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Autore: Bruna_mars    31/07/2014    0 recensioni
Carlotta è una ragazza ribelle, trasgressiva e non crede nè nell'amore nè nel principe azzurro. Si sa, Cenerentola fugge perdendo la scarpetta, il principe la cerca disperatamente ed alla fine si sposano felici e contenti. Lei pensa sia solo una sciocchezza, del resto l'amore non esiste, ma nonostante ciò la storia di Carlotta assomiglia in tutto e per tutto a quella della povera ragazza sfruttata che, dopo aver ritrovato il suo principe, vive per sempre nella gioia e all'insegna dell'amore. Ma se i pretendenti fossero due e la nostra Charlie fosse tremendamente confusa senza sapere ciò che vuole? Chi le restituirà la sua scarpetta?
Dal testo: Ci eravamo ritrovati, il mio principe azzurro era lì: i suoi occhi azzurri mi guardavano illuminati, mentre finivo rapida fra le sue braccia robuste. Posai leggera le mie labbra carnose e rosse su quelle sottili e chiare di lui, mentre accarezzavo la sua schiena. Ci eravamo riconosciuti nonostante le maschere, nonostante io mi fossi tagliata i capelli, ma quelle erano differenze minime: il nostro cuore ci avrebbe condotto sempre l'uno dall'altra.
Genere: Mistero, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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« Pronto? Non sento nulla... pronto? »

La linea era stata interrotta e non sentivo proprio nulla. Posai la cornetta al suo posto, voltandomi verso le scale. La figura di un Lorenzo assonnato mi raggiunse e lo presi tra le mie braccia coccolandolo. Era un bambino terribilmente dolce, in fondo. Dulcis in fundo, no? Lo strinsi un'ultima volta, prima di lasciarlo scivolare sul divano, pronto ad andare a giocare con le costruzioni. Sentii il campanello suonare con forza e prepotenza. Erano le sette di sera. Chi poteva essere? Mi alzai dal divano tanto comodo, giungendo alla porta d'ingresso. Aprii la porta di legno, con forza, spiengendo verso di me. Una ragazza dai capelli castani costantemente arruffati mi raggiunse. Aveva stampato in viso un sorriso a trentadue denti. Era leggermente truccata, un po' di matita e rimmel e del lucidalabbra.

« Ciao! Tu devi essere Carlotta! » Esclamò pinpante lei. Io accennai un lieve sorriso, mentre le stringevo la mano calda.

« Io sono Tefi, la sorella di Giorgio. Toh, che caldo che fa. Mi chiedo come mai mi debbano far lavorare duramente anche durante Luglio. » Sbottò poi lei, lanciando la sua borsa sul divano bianco.

« Lollo! Amore, vieni da zia! »

Lui, piuttosto indifferente, si voltò verso Stefania, accennando un mezzo sorriso, troppo debole.

Lo giustificai rapida: « Si è appena svegliato..»

« Ma sì, di solito fanno le feste per le caramelle che porta zia. E Leo? Dov'è? »

Mimai un "dorme" con le labbra, prima di vedere la ragazza allontanarsi velocissima verso il piano superiore. Tornò qualche secondo dopo sotto gli occhi miei e di Lorenzo, piuttosto stupiti. Aveva in mano quattro grandi borsoni. Dove li aveva tenuti per tutto quel tempo? Sgranai gli occhi.

« Ecco qua. Potresti per caso aprire la porta, per favore? » Mi fece. Mi diressi verso la porta e la aprii, osservando un ragazzo. Aveva i capelli biondo cenere, un sorriso intimidito sulle labbra e le mani in tasca.

« Ciao, scusa, vorrei parlare con ..»

« LARGO CHARLIE! » Urlò la giovane Tefi. Mi spostai scandalizzata, proprio quando lei lanciò quei grandi borsoni in direzione del ragazzo. Quello cadde a terra. Ma era per caso impazzita? Quel suo sorriso malefico si faceva largo nelle sue labbra chiare e fini, che quasi mi ricordavano qualcuno.

« E adesso vai via, brutto stronzo! » Gli intimò avvicinandosi. Lorenzo, da dietro il divanetto, si godeva la scena in preda ad una risata quasi angelica. Ovviamente, aveva cinque anni.

Sussurrai: « Stefania, ma cosa..»

Quella sbattè il portone con forza, lasciando fuori il ragazzo e riprendendo con sè le valigie.

« Scusa, dovevo trovare un modo per cacciarlo. »

Si sistemò sul divano ed io accanto a lei. Cominciò a parlarmi del più e del meno, senza darsi una frenata. Era piuttosto simpatica, ma egocentrica ed estroversa. Leonardo ci raggiunse una mezz'ora dopo.

 

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« Eccoci con le pizze! »

Ed io che mi stavo impegnando nel cucinare della sana pasta. Erano le otto passate, i bambini sedevano attorno al tavolo della cucina a disegnare qualcosa di non completamente chiaro, mentre Stefania guardava la piccola televisione. Era un programma sulla moda, ed io e la moda avevamo preso strade differenti quando io avevo forse dodici o tredici anni. Avevo deciso di cominciarmi a vestire come preferivo, senza dare troppo peso alle parole degli altri e così ero diventata una delle ragazze più popolari della scuola, una di quelle che se ne fottono di tutto e di tutti.

Al sentire quelle parole mi voltai verso la porta di servizio della cucina, che dava sul giardino della grande villa. Davanti alla porta apparve un ragazzo dai capelli scuri, le iridi verdi ed un sorriso sfacciato sul viso: « Salve! Tu devi essere.. Carlot-- Santo cielo, Cris, sbrigati! »

Rimasi allibita davanti a quella scena abbastanza strana. Dietro quell'uomo, vi era una ragazza molto carina, dal fare piuttosto delicato. Mi fece un saluto, allungando la mano: « Ciao, io sono Cris. E lui è Marco. » Indicò con l'indice l'uomo che l'accompagnava, per poi avvicinarsi e spegnere il fuoco.

« Aspetta, io.. »

« Oh, non ti preoccupare, abbiamo portato delle pizze. » Esclamò indicando la porta. C'era una figura che non riuscivo a riconoscere. La sua testa era coperta da una colonna formata da sette o otto pizze che gli ricoprivano il volto intero.

« Marco, potresti aiutarmi? » Domandò il giovane, dietro quella montagna di pizza.

« Tu vieni con me, Carlotta, andiamo ad apparecchiare. » Non feci in tempo a proferire parola che la ragazza dalla folta massa di capelli mi aveva trascinato nel grande salone, dove i signori Eroi mi avevano detto di non pranzare mai e poi mai. Era una sala dedicata alle grandi feste, ma Cris non ci fece tanto caso ed afferrò la prima tovaglia dal cassetto per poi sistemarla con disordine sul tavolo di vetro.

« I signori Eroi mi hanno detto di non far mangiare nessuno qui. » Informai la giovane di tutte quelle cose che i genitori dei due mostriciattoli mi avevano detto, ma nulla. Faceva tutto di testa sua. Mi limitai a seguirla, afferrando i bicchieri di vetro dallo scaffale. Era davvero strano quel comportamento autoritario dei fratelli Eroi, possibile che i loro comportamenti e le loro caratteristiche fossero talmente differenti dal signor Giorgio? Improvvisamente mi squillò il telefono. Lo afferrai dalla tasca dei jeans e feci cenno a Tefi che mi sarei allontanata per rispondere. Chi poteva essere, se non mia madre?

« Pronto? »

« Charlie, sei tu? »

« Francesco? Come mai mi hai chiamato? » Domandai io, mentre mi allontanavo dalla grande Sala da pranzo, mentre osservavo la testa riccioluta di Tefi che sistemava i tovaglioli bianchi.

« Mi mancavi. Avevo pensato di vederci, uno di questi giorni. Ti va? » Chiese lui. Sentivo nel suo tono un po' di timore, forse aveva paura di un possibile rifiuto. Da quando ci eravamo lasciati non sentivo chissà quanto bisogno di parlare con lui o anche la necessità di incontrarlo assolutamente. Non mi mancava affatto, ma avevo paura di ferirlo. Era stata una persona importante per me, forse per questo ero terrorizzata dal dirgli che non saremmo mai tornati insieme. Picchiettai le dita delicate della mano destra sulla gamba, quando mi sedetti sulla panca del giardino. A forza di pensare ad una possibile risposta, ero già uscita dalla casa.

« Mh.. In questi giorni lavoro, ma appena ho un po' di tempo libero ti chiamo. » Mormorai io, sperando che nessuno mi sentissi. Avevo sentito un po' di irritazione nel tono con la quale borbottò quelle parole: « Ma non hai un giorno libero? »

« Sì, ma sai, mia madre ha bisogno di me a casa il più possibile. E poi sai.. ci sono le ragazze che senza di me sono perse. » In poche parole stavo spiegando che non era importante per me, che davanti a lui c'erano più o meno sette o otto persone più importanti. Non mi ero pentita, del resto non poteva aspettarsi che avrei dedicato tutta la mia vita a lui, che avrei preferito stare più tempo con Francesco che con i miei familiari.

« Capisco.. Quando puoi chiama, allora. »

Riattaccai, mentre poggiavo il capo al muro della casa. Era appena cominciata quella settimana di duro lavoro ed io già mi sentivo stressata. Sospirai, mentre tornavo dentro, con una fame pazzesca.

 

PDV di Giovanni.

 

« Dove poso le pizze? » Domandai un po' distratto, mentre Tefi mi soccorreva. Afferrò tre cartoni di pizza, sistemandoli sul piccolo tavolino. I due bambini corsero a salutare Marco, lo zio buono, mentre non degnarono me neanche di uno stupido sguardo. Cominciai a tagliare la pizza senza che nessuno me lo dicesse e fui raggiunto da mio fratello, quasi uguale a me. Quella sera ci eravamo vestiti praticamente uguali, jeans e camicia, solo che lui aveva una camicia sul giallognolo, mentre io bianca perpetua.

« Notizie di questa Carlotta? » Domandò mentre mi affiancava nel tagliare pizze in lungo ed in largo. Sotto il naso mi capitò una capricciosa profumata, ed annusai per bene quel profumo perfetto, quella mia passione per la pizza non sarebbe mai finita. Non ero mai sazio.

« Ho visitato tutti i negozi che vendevano quelle scarpe. Lo so, una pazzia. Ma nulla. » Egli sgranò gli occhi al solo sentire quelle parole rapide ma allo stesso tempo irritate da quella situazione. Avevo smosso Roma per ritrovare quella ragazza, eppure niente. Mi ricordavo solamente quei suoi occhi profondi. Cosa avrei fatto se l'avessi ritrovata? Come minimo le sarei saltato addosso e non di certo dolcemente.

« Sei pazzo... di quella ragazza. »

Con il capo basso sulla pizza annuii. Ma non l'avrei trovata.

« Sono anche andato alla discoteca per cercare i nominativi di tutte le Carlotte che sono entrate lì, ma ce ne saranno un centinaio e ho fatto fare una ricerca ad Elsa. »

« Povera segretaria. » Sospirò Marco, senza rendersi conto di quanto ci tenessi io. In effetti avevo leggermente esagerato, per poi non ricevere alcuna risposta certa. Non avevo una sua foto, non avrei potuto comunque cercarla su internet, su Google, o cose così. Quella settimana era stata per me una delle più estenuanti, forse per l'ansia che provavo nel pensare che avrei potuto non rivederla mai più. La parola 'mai' mi aveva sempre messo un po' di angoscia, ed era piuttosto normale. Che quello fosse amore?

Roteai gli occhi, un po' stanco, voltandomi verso mio fratello, quel giorno sembrava addirittura differente da me. Indossava gli occhiali, solo per tagliare la pizza. Se avesse dovuto fare qualcosa di molto impegnativo ne avrebbe infilati due, di paia. Accennai ad una lieve risata, per poi scrutare l'orologio.

« Devo andare. » Mormorai, mentre mi dirigevo verso la porta di servizio. Marco si voltò verso di me, gli occhi cristallini sgranati.

« Come, scusa? E la cena? Dobbiamo presentarti la tata dei bambini. Insomma, ha resistito con quelle belve per un giorno, non pensi sia tuo dovere? » Stava quasi utilizzando un tono un po' troppo serio, non l'avevo mai visto così in vita mia. Un sorriso piuttosto sfacciato si fece largo sulle mie labbra fini e rosee, mentre gli lanciavo le chiavi dell'auto: « Non mi va. Ho altro da fare. »

« Tipo? »

« Beh, non sono affari tuoi. » Borbottai io.

Mi conosceva benissimo. Sapeva che c'era qualcosa sotto. Eppure avevo bisogno di un po' d'aria.

« Tornerai per cena? »

Sarei tornato? Era difficile da dire, sapevo che quando ero in preda al mio solito pensare era difficile mettere a fuoco le mie decisioni sul momento.

 

PVD di Carlotta.

 

« Così, Carlotta, tu passerai il mese di Luglio insieme ai miei cari nipoti.. » Affermò a gran voce Irma, mentre sedeva sul divano a gambe chiuse. Accanto a lei sedevano composti Roberto e Tefi, anche se era strano osservare Stefania seduta in una maniera talmente educata e tranquilla.

Annuii, mentre portavo le braccia attorno alle spalle delle due pesti che sedevano accanto a me. Poco a poco ero riuscita a tranquillizzarli ed il loro comportamento da bambini immaturi e senza freno era diventato sempre più raro. Questo lo avevano notato anche i nonni appena mi avevano vista insieme a loro. Era stata un'impressione di tutti, più o meno, ma ero riuscita comunque a cambiare le cose e trasformare quelle piccole bestie in due angioletti educati. Per quando riguardava il mio Don Giovanni, non si faceva vedere. Mi mancava, ero come vuota senza di lui, provavo un senso di tristezza al non poterlo vedere più.

« Bene.. Sai, ti volevo chiedere una cosa. Annualmente, proprio all'inizio di Luglio, diamo una festa in maschera dell'estate. Ti andrebbe di partecipare? »

« Signora Irma, in realtà non so cosa dire.. Lascerei soli i piccoli per una sera e.. »

Roberto si intromise nella chiacchierata: « Ma non ti preoccupare! Il nostro maggiordomo Santino sarà onorato davanti a tale opportunità. Lei potrà benissimo venire, signorina Carlotta. In quanto al vestito non si preoccupi, gliene faremo recapitare uno proprio qui. Cosa ne pensa? »

Non sapevo proprio cosa dire. Non ero tipa da balli, feste in maschera e cose del genere. Il mio, di genere, era costituito da sesso sfrenato e serate fuori dal comune, in discoteche e locali vari. Non mi sarei sentita a mio agio. Mi avrebbero chiesto quale genere di festa apprezzassi. E avrei dovuto mostrare il mio lato pervertito a due persone talmente importanti e colte, perciò mi limitai ad annuire.

 

Una festa in maschera? Tu?

 

Era stata quella la reazione di mia madre, quando le riferii i miei progetti. Aveva appena messo a dormire i bambini ed una sana risata aveva quasi svegliato il piccolo Luigi, nella culla. Lo sapevo che nessuno mi vedeva come 'Reginetta della serata' oppure 'Miss Migliore Maschera'. Era ridicolo.

« Cosa ti hanno detto poi? » Chiese curiosa, mentre sentivo il divano scricchiolare sotto di lei. Portai un dito al mento, rimembrando quelle parole proferite con tanta tranquillità dai due anziani.

 

« Sappiamo che la Domenica è il suo giorno libero, perciò ci prenderemo il disturbo di accompagnarla a casa sua dopo la festa. Sa, così la mattina eviterà un viaggio inutile. »

Scossi il capo sorridente, mentre aprivo la porta ai due signori, pronti a raggiungere la limousine.

« Oh, non vi dovete disturbare. Amo prendere il tram e comunque non lascerei soli i bambini. » Risposi con gentilezza, anche se non riuscivo a mostrarmi cortese come loro.

« Ma non ti preoccupare! Santino dormirà nella stanza a fianco, siamo organizzati bene, noi! » Ridacchiò Roberto.

 

Mia madre si finse quasi emozionata.

« La mia bambina.. Invitata ad una festa importante! » Poi scoppiò a ridere con vera gioia e gusto, divertita. Che poi non v'era nulla da ridere in quella situazione, sarebbe stata solo una festa rapida e basta.

« Ti ricordi quanto ti ci invitarono per la prima volta? » Colmò quel vuoto del mio silenzio, e cominciai a ricordare. Avevo appena quattordici anni.

 

« Tesoro! Ci sono visite! » Era stato quello il mio risveglio dal mio primo ed ultimo sonnellino pomeridiano. Non era da me farne, anche perchè chi dorme non piglia pesci, come dice il detto. Ero sempre stata, allora come adesso, una persona che amava l'azione, piuttosto che il sognare troppo. Non bisogna soffermarsi sui sogni quando si ha una realtà da vivere, ed erano state quelle le parole che mi ripeteva sempre mio padre. Aprii gli occhi, ritrovandomi vestita sul mio letto, i capelli impicciati, ma soprattutto senza trucco! Ero imprentabile a quelle condizioni.

« Chi è? »

« Luca! » Oh no. Gino era il ragazzo con la quale mi frequentavo allora, forse il primo della serie. Mi alzai rapida e mi passai una linea di matita agli occhi, giusto per non far sì che egli notasse la mia disperazione delle sei e mezza, dopo aver studiato l'intero pomeriggio con Alejandra. Quella se n'era andata qualche mezz'ora prima ed io mi ero soffermata sulle mie coperte. Un argomento più che interessante. Uscii dalla porta della mia stanza con aria fiera. Scesi le scale rapida, lanciandomi fra le braccia di Gino. Posai le mie labbra sulle sue, in un bacio dolce e tranquillo all'apparenza, per poi trasformarsi in un bacio a labbra schiuse, passionale, pieno di foga. Tutto questo davanti a mia madre. Non le erano mai importate chissà quanto le mie relazioni, ma necessitava contegno. Tossì una, due, più volte, e finalmente mi decisi a scendere dalle braccia robuste del mio 'uomo'. Gino aveva diciotto anni appena compiuti e ci eravamo conosciuti al corso di recitazione della nostra scuola. Era stato forse il mio primo vero ragazzo, anche se il primo bacio lo avevo dato ad il cesso della scuola media, Mirko. Era veramente brutto! Ora come ora mi pentivo di averlo baciato.

« Ora che avete finito potete anche cominciare a parlare. » Borbottò mia madre, mentre superava il corridoio, entrando in cucina con la spesa in mano. Dietro la porta del salone, v'era Tom che ci spiava.

« Che ci fai lì, brutta bestia? » Presi ad urlare in preda all'ira, attendendo una risposta certa da quel ragazzino stupido e senza cervello. Come aveva potuto nascondersi lì dietro? Tanto valeva godersi la scena direttamente come aveva fatto mia madre. Gino rimase fermo e sereno, mentre osservava le pareti della casa, forse in imbarazzo. Dire che era sereno, era una bugia, dato che si mostrava disinteressato alla lite con mio fratello.

« Smack smack smack! » Ci prendeva in giro Tom, mentre correva al piano di sopra. Imprecai contro di lui per qualche buon minuto, poi mi girai verso Gino e posai di nuovo le mie labbra sulle sue. Malizioso, come al solito, mi aveva domandato: « A cosa devo quest'ottima accoglienza? »

Ridacchiai, mentre circondavo il suo collo con le mie braccia esili e magroline.

« Mi sei mancato.. » Sussurrai sulla sua bocca, prima di chiedervi accesso con la mia lingua. Era noto a tutti che non provassi nulla di serio per Gino, ma nessuno osava commentare, dato che ero una delle più popolari. Mettersi contro di me ed infangare la mia reputazione era come mettersi contro tutta la scuola. Ero la bulletta del primo anno, la ragazza che frequentava tipi più grandi, che usciva con le ragazze del quinto e se la rideva e cantava alle feste per i senior.

« Ma io ero qui per dirti una cosa più importante.. » Disse lui ansimante, riprendendosi dal bacio. Eravamo ancora davanti la porta d'ingresso, ma poco mi importava. Non dovevo nascondermi, non stavamo facendo nulla di male.

« Dimmi. »

« Nella chiesa dove vado fanno una festa in maschera, sabato. Ci vieni con me? » Domandò Gino, un po' troppo esitante. Non esitai nemmeno un secondo nell'affermare la mia futura presenza a quella festa, anche se non sapevo dove si sarebbe svolta, nè quando. Ero talmente presa da lui che proprio me ne strafottevo di quelle solite informazioni utili.

« Perfetto! Ti passo a prendere alle otto, e poi ti riaccompagno, va bene? »

 

« Quello era stato forse l'unico dei tuoi fidanzati che ho accettato realmente. Gli altri erano tutti stupidi. » Rivelò mia madre. Ridacchiai, pensando a tutti quegli altri giovanotti che si erano presentati alla porta di casa mia. Erano tanti, forse troppi. Con gli anni era diminuiti, forse per via del tasso più alto di maturazione da parte mia.

« Mamma! Anche Francesco è un bravo ragazzo! » Ribattei, sistemandomi nelle coperte del letto.

« Ma è mollaccione, stupidino.. Deve maturare, in poche parole. »

« Forse hai ragione. » Scrollai le spalle.

« Inoltre credo sia uno dei pochi che realmente si aspettava di ricevere qualcosa da te più del sesso! » Disse mia madre, con tono tranquillo.

Sgranai gli occhi.

« Mamma! »

« So di te molto più di quanto tu non sappia di te stessa, mia cara Charlie! » Esclamò lei.

« Ricordi quando tornasti a casa dopo aver baciato per la prima volta Gino? Come eri piccola, mamma mia! » Disse sognante poi.

Risi di me stessa, mentre alla mente mi tornavano quei ricordi di un pomeriggio sereno e tranquillo, quello del

 

« Amore, sono a casa! » Esclamò la voce di mia madre, appena sentii la porta aprirsi. Ma ero troppo in estasi per pensare anche solo a mia madre che entrava portando il passeggino. Dentro dormiva beato Ale, sognante. Io invece avevo appena coronato il mio sogno. Avevo baciato Gino. Per la prima volta. Il mio VERO primo bacio, un sogno che si realizzava sul serio. Quella mattina era cominciata davvero malissimo: il professore di Latino mi aveva interrogato ed avevo preso un quattro tondo tondo. Mi continuava a ripetere Se non studi, De Lucas, vedrai che sarai bocciata! e pure più volte. Così mi ero diretta a piangere nel bagno delle ragazze, proprio mentre entrava Giulia Sirisi, una ragazza del quinto anno. La odiavo da morire proprio perchè era la ex fidanzata di Gino e questo lo avevo saputo dalle mie varie conoscenze. Smisi immediatamente di sfornare lacrime amare solamente per sentire ciò che aveva da dire alle sue amichette ochette, quei soliti gruppetti di ragazzine petulanti che la seguivano ovunque.

« Mi ha detto che.. che mi ha lasciata per una! Per una tizia! » Scoppiò anche lei in un pianto senza fine, come faceva ogni volta che voleva destare l'attenzione altrui su di sè.

« Oh tesoro! E chi è? » Domandò una delle tante amiche, quella dalla lunga capigliatura bionda. Si chinò su di lei, ma dalla sua domanda si sapeva che voleva stare lì solamente per venire a conoscenza del fatto accaduto. La Sirisi la ignorò, per poi soffermarsi su ciò che era accaduto da quella mattina: « Sono andata da lui per esternargli i miei sentimenti.. Dirgli che volevo tornare insieme a lui! »

Brutta oca giuliva!

« Ma non ne ha voluto sapere! » Lacrime tristi avevano bagnato le sue gote perfette, il suo volto angelico e diabolico allo stesso tempo.

« Mi ha detto che non voleva fare passi sbagliati dato che gli piaceva già da prima di lasciarmi un'altra.. Una del primo anno! » Esclamò furibonda, scaraventando il pacchetto di fazzoletti che le aveva porso la bionda.

« Mi sono fatta fottere il ragazzo da una del primo anno! » Urlò indemoniata. Mi sistemai affinchè non notasse la mia presenza.

« E chi era? Dimmi, Giulia, chi è? » Chiedeva quella.

« Una.. Non ti dirò il nome, ma la cercherò e la spennerò viva! »

Se n'era andata a passo rapido, sui suoi tacchi. Quelle scarpe gliele avevo sempre invidiate..

Così corsi in classe e la giornata si concluse nel peggiore dei modi. Pioveva ed avevo dimenticato in classe il mio ombrello. Ero andata lì per recuperarlo quando avevo visto Giulia parlare con il suo ex ragazzo. Gino, in perfetta forma come sempre, stava tentando di calmarla, ma le urla della giovane non cessavano.

« Me lo devi! Chi è? » Chiese ancora.

Mi nascosi bene dietro la porta e corsi a prendere l'ombrello rosso. Tornata, davanti alla stanza c'era Gino, il ragazzo più perfetto dell'universo.

 

« Non è andata realmente così! » Sbottò mia madre.

« Come no! » Esclamai io.

« Hai dimenticato il punto in cui lei esce furibonda dalla classe. »

« Già.. »

 

Più che arrabbiata, vidi la ragazza dalla lunga massa di capelli biondi uscire dalla stanza. Intravide il mio sguardo e non si fermò a salutarmi, del resto non eravamo per niente amiche. Mi avvicinai alla classe di Gino, e lo vidi dirigersi verso di me.

« Ehi.. » Esclamò imbarazzato. Non sapevo se fosse imbarazzato per il vedermi, o perchè la sua ex ragazza aveva spiattellato ai quattro venti la vicenda urlando come una pazza ribelle.

« Ciao. » Sorrisi maliziosa, inclinando il capo verso destra, scostando la massa di capelli castani su una spalla.

« Vi siete lasciati davvero, allora. » Aggiunsi sfacciata.

« Non era già evidente? » Domandò lui, corrugando la fronte.

Scrollai le spalle. Quanto poteva essere carino? Una carica di dolcezza e maturità, era sensibile ma non troppo da esser preso in giro. Mi piaceva realmente. O almeno era ciò che credevo.

« E.. Chi sarebbe la ragazza per la quale hai lasciato la gallina? » Chiesi, avanzando spavanda verso di lui. Se dovevo fare un passo decisivo non mi perdevo in chiacchiere, mi davo da fare per raggiungere l'obbiettivo. Sorrisi maliziosa, in attesa di una risposta. Sentivo il suo respiro pesante su di me. Era un po' basso, giusto un pizzico per essere alto quasi quanto me. Era forse una delle cose che più mi piaceva di lui. Il fatto che fosse basso.

« Sei tu. » Mormorò.

Lo sapevo. L'aveva davvero detto? Il timido Gino si era dichiarato così, di sua spontanea volontà?

Sorrisi, allungando le mie labbra, che incontrarono le sue in un bacio complice, passionale, voluto da entrambi.

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« Scendi dal piedistallo, bellezza. » Mormorò mia madre, mentre metteva Ale nel seggiolino.

Poi specificò, con i suoi modi duri e forti: « Ora mi racconti tutto. »

 

Mia madre ridacchiò divertita. Mi piaceva sentirla contenta, anche se il nostro rapporto non era dei migliori. Insomma, si era data da fare con quattro figli quando il marito l'aveva abbandonata e la cosa non era da poco conto.

« Questa parte me la ricordo! » Rise di gusto e mi trascinò in una risata complice. Chissà che fine aveva fatto Gino. Dopo quei tre mesi di gioia, secondo alcune voci lui e Giulia si erano baciati di nuovo. Non gli avevo dato modo di spiegare, ero troppo ferita. Così tanto che da quel momento non credei più nell'amore.

Sentii una voce proveniente dalla stanza accanto urlare. Era Leo. Probabilmente uno dei suoi soliti incubi.

ANGOLO AUTRICE:

Aww, eccomi qua con un nuovo capitolo!
Scusate l'assenza, ma sono partita e non avevo internet, perciò ora sono qui per sapere cosa ne pensate della mia storia! Cosa pensate di questo nuovo personaggio, Gino? Non sarà l'ultima volta che lo sentirete nominare, poco ma sicuro.
Lasciate i vostri commenti ( Le recensioni sono gratis, lol ).
Un bacio a tutti! Continuo alle due recensioni.

-Mar
  
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