Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: mormic    29/07/2014    3 recensioni
Effie ha estratto decine di nomi da quella boccia di vetro, ma i suoi unici vincitori, nonostante stiano partecipando alla loro seconda arena, sono stati estratti solo una volta dalle sue dita affusolate. Sono volontari. E questo dovrà pur fare la differenza. Una differenza che Effie dovrà affrontare come non avrebbe mai nemmeno sospettato.
E dalla sera dell'intervista di lei non si sa più nulla, fino alla fine, quando riappare provata e fragile.
Questa è la sua storia, mentre in tutta Panem è il caos della rivoluzione.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altri, Effie Trinket, Haymitch Abernathy, Plutarch Heavensbee
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Grigio e Oro'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CAPITOLO 7
 
Prendo un taxi e mi avvicino all’indirizzo scritto sul vecchio invito che ho stretto tra le mani. Non voglio andare nel punto esatto, voglio lasciare una traccia piuttosto vaga dei miei spostamenti.
Comincio a credere di essere diventata piuttosto paranoica.
Ma so che esiste un piccolo giardino privato che collega il mio falso punto di arrivo con il posto che voglio raggiungere.
È recintato, ma ha un cancello nascosto sotto un ampio cespuglio che rimane sempre aperto e che non si vede dalla strada. Io lo so perché una volta, inciampando sui miei vertiginosi tacchi, sono caduta nella siepe e il cancelletto s’è rotto, lasciandomi atterrare nel giardino.
Che momento imbarazzante.
Non solo qualcuno poteva avermi vista, ma c’era una possibilità che fossi stata io a rompere la serratura.
Oddio che figuraccia.
Ci sono ripassata a piedi molte volte e ogni volta ho aspettato che la strada fosse meno popolata di passanti, per appoggiarmi vagamente al cespuglio, premere e far aprire il cancello. Ogni volta lo trovavo aperto.
Finchè un giorno l’ho attraversato completamente sbucando esattamente dove voglio arrivare ora, passando per un cancello esattamente uguale a quello di entrata.
Consegno la mia carta al tassista, aspetto il pagamento e scendo lentamente dal taxi.
Il cespuglio è esattamente incolto come lo ricordavo, al punto da farmi pensare che qualcuno lo mantenga così appositamente. Non è neanche cresciuto.
Mi guardo intorno e oggi sono contenta che tutti i passanti di Capitol City siano distratti da altro.
Li sento parlottare veloci con lo stesso ritmo della loro andatura, passarmi accanto e neanche notarmi. Qualcuno parla di Peeta e Katniss.
Serro le labbra strette tra i denti, perché so che potrebbe uscirmi qualche lamento, quindi attendo che mi siano oltre ed azzardo.
Il cancello si apre, come sempre.
All’interno le fronde fitte degli alberi quasi non lasciano penetrare la luce del giorno.
I suoni della capitale improvvisamente si affievoliscono e i miei passi rapidi lasciano quasi un’eco dietro di loro.
Ci vuole poco.
Salto un intero isolato.
Arrivo di corsa.
Il posto è giusto. Davanti a me precisamente l’ingresso indicato nell’invito.
Possibile che non esista una maniera più facile di rintracciare Tigris, senza dover partire de un invito di sei anni prima?
Prendo fiato, stiro nervosamente la mia gonna con le dita e riaccendo il ritmico ticchettio del mio passo.
Suono il campanello.
Nessuna risposta.
Busso alla porta.
Nessun segno.
Le imposte sono chiuse, le finestre anche. Nessun segno di vita dall’interno.
È chiuso.
Sento le spalle scendere per lo sconforto.
Sventolo l’invito sulle dita.
Mi guardo attorno con impercettibili scatti.
Devo trovare un altro modo.
Giro su me stessa ed attraverso di nuovo la strada, avvicinandomi quasi a mano tesa all’entrata del giardino.
Ma in quel momento note che sulla soglia del giardino, proprio sul bordo del cancello, con una mano ossuta posata sul ferro, c’è una vecchina che mi osserva.
Sto per fare dietro front, impaurita, nella sola speranza che non mi abbia notata, quando invece mi sorride.
Non ho scampo. Ce l’ha proprio con me.
Vorrei guardarmi attorno, ma chissà perché penso che l’anziana signora se ne accorgerebbe interpretando il mio gesto come un tentennamento o un segnale per chissà chi, quindi mi trattengo e decido velocemente se proseguire verso il giardino come nulla fosse o rispondere distrattamente al sorriso, senza dargli troppo peso ed avviarmi per la strada.
Ma la vecchina è ancora lì che mi fissa ed è tanto magnetica che non so correggere la mia traiettoria.
Quando sono troppo vicina, per i miei gusti, mi parla.
“Signorina Trinket, buonasera” dice non lasciando sfuggire i miei occhi dai suoi.
Un brivido di terrore mi lascia per qualche secondo senza fiato.
La guardo, quasi sentendomi scivolare gli occhi fuori delle orbite, e rimando in silenzio, incapace di formulare una qualsiasi risposta. O anche solo una domanda. Magari la più logica.
Come conosce il mio nome?
“Signorina Trinket, venga – mi invita ad entrare – lei non si ricorda di me, ma io non potrei mai dimenticarmi di lei” dice come a voler rispondere all’interrogativo rimasto solo nella mia testa.
“Mi scusi signora, vado piuttosto di corsa” dico, sperando di sembrare sincera e convincente.
“Bene, allora passi per il giardino. La via è molto più breve” dice.
Ogni parola che esce dalle sue labbra sottili e rugose mi mette una paura matta.
Come fa a sapere dove sto andando? La via è molto più breve per…dove?
Purtroppo non trovo una valida scusa per non seguirla, perché l’unico modo che mi viene in mente è darmela a gambe, ma so che se lo facessi desterei solo altri mille sospetti.
L’unica via di fuga è rischiare.
Così in silenzio la seguo, mentre la sua mano ossuta si sposta dal cancello al mio gomito.
Ha un tocco leggero, ma deciso.
“Mi scusi, io…” farfuglio, ma la vecchia si interrompe.
“Sessantasettesimi Huger Games, ero una delle sarte della signorina Tigris. Si complimentò con me per le meravigliose decorazioni di lustrini che avevo fatto per i costumi usati durante la parata. Era un complimento sincero. Non dimentico mai un complimento sincero” dice allegramente.
La paura comincia a scemare, sostituita dal sospetto che la vecchietta non abbia proprio tutte le rotelle a posto.
“Mi scusi – le dico riconquistando un po’ di calma – proprio non mi ricordo…” ammetto con tristezza.
L’anziana signora sembra ancora così entusiasta di quel vecchio complimento che pare proprio un peccato non ricordarsene.
“Oh, ma non può ricordarlo. In fondo non lo ha detto direttamente a me, ma alla signorina Tigris!” esclama divertita.
“Oh, capisco!” esclamo senza riuscire a trattenermi.
“Eravamo proprio lì dentro quando l’ha fatto! – indica con precisione la porta a cui ho bussato poco fa – io passavo per caso con il mio bicchiere e ho sentito tutto! Ha detto: ‘l’idea dei lustrini che ricordassero le onde del mare è stato geniale Tigris’ disse!” e conclude.
Cerco di non aggrottare la fronte nel pensare che non era affatto un complimento rivolto a lei, per non sembrare scortese.
Questa signora deve aver perso qualche venerdì già prima della vecchiaia.
“Al ricevimento in onore del nuovo atelier di Tigris!” dico invece, sperando che fingere di ricordare sia abbastanza.
“Esattamente!” risponde eccitata.
Nel frattempo ci siamo incamminate e passiamo sotto le fronde ombrose degli alberi.
Siamo quasi arrivate dall’altro lato del giardino, quando tento una soluzione che rasenta la disperazione.
Non ho molte alternative. E se avrò una risposta non solo potrà essere un successo, ma una clamorosa botta di fortuna.
“È un vero peccato che Tigris si sia ritirata dalle scene” ammetto con rammarico.
“Si. Una stilista dotata di grande talento. Ma non si è ritirata. Credo che dopo l’ultima operazione di ricostruzione facciale sia diventata un personaggio non gradito. In fondo, a chi piace una donna che va girando per i ricevimenti ufficiali con le labbra feline sporche di sangue e il piatto pieno di carne cruda?” domanda costernata.
Avevo completamente dimenticato quel dettaglio.
E la lucidità con cui la vecchietta fa l’osservazione fa tornare i brividi.
“Spero per lei che abbia messo da parte sufficienti soldi per godersi la vita una volta spenti i riflettori” dico tristemente.
“Non credo, altrimenti non avrebbe avuto motivo di aprire quella topaia di negozio di abiti usati in centro” spiega con noncuranza.
Ed eccolo lì.
Il mio colpo di fortuna.
Se sei positiva, Effie, puoi ottenere qualsiasi cosa!
“Un negozio di abiti usati? Da non crederci!” trillo assolutamente scioccata dalla notizia.
Lo sono effettivamente, ma funziona nel mantenere la conversazione sul tono informale del pettegolezzo da retrobottega.
“In pieno centro, proprio sulla via della Locanda Fiorita! Ma è talmente un bugigattolo che se non lo conosci non lo vedi nemmeno! Che epilogo amaro!” esclama indignata.
La sua mano ossuta è sempre sul mio gomito e mi fa sentire estremamente a disagio.
Ma questa signora è una fonte inestimabile di informazioni.
Quasi non credo alle mie orecchie.
Ed alla mia fortuna.
“Davvero una brutta fine” concordo scuotendo il capo.
“Oh, signorina Trinket! Ma non è mica morta! – mi riprende con vigore – potrebbe anche andare a trovarla, la trova sicuramente lì, tranne nelle ore dei pasti!” dice sicura.
“Bè, come le dicevo, vado piuttosto di fretta…” rispondo, non perdendo la prima scusa.
“E non cercava lei, quando ha bussato lì giù” chiede.
Ma che razza di impicciona…
“No, speravo ci fosse qualcuno perché vorrei organizzare un ricevimento privato in caso uno dei miei tributi vincesse…” comincio con la falsa spiegazione.
“Allora torni dopo le quattro di oggi pomeriggio. Non aprono mai prima” spiega rapida.
“E lei come fa a saperlo?” chiedo.
Forse però avrei dovuto evitare. Ma la curiosità è stata troppo forte.
“Oh, signorina Trinket! Io abito qui!” dice.
E stavolta indica la casa immersa nel giardino.
A volte cadere non è sconveniente come sembra.
Che fortuna sfacciata, Effie Trinket!
 
 
Salve pubblico!
Questo capitolo arriva con moltissimo ritardo e molto scetticismo dopo la mia pausa forzata causa trasloco! Ma finalmente ce l’ho fatta!
Spero possa piacervi, anche se dai toni decisamente meno drammatici dei precedenti.
In fondo Effie è sempre Effie, per quanto coinvolta nei diabolici piani di Plutarch e un tocco di leggerezza è sempre dovuto!
Spero di poter aggiornare con più costanza, ma l’estate incombe e dove trascorrerò le mie umili vacanze non so se avrò una connessione buona per poter pubblicare, quindi se mi assenterò di nuovo troppo a lungo spero possiate perdonarmi!
Ogni critica ed osservazione è sempre gradita!
Un abbraccio
Mor
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: mormic