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Autore: Flaesice    28/07/2014    1 recensioni
Penelope Penthon è una ragazza bella, sfacciata ed intraprendente; una ragazza che non si è mai arresa alle difficoltà della vita, che si è fatta da sola ed odia i pietismi.
Nel suo mondo non esistono le mezze misure: tutto deve essere necessariamente o bianco o nero, giusto o sbagliato.
Ma nella vita - prima o poi - si è sempre obbligati a scontrarsi col grigio, ed è proprio allora che tutte le certezze crollano e bisogna mettersi in discussione.
E' ancora una ragazzina quando per gioco decide di sedurre un suo compagno di scuola, il riservato Nathan Wilkeman, per poi allontanarlo definitivamente.
Il destino li farà incontrare cinque anni dopo nella meravigliosa Los Angeles; Penelope sempre più votata al suo stile di vita, ma Nathan?
Decisamente più esperto e meno impacciato cercherà di prendersi una piccola rivincita per il passato, ma si sa che la passione non è un'emozione facile da gestire nemmeno per una come Penelope.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Capitolo XIII

Due settimane dopo...
 
«Sì, ho capito Tanya» dissi esasperata alla mia amica mentre cercavo la mia borsa in giro per la casa.
«Non mi pare tu abbia capito, è la terza volta in questa settimana che te lo dico»
«Beh ti ringrazio per il promemoria, quando avrò tempo la richiamerò» cercai di mettere un punto alla conversazione, ma lei non si arrese.
«E’ pur sempre tua madre, Penny. Avrà qualcosa di importante da dirti»
«Oh, di questo non ne dubito» esordii ironica «Se così non fosse sono certa non si sarebbe sprecata a chiamarmi per tre giorni di seguito» dissi tagliente vedendo la sua espressione farsi grave.
«D’accordo, fa come vuoi» disse in un sospiro rassegnato «Vai alla Sun House?»
«Se solo trovassi la borsa, forse…»
«Tieni è qui»
Mi voltai verso di lei, stingeva la borsa tra le mani.
«Oh finalmente, grazie» le sorrisi, non contraccambiò.
«Ti ho visto un po’ strana nelle ultime settimane, sei sfuggente» si avvicinò e mi poggiò una mano sulla spalla «Sicura sia tutto ok?»
I suoi occhi azzurri erano profondi e carichi di comprensione, le accarezzai la guancia morbida e liscia.
Sapevo di essere stata un po’ strana ma non volevo darle preoccupazioni.
«Ma certo Tanya, va tutto bene» tentai di rassicurarla.
Già, tutto bene.
Il “tutto bene” che comprendeva l’immergersi totalmente nel lavoro, andare a trovare Elizabeth, Thomas ed i bambini, evitare di pensare, evitare Nathan o - molto più semplicemente - evitare di pensare a Nathan.
L’espressione della mia migliore amica era poco convinta, ma sapevo che in questo caso non avrebbe insistito.
Tanya sapeva bene quando insistere o i casi in cui doveva evitare di calcare la mano, anche se ultimamente tendeva a confondere le situazioni.
«Adesso devo andare» le dissi, annuì.
«Stasera esco a cena con Marc e degli amici, ti va di unirti a noi?»
“Vita sociale? Dopo l’episodio di Jack? No, grazie”
«Non saprei, ho una campagna pubblicitaria che devo consegnare tra un paio di giorni e sono ancora in alto mare»
«Come non detto. Se cambi idea fammi sapere»
«D’accordo. A più tardi tesoro»
Uscii di casa, m’incamminai lentamente lungo la strada, la testa completamente nel pallone mentre ripensavo alle due settimane appena trascorse.
«Ciao»
Sollevo lo sguardo dal mio caffè, mi volto «Ciao Nate»
«Come va?»
«Tutto tranquillo, pausa caffè» dico mostrandogli il bicchiere che ho tra le mani.
Mi guarda, mi sorride e gli occhi quasi gli brillano.
«Senti» dice avvicinandosi per non farsi sentire dagli altri colleghi «Quando…ci vediamo?» sussurra dolcemente al mio orecchio.
Chiudo un istante gli occhi sentendo il solito tremolio di eccitazione lungo il corpo; poi eccolo lì, quel fottuto nodo allo stomaco. Non posso.
«Ultimamente sono molto impegnata, ti farò sapere» lo liquido con queste parole.
In due settimane la voglia di lui era aumentata giorno dopo giorno, a dismisura; nel vedere quegli occhi verdi e quelle labbra sensuali sorridermi ogni giorno in ufficio, in mensa, in ascensore, quasi come un ossessione.
Tenermi occupata era l’unica cosa che mi aiutava a non impazzire, a non pensare a quel corpo caldo stretto al mio che sapeva darmi un piacere inimmaginabile, così trascorrevo intere giornate in ufficio e nei momenti di pausa correvo alla Sun House per aiutare con i bambini.
Quando arrivai entrai nel grande giardino, poi bussai ed attesi qualche istante prima che Thomas venisse ad aprirmi.
«Penny, ciao»
Mi attirò a se in un abbraccio, il sorriso che mi riservò non era uno dei soliti. Anche lui nelle ultime settimane era molto cambiato.
«Ciao Tom, ti trovo…bene» dissi sorridendogli.
«Ti ringrazio» ammiccò nella mia direzione «Vieni che ti porto da Beth»
Lo seguii lungo i corridoi, entrammo in ufficio e vidi Beth al computer intenta a lavorare; non appena sollevò lo sguardo non potei fare a meno di notare gli sguardi eloquenti tra di loro.
“Ora si spiega tutto” sorrisi tra me.
Mi schiarii la voce, Beth parve ridestarsi.
«Penelope, cara» si alzò venendomi incontro «Come va?»
«Bene, grazie. Vedo che anche tu sei raggiante» le dissi in tono allusivo.
La vidi arrossire appena, poi mi invitò a sedermi.
«Donne io vado a sbrigare alcune questioni, mi raccomando non sparlate troppo alle mie spalle» Tom lanciò un sorriso divertito, poi uscì.
«Allora, me lo dici tu o ipotizzo io?» chiesi rivolta alla donna al mio fianco.
«Oh, Penny. Non vorrei fosse troppo presto per dirtelo, ma Tom ed io…» si portò le mani al volto, imbarazzata «Sono dieci giorni che noi…ci stiamo frequentando, se così si può dire» i suoi occhi brillavano e al pensiero che le mie parole avessero potuto sortire quell’effetto sentii il mio cuore più leggero.
«Siete una coppia perfetta Beth, mi domando solo perché abbiate impiegato così tanto a capirlo» risi di gusto trascinandola nel mio entusiasmo.
«Me lo chiedo anch’io, credimi. Vieni, andiamo a cercare Noemi, aveva piacere a vederti»
Rimasi stupita, convinta d’aver capito male.
«Lei…vuole vedermi?»
«Certo, negli ultimi giorni non ha fatto altro che ripetermi di chiamarla se venivi a trovarci. Le stai simpatica, le ho detto quanto tu sia una donna in gamba e di gran cuore»
«Beth io…non merito tutto questo»
No, non lo meritavo sul serio.
Lei poteva dirsi una gran donna, Noemi sarebbe stata una persona di buon cuore visto come aveva reagito sulla questione di Jack, ma io…
Io non ero altro che una persona capace di pensare solo a se stessa, una persona che non credeva in niente e nessuno, una persona sospettosa che concedeva la sua fiducia veramente a pochi.
Elisabeth mi liquidò con un gesto della mano ed un sorriso tanto dolce che stava a dimostrare che davvero era convinta della mia bontà. La adoravo.
Uscimmo dall’ufficio dirette verso una delle aule dove Noemi stava dando ripetizioni pomeridiane ai ragazzini con più difficoltà, quando Beth bussò e spalancò la porta tutti i piccoletti si alzarono e ripeterono il coro “Buonasera signora Elisabeth”
«Bravi bambini, seduti» intervenne Noemi, poi si voltò e sorridente venne verso di noi «Ma ciao Penny» mi baciò con calore e mi domandai se meritassi tutta quella comprensione.
«Ciao Noemi, che piacere vederti» ricambiai la sua stretta leggermente a disagio.
«Sono felice sia passata a salutarmi ma al momento non posso prestarti troppa attenzione, questi marmocchi hanno bisogno di me» disse guardandoli con amore «Ti andrebbe se una di queste sere andassimo a cena?» propose «Magari con Beth e Tom, e potremmo invitare anche mio fratello» disse entusiasta.
«Ma sì, mi sembra un ottima idea» intervenne Elisabeth.
Già, lo sarebbe stata se nel pacchetto non fosse stato incluso anche Nathan.
«Certo, sarebbe…fantastico» dissi con un sorriso forzato, presa alla sprovvista.
«Perfetto, allora è andata» disse congiungendo le mani tra loro «Questa sera stessa potrebbe andare?»
Stasera? Ma sì, magari organizzando all’ultimo minuto, se la fortuna avesse deciso di girare in mio favore, Nathan avrebbe avuto già un impegno così da rifiutare l’invito.
«Sì, vada per stasera» via il dente, via il dolore.
«D’accordo, adesso torno al mio lavoro»
Rientrò in aula lasciandomi sola con Beth che mi guardava con apprensione. «Qualcosa non va?»
Ancora quella domanda, quante volte l’avrei dovuta sentire? Era così…evidente?
«No, cosa dovrebbe non andare?» dissi ingenuamente.
«Non saprei, pare che non ti piaccia l’idea di Noemi. Io la trovo fantastica, passare una serata tutti insieme lontano da queste quattro mura» mi sorrise gentile.
«Anch’io lo trovo fantastico, ci sarà da divertirsi» in tutti i sensi «Senti, dove potrei trovare Lilian?» domandai nel disperato tantativo di distogliere l’attenzione da me.
«Oh a quest’ora dovrebbe essere in aula studio, prova a vedere»
«Ok, torno subito»
Mi incamminai lungo i corridoi, spalancai la porta dell’aula studio attirando l’attenzione di diversi ragazzini su di me.
Con un cenno della mano li salutai e mi avviai in fondo alla stanza, dove Lilian sedeva in disparte, la testa bionda china sui libri.
«Disturbo?» chiesi in un sussurro.
Quando sollevò lo sguardo verso di me i suoi occhi sembravano più limpidi, avevano perso quella cupezza che odiavo ed erano di un nocciola brillante.
«No» disse timidamente.
Spostai la sedia e mi sedetti al suo fianco, più rilassata.
«Cosa studi?» domandai per rompere il ghiaccio.
«Sto scrivendo un saggio di storia» fece spallucce, intimidita.
«Lilian io…»
«Lily» mi interruppe «Per favore, chiamami Lily»
Sorrisi intenerita, ripensando a me stessa alla sua età. Adesso come allora avevo l’abitudine di farmi chiamare Penny perché rifiutavo di essere ricordata dalle persone con lo stesso nome che i miei genitori avevano deciso per me.
Da adolescente era una sorta di ribellione personale, ora, invece, era rimasta soltanto una abitudine.
«D’accordo, Lily» le sorrisi «Come vanno le cose con Daniel?»
Vidi i suoi occhi sgranarsi e le gote dipingersi improvvisamente di un rosso acceso. «Tranquilla, non essere timida. Puoi fidarti di me»
La vidi appena storcere il naso. Già, come potevo pretendere che si fidasse quando ero la prima persona che evitava di aprirsi agli altri, che ostentava sicurezza anche quando aveva timore?
«So che magari non è facile per te, ma…»
«Lui…mi piace» m’interruppe ancora, abbassando lo sguardo sulle mani che stava torturando mentre mi faceva quella confessione.
Sentii il mio cuore fare un balzo di gioia, per un attimo tutti i miei pensieri furono offuscati dall’immagine di quella ragazzina che forse finalmente iniziava ad essere in pace con se stessa e col mondo, iniziando ad aprirsi alla vita.
«Bene» dissi con entusiasmo «Perché tu gli piaci davvero tanto» le posai due dita sotto il mento e la invitai a guardarmi, per bearmi ancora della sensazione di purezza di quelle gote rosee e quei sorrisi innocenti.
Quell’innocenza e quella purezza che avevo perso da così tanto tempo che dubitavo di averle mai possedute.
Mi ero sempre caricata di pesi e responsabilità eccessivi rispetto alla mia età, ed ora che stavo crescendo iniziavo ad avvertire il rimpianto per quegli anni andati senza che vivessi la meritata spensieratezza.
«Per qualsiasi consiglio sappi che puoi parlare con me» continuai «Sarà un nostro piccolo segreto»
I suoi occhi si illuminarono «Grazie Penelope»
«Penny» precisai «Solo Penny» le carezzai i capelli dorati in un gesto carico di affetto.
Avrei voluto tirarla a me in un abbraccio, ma sapevo sarebbe stato troppo per lei; un fiore che stava appena sbocciando grazie all’amore, l’amore puro e incondizionato di un ragazzo per bene come Daniel.
Scossi la testa, amareggiata nel rendermi conto di quanto due ragazzini di solo quindici e sedici anni sapessero gestire i loro sentimenti ed emozioni meglio di come avessi fatto io in tutta la mia vita.
«Adesso devo andare, ma ci vediamo presto, ok?»
«Ve bene, Penny»
 
Ferma dinnanzi lo specchio nel corridoio ultimai la mia preparazione con un filo di gloss. Tanya era alle mie spalle appoggiata a braccia conserte contro lo stipite della porta, mi osservava praticamente da tutta la serata.
«Si può sapere cosa vuoi?» le chiesi per la milionesima volta, spazientita.
«Niente, te l’ho già detto. Ti da noia se ti guardo?»
«Sembri un gufo» le dissi facendole una linguaccia attraverso lo specchio «Non hai niente di meglio da fare?»
«Stasera proprio no» disse facendo spallucce, nel suo tono da bambina dispettosa.
«Appunto, allora perché non vuoi venire a cena con noi?»
«Per quanto mi farebbe piacere godermi lo spettacolo, stasera passo»
Sbuffai sonoramente, erano giorni che non mi dava tregua sulla storia di Nathan e da quando nel pomeriggio aveva saputo che probabilmente a cena ci sarebbe stato anche lui non aveva smesso per un secondo di darmi il tormento.
«Da quanto tempo hai detto che non vi vedete?»
«Lo vedo tutti i giorni in ufficio» dissi fingendo noncuranza.
«Sai bene cosa intendevo» rimarcò sorridendomi beffarda.
Le lanciai un’occhiata truce, ciononostante non desistette.
«Ricordo bene, due settimane? Wow complimenti Penthon, il tuo miglior record» continuò a rigirare il coltello nella piaga «Mi hai stupita, non credevo riuscissi a stare per tutto questo tempo senza fare sesso. Da quando ti conosco non era mai successo, complimenti»
«Dio Tanya, sei impossibile. Si può sapere cosa vuoi?» presi a scendere le scale diretta in cucina, ovviamente mi seguì.
«Ammettilo che ti piace»
Ecco dove voleva arrivare. Portarmi allo sfinimento per estorcermi informazioni, non gliel’avrei data vinta.
«Te l’ho già detto. E’ un figo assurdo, è ovvio che mi piaccia»
«Non intendevo in quel senso» insistette.
«Se tanto ci tieni, stasera me lo scopo ok?» dissi allargando le braccia con esasperazione.
«Non ti ho chiesto questo» alzò le mani in segno di resa «Fa un po’ come ti pare» si voltò e con aria indifferente andò a sedersi sul divano col solito libro.
«Esco» dissi uscendo senza aspettare una risposta.
Mi sentivo irritata, camminavo a passo svelto lungo la strada nonostante i tacchi mi impedissero un andamento del tutto fluido; avevo bisogno di sbollire lo stress accumulato, la mia amica quando ci si metteva di impegno era capace di condurti alla pazzia.
“Ammetti che in realtà stai così perché temi che possa avere ragione” mi rimbeccò il mio inconscio.
“TACI!” mi ammonii da sola.
Era assurdo pensare ai tarli mentali che ero riuscita a farmi in solo due settimane. Potevano essere paragonati a quelli che avevo evitato per tutta una vita e che adesso venivano a reclamare il loro momento di gloria alla prima debolezza.
L’unica certezza che sentivo di avere era che il problema non ero io, ma Nathan.
Il modo in cui mi trattava era impossibile da gestire.
Non riuscivo proprio a decifrare cosa si celasse dietro i suoi sguardi e quei sorrisi mozzafiato, ed io, che da sempre programmavo la mia vita in ogni più piccolo dettaglio, perdevo le staffe dinnanzi all’ignoto.
Arrivai al ristorante con qualche minuto di anticipo, ma il destino aveva deciso che non dovessi essere l’unica.
«Ciao Nathan» lo salutai cordiale cercando di non lasciar trasparire il mio stato d’animo.
«Buonasera Penny»
«A quanto pare siamo i primi» buttai lì per intrattenere una conversazione.
«Vogliamo accomodarci? Vorrei evitare di passare qui fuori la prossima mezz’ora» disse sorridendomi.
«Perché la prossima mezz’ora?» domandai perplessa.
«Se me lo chiedi significa che ancora non conosci bene mia sorella» il suo sorriso si allargò fino a diventare una risata genuina «Vieni, entriamo» mi posò una mano dietro la schiena e mi guidò all’interno del locale.
Lo vidi avvicinarsi al maitre di sala e chiedere di un tavolo per cinque che Noemi aveva prenotato a nome Wilkeman.
Nathan spostò la sedia per farmi accomodare, poi si posizionò al mio fianco. Stava per dire qualcosa quando Beth e Tom arrivarono ad interromperci.
Appena in tempo. Sospirai.
«Buonasera ragazzi»
Mi alzai per salutare entrambi «Conoscete già Nathan?»
«Non abbiamo avuto ancora questo piacere» intervenne Thomas.
«Somigli proprio tanto a Noemi» disse sorpresa Beth.
Prendemmo tutti posto iniziando a chiacchierare del più e del meno, ad un occhio esterno saremmo potuti passare come due coppie che avevano deciso di passare una serata in compagnia, senza sapere che la situazione era molto più complessa di quel che appariva. Almeno per me.
Dopo circa dieci minuti arrivò anche Noemi che in meno di un minuto divenne l’anima della serata.
Tra una portata e l’altra iniziò ad intrattenerci con dei racconti divertenti su Nathan da bambino e rimasi stupita nel vedere come fosse il primo a sorridere delle sue disavventure piuttosto che chiedere che la smettesse.
La serata trascorse in un soffio e fu piacevole al punto che per un paio d’ore il nodo allo stomaco mi lasciò una tregua.
«E’ stato davvero divertente» dissi rivolta a Noemi una volta fuori.
«Già, dovremmo farlo più spesso» rispose lei con entusiasmo.
«Penny cerca di stare attenta quando parli con mia sorella, ogni parola potrebbe essere usata contro di te» la prese in giro Nathan.
 Lei lo guardò truce e lui ricambiò lo sguardo con gli occhi di un fratello innamorato.
«Ragazzi si è fatto davvero tardi, noi andiamo» intervenne Beth guardando l’ora «Noemi andiamo?»
«Certo» disse quest’ultima annuendo nella sua direzione «Ciao Penny, a presto» mi baciò entrambe le guancie «Ciao fratellino, fa il bravo» disse dandogli una pacca sulla spalla.
«Penny hai bisogno di un passaggio?» chiese Thomas.
«No tranquillo, faccio due passi»
«Non vi preoccupate, la riaccompagno io» propose Nathan.
Mi voltai nella sua direzione ma il suo sguardo non tradiva alcuna emozione, anche se sentivo che c’era dell’altro.
Tutti andarono via e mi ritrovai sola con Nathan.
«Non è il caso che mi riaccompagni, ho voglia di camminare» dissi.
«Bene, allora facciamo una passeggiata insieme e poi torno a prendere l’auto»
«Non essere sciocco»
«Allora dimmi di si» disse avvicinandosi pericolosamente, le sue labbra a qualche centimetro di distanza dalle mie.
«Va bene» mi allontanai di qualche passo per sfuggire a quel dolce richiamo «Dov’è la tua auto?»
Lo vidi sorridere e scuotere la testa, come se avesse capito che tentavo di sfuggirgli.
«Vieni è da questa parte»
Prima che me ne rendessi conto mi prese la mano trascinandomi con se lungo il marciapiede, lo guardavo sbalordita mentre avanzava con passo sicuro e la mia mano stretta saldamente alla sua.
Quando entrammo in auto quel senso di oppressione al petto si rifece vivo tanto che dovetti aprire il finestrino e tirare una grossa boccata d’aria per respirare.
Ecco perché avevo evitato Nathan nelle ultime settimane; nonostante mi facesse sentire al settimo cielo quando eravamo insieme d’improvviso mi sentivo come sopraffatta da un qualcosa che sapevo non avrei potuto gestire.
«Sai ho cambiato appartamento?» disse di punto in bianco, distraendomi dai miei tarli mentali.
Mi voltai a guardarlo, lui era concentrato alla guida e potevo vedere soltanto il suo profilo.
«Davvero? Credevo abitassi con Noemi»
«Con Noemi?» si voltò un istante e mi sorrise «Ma certo che no, mi sono appoggiato da lei solo all’inizio, per sistemarmi»
«Capisco» gli risposi semplicemente.
Restammo in silenzio per qualche istante, Nathan procedeva ad una velocità pari a quella di un bradipo, quasi volesse temporeggiare.
«Ti andrebbe di venire a vederlo?» chiese d’un tratto.
«Cosa?» chiesi d’impulso, rise appena.
«La mia nuova casa» disse come se fosse una cosa ovvia.
«Nathan davvero, io…»
«Lasciami indovinare» mi interruppe «Sei stanca? Hai del lavoro da finire? Non hai voglia di stare con me?»
Lo guardai non sapendo cosa rispondergli. Era difficile mentire a qualcuno che sapeva che stavi per mentirgli spudoratamente.
«No, non è questo» provai a spiegare.
«Allora cos’è?» chiese ancora, senza perdere per un attimo il sorriso dalle labbra quasi si stesse divertendo «C’è forse qualcun altro? All’inizio sembrava fossi d’accordo a vederci…senza impegno»
«Cosa? Oh, proprio no» dissi sconcertata, ridendo appena «Io…»
Mi passai una mano sul volto e sorrisi, scossi la testa dandomi della stupida. Probabilmente nelle ultime settimane non avevo fatto altro che ingigantire qualcosa che esisteva soltanto nella mia testa. Nathan non sembrava affatto interessato a me sotto altri aspetti, aveva addirittura precisato quello che ci eravamo detti all’inizio sulla nostra frequentazione un po’ “fuori dagli schemi”.
Sentii il dolore allo stomaco affievolirsi appena, tornai a guardare il profilo ed il suo ghigno divertito «Allora?» disse voltandosi un attimo a guardarmi mente proseguiva con l’auto a passo d’uomo.
Ecco, era ufficiale. Sono un’idiota.
Nathan voleva soltanto divertirsi, come me e con me, ed io stavo per mandare tutto all’aria per nulla.
«Allora portami a vedere il tuo covo segreto» lo provocai rispondendo alla sua domanda.
«Risposta esatta Penthon »
Ingranò la marcia e partì a tutta velocità verso quella che si sarebbe davvero rivelata una fantastica serata.

***
La storia, per quel che mi riguarda, sta procedendo a gonfie vele. Spero solo nel tempo di avere un maggior riscontro da parte vostra, mi piacerebbe sentire i vostri pareri ed opinioni (anche discordanti). Alla prossima, Ice.

 
   
 
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