male come se lei stessa avesse subito il tradimento a cui aveva assistito la principessa Ahès, abbandonata dal padre al suo destino di morte e disonore.
- Parlando d’altro, Cristal, sono costretta a rimproverarti per la tua condotta di poco fa… - fece improvvisamente la vecchia, spezzando il silenzio.
- A proposito di questo, Bleizenn… - incominciò, salvo venire nuovamente interrotta.
- Tu non sai cos’è la collana che indossa tua madre, vero? –
Cristal sussultò.
- Avete visto mia madre? – fu la sua risposta, il busto teso in avanti e le mani artigliate ai braccioli della vecchia poltrona.
- Oh, sì, molte volte. Una ragazza deliziosa! La sua devozione alla famiglia compensa senza dubbio la sua freddezza in materia di sangue… - commentò, spiazzando l’interlocutrice.
Quello era di certo il più strano e grottesco ritratto che qualcuno avesse mai fatto di Marion Hawke.
- La collana… è un regalo. Un ricordo di una persona cara… -  borbottò per cambiare discorso. Non le piaceva la piega nascosta nelle parole della vecchia.
Bleizenn annuì come se quella confessione le avesse illuminato la via alla conclusione di una lunga ed intricata congettura.
- Vorrà dire che sarà lei a spiegarti, se lo riterrà opportuno. Ebbene, Cristal, sappi solo che il ciondolo di cui tu vai parlando con tanta leggerezza non è semplicemente un ricordo: si tratta di un oggetto ambito per il quale molte persone sono già state uccise. Non sei l’unica sulle tracce di Marion, ed è per questo che ho preferito interrompere la tua chiacchierata con Erwann giù alla Locanda. –
A quel punto Cristal balzò in piedi, folgorata dalla scoperta.
- Volete dire che i Filippini hanno rapito i miei genitori solamente per la collana di mia madre? Volete dire che se quel maledetto ciondolo non fosse mai esistito…? – ma Bleizenn la interruppe di nuovo, alzando una mano per richiamare il silenzio.
- Adagio, ragazzina! Non è della collana la colpa, bensì della bramosia dell’uomo! Quella fra il Falco e il Serpente è una rivalità antica come il mare… - la redarguì.
Cristal corrugò le sopracciglia e inclinò appena la testa di lato.
Il Falco e il Seprente?
- D’accordo, il Serpente sono i Filippini, fin qua nessun problema, ma il Falco? –
La vecchia guardò fuori dalla finestra, accigliata, poi spense l’incenso e accostò le imposte con un movimento frettoloso.
- Hai mai sentito parlare del Faucon du Nord? –
Ma prima che la bionda potesse replicare la porta della stanzetta si aprì con un tonfo, rivelando la figura di Jack.
- Ah, Sparrow, qual buon vento… - lo salutò Bleizenn.
Jack la salutò con un inchino pomposo e vagamente derisorio.
- Vedo che ti piace sempre rapire le donzelle indifese, cara Bleizenn…- fece, negli occhi il baluginio di un ricordo.
- Prega che io non sia poi così indifesa, Jack. Abbiamo ospiti, e credo che cerchino te! – esclamò improvvisamente Cristal, che sbirciava la strada attraverso le imposte accostate.
Una colonna di soldati armati di tutto punto si dirigeva a passo deciso verso la bettola, attraccato accanto al Nausicaa un galeone imponente e maestoso.
- Sono gli Spagnoli! – notò, mettendo già mano alla spada.
La vecchia Bleizenn roteò gli occhi e scosse la testa.
- Mai che ti si possa parlare un po’ in tranquillità, eh, Jack? Cos’è, questa volta? Furto o tradimento? –
Sparrow esibì un’espressione da marmocchio colto con le mani nel sacco e si strinse nelle spalle.
- E se lo chiamassimo prestito non autorizzato? – la vecchia gli diede una spallata e lo sorpassò, dirigendosi verso il paravento borbottando frasi in Bretone stretto.
- Svelti, indossate questi e sparite da qui, non voglio avere grane, io! – sbraitò lanciando a Cristal un grande abito rosato dai bordi mangiucchiati dalle tarme e a Jack una parrucca candida e una giacca marrone, appartenuta probabilmente a un uomo benestante.
La fanciulla infilò il vestito direttamente sopra agli abiti, nascondendo la scollatura con uno scialle scarlatto che la sacerdotessa le avviluppò attorno al collo, mentre Jack abbottonava la giacca fino in cima e indossava a fatica la fastidiosa parrucca tutta boccoli.
Cristal trattenne una risata nel pensare a quanto Jack, conciato in quel modo, assomigliasse a Weatherby Swann.
- Com’è che avevi queste schifezze già pronte? – mugugnò Jack, lottando con un boccolo ribelle.
- Ahès vede tutto, Sparrow. Anche se si stupisce ancora di queste tue stupide domande… - replicò leggermente acida, per poi voltarsi verso Cristal e posarle le mani sulle spalle in una presa salda e decisa.
- Vai a Londra, alla Royal Raven Inn. Se avrai fortuna troverai tua madre ancora là. –
La ragazza annuì, mentre Jack già la trascinava verso la porta, pronto a darsela a gambe.
- Arrivederci Bleizenn, è stato un piacere! Porterò i tuoi saluti a tua zia! – esclamò il Capitano con cipiglio sfottente, già nel vano delle scale.
La donna sbuffò e si affacciò dalla porta.
- Ci rivedremo presto, Cristal Cooper, Fille de la Tempête2! – e, senza degnare Jack nemmeno di uno sguardo, chiuse la porta con un tonfo.
- E così hai conosciuto la cara Bleizenn Gwrac’h! – cinguettò l’uomo con una nota lievemente macabra nella voce mentre uscivano da una porta sul retro della locanda e si infilavano in un vicolo stretto e lercio.
Cristal annuì, sulla pelle ancora il gelo delle dita nodose della donna.
- Una tipa oltremodo bizzarra, ma bisogna convenire che la loro stirpe è tutto fuorchè ordinaria… - continuò lui nel suo strano monologo.
Giunti in fondo al vicolo diede un’occhiata furtiva alla strada principale per sincerarsi che non vi fossero Spagnoli, poi fece segno alla giovane di seguirlo.
- Che facciamo, Jack? Il Nausicaa ormai è preso! – sibilò, la preoccupazione a incrinarle la voce.
Il pirata fece spallucce.
- Inventa qualcosa! – disse solamente.
Cristal spalancò la bocca.
- Jack! Sei tu il Capitano, per la miseria! Inventa qualcosa tu! – sbraitò allargando le braccia.
Errore imperdonabile.
Una voce li fece voltare di scatto, il terrore dipinto sul volto.
- Capitán Jack Sparrow? –
Di fronte a loro, la baionetta spianata, se ne stava un uomo intorno ai trent’anni, le sopracciglia curvate in un’espressione intimidatoria.
- Dove? Io non lo vedo! – replicò Jack guardandosi attorno stupito e curioso.
Il bluff fu completamente inutile, lo spagnolo puntò e portò un dito sul grilletto, ma non vi fu alcuna detonazione.
Un fiotto di sangue gli schizzò dalla bocca, spruzzando appena il viso del pirata.
Quello abbassò lo sguardo per notare che dal petto del soldato sporgeva di almeno un palmo la punta di una spada. Si voltò a incrociare lo sguardo della compagna, ma Cristal non era più al suo posto.
Il corpo del nemico cadde a terra, alle sue spalle la figlia del fabbro si puliva il viso con un lembo dello scialle, la mano imbrattata del sangue che colava lungo l’elsa della spada.
- L’hai ucciso… - balbettò Jack, stupito e vagamente infastidito dalla scena di fronte ai suoi occhi.
Cristal si asciugò le mani nel sottogonna e prese a camminare a passo spedito, senza tuttavia guardarlo in viso.
- I morti non parlano. – fu la sua unica e fredda replica.
L’uomo spostò lo sguardo dal cadavere del soldato alla schiena esile della ragazza.
Quell’atteggiamento gli ricordava un’altra persona, e per un momento si ritrovò a vacillare, il cuore colto dall’insicurezza.
No, non aveva alcun senso.
Scosse la testa e la raggiunse, affiancandola e prendendola a braccetto.
- Adesso, giovane Cooper, dobbiamo trovarci un passaggio fino a Londra! –
Quella annuì distrattamente, e nelle sue iridi color della tempesta Jack scorse un rimorso che lo tranquillizzò.
Nonostante tutto era sempre la solita ragazzina fantasiosa e dannatamente buona.
L’aveva fatto perché andava fatto, tutto qui.
Eppure, nonostante sapesse di avere a che fare con una giovane a lui completamente devota, non poteva evitare, nella sua mente, di udire quelle parole pronunciate dalla voce di qualcun altro…
- Intanto che cerchiamo una nave sarà meglio inventarci una storia. Non possiamo certo pretendere di imbarcare Capitan Jack Sparrow e Cristal Cooper… - aggiunse la ragazza, la mano destra ancora a sfregarsi contro il tessuto della gonna.
Jack esibì un sorriso sghembo: la stava tirando su proprio bene…
 







 
La traversata era stata breve, per l’immenso gaudio di Jack che si era trovato a impersonare lo zio muto di Marie, la sartina di Rennes in cerca del padre salpato l’anno prima per Londra.
- Ma perché muto? – aveva sbraitato prima di salire a bordo, solo dopo essersi assicurato che nessuno potesse sentirlo.
- Dobbiamo allontanare da noi qualsiasi sospetto, e spacciarci per Francesi è la cosa più semplice che mi sia venuta in mente. Visto che tu però non sai una parola di Francese, fai prima a fingerti muto. – aveva spiegato per l’ennesima volta Cristal, seccata dalla testardaggine del compagno.
- Calunnia e maldicenza! Io so benissimo il Francese: parlay! – aveva esclamato Sparrow, ferito nell’orgoglio.
La ragazza l’aveva fulminato con lo sguardo.
- E’ parler. Tanto per la cronaca. – gli aveva corretto la pronuncia prima di prenderlo per un polso e trascinarlo verso la passerella.
- E adesso lascia parlare me, vedrai che filerà tutto liscio come l’olio! – e, incredibilmente, erano arrivati in Inghilterra incolumi.
Tornare a Londra dopo sette anni le aveva fatto una strana impressione.
Era stato come tornare bambina di colpo: gli odori, i colori, i suoni e le luci, tutto era rimasto invariato, proprio come lo ricordava.
I dock melmosi erano sempre gli stessi, l’accento pulito e ondulato delle persone proprio come quello di Elizabeth e James, accento di casa.
- Oh, Jack… è come se non fosse trascorso nemmeno un giorno… - confessò mentre attraversavano Covent Gardent, la frutta di stagione colorata e invitante.
- Come hai fatto a crescere in un posto simile? – fece lui storcendo il naso.
- Non si vede nemmeno il mare… - si lamentò poi.
Cristal non diede peso alle sue parole, emozionata e ancora in balia dei ricordi.
- Anche Londra ha il suo fascino, ma non mi aspetto che tu riesca a capire… -  rispose sovrappensiero.
Girò l’angolo della strada e inchiodò tanto bruscamente che Jack le sbatté contro.
- Cosa succede? –
Nessuna risposta.
Il pirata seguì il suo sguardo verso l’alto, fino ad incontrare una vecchia insegna in ferro battuto raffigurante un corvo nero come la notte, al di sotto la scritta in caratteri grandi e ben leggibili citava “Royal Raven Inn”.
Sobbalzò appena quando sentì la mano della compagna stringersi attorno alla sua: era fredda e leggermente sudata: aveva paura.
- Bene, siamo arrivati! – esclamò con un grande sorriso per infonderle un po’ di coraggio.
La ragazza rimase immobile e rigida, gli occhi sgranati fissi sulla porta di legno del locale.
Eccola lì, la Royal Raven Inn, il luogo dove, a detta della vecchia Bleizenn, alloggiava sua madre.
Forse, varcata quella porta, avrebbe trovato colei che cercava da ormai un anno.
Forse, al di là di quell’uscio, la sua avventura sarebbe giunta a termine.
Le bastavano pochi passi e avrebbe raggiunto il suo obbiettivo, ma si accorse con una punta di vergogna che aveva paura.
Paura di entrare nel locale e trovarlo vuoto e ostile, paura di scoprire di aver fallito ancora una volta, paura che quell’assurda caccia al tesoro il cui premio era sua madre non sarebbe finita mai.
Deglutì e inspirò a fondo, poi, senza voltarsi indietro, entrò.
Non c’era molta gente: una paio di uomini al bancone, delle vecchie sedute a ciarlare sottovoce di fronte alla grande finestra che illuminava scarsamente il locale, una ragazzina che puliva i tavoli con uno straccio bagnato…
Nel complesso sembrava che la Royal Raven Inn fosse un esercizio di gran lunga più rispettabile di alcune delle bettole che avevano visitato in quel lungo anno di peregrinare incerto qua e là per gli oceani.
- Buon pomeriggio, posso aiutarvi? -  una donna con un grande grembiule bianco legato in vita venne loro incontro con un caloroso sorriso di bevenuto.
Cristal lanciò un’occhiata a Jack, poi incominciò, titubante.
- Buon pomeriggio, Signora! Mi chiedevo se per caso… - ma l’espressione stupita della donna le fece morire le parole in gola.
Quella che probabilmente era la proprietaria del locale si sporse in avanti, squadrando Cristal da capo a piedi.
La giovane rimase pietrificata, imbarazzata da quello strano comportamento, poi le parole della donna le sciolsero il cuore.
- Siete qui per Miss Wordsworth? Cielo, vi assomigliate come due gocce d’acqua! Se avete bisogno di lei dovreste trovarla ancora nella sua stanza, alloggia nell’ultima camera a destra in fondo al corridoio!-
Era lei.
Doveva essere lei.
Probabilmente aveva usato un nome falso per far perdere le sue tracce se, come aveva detto Bleizenn, lei non era l’unica alla ricerca di Marion.
Senza farselo ripetere ringraziò la signora e, sempre seguita da Jack, imboccò le scale che portavano al piano superiore, ignorando gli scricchiolii di disappunto che i gradini le lanciavano ad ogni passo.
Marciò decisa verso il fondo del corridoio buio e si fermò di fronte all’ultima porticina, posò la mano destra sulla superficie di legno e spinse appena.
Fu sufficiente affinchè l’uscio si aprisse, cigolando svogliato finchè non arrivò a cozzare piano contro la partete.
La luce grigia dell’esterno inondò il corridoio, in fuga dal telaio della finestra.
Silenzio.
Solo silenzio mentre una figura di donna seduta di fronte alla finestra, sagoma scura contro la luce padrona indiscussa della scena, si voltava piano in direzione della porta aperta.
Solo silenzio mentre Cristal, incapace di muovere anche un singolo passo, riconosceva, prima di qualsiasi altra cosa, il profumo di erica selvatica e mare che l’aveva cresciuta.
Dimenticò di avere con sé Capitan Jack Sparrow, idolo della sua infanzia nonché famoso pirata, dimenticò di aver viaggiato per undici mesi senza sapere nulla di certo su sua madre, dimenticò la punta di rancore che aveva sentito di provare nei suoi confronti giorni prima, sul Nausicaa.
Dimenticò tutto e finalmente si lasciò scivolare in avanti, stretta nell’abbraccio di quella donna che per lei era sole e stelle, vento e maree, vita, casa.
- Cristal, mio dio, cosa ci fai qua?! – esclamò Marion, gli occhi spalancati di stupore mentre stringeva la figlia al petto.
- Pensavi veramente che ti avrei lasciata in mano a quei pazzi? Sono salpata subito… Oh, mamma, sapessi quante cose sono successe! – spiegò lei, gli occhi lucidi di una gioia incontenibile.
Ce l’aveva fatta! Era riuscita a trovare sua madre! E stava bene, era sana e salva, tutto era perfetto!
- Mamma, ero così in pensiero! Come stai? Non ti hanno fatto niente, vero? Stai bene? – continuò a raffica.
La donna rise e le prese il viso tra le mani.
- Sto bene, tranquilla, sto bene… Ma come sei arrivata fino a Londra? Come hai fatto a… ? –
Jack, ancora impalato sull’uscio, si schiarì la voce.
- Adoro i ricongiungimenti! Chi offre da bere? – esclamò, offeso come un bambino dall’essere stato bellamente ignorato per quel minuto scarso.
A quel punto Cristal scivolò fuori dall’abbraccio di sua madre e indicò il pirata con un cenno della mano.
- Mamma, questo è Capitan Jack Sparrow. E’ lui che mi ha aiutata a cercarti! – lo presentò con un sorriso orgoglioso.
Quando si voltò a guardare Marion, però, si stupì dall’assenza di emozioni sul suo volto.
Nei suoi occhi grigi, piantati in quelli di Jack, vi era una luce seria e indagatrice, quasi sospettosa.
- Ah, Capitan Sparrow. Mi auguro per la vostra incolumità che mia figlia non abbia avuto alcun genere di problema a navigare sotto la vostra bandiera. – sibilò, fredda e tagliente.
Jack esibì il suo solito sorrisetto strafottente e finalmente si avvicinò, posando lievemente una mano sulla spalla di Cristal.
- Non preoccupatevi, Miss Hawke, mi sono occupato di lei con le stesse premure che si riservano a una figlia. Dopotutto potrei essere suo padre… -
Quella gli gettò un’occhiata a metà fra lo sguardo complice e l’intento omicida, consapevole di quanto la chiusura di frase non fosse altro che una frecciatina a lei rivolta.
Marion parve accorgersi di quello scambio di sguardi e sospirò.
- In ogni caso vi ringrazio, me l’avete pur sempre portata viva… - replicò la donna, ancora sulle sue.
Il ghigno sulle labbra di Jack si aprì ancora di più, quasi fosse stato sul punto di rivelare un segreto sconvolgente.
- Non è stato un compito poi così arduo, la giovane Cristal ha un talento innato per la vita di mare. Sembra quasi ce l’abbia nel sangue… -
La figlia del fabbro gonfiò il petto d’orgoglio, al settimo cielo per essersi guadagnata un simile complimento proprio da Jack.
Quello indietreggiò verso la porta con un movimento fluido, i mille ninnoli a tintinnargli fra i capelli.
- Vi lascio sole, scendo a prendermi un doppio rum. Avrete senz’altro molte cose da raccontarvi… - e, con un ultimo enigmatico sguardo a Marion, svanì nel buio del corridoio.
Madre e figlia rimasero qualche secondo in silenzio a fissare la porta ora chiusa, poi si voltarono simultaneamente  l’una verso l’altra.
- Allora, raccontami tutto! Come sei riuscita ad andartene da Port Royal? Un anno intero per mare! Voglio sapere ogni cosa nei minimi dettagli! – la incalzò emozionata, facendola sedere sul letto accanto a sé.
Cristal prese a raccontare, e a mano a mano che parlava sentiva la tensione di quell’anno sempre all’erta allentarsi fino a lasciarla leggera e sollevata.
- E’ stata Bleizenn a indirizzarci qui! Devo ammettere che quella donna mi inquieta un po’… - concluse dopo più di un’ora, la voce appena arrochita dal tanto parlare.
Marion si irrigidì a sentire il nome della sacerdotessa.
- E’ una tipa strana, sì. Ma è fondamentalmente una brava donna, e le devo la vita… - confessò.
Fu a quelle parole che la bionda si rabbuiò.
- A proposito di vite… Mamma, non puoi più tenere la collana. – sentenziò, seria.
La donna portò istintivamente una mano al ciondolo, ancora assicurato al collo tramite la catenina d’argento.
-  Cosa ti ha detto Bleizenn? – domandò, quasi spaventata.
Cristal sospirò e si passò una mano fra i capelli, cercando di radunare i pensieri in una frase di senso compiuto.
- Non è stata molto chiara, in realtà. Tutto quello che ho capito è che c’è chi la desidera a tal punto dal non farsi problemi a uccidere altre persone pur di averla. A questo punto è un vero miracolo se i Filippini non ti hanno uccisa… - osservò, tetra.
Marion osservò il volo di un corvo fuori dalla finestra e sospirò.
- Cristal, ho bisogno che tu mi stia bene a sentire. – esordì, nella voce una stanchezza che sembrava curvarle le spalle.
- Ricordi cosa ti ho detto della collana, che mi fu regalata da un uomo che…? -
- L’Ancien Marin, sì! – annuì Cristal, che da quando aveva udito per la prima volta quel nome non aveva fatto che fantasticare sul suo portatore.
- Ebbene, non ti ho detto proprio tutto. Questa collana è di proprietà del Faucon du Nord, uno dei più temuti pirati che abbiano mai infestato le acque del Mare del Nord. –
La fanciulla sobbalzò e si portò una mano alla bocca, mentre la donna continuava con il racconto.
- Molti, troppi anni fa, il Serpente Nero, Capitano della Flotta dei Filippini, geloso della fama e del potere che il Faucon du Nord stava pian piano acquistando in tutti gli Oceani, giurò che l’avrebbe ucciso e avrebbe preso il suo posto, superandolo in fama, potenza e ricchezza. Ma eliminarlo non sarebbe stato sufficiente: il Serpente Nero aveva bisogno della collana del suo rivale per dimostrare la sua effettiva supremazia. – spiegò.
- La rivalità fra il Falco e il Serpente… - citò la giovane, che stava iniziando a capirci qualcosa.
- Quindi l’Ancien Marin ti ha passato la collana affinchè tu la proteggessi dalla Flotta del Serpente! Insomma, chi sarebbe mai andato a cercarla al collo di una ragazzina di buona famiglia? – giunse alla conclusione battendo un pugno sul palmo aperto.
Marion tacque per qualche secondo, poi annuì.
- Ho sempre saputo che prima o poi mi avrebbero stanata. Onestamente non credevo si sarebbero spinti fino a Port Royal. – confessò.
Cristal incrociò le braccia al petto e scosse a testa.
-Scusa, perché non l’hai appioppata a qualcun altro o addirittura gettata via? Persa la collana il Serpente Nero avrebbe dovuto rassegnarsi! – osservò, pragmatica.
- Cristal, ho giurato di proteggerla! – replicò sua madre, vagamente piccata.
La ragazza alzò gli occhi al cielo.
- Condannandoti a una vita in perenne apprensione? Insomma, l’hai sempre detto tu stessa: “il Codice è più che altro una traccia che un vero regolamento”! Si sarebbe trattato semplicemente di interpretazione, non avresti fatto niente di male a passare il testimone a qualcun altro… - cercò di farla ragionare.
Marion scattò in piedi.
- No, Cristal! Un conto è interpretare regole, un conto è tradire la fiducia di qualcuno! Per me questa collana significa molto più che il semplice bottino di un pirata, o la leva per una vendetta! – sbottò ferita.
La figlia tacque, il ricordo dell’espressione di sua madre quando raccontava dei suoi anni in Francia ancora vivido di fronte agli occhi.
La donna tornò a sedersi e le prese una mano fra le sue.
- C’è una cosa che ho capito a bordo della nave dei Filippini, una cosa che cambia tutte le carte in tavola e che darebbe un senso alla loro spedizione fino a Port Royal e al nostro rapimento. – spiegò, la voce appena tremolante.
- Sono solo voci, ma… sembra che il Faucon sia ancora in circolazione. –
Quella frase cadde nel silenzio come una palla di cannone.
Cristal sentì i suoi occhi spalancarsi e le pupille rimpicciolire all’interno dell’iride.
Come poteva essere? Non era morto almeno vent’anni prima?
- E’ per questo che dopo Capo Horn ho iniziato a spostarmi e a spacciarmi per un’altra. Se le voci dovessero rivelarsi esatte… Temevo che tornando a Port Royal mi sarei trascinata dietro un disastro ben più grande del previsto… - spiegò, la voce appena incrinata di tristezza.
Cristal non rispose, quelle parole le avevano portato alla mente un altro ricordo, una domanda che ancora non aveva avuto il coraggio di porre.
- A proposito… di Capo Horn… - sussurrò poi, senza osare guardare sua madre negli occhi.
Quella le strinse appena la mano, ma fu sufficiente.
Senza che potesse impedirlo in alcun modo, lacrime calde e salate presero a scivolarle lungo le guance, l’aria che iniziava a mancarle.
Si morse un labbro, ma fu tutto inutile, forti singhiozzi le scuotevano le spalle, in bocca un fastidioso sapore metallico simile a sangue.
Marion la abbracciò stretta, le mani ad accarezzarle piano i capelli chiari come quelli di suo padre.
Non aveva pianto, quella notte sulla spiaggia. Non aveva voluto piangere, perché sotto sotto lei ci sperava ancora, e non si sarebbe arresa finchè non avesse sentito la verità. Ma adesso non aveva più senso continuare a sperare: se fosse esistita anche una sola probabilità, sapeva per certo che Marion gliel’avrebbe detto, che insieme  avrebbero cercato di fare qualcosa.
Ma tanto quanto l’Oceano sa donare, esso sa anche portare via, e così aveva fatto con la vita di Jim Cooper.
Fu in quel momento, stretta fra le braccia di sua madre, le labbra bagnate dalle sue stesse lacrime, che Cristal comprese: non sarebbe tornata indietro, non sarebbe tornata a casa. Port Royal era ormai poco più che un ricordo, parentesi felice di una vita che era in realtà appena incominciata.
Aveva fatto una scelta, e adesso era il momento di fare un bel sospiro e fronteggiare il suo destino, perché quel tredici Luglio del 1710 Cristal Cooper aveva abbracciato il Mare e la sua Libertà, ma aveva rinunciato per sempre alla Terra, e adesso avrebbe dovuto imparare a farci i conti.
Il giorno dopo, quando si risvegliò nel letto di sua madre, aveva ancora gli occhi rossi e un leggero cerchio alla testa.
Si alzò in piedi e si diresse verso la parete opposta, dove uno specchio assediato dalla ruggine sovrastava un piccolo catino accanto al quale era posata una brocca d’acqua.
Cercò di concentrarsi sul suo aspetto, ma più si guardava, le lentiggini a danzare sul suo viso palido e i capelli color del grano, più il sorriso affettuoso e gioviale e lo sguardo vagamente infantile di suo padre facevano capolino nel suo cuore.
- Papà… - si ritrovò a sussurrare quella parola con calma, lasciando che il suo suono le rotolasse fra le labbra come miele amaro.
Due sillabe soltanto, eppure contenevano un affetto inesprimibile, un dolore incancellabile.
Non vi erano stati ringraziamenti, abbracci, parole di congedo, non vi era stato nulla.
Mentre lei si sentiva più viva che mai, in mezzo alla tempesta, il vento e le onde ghermivano per sempre l’anima di Jim.
Scosse la testa e si sciacquò velocemente la faccia, asciugandosi gli occhi con le maniche del vestito.
- Basta, Cris. Le lacrime non lo riporteranno indietro… - esalò mentre finiva di riassettarsi e si sistemava i capelli pettinandoli con le mani.
Trasse un profondo sospiro e uscì dalla stanzetta, diretta al piano di sotto: probabilmente sua madre era scesa a colazione, e inoltre non vedeva Jack dal pomeriggio precedente… C’era solo da sperare che non se la fosse data a gambe…
Quando però raggiunse il salone della Locanda rimase vagamente interdetta nel notare Jack Sparrow e Marion Hawke seduti allo stesso tavolo e tutti presi dalle loro chiacchiere.
A differenza della fredda accoglienza del giorno prima, sembrava che la donna avesse finalmente preso in simpatia il pirata che, raccontando chissà quale avventura, gesticolava senza tregua.
- Buongiorno! Che si dice? – esordì, prendendo posto sulla panca accanto a sua madre.
I due ammutolirono, e fu Marion la prima a prendere la parola.
- Stavamo discutendo su cosa fare d’ora in avanti… - spiegò.
Cristal annuì, consapevole che sua madre aveva già compreso la sua decisione.
- Io rimarrò a Londra. – spiegò infatti quella, un’ombra di malinconia a velarle lo sguardo.
- Port Royal non ha più nulla da offrirmi, e onestamente non saprei dove altro andare… Londra è la mia città: ho vissuto qui per più di vent’anni… - aggiunse all’occhiata scettica di Jack.
- Tutta questa fatica per poi rimanere in questa topaia di città? – ma le due donne ignorarono il commento del pirata.
- Lasciala a me. – sentenziò a quel punto Cristal, il cuore fermo nel parlare.
- La collana, lasciala a me. Se questo deve essere un addio, voglio almeno sapere di lasciarti al sicuro, sennò che senso avrà avuto tutto questo? – fece poi di fronte all’espressione stupita di sua madre.
Marion scosse la testa.
- In questo modo sarai tu ad essere condannata… - le fece notare.
Jack tentò di intromettersi nel discorso, ma la ragazza fu più  svelta.
- Mamma, io non tornerò più. Il Mare sarà la mia casa, e il pericolo… beh, quello ci sarà sempre, che tu mi dia la collana o meno. A questo punto che senso ha non provare? - spiegò sottovoce.
La donna guardò prima sua figlia, poi Sparrow.
- Quindi hai deciso? – domandò con una punta di amarezza.
Cristal serrò le labbra ed annuì.
- Ormai sono un pirata, Mamma. So a cosa stai pensando, che ho solo diciassette anni e vedo ancora tutto come un’avventura, una storia da raccotare attorno al focolare. Forse è vero, ma non del tutto. Ho navigato per un anno, ho visto di cosa è capace l’Oceano, di cosa sono capaci gli uomini. Però ormai il danno è fatto, e non posso ignorare ciò che è stato. Vorrei poter restare, te lo giuro, ma… -
- Il cappio al collo non è certo un’immagine che invogli a rimanere ancorati a terra… - concluse Jack al posto suo.
Marion attese di aver assorbito appieno quelle parole, poi si alzò in piedi.
- Ho capito. Seguitemi. – e senza aggiungere altro si diresse verso le scale, fino in camera sua.
- Domani mattina una nave, la Felur de Lys, salperà per Calais. Fa la spola tutte le settimane, per cui non vi sarà troppo complicato mischiarvi agli altri passeggeri e raggiungere la Francia. Da lì potrete cercarvi un’imbarcazione come si deve e fare vela dove più vi aggrada.– spiegò nello sfilarsi la collana dal collo.
Se la girò fra le mani un paio di volte, lo sguardo colmo di ricordi che accarezzava il ciondolo, sulle labbra l’ombra di un sorriso lontano.
Si riscosse e assicurò la collana al collo di sua figlia, per poi fare un passo indietro e osservarla orgogliosa.
- Porta alta la bandiera. – disse solamente.
Cristal sorrise dolcemente, consapevole del vero significato di quelle parole.
- Lo farò, stanne certa. – e l’abbracciò stretta, godendosi più che poteva quel contatto: lo sapeva, sarebbe stato l’ultimo.
Il giorno dopo, quando finalmente raggiunsero la Manica, il cielo era grigio e un vento sostenuto spirava da Nord-Ovest.
- Certo che è stato un vero buco nell’acqua… - commentò Jack, felice di non dover più impersonare un muto.
Cristal inarcò appena un sopracciglio.
- Perché? –
- Insomma, tutta questa fatica per scoprire che tua madre se ne rimarrà a Londra… E’ stato inutile… -
La ragazza scosse la testa, i capelli raccolti perché il vento non glieli frustasse in faccia.
- Sbagli… Ho ritrovato mia madre, e stava bene. Certo, ho dovuto dirle addio, ma almeno l’ho potuta vedere un’ultima volta… - spiegò, accarezzando la conchiglia appesa alla catenina d’argento.
- Sono orgogliosa di te, Cristal. – le aveva detto alle prime luci dell’alba, quando l’aveva accompagnata al porto.
In quelle parole vi era tutto, tutto ciò di cui la ragazza avesse bisogno.
Certo, la malinconia c’era stata, ma non era stato un addio triste, nessuna lacrima era stata versata.
Forse perché, in fondo al cuore, Marion aveva sempre saputo che sarebbe successo, forse perché, a sentire Sparrow, aveva capito che sua figlia se la sapeva cavare davvero.
Se l’eredità del Faucon du Nord avesse dovuto passare a qualcun altro, non vi era persona migliore di Cristal Cooper, e nulla avrebbe mai potuto farle cambiare opinione.
- E non hai paura della vendetta del Serpente? – la voce di Jack la riportò al presente.
Inspirò a fondo l’aria salmastra e chiuse gli occhi.
- No, non troppo. Fa parte del mestiere avere qualche nemico, no? – alla prima goccia di pioggia riaprì gli occhi e fu per puro caso che rivolse l’attenzione a prua.
Sparrow seguì il suo sguardo e si irrigidì.
In mancanza di Capo Horn, il vecchio continente aveva imparato ad accontentarsi del Canale della Manica, e bisognava dire che il compito era svolto alla perfezione.
Senza che nemmeno avessero il tempo di reagire, le onde presero ad ingrossarsi con violenza inaudita, il vento si era fatto sempre più veloce e i fulmini avevano preso a rincorrersi schioccando fra le nuvole.
In men che non si dica i marinai si erano arrampicati sugli alberi per ammainare le vele, ma era stato tutto inutile, era impossibile contrastare l’ira del mare.
- Al riparo! svelti, al riparo! – si sentì al di sopra dell’ululato del vento.
- Cristal! Vieni qui, Cristal! – gridò Jack, che all’ultima ondata particolarmente rabbiosa era rotolato dall’altro lato del ponte.
- Jack! – urlò lei, ormai fradicia per via del muro d’acqua che le si era riversato addosso.
Si alzò in piedi e, barcollando, cercò di raggiungere il pirata, aggrappandosi a tutto ciò che le capitava sotto tiro. La tempesta era meno violenta di quella di Capo Horn, ma con quel dannato vestito era impossibile rimanere in piedi.
Cercò di toglierselo di dosso, ma si rivelò un’impresa impossibile, continuava a cadere.
- Cristal, sbrigati! – sbraitò Jack nel controllare la sua bussola scassata.
Come sospettava, i marosi li avevano portati fuori rotta, proprio in un tratto di mare in cui la precisione significava salvezza.
Gettò un’occhiata a babordo e notò con orrore che le onde ribollivano e che la nave si stava dirigendo proprio il quella direzione.
- Attenti alla secca! – gridò, ma fu troppo tardi.
Cristal, che era appena riuscita a rimettersi in piedi, non fece in tempo ad aggrapparsi, lo schianto contro gli scogli fracassò la fiancata della nave e la sbalzò fuori bordo.
- JACK! –
Fu questione di un attimo.
Vide gli occhi dell’uomo spalancarsi di orrore mentre precipitava sempre più giù, sempre più lontana dalla mano tesa del pirata.
Chiuse gli occhi e trattenne il fiato, l’acqua ghiacciata le colpì la schiena come una sciabolata.
Appena sentì nuovamente l’aria sulla faccia trasse un profondo respiro, ma un’onda traditrice la travolse, facendole ingoiare una boccata d’acqua.
Riemerse e tossì, la gola arsa dal sale.
- AIUTO! -  urlò, ma il vento ululava più forte di lei, e il fragore della Fleur de Lys che si fracassava contro gli scogli ingoiò ogni suo richiamo.
Sentì le forze abbandonarla, mentre il vestito intriso come una spugna la tirava a fondo.
Prese un ultimo ampio respiro prima che l’acqua si richiudesse sopra la sua testa.
Cercò di strapparsi di dosso l’abito, ma anche sott’acqua continuava ad essere sballottata a destra e a sinistra, e presto anche solo pensare divenne impossibile.
Vide Elizabeth, a casa, ad aspettare il suo ritorno, percepì le braccia salde di James attorno alla sua vita, udì la risata di William durante i loro allenamenti. Poi fu il turno del viso di sua madre, delle carezze di suo padre.
Il nulla l’avvolse, mentre l’acqua ovattava i suoi pensieri.
Un ultimo bagliore prima del buio assoluto, come fulmine nella notte.
Non voglio morire!
E mentre al largo di Calais Cristal Cooper affondava con la Fleur de Lys, a Londra la Dauntless attraccava, a bordo James Norrington e tutte le sue speranze.









 
Note:

1 Il termine Bretone gwrac'h significa sia "vecchia" che "strega". Ambiguità perfetta per il nostro personaggio~
2 Figlia della Tempesta




Zan-zan-zaaaaan!
Eccoci qui, mia prode ciurmaglia, con questo capitolo che finisce veramente, ma veramente bene! :D
Ma andiamo con ordine, e partiamo dalla vecchia Bleizenn...
Che dire, è davvero un peronsaggio strano, ma la adoro... Purtroppo in questo capitolo non ho potuto ancora dire troppo su di lei, ma con l'avanzare della storia scopriremo qualche dettaglio in più su questa erborista/levatrice/sacerdotessa che sembra conoscere così bene Cristal e Marion.
Per quanto riguarda la Leggenda di Ahès è una bellissima storia del folklore Bretone conosciuta anche come Leggenda di Dahut (altro nome della principessa) o Leggenda di Ys (dal nome della città sommersa.)
E' una vicenda che mi ha sempre affascinata molto, e vi consiglio di leggere qualcosina a riguardo se siete amanti del genere~
Ma ecco che, finalmente, dopo undici mesi di ricerche, i nostri eroi ce la fanno e trovano Marion!
Adoro la relazione fra lei e Cristal, non ci posso fare niente, tutte le volte che queste due hanno una scena insieme vado in brodo di giuggiole... xD
E Jack si è legato a un dito l'essere stato respinto da Cris. Quanto sa essere scemo... <3 xDDD
Finalmente, poi, si scopre qualcosa a riguardo di questa misteriosa collana e del passato di Marion... Il Vecchio Marinaio altri non era che il famoso Faucon di Nord, quindi!
Ma come farà ad essere ancora vivo se la donna l'aveva visto sul letto di morte?
E a proposito di morti... cosa succederà dopo il naufragio della Fleur de Lys? Jack starà bene? E Cristal?
Povero James, per lui la sfiga è davvero senza fondo...

Ah, giusto! Per chi ne avesse voglia, un sacco di tempo fa, ho pubblicato come fanfiction d'esordio in questo fandom "Gone Too Soon", che racconta un po' quello che succede quando James arriva a Londra in cerca di Cris.
Visto che questa parte di storia non sarà raccontata in Thunderbolt vi consiglio, se vi va, di darci una letta... :D

Come sempre, un grazie di cuore a tutti quanti, vi adoro! <3

Kisses,
Koori-chan
  
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